981 resultados para Filosofia moderna


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A presente pesquisa nasceu a partir de inquietações frente a um fenômeno que mostra a fascinação de homens que se relacionam com bonecas realistas – Real Dolls. Estas modelos simulam de forma perfeccionista altura, peso, forma, textura, cor, sexo, como se fossem “de carne e osso”, mas são “de metal e silicone”. As bonecas, contudo, não são meros brinquedos sexuais, pois adquirem muitas vezes a função de companhia, colocando em cheque a própria dimensão da alteridade. Esta relação construída artificialmente funciona, portanto, como um disparador de indagações acerca do outro e da atualidade. Assim, o objetivo deste estudo foi realizar uma discussão teórica, de cunho psicanalítico, a respeito da noção de alteridade na cultura contemporânea. Para isso, seguimos a trilha de questões chave: quem são o outro e a alteridade? Qual o seu lugar na cultura atual? Estaria a alteridade ameaçada pelo simulacro? Como pensar tal “negação da alteridade” sob o prisma da pós-modernidade? Seguindo este fio condutor, colocou-se em foco complexidades de um outro ao mesmo tempo familiar e estranho, ora configurado a partir de um “estrangeiro ao eu”, ora como um “eu estrangeiro” – remetendo à alteridade radical que constitui o eu, o inconsciente. A referência à atualidade se dá a partir do embate entre modernos e pós-modernos, onde se destaca a apreensão de uma sociedade regida pelo espetáculo narcísico e de um sujeito extremamente individualista, hedonista e consumista. Ganha espaço neste contexto a figura de um “outro artificial” que obedece a lógica perversa de predação que configura a primazia do eu em detrimento da alteridade. Desta forma, o outro se revela um artifício e a alteridade uma presença/ausência que joga com as aparências da atualidade e escamoteia seu “corpo” em uma aparente familiaridade. Assim, a alteridade persiste e desloca-se, fundamentando o outro como elemento que estrutura e desestrutura o sujeito, dando uma peculiaridade inevitavelmente “alteritária” para o mal-estar contemporâneo. Assim, o outro é, por um lado, descartável, pois a lógica narcísica proclama a autossuficiência do eu-ideal, enquanto, por outro lado, é a peça chave do espetáculo. É importante ponderar, portanto, que o lugar da alteridade está garantido, ainda que maquiado pela indiferença, ao contrário da impressão passada pelo panorama que deixa a entender sua extinção.

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Conselho Nacional de Desenvolvimento Científico e Tecnológico (CNPq)

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Pós-graduação em Letras - FCLAS

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Este texto, a ser publicado em duas partes, contém, com pequenas modificações para efeito de edição, extratos da introdução e da conclusão da tese de doutorado A fabricação da pintura: de Manet a Rothko, defendida no Departamento de Filosofia, FFLCH-USP, sob orientação do Prof. Dr. Paulo Arantes em 2000. Opondo-se à visão hegemônica propagada pelas correntes formalistas, cujas motivações ideológicas pretende explicitar, o ensaio salienta a valorização dos processos produtivos frente às obras acabadas como característica fundamental da arte moderna, característica por meio da qual os artistas resistem ao progresso da modernização capitalista

