570 resultados para minimi di funzionali metodo di steepest descent metriche riemanniane elaborazione di immagini


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All'interno della tesi si è sviluppata una metodologia di supporto alle decisioni utile all'individuazione di determinate zone distribuite all'interno dell'area del delta del fiume Ural (Kazakistan), da considerare prioritarie ai fini della tutela della biodiversità. Il livello di priorità di queste aree è stato ricavato mediante l'aggregazione delle informazioni relative alle categorie di conservazione delle specie minacciate che popolano i diversi ecosistemi che caratterizzano l'area studio. Le categorie sono state confrontate fra loro mediante l'AHP che ha permesso di ottenere un set di pesi. L'utilizzo di tre differenti metodi di aggregazione (SAW, OWA, TOPSIS), ha permesso di ricavare un valore di conservazione che raggruppa le informazioni dei pesi attribuiti alle specie in un unico valore (CV) diverso per ogni metodo. Distribuiti i CV, sulla base della presenza delle relative specie, viene sviluppata una mappa di distribuzione dei valori di conservazione sintetici (CVS) ricavati mediante l'aggregazione dei CV in ogni punto dell'area studio. L'utilizzo di questa metodologia ha permesso di individuare, come previsto dagli obiettivi dell'elaborato, le aree a maggior valore per la conservazione degli habitat e delle specie, sulle quali focalizzare le future azioni di tutela e monitoraggio ambientale, dall'altro l'applicazione di una metodologia di supporto alle decisioni in grado di far fronte ai problemi di scarsa disponibilità e reperibilità di dati utili alla caratterizzazione dell’area di studio.

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L’elaborato proposto analizza le fasi del cambiamento in seguito all’introduzione del modulo per la gestione del magazzino del sistema informativo Business Net all’interno dell’officina meccanica Ghisellini Giuseppe, una piccola azienda operante nel settore dell’artigianato con una competenza maturata negli anni nel settore delle pompe e dei motori idraulici e dei motori marini. In seguito ad un’analisi delle forze resistenti e delle spinte al cambia-mento, viene ricercata la causa delle inefficienze del sistema basandosi sul metodo delle otto fasi proposto da Kotter. Dal momento che l’inefficienza maggiore viene ritrovata nella scarsa circolazione di informazioni, si ritiene necessario una riprogettazione dei processi aziendali, attraverso una mappatura dei processi “as is” e “to be”, in cui viene proposta una soluzione che permette una maggiore circolazione delle informazioni. Tale soluzione proposta è infine valutata economicamente.

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Negli ultimi anni si è sviluppata una forte sensibilità nei confronti del rischio che il dissesto idrogeologico comporta per il territorio, soprattutto in un paese come il nostro, densamente abitato e geologicamente fragile. Il rischio idrogeologico In Italia infatti è diffuso in modo capillare e si presenta in modo differente a seconda dell’assetto geomorfologico del territorio. Tra i fattori naturali che predispongono il nostro territorio a frane ed alluvioni, rientra la conformazione geologica e geomorfologica, caratterizzata da un’orografia giovane e da rilievi in via di sollevamento. A seguito del verificarsi di una serie di eventi calamitosi (Piemonte 1994, Campania 1998 e 1999, Sovereto 2000, Alpi centrali 2000 e 2002) sono state emanate leggi specifiche finalizzate all’individuazione e all’applicazione di norme, volte a prevenire e contenere i gravi effetti derivanti dai fenomeni di dissesto. Si fa riferimento in particolare, alle leggi n°267 del 3/08/1998 e 365/2000 che hanno integrato la legge 183/1989. In questo modo gli enti territoriali (Regioni, Autorità di bacino) sono stati obbligati a predisporre una adeguata cartografia con perimetrazione delle aree a differente pericolosità e rischio. Parallelamente continuano ad essere intrapresi, promossi e finanziati numerosi studi scientifici volti allo studio dei fenomeni ed alla definizione più puntuale delle condizioni di rischio, oltre alle iniziative volte alla creazione di un efficace sistema di allertamento e di sorveglianza dei fenomeni e alla messa a punto di una pianificazione di emergenza volta a coordinare in modo efficace la risposta delle istituzioni agli eventi. In questo contesto gli studi su validi approcci metodologici per l’analisi e la valutazione del rischio possono fornire un supporto al processo decisionale delle autorità preposte alla gestione del territorio, identificando gli scenari di rischio e le possibili strategie di mitigazione, e individuando la soluzione migliore in termini di accettabilità sociale e convenienza economica. Nel