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L’ermeneutica filosofica di Hans-Georg Gadamer – indubbiamente uno dei capisaldi del pensiero novecentesco – rappresenta una filosofia molto composita, sfaccettata e articolata, per così dire formata da una molteplicità di dimensioni diverse che si intrecciano l’una con l’altra. Ciò risulta evidente già da un semplice sguardo alla composizione interna della sua opera principale, Wahrheit und Methode (1960), nella quale si presenta una teoria del comprendere che prende in esame tre differenti dimensioni dell’esperienza umana – arte, storia e linguaggio – ovviamente concepite come fondamentalmente correlate tra loro. Ma questo quadro d’insieme si complica notevolmente non appena si prendano in esame perlomeno alcuni dei numerosi contributi che Gadamer ha scritto e pubblicato prima e dopo il suo opus magnum: contributi che testimoniano l’importante presenza nel suo pensiero di altre tematiche. Di tale complessità, però, non sempre gli interpreti di Gadamer hanno tenuto pienamente conto, visto che una gran parte dei contributi esegetici sul suo pensiero risultano essenzialmente incentrati sul capolavoro del 1960 (ed in particolare sui problemi della legittimazione delle Geisteswissenschaften), dedicando invece minore attenzione agli altri percorsi che egli ha seguito e, in particolare, alla dimensione propriamente etica e politica della sua filosofia ermeneutica. Inoltre, mi sembra che non sempre si sia prestata la giusta attenzione alla fondamentale unitarietà – da non confondere con una presunta “sistematicità”, da Gadamer esplicitamente respinta – che a dispetto dell’indubbia molteplicità ed eterogeneità del pensiero gadameriano comunque vige al suo interno. La mia tesi, dunque, è che estetica e scienze umane, filosofia del linguaggio e filosofia morale, dialogo con i Greci e confronto critico col pensiero moderno, considerazioni su problematiche antropologiche e riflessioni sulla nostra attualità sociopolitica e tecnoscientifica, rappresentino le diverse dimensioni di un solo pensiero, le quali in qualche modo vengono a convergere verso un unico centro. Un centro “unificante” che, a mio avviso, va individuato in quello che potremmo chiamare il disagio della modernità. In altre parole, mi sembra cioè che tutta la riflessione filosofica di Gadamer, in fondo, scaturisca dalla presa d’atto di una situazione di crisi o disagio nella quale si troverebbero oggi il nostro mondo e la nostra civiltà. Una crisi che, data la sua profondità e complessità, si è per così dire “ramificata” in molteplici direzioni, andando ad investire svariati ambiti dell’esistenza umana. Ambiti che pertanto vengono analizzati e indagati da Gadamer con occhio critico, cercando di far emergere i principali nodi problematici e, alla luce di ciò, di avanzare proposte alternative, rimedi, “correttivi” e possibili soluzioni. A partire da una tale comprensione di fondo, la mia ricerca si articola allora in tre grandi sezioni dedicate rispettivamente alla pars destruens dell’ermeneutica gadameriana (prima e seconda sezione) ed alla sua pars costruens (terza sezione). Nella prima sezione – intitolata Una fenomenologia della modernità: i molteplici sintomi della crisi – dopo aver evidenziato come buona parte della filosofia del Novecento sia stata dominata dall’idea di una crisi in cui verserebbe attualmente la civiltà occidentale, e come anche l’ermeneutica di Gadamer possa essere fatta rientrare in questo discorso filosofico di fondo, cerco di illustrare uno per volta quelli che, agli occhi del filosofo di Verità e metodo, rappresentano i principali sintomi della crisi attuale. Tali sintomi includono: le patologie socioeconomiche del nostro mondo “amministrato” e burocratizzato; l’indiscriminata espansione planetaria dello stile di vita occidentale a danno di altre culture; la crisi dei valori e delle certezze, con la concomitante diffusione di relativismo, scetticismo e nichilismo; la crescente incapacità a relazionarsi in maniera adeguata e significativa all’arte, alla poesia e alla cultura, sempre più degradate a mero entertainment; infine, le problematiche legate alla diffusione di armi di distruzione di massa, alla concreta possibilità di una catastrofe ecologica ed alle inquietanti prospettive dischiuse da alcune recenti scoperte scientifiche (soprattutto nell’ambito della genetica). Una volta delineato il profilo generale che Gadamer fornisce della nostra epoca, nella seconda sezione – intitolata Una diagnosi del disagio della modernità: il dilagare della razionalità strumentale tecnico-scientifica – cerco di mostrare come alla base di tutti questi fenomeni egli scorga fondamentalmente un’unica radice, coincidente peraltro a suo giudizio con l’origine stessa della modernità. Ossia, la nascita della scienza moderna ed il suo intrinseco legame con la tecnica e con una specifica forma di razionalità che Gadamer – facendo evidentemente riferimento a categorie interpretative elaborate da Max Weber, Martin Heidegger e dalla Scuola di Francoforte – definisce anche «razionalità strumentale» o «pensiero calcolante». A partire da una tale visione di fondo, cerco quindi di fornire un’analisi della concezione gadameriana della tecnoscienza, evidenziando al contempo alcuni aspetti, e cioè: primo, come l’ermeneutica filosofica di Gadamer non vada interpretata come una filosofia unilateralmente antiscientifica, bensì piuttosto come una filosofia antiscientista (il che naturalmente è qualcosa di ben diverso); secondo, come la sua ricostruzione della crisi della modernità non sfoci mai in una critica “totalizzante” della ragione, né in una filosofia della storia pessimistico-negativa incentrata sull’idea di un corso ineluttabile degli eventi guidato da una razionalità “irrazionale” e contaminata dalla brama di potere e di dominio; terzo, infine, come la filosofia di Gadamer – a dispetto delle inveterate interpretazioni che sono solite scorgervi un pensiero tradizionalista, autoritario e radicalmente anti-illuminista – non intenda affatto respingere l’illuminismo scientifico moderno tout court, né rinnegarne le più importanti conquiste, ma più semplicemente “correggerne” alcune tendenze e recuperare una nozione più ampia e comprensiva di ragione, in grado di render conto anche di quegli aspetti dell’esperienza umana che, agli occhi di una razionalità “limitata” come quella scientista, non possono che apparire come meri residui di irrazionalità. Dopo aver così esaminato nelle prime due sezioni quella che possiamo definire la pars destruens della filosofia di Gadamer, nella terza ed ultima sezione – intitolata Una terapia per la crisi della modernità: la riscoperta dell’esperienza e del sapere pratico – passo quindi ad esaminare la sua pars costruens, consistente a mio giudizio in un recupero critico di quello che egli chiama «un altro tipo di sapere». Ossia, in un tentativo di riabilitazione di tutte quelle forme pre- ed extra-scientifiche di sapere e di esperienza che Gadamer considera costitutive della «dimensione ermeneutica» dell’esistenza umana. La mia analisi della concezione gadameriana del Verstehen e dell’Erfahrung – in quanto forme di un «sapere pratico (praktisches Wissen)» differente in linea di principio da quello teorico e tecnico – conduce quindi ad un’interpretazione complessiva dell’ermeneutica filosofica come vera e propria filosofia pratica. Cioè, come uno sforzo di chiarificazione filosofica di quel sapere prescientifico, intersoggettivo e “di senso comune” effettivamente vigente nella sfera della nostra Lebenswelt e della nostra esistenza pratica. Ciò, infine, conduce anche inevitabilmente ad un’accentuazione dei risvolti etico-politici dell’ermeneutica di Gadamer. In particolare, cerco di esaminare la concezione gadameriana dell’etica – tenendo conto dei suoi rapporti con le dottrine morali di Platone, Aristotele, Kant e Hegel – e di delineare alla fine un profilo della sua ermeneutica filosofica come filosofia del dialogo, della solidarietà e della libertà.

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Introducción: Frecuentemente oímos hablar de la época contemporánea y del siglo veinte como del comienzo de una nueva era. Se la determina con el termino de era atómica. Y en realidad nos damos cuenta que algo ha terminado, que hemos dejado las costas, que una tormenta nos ha arrancado de lo seguro y nos ha arrastrado mar adentro, donde ahora navegamos en "un mar de dudas" en busca de un puerto que desconocemos y que ninguno está en situación de determinar, porque como todo fin es trascendental al movimiento mismo. Por eso se a hecho ya un término no trillado hablar de época de crisis. Romano Guardini acuñó un concepto para caracterizar a nuestra época: "fin de los tiempos modernos". Estamos al fin de una era, y eso es claro; pero, lo nuevo, el nuevo mundo que nace es solo pálpito y presentimiento. Esto aflora con mayor claridad en el pensamiento metafísico, que es el lugar donde se manifiesta, toma conciencia el movimiento histórico y se expresa en forma conceptual. Así como el hombre de nuestros días en una actitud adolescente (en sentido positivo y negativo), quiere pintar no como los modernos, quiere componer no como sus maestros; del mismo modo, quiere pensar, pero no como pensaron sus antecesores. El pensamiento moderno le resulta demasiado estrecho y se a dispuesto a salir de él ensayando los primeros gestos. Una parte muy grande de los escritos de Heidegger consisten en decir que la metafísica ha terminado y que hay que buscar el ser y el sentido de los entes por otro camino. De ahí que el mismo Heidegger dice que su filosofía que es un "estar en camino" (unterwegs), y O. Pöggeler titula su libro sobre la filosofía de Heidegger "El camino del pensamiento de Martín Heidegger". La primera parte del presente trabajo procura establecer una comparación entre una corriente contemporánea (que por lo tanto está al fin del "tiempo moderno") como es la fenomenología, para establecer un parangón con la filosofía de Tomás de Aquino, procurando descubrir las raíces recónditas de la "Philosophia perennis". No es un trabajo de estudio histórico del pensamiento, ni un trabajo de crítica histórica, sino que pretende ser un trabajo de filosofía. De ahí que será fácil ver que el autor ha leído a Santo Tomás con el deseo de descubrir en él una respuesta a los problemas eternos de la filosofía del ser, tal como se plantean en nuestro tiempo.