presente elaborato si vuole descrivere i temi relativi alla valutazione della pericolosità, del rischio e della sua gestione, con particolare attenzione ai fenomeni di instabilità dei versanti e nello specifico ai fenomeni di crollo da pareti rocciose che interessano il territorio della Provincia Autonoma di Bolzano. Il fenomeno della caduta massi infatti è comunemente diffuso in tutte le regioni di montagna e lungo le falesie costiere, ed in funzione dell’elevata velocità con cui si manifesta può costituire una costante fonte di pericolo per le vite, i beni e le attività umane in zone generalmente molto attive dal punto di vista del turismo e delle grandi vie di comunicazione. Il territorio della Provincia Autonoma di Bolzano è fortemente interessato da questo problema, sia per la morfologia montuosa della provincia che per le infrastrutture che sempre più occupano zone di territorio un tempo poco urbanizzate. Al fine di pervenire ad una legittima programmazione delle attività di previsione e prevenzione, il Dipartimento dei Lavori Pubblici della Provincia, ha scelto di utilizzare una strategia che prevedesse un insieme di attività dirette allo studio ed alla determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, alla identificazione dei rischi, ed alla determinazione delle zone del territorio soggette ai rischi stessi. E’ nato così, con l’operatività dell’Ufficio Geologia e Prove Materiali, il supporto del Dipartimento Opere Pubbliche e della Ripartizione Protezione Civile e la collaborazione scientifica del DISTART – Università degli Studi di Bologna, Alma Mater Studiorum, il progetto VISO che riguarda i pericoli generati da frane di crollo, ribaltamento, scivolamento di porzioni di pareti rocciose e caduta massi. Il progetto ha come scopo la valutazione del pericolo, della vulnerabilità e del rischio e dell’effettiva funzionalità delle opere di protezione contro la caduta massi lungo la strada statale del Brennero. Il presente elaborato mostra l’iter per l’individuazione del rischio specifico che caratterizza un particolare tratto stradale, così come è stato pensato dalla Provincia Autonoma di Bolzano all’interno di una strategia di previsione e prevenzione, basata su metodi il più possibile oggettivi, ed estesa all’intera rete stradale di competenza provinciale. Si esamina l’uso di metodologie diverse per calcolare l’intensità di un fenomeno franoso che potrebbe potenzialmente svilupparsi su un versante e si osserva in che modo la presenza di opere di protezione passiva influisce sull’analisi di pericolosità. Nel primo capitolo viene presentata una panoramica sui fenomeni di crollo descrivendo i fattori principali che li originano e gli interventi di protezione posti a difesa del versante. Si esaminano brevemente le tipologie di intervento, classificate in opere attive e passive, con particolare attenzione alle barriere paramassi., che si collocano tra gli interventi di difesa passivi e che stanno diventando il tipo di intervento più frequentemente utilizzato. Nel capitolo vengono descritte dal punto di vista progettuale, prendendo in esame anche la normativa di riferimento nonché le nuove linee guida per la certificazione CE delle barriere, nate negli ultimi anni per portare ad una facile comparabilità dei vari prodotti sottoposti ad impatti normalizzati, definendo con chiarezza i livelli energetici ai quali possono essere utilizzati i vari prodotti e, nel contempo, fornendo informazioni assolutamente indispensabili per la buona progettazione degli stessi. Nel capitolo successivo si prendono in esame i temi relativi alla valutazione della pericolosità e del rischio, l’iter procedurale di analisi del rischio adottato dalla Provincia Autonoma di Bolzano in relazione alle frane da crollo che investono le strade della rete provinciale ed in particolare viene descritto il progetto VISO (Viability Information Operating System), nato allo scopo di implementare un catasto informatizzato che raccolga indicazioni sul patrimonio delle opere di protezione contro la caduta massi e di rilevare e valutare il pericolo, la vulnerabilità, il rischio e l’effettiva funzionalità delle opere di protezione contro la caduta massi lungo le strade statali e provinciali. All’interno dello stesso capitolo si espone come, nell’ambito del progetto VISO e grazie alla nascita del progetto europeo Paramount ” (Improved accessibility reliability and safety of Alpine tran sport infrastructure related to mountainous hazard in a changing climate) si è provveduto, con l’aiuto di una collega del corso di laurea, a raccogliere i dati relativi all’installazione delle barriere paramassi sul territorio della Provincia Autonoma di Bolzano. Grazie ad un’analisi di archivio effettuata all’interno delle diverse sedi del servizio strade della Provincia Autonoma di Bolzano, si è presa visione (laddove presenti) delle schede tecniche delle barriere collocate sul territorio, si sono integrati i dettagli costruttivi contattando le principali ditte fornitrici e si è proceduto con una classificazione delle opere, identificando alcuni modelli di “barriere-tipo che sono stati inseriti nel database PARAMOUNT, già creato per il progetto VISO. Si è proseguito associando a tali modelli le barriere provviste di documentazione fotografica rilevate in precedenza dall’istituto di Geologia della Provincia Autonoma di Bolzano e inserite in VISO e si è valutata la corrispondenza dei modelli creati, andando a verificare sul posto che le barriere presenti sul territorio ed inserite nel database (tramite modello), effettivamente coincidessero, nelle misure e per le caratteristiche geometrico-costruttive, ai modelli a cui erano state associate. Inoltre sono stati considerati i danni tipici a cui può essere soggetta una barriera paramassi durante il suo periodo di esercizio poiché tali difetti andranno ad incidere sulla valutazione dell’utilità del sistema di difesa e di conseguenza sulla valutazione della pericolosità del versante(H*). Nel terzo capitolo si è esposta una possibile integrazione, mediante il software di calcolo RocFall, della procedura di valutazione dell’analisi di pericolosità di un versante utilizzata nell’ambito del progetto VISO e già analizzata in dettaglio nel secondo capitolo. Il software RocFall utilizza un metodo lumped mass su schema bidimensionale basato su ipotesi semplificative e consente di effettuare simulazioni probabilistiche di fenomeni di caduta massi, offrendo importanti informazioni sull’energia che si sviluppa durante il crollo, sulle velocità raggiunte e sulle altezze di rimbalzo lungo tutto il versante considerato, nonché sulla distanza di arresto dei singoli massi. Si sono realizzati dei profili-tipo da associare al versante, considerando il pendio suddiviso in tre parti : parete verticale (H = 100 m) lungo la quale si sviluppa il movimento franoso; pendio di altezza H = 100 m e angolo pari ai quattro valori medi della pendenza indicati nella scheda di campagna; strada (L = 10 m). Utilizzando il software Cad si sono realizzati 16 profili associando la pendenza media del versante a 4 morfologie individuate grazie all’esperienza dell’Istituto di Geologia e Prove materiali della Provincia Autonoma di Bolzano; si è proceduto importando tali profili in RocFall dove sono state aggiunte informazioni riguardanti la massa del blocco e l’uso del suolo, ottenendo 256 profili-tipo ai quali è stata associata una sigla definita come segue : morfologia (1, 2, 3, 4) _ pendenza (37, 53, 67, 83 gradi) _ uso del suolo (A, B, C, D) _ massa (a,b,c,d). Fissando i parametri corrispondenti al peso del masso ( inserito al solo scopo di calcolare la velocità rotazionale e l’energia cinetica ) e considerando, per ogni simulazione, un numero di traiettorie possibili pari a 1000, avendo osservato che all’aumentare di tale numero (purchè sufficientemente elevato) non si riscontrano variazioni sostanziali nei risultati dell’analisi, si è valutato come i parametri uso del suolo (A;B;C;D), morfologia (1;2;3;4) e pendenza (37°;53°;67°;83°) incidano sulla variazione di energia cinetica, di altezza di rimbalzo e sulla percentuale di massi che raggiunge la strada, scegliendo come punto di riferimento il punto di intersezione tra il pendio e la strada. Al fine di realizzare un confronto tra un profilo reale e un profilo-tipo, sono stati utilizzati 4 profili posti su un versante situato nel Comune di Laives, noto per le frequenti cadute di massi che hanno raggiunto in molti casi la strada. Tali profili sono stati visionati in sede di sopralluogo dove si è provveduto alla compilazione delle schede di campagna (impiegate per valutare l’intensità del fenomeno che potenzialmente si sviluppa dal versante) e all’individuazione dei profili-tipo corrispondenti. Sono state effettuate analisi di simulazione per entrambe le tipologie di profilo, e sono stati confrontati i risultati ottenuti in termini di Energia cinetica; altezza di rimbalzo e percentuale dei blocchi in corrispondenza della strada. I profili reali sono stati importati in RocFal in seguito ad estrapolazione dal modello digitale del terreno (ottenuto da analisi con Laser Scanner) utilizzando l’ estensione Easy Profiler nel software Arcmap. Infine si è valutata la possibilità di collocare eventuali barriere paramassi su un profilo reale, si è proceduto effettuando una analisi di simulazione di caduta massi in RocFall, importando in excel i valori corrispondenti all’andamento dei massimi dell’Energia cinetica e dell’altezza di rimbalzo lungo il pendio che forniscono una buona indicazione circa l´idonea ubicazione delle opere di protezione.