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Michel Foucault foi um leitor perseverante, embora sui generis, de Kant, e é essa apropriação que iremos analisar. Começaremos pela longa introdução que fez para a sua tradução de Anthropologie in pragmatischer Hinsicht, mostrando aí o insucesso da antropologia pragmática kantiana. Prosseguiremos com o estudo da Crítica kantiana em Les Mots et les Choses, condição que definiu a transição da episteme Clássica para a Moderna, autorizando no entanto, e simultaneamente, a constituição de uma nova metafísica fora das representações e constituindo uma filosofia obcecada pelo homem, ao reduzir o seu campo de saber às “empiricidades” da vida, da linguagem e do trabalho. Nietzsche virá em seu socorro oferecendo com o “desaparecimento do homem” a promessa do renascimento da filosofia. Finalmente, num terceiro ponto, pensaremos a maneira como Foucault se inscreve mais directamente na recepção kantiana, prolongando-a e renovando-a através do destaque que deu ao “diagnóstico da actualidade” e à “ontologia de nós mesmos”, em vez da “analítica da verdade”, bem como à axiologia da revolução; presentes nos textos que escreveu já na década de 80 sobre Was ist Aufklärung? e Der Streit der Facultäten, definindo aí muito da sua própria condição de pensador, público e privado.

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The general objective of this research is to clarify and discuss the original contribution of Martin Heidegger's philosophical reflection on the essence of modern technique. For this purpose, it was structured the interpretative course of this dissertation in two essential moments. At first, we present Heidegger's interpretation of the essence of the modern age which, in turn, will be recognized from the metaphysical foundation that establishes the essence of modern science: the subjectivity that represents, calculates, manages and produces the real. We will see which, in this context, modern science was still thought close to the modern technology, what will change considerably from the writings of the post-war, in which Heidegger thinks modern science from a much broader and essential process in that the essence of the technique has already been unfolding. Thus, in a second moment, we will analyze how, for Heidegger, the modern metaphysics of subjectivity reached its completion at the time of modern art from the principle of control and planning of entities in general (Gestell), revealing the nontechnical sense of the technique (beyond the anthropological, humanistic and instrumental view) as well as the threatening character of modern technique in its conversion project of the entity from the reserve fund (Bestand).

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The Gesture of Exposure On the presentation of the work of art in the modern art exhibition The topic of this dissertation is the presentation of art works in the modern art exhibition as being the established and conventionalized form of art encounter. It investigates the possibility of a theorization of the art exhibition as a separate object for research, and attempts to examine the relationship between the art work and its presentation in a modern art exhibition. The study takes its point of departure in the area vaguely defined as exhibition studies, and in the lack of a general problematization of the analytical tools used for closer examination of the modern art exhibition. Another lacking aspect is a closer consideration of what happens to the work of art when it is exposed in an art exhibition. The aim of the dissertation is to find a set of concepts that can be used for further theorization The art exhibition is here treated, on the one hand, as an act of exposure, as a showing gesture. On the other hand, the art exhibition is seen as a spatiality, as a space that is produced in the act of showing. Both aspects are seen to be intimately involved in knowledge production. The dissertation is divided into four parts, in which different aspects of the art exhibition are analyzed using different theoretical approaches. The first part uses the archaeological model of Michel Foucault, and discusses the exhibition as a discursive formation based on communicative activity. The second part analyses the derived concepts of gesture and space. This leads to the proposition of three metaphorical spatialities the frame, the agora and the threshold which are seen as providing a possibility for a further extension of the theory of exhibitions. The third part extends the problematization of the relationship between the individual work of art and its exposure through the ideas of Walter Benjamin and Maurice Blanchot. The fourth part carries out a close reading of three presentations from the modern era in order to further examine the relationship between the work of art and its presentation, using the tools that have been developed during the study. In the concluding section, it is possible to see clearer borderlines and conditions for the development of an exhibition theory. The concepts that have been analysed and developed into tools are shown to be useful, and the examples take the discussion into a consideration of the altered premises for the encounter with the postmodern work of art.