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Per la valutazione dei consumi energetici attribuiti alla climatizzazione estiva di un sistema edificio-impianto, operante in condizioni di regime termico dinamico, è stato realizzato un modello di simulazione, sviluppato in Excel, che si avvale del metodo delle funzioni di trasferimento per la determinazione dei carichi termici. Nel modello sono state implementate numerose varianti all'impianto di condizionamento di base, permettendo rapidi confronti sui risparmi enegetici conseguibili, in funzione delle diverse caratteristiche del sistema.

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Questa tesi si propone di indagare l'impatto di alcuni scenari di sviluppo aeroportuale legati alla prevista implementazione di un sistema di trasporto APM - People Mover, in termini di performance del terminal passeggeri dell'Aeroporto `G.Marconi' di Bologna, per fornire soluzioni efficaci alla mobilità. Il background teorico è rappresentato dai risultati ottenuti dalla ricerca sperimentale e ormai acquisiti dalla trattazione classica per code markoviane avanzate (bulk queus), mentre il metodo messo a punto, del tutto generale,parte dagli arrivi schedulati e attraverso una serie di considerazioni econometriche costruisce una serie di scenari differenti,implementati poi attraverso la simulazione dinamica con l'utilizzo del software ARENA. Le principali grandezze di stato descrittive dei processi modellizzati ottenute in output vengono confrontate e valutate nel complesso, fornendo in prima approssimazione previsioni sull'efficacia del sistema previsto. Da ultimo, vengono proposti e confrontati i due approcci forniti tanto dalla manualistica di settore quanto da contributi di ricerca per arrivare a definire un dimensionamento di massima di strutture per la mobilità (una passerella di collegamento del terminal alla stazione APM) e una verifica della piattaforma per l'attesa ad essa contigua.

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Il mio percorso universitario presso la Facoltà di Architettura di Cesena ha inizio nell’anno accademico 2006-2007. Il titolo della tesi “Conoscere per conservare3, conservare per conoscere” sintetizza l’importanza di offrire una spiegazione della tematica della conoscenza e della sua necessità, la quale risulta essere indispensabile per ottenere un buon progetto di restauro. Progettare un edificio senza conoscerlo appare una scelta ingiustificabile, è tuttavia necessario che la raccolta di dati analitici non sia fine a se stessa e solo finalizzata a donare una facciata di rispettabilità all’architetto e alle sue operazioni progettuali. A partire da questa riflessione si arriva inevitabilmente a parlare di “ricerca della metodologia del restauro” e delle tecniche con il quale questo deve venire affrontato in termini di “piccolo restauro” (ossia restauro delle superfici). Nonostante infatti ogni cantiere di restauro abbia una sua particolare storia è comunque necessario un metodo chiaro e ordinato, di procedure collaudate e di tecniche ben sperimentate. Alla luce di tali osservazioni i temi di seguito proposti sono occasione di una riflessione nel contempo teorica e pratica, con particolare riferimento al restauro e alla conservazione delle superfici; gli edifici scelti appartengono a temi molto differenti l’uno dell’altro e per entrambi verrà proposta una ipotesi di conservazione e restauro delle superfici. Il primo, Palazzo Guidi, è un palazzo settecentesco sito all’interno del centro storico della città di Cesena; il secondo, la Rocca Malatestiana, costruita a partire dal 1100 dalla famiglia dei Malatesta trova la sua ubicazione in cima a una roccia nella alta Valmarecchia. Il progetto per la conservazione ed il restauro di Palazzo Guidi risulta essere la sintesi degli apprendimenti ricevuti nei precedenti anni accademici in due diverse discipline quali: “Rilievo architettonico” e “Laboratorio di restauro architettonico”. Per quanto concerne la Rocca Malatestiana il tema proposto nasce invece a partire dal progetto del “LSF. Archeologia e progetto di architettura” il quale è stato maggiormente approfondito riguardo le tematiche del restauro con la collaborazione del Prof. Arch. Andrea Ugolini e con l’ausilio del corso di “Conservazione e trattamento dei materiali” seguito presso la Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali di Ravenna.

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Negli ultimi anni si sente sempre più spesso parlare di cloud computing. L'idea di fondo di questo concetto è quella di pagare per il solo effettivo utilizzo di un servizio, disponibile sulla rete, avendo a disposizione la possibilità di poter variare le proprie risorse utilizzabili a seconda delle necessità, che potrebbero essere, per esempio, applicazioni standard oppure spazi di storage per i dati. Quando cominciò a diffondersi l'utilizzo del Web, la rete Internet veniva raffigurata come una nuvola (cloud) in modo tale che si rendesse l'idea di un'entità esterna rispetto alla nostra casa o al nostro posto di lavoro, un qualcosa cioè al di fuori dei luoghi abituali in cui vengono utilizzati i PC. Tale rappresentazione diventa ora utile per poter spiegare il concetto di cloud computing. Infatti, grazie a questa nuova tecnologia, dati e programmi normalmente presenti nei nostri computer potranno ora trovarsi sul cloud. Molti reparti IT sono costretti a dedicare una parte significativa del loro tempo a progetti di implementazione, manutenzione e upgrade che spesso non danno un vero valore per l'azienda. I team di sviluppo hanno cominciato quindi a rivolgersi a questa nuova tecnologia emergente per poter minimizzare il tempo dedicato ad attività a basso valore aggiunto per potersi concentrare su quelle attività strategiche che possono fare la differenza per un'azienda. Infatti un'infrastruttura come quella cloud computing promette risparmi nei costi amministrativi che raggiungono addirittura il 50% rispetto ad un software standard di tipo client/server. Questa nuova tecnologia sta dando inizio ad un cambiamento epocale nel mondo dello sviluppo delle applicazioni. Il passaggio che si sta effettuando verso le nuove soluzioni cloud computing consente infatti di creare applicazioni solide in tempi decisamente più brevi e con costi assai inferiori, evitando inoltre tutte le seccature associate a server, soluzioni software singole, aggiornamenti, senza contare il personale necessario a gestire tutto questo. L'obiettivo di questa tesi è quello di mostrare una panoramica della progettazione e dello sviluppo di applicazioni Web nel cloud computing, analizzandone pregi e difetti in relazione alle soluzioni software attuali. Nel primo capitolo viene mostrato un quadro generale in riferimento al cloud, mettendo in luce le sue caratteristiche fondamentali, esaminando la sua architettura e valutando vantaggi e svantaggi di tale piattaforma. Nel secondo capitolo viene presentata la nuova metodologia di progettazione nel cloud, operando prima di tutto un confronto con lo sviluppo dei software standard e analizzando poi l'impatto che il cloud computing opera sulla progettazione. Nel terzo capitolo si entra nel merito della progettazione e sviluppo di applicazioni SaaS, specificandone le caratteristiche comuni ed elencando le piattaforme di rilievo allo stato dell'arte. Si entrerà inoltre nel merito della piattaforma Windows Azure. Nel quarto capitolo viene analizzato nel particolare lo sviluppo di applicazioni SaaS Multi-Tenant, specificando livelli e caratteristiche, fino a spiegare le architetture metadata-driven. Nel quinto capitolo viene operato un confronto tra due possibili approcci di sviluppo di un software cloud, analizzando nello specifico le loro differenze a livello di requisiti non funzionali. Nel sesto capitolo, infine, viene effettuata una panoramica dei costi di progettazione di un'applicazione cloud.