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The Uppsala school of Axel Hägerström can be said to have been the last genuinely Swedish philosophical movement. On the other hand, the Swedish analytic tradition is often said to have its roots in Hägerström s thought. This work examines the transformation from Uppsala philosophy to analytic philosophy from an actor-based historical perspective. The aim is to describe how a group of younger scholars (Ingemar Hedenius, Konrad Marc-Wogau, Anders Wedberg, Alf Ross, Herbert Tingsten, Gunnar Myrdal) colonised the legacy of Hägerström and Uppsala philosophy, and faced the challenges they met in trying to reconcile this legacy with the changing philosophical and political currents of the 1930s and 40s. Following Quentin Skinner, the texts are analysed as moves or speech acts in a particular historical context. The thesis consists of five previously published case studies and an introduction. The first study describes how the image of Hägerström as the father of the Swedish analytic tradition was created by a particular faction of younger Uppsala philosophers who (re-) presented the Hägerströmian philosophy as a parallel movement to logical empiricism. The second study examines the confrontations between Uppsala philosophy and logical empiricism in both the editorial board and in the pages of Sweden s leading philosophical journal Theoria. The third study focuses on how the younger generation redescribed Hägerströmian legal philosophical ideas (Scandinavian Legal Realism), while the fourth study discusses how they responded to the accusations of a connection between Hägerström s value nihilistic theory and totalitarianism. Finally, the fifth study examines how the Swedish social scientist and Social Democratic intellectual Gunnar Myrdal tried to reconcile value nihilism with a strong political programme for social reform. The contribution of this thesis to the field consists mainly in a re-evaluation of the role of Uppsala philosophy in the history of Swedish philosophy. From this perspective the Uppsala School was less a collection of certain definite philosophical ideas than an intellectual legacy that was the subject of fierce struggles. Its theories and ideas were redescribed in various ways by individual actors with different philosophical and political intentions.

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In the last thirty years, primarily feminist scholars have drawn attention to and re-evaluated the philosophy of Simone de Beauvoir (1908 1986). Her philosophical practice has been described as non-systematic, and her literary writing has been viewed as part of her non-systematic mode of philosophising. This dissertation radically deepens the question concerning Beauvoir s philosophical motivations for turning to literature as a mode to express subjectivity. It explicates the central concepts of Beauvoir s philosophy of existence, which are subjectivity, ambiguity, paradox and temporality, and their background in the modern traditions of existential philosophy and phenomenology. It also clarifies Beauvoir s main reason to turn to literature in order to express subjectivity as both singular and universal: as a specific mode of communication, literature is able to make the universality of existence manifest in the concrete, singular and temporal texture of life. In addition, the thesis gives examples of how Beauvoir s literary works contribute to an understanding of the complexity of subjectivity. I use the expression poetics of subjectivity to refer to the systematic relation between Beauvoir s existential and phenomenological notion of subjectivity and her literary works, and to her articulations of a creative mode of using language, especially in the novel. The thesis is divided into five chapters, of which the first three investigate Beauvoir s philosophy of existence at the intersection of the modern traditions of thought that began with René Descartes and Søren Kierkegaard s intuitions about subjectivity. Chapter 1 interprets Beauvoir s notion of ambiguity, as compared to paradox, and argues that both determine her notion of existence. Chapters 2 and 3 investigate the phenomenological side of Beauvoir s philosophy through a study of her response to early French interpretations of transcendental subjectivity, especially in the works of Jean-Paul Sartre and Maurice Merleau-Ponty. My analysis shows that Edmund Husserl s distinction between different levels of subjective experience is central to Beauvoir s understanding of subjectivity and to the different ego concepts she uses. Chapter 4 is a study of Beauvoir s reflections on the expression of subjective thought, and, more specifically, her philosophical conceptions of the metaphysical novel and the autobiography as two modes of indirect communication. Chapter 5, finally, compares two modes of investigating concrete subjectivity; Beauvoir s conceptual study of femininity in Le deuxième sexe and her literary expression of subjectivity in the novel L Invitée. My analysis reveals and explicates Beauvoir s original contribution to a comprehensive understanding of the becoming and paradox of human existence: the fundamental insight that these phenomena are sexed, historically as well as imaginatively.