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Il lavoro di tesi svolto riguarda la progettazione e lo sviluppo di un algoritmo per la pianificazione ottimizzata della distribuzione con viaggi sincronizzati; il metodo sviluppato è un algoritmo mateuristico. I metodi mateuristici nascono dall’integrazione di algoritmi esatti, utilizzati all’interno di un framework metaeuristico, scelto come paradigma di soluzione del problema. La combinazione di componenti esatte e algoritmi metaeuristici ha lo scopo di sfruttare i vantaggi di entrambi gli approcci: grazie all'uso di componenti esatte, è possibile operare in modo efficace e di concentrarsi su alcuni dei vincoli del problema, mentre, con l'utilizzo di un framework metaeuristico, si può efficacemente esplorare grandi aree dello spazio di ricerca in tempi accettabili. Il problema analizzato nel lavoro di tesi è un problema di trasporto, ovvero il Vehicle Routing Problem con finestre temporali e vincoli di sincronizzazione a coppie (VRPTWPS). Il problema richiede di individuare un piano di organizzazione ottimizzato per i viaggi di consegna merci presso un insieme di clienti; ogni cliente richiede che la consegna avvenga all’interno di orari predefiniti; un sottoinsieme di essi richiede, inoltre, che la consegna venga effettuata con la presenza di esattamente due addetti. La presenza di quest’ultimo vincolo richiede, dunque, che due incaricati, indipendentemente dai viaggi di visita che questi effettuano, si incontrino presso uno stesso cliente nello stesso istante. Il vincolo di sincronizzazione rende il problema difficile da risolvere in maniera ottimizzata con i tradizionali metodi di ricerca locale; da ciò nasce l’uso dei metodi mateuristici per la risoluzione ottimizzata del problema. Grazie all’utilizzo di algoritmi esatti, i metodi mateuristici riescono a trattare in maniera più efficace alcuni vincoli dei problemi da risolvere.

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Gli acciai inossidabili austenitici presentano ottime caratteristiche che li rendono ideali in tutti quei settori in cui è richiesta un’elevata resistenza alla corrosione associata a caratteristiche estetiche e funzionali. L’acciaio AISI 316L risulta essere uno dei più studiati ed utilizzati, specie nell’industria alimentare e farmaceutica, dove leapparecchiature debbono poter essere sottoposte ad aggressive procedure di sanificazione. Tuttavia, la modesta resistenza meccanica e la bassa durezza superficiale di questo acciaio determinano un comportamento non soddisfacente dal punto di vista dell’usura da strisciamento in assenza di lubrificanti, situazione che si verifica sovente in molti macchinari dedicati a queste industrie. Tra le varie soluzioni, studiate per migliorare il suo comportamento tribologico, la cementazione a bassa temperatura (LowTemperature Carburizing, LTC) seguita dalla deposizione PE-CVD (Plasma-Enhanced Chemical Vapour Deposition) di un rivestimento di carbonio amorfo idrogenato (a-C:H), sembra essere molto promettente. In questo lavoro vengono analizzate le caratteristiche tribologiche dell’acciaio AISI 316L cementato a bassa temperatura e rivestito di carbonio amorfo idrogenato, tramite prove tribologiche di strisciamento non lubrificato in geometria di contatto pattino su cilindro. Sono state verificate, inoltre, le caratteristiche microstrutturali e meccaniche superficiali del rivestimento multistrato LTC/a-C:H tramite osservazioni morfologiche/topografiche, analisi in spettroscopia micro-Raman e misure di indentazione strumentata sulle superfici rivestite, seguite da analisi metallografia e misura dei profili di microdurezza Vickers in sezione trasversale. I risultati ottenuti dimostrano che, ai fini di contenere l’effetto negativo legato all’aumento di rugosità dovuto al trattamento LTC, è opportuno effettuare una lucidatura precedente al trattamento stesso, poiché effettuandola successivamente si rischierebbe dicomprometterne lo strato efficace. Inoltre, si osserva come il trattamento LTC incrementi le capacità del substrato di supportare il rivestimento a-C:H, portando ad un miglioramento delle prestazioni tribologiche, nelle prove di strisciamento non lubrificato. Infine, si dimostra come l’utilizzo di un rivestimento a base di carbonio amorfo idrogenato adeguatamente supportato permetta una riduzione dell’attrito (di oltre cinque volte) e dell’usura (di circa dieci ordini di grandezza) rispetto ai corrispondenti materiali non rivestiti.

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Questo elaborato di tesi descrive l'attività scientifica svolta presso il Dipartimento di Chimica Industriale e dei Materiali della Facoltà di Chimica Industriale dell'Università degli Studi di Bologna, il cui scopo principale è stato la sintesi e la caratterizzazione di nuovi monomeri cianoacrilici ad uso biomedicale che auspicabilmente presentino elevata velocità di polimerizzazione e minima adesività. Mediante il metodo di protezione e deprotezione, con reazioni di Diels Alder, dell'etil-2-cianoacrilato (SuperAttackTM) sono stati sintetizzati tre monomeri cianoacrilici aromatici florurati e un monomero cianoacrilico alifatico iodurato. Successivamente i prodotti sono stati testati per valutarne i tempi di polimerizzazione e le proprietà adesive rispetto ad uno dei cianoacrilati maggiormente impiegati in chirurgia. Il risultato di questi studi e stato l'effettivo ottenimento di tre monomeri aventi elevata velocità di polimerizzazione e dotati di scarsa adesività. Il quarto monomero, a causa della sua spiccata tendenza alla polimerizzazione non è risultato testabile.

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Negli ultimi anni si è assistito ad una radicale rivoluzione nell’ambito dei dispositivi di interazione uomo-macchina. Da dispositivi tradizionali come il mouse o la tastiera si è passati allo sviluppo di nuovi sistemi capaci di riconoscere i movimenti compiuti dall’utente (interfacce basate sulla visione o sull’uso di accelerometri) o rilevare il contatto (interfacce di tipo touch). Questi sistemi sono nati con lo scopo di fornire maggiore naturalezza alla comunicazione uomo-macchina. Le nuove interfacce sono molto più espressive di quelle tradizionali poiché sfruttano le capacità di comunicazione naturali degli utenti, su tutte il linguaggio gestuale. Essere in grado di riconoscere gli esseri umani, in termini delle azioni che stanno svolgendo o delle posture che stanno assumendo, apre le porte a una serie vastissima di interessanti applicazioni. Ad oggi sistemi di riconoscimento delle parti del corpo umano e dei gesti sono ampiamente utilizzati in diversi ambiti, come l’interpretazione del linguaggio dei segni, in robotica per l’assistenza sociale, per indica- re direzioni attraverso il puntamento, nel riconoscimento di gesti facciali [1], interfacce naturali per computer (valida alternativa a mouse e tastiera), ampliare e rendere unica l’esperienza dei videogiochi (ad esempio Microsoft 1 Introduzione Kinect© e Nintendo Wii©), nell’affective computing1 . Mostre pubbliche e musei non fanno eccezione, assumendo un ruolo cen- trale nel coadiuvare una tecnologia prettamente volta all’intrattenimento con la cultura (e l’istruzione). In questo scenario, un sistema HCI deve cercare di coinvolgere un pubblico molto eterogeneo, composto, anche, da chi non ha a che fare ogni giorno con interfacce di questo tipo (o semplicemente con un computer), ma curioso e desideroso di beneficiare del sistema. Inoltre, si deve tenere conto che un ambiente museale presenta dei requisiti e alcune caratteristiche distintive che non possono essere ignorati. La tecnologia immersa in un contesto tale deve rispettare determinati vincoli, come: - non può essere invasiva; - deve essere coinvolgente, senza mettere in secondo piano gli artefatti; - deve essere flessibile; - richiedere il minor uso (o meglio, la totale assenza) di dispositivi hardware. In questa tesi, considerando le premesse sopracitate, si presenta una sistema che può essere utilizzato efficacemente in un contesto museale, o in un ambiente che richieda soluzioni non invasive. Il metodo proposto, utilizzando solo una webcam e nessun altro dispositivo personalizzato o specifico, permette di implementare i servizi di: (a) rilevamento e (b) monitoraggio dei visitatori, (c) riconoscimento delle azioni.