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Idyll or Reality? Albert Edelfelt, Gunnar Berndtson and the ambivalent breakthrough of modernity Albert Edelfelt (1854-1905) and Gunnar Berndtson (1854-1895) have much in common. In this dissertation, I study their paintings of local peasants and fishermen and of the gentry’s summer in the county of Uusimaa in southern Finland, in the context of Nordic history of ideas. The breakthrough of modernity, with its attention on debating social problems, provides a novel angle into the oeuvres of the two artists. My focus is on the paintings which emerge in the collision of the public discussion of social matters and the values of the artists’ manorial milieu. The artists’ relation to the public discussion is scrutinized through two of the main topics: the question of the common people and democracy, and the question of equality between men and women. My dissertation is a contextual study which is based on the analysis of the artworks of Edelfelt and Berndtson, on their letters, and on the study of drama and fiction of their time. The notion “liberté, egalité, fraternité” is linked to the breakthrough of modernity. Both artists were aware of the ideal of equality. They used the means and the themes of contemporary art in their presentations, but their pictures contain the ideal of an earlier epoch: the hardworking, but still complacent common people. This conception of the common people is also reflected in the poems of J. L. Runeberg. Women of the late 19th century challenged woman’s primary role as wife and mother. In Edelfelt’s and Berndtson’s depictions of the gentry enjoying summer, women and children have the main role. Notwithstanding the debate of the breakthrough of modernity they depicted women almost without exception as good mothers. Their paintings often depict lazy days in the sunshine, which were, in reality, rare moments for the mistress of the house. Edelfelt’s and Berndtson’s subjects from the Uusimaa countryside coincide with the topics of the breakthrough of modernity, but both the pictures of the common people and the depictions of the gentry enjoying summer, are a retouched picture of reality, often an idyll, in which the public discussion of social matters is evident only materially or not at all.

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Tutkielmani aiheena on noin 2500 vuotta sitten Efesoksen kaupungissa eläneen Herakleitoksen ajattelu. Selvitän, mikä suhde Herakleitoksen ajattelulla on filosofiaan ja metafysiikkaan. Lähestyn tätä kysymystä pääasiassa kahden uuden ajan filosofin italialaisen Giorgio Collin (1917-1979) ja saksalaisen Martin Heideggerin (1889-1976) esittämien tulkintojen pohjalta. Osoitan, että Herakleitoksen ajattelu eroaa olennaisesti Platonin ja Aristoteleen jälkeisestä filosofisesta ja metafyysisestä ajattelusta. Perusteluna tarkastelen Herakleitoksen ajattelua neljästä näkökulmasta: 1) historiallisesti filosofian syntyä edeltäneen viisauden ja uskonnollisen ajattelun edustajana, 2) loogisesti olevan käsitteeseen keskittyvästä metafysiikasta poikkeavana ajatteluna, 3) välittömän kokemuksen ajatteluna ja 4) fenomenologisena ilmiön ja kätkeytymättömyyden ajatteluna. Ensimmäinen ja kolmas näkökulma edustavat Collin tulkintaa, toinen ja neljäs näkökulma puolestaan Heideggerin tulkintaa. Tärkeimpinä lähteinäni ovat Collin teokset Filosofian synty (1975), Filosofia dell'espressione (1969) ja La sapienza greca (1977-80) sekä Heideggerin teokset Oleminen ja aika (1927), Einführung in die Metaphysik (1935/53), Aletheia (1951), Logos (1951) ja Heraklit Seminar (1966-67).