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Questa relazione finale è stata frutto di un lavoro sperimentale svolto in collaborazione con un’azienda del territorio ed ha avuto come obiettivo principale quello di verificare i parametri qualitativi e compositivi di una nuova tipologia di salume in fase di studio. L’azienda sta studiando una nuova tipologia di “prodotto funzionale” addizionando componenti ad attività nutraceutica al salame ottenuto da sole parti magre di suino. L’intenzione dell’azienda è di arricchire il proprio prodotto con acidi grassi polinsaturi della serie omega-3 (da olio di semi di lino), noti per gli effetti benefici che possono esercitare sulla salute umana. A questo scopo, sul prodotto di nuova formulazione (ed in parallelo sul prodotto a formulazione classica e su un prodotto del tutto simile commercializzato da un’altra azienda) sono state effettuate sia la determinazione della percentuale lipidica, al fine di individuare il quantitativo totale di grasso, che una caratterizzazione gascromatografica del profilo quali-quantitativo in acidi grassi, analsi fondamentale per verificare la conformità con i requisiti indicati dal Reg. 1924/06, e successive modifiche, previsti per le indicazioni da inserire in etichetta (claims). Inoltre, è stato importante controllare che la concentrazione voluta di acido alfa-linolenico si mantenga tale durante tutto il periodo di shelf-life del prodotto (45 gg), perciò per soddisfare quest’ultima finalità, le analisi sono state eseguite sia all’inizio (T0) che alla fine (T1) della vita commerciale del prodotto. E’ apparso poi fondamentale monitorare un possibile decadimento/modifica della qualità organolettica del prodotto di nuova formulazione, a causa del possibile aumento di ossidabilità della frazione lipidica causata da una maggiore presenza di acidi grassi polinsaturi; ed infine, con l’intento di verificare se la nuova formulazione potesse comportare una variazione significativa delle caratteristiche sensoriali del prodotto, sono stati condotti un test descrittivo quantitativo (QDA), in grado di descrivere il profilo sensoriale del prodotto ed un test discriminante qualitativo (metodo triangolare) capace di valutare l’eventuale comparsa di cambiamenti in seguito alle modifiche apportate al prodotto; per ultimo è stato poi eseguito un test affettivo quantitativo (test di preferenza, condotto su scala di laboratorio) in grado fornire informazioni sul gradimento e di evidenziare i principali vettori che guidano le scelte dei consumatori. I risultati delle analisi chimiche e sensoriali, eseguite per soddisfare tali richieste, hanno evidenziato come il salume presenti un quantitativo di tali acidi grassi polinsaturi in linea con il claim “Alimento fonte di acidi grassi omega-3”, (requisiti indicati dal Reg. 1924/06 e successive modifiche), risultato confermato sia all’inizio che al termine della vita commerciale del prodotto (pari a circa 45 giorni). Inoltre, esso risulta essere piuttosto interessante dal punto di vista nutrizionale, poiché caratterizzato da un contenuto di grasso per la categoria dei salumi, relativamente limitato, pari a circa il 15%, con percentuali più favorevoli in acidi grassi insaturi. L’analisi del profilo sensoriale condotta ad inizio shelf-life ha invece evidenziato come questa tipologia di prodotto sia caratterizzata sia al gusto che all’olfatto da note più sapide e speziate , oltre ad una maggiore consistenza della fetta, rispetto agli altri campioni analizzati, mentre i risultati relativi al termine della shelf-life hanno evidenziato come esso tenda ad essere soggetto ad alterazioni sensoriali rilevabili proprio al termine della fase di conservazione dovute nello specifico alla formazione di composti responsabili dell’odore di rancido. I test discriminanti, condotti con giudici non allenati, non hanno invece fatto registrare differenze sensoriali significative tra il prodotto con formulazione classica e quello di nuova formulazione, confrontati ad inizio e a fine shelf-life. Riassumendo, dai risultati ottenuti da questo lavoro sperimentale, il prodotto di nuova formulazione, arricchito in acidi grassi polinsaturi della serie omega-3, risulta essere in linea con il claim “Alimento fonte di acidi grassi omega-3”, presenta in generale un contenuto di grasso totale inferiore a quello di altre tipologie di salumi ed un rapporto più favorevole tra acidi grassi insaturi e saturi, per questo può essere considerato un prodotto interessante dal punto di vista della salute e della nutrizione. Proprio per la sua formulazione più ricca in acidi grassi polinsaturi, tende però a fine shelf-life a presentare una leggera nota di rancido, riconducibile ad una maggiore ossidabilità della frazione lipidica. Tale variazione sensoriale è risultata comunque percepita solo da un panel allenato, mentre un test di tipo discriminante, condotto con giudici non allenati, non ha messo in luce differenze significative tra il salume di nuova formulazione e quello con formulazione classica né all’inizio, né al termine della vita commerciale del prodotto.

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Nella presente tesi ci siamo occupati dell'equazione di curvatura di Gauss-Levi, prima introducendo le nozioni necessarie alla sua definizione, poi cercandone soluzioni viscose. A tale scopo abbiamo introdotto in generale la nozione di soluzione viscosa per operatori ellittici degeneri, dimostrandone l'esistenza grazie al Principio del Confronto e al Metodo di Perron. Abbiamo infine riportato alcuni risultati che collegano le soluzioni viscose dell'equazione di curvatura, a quelle classiche.

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Il patrimonio edilizio italiano è costituito in gran parte da costruzioni che utilizzano la muratura come struttura portante. Le conoscenze acquisite negli ultimi anni nel campo dell’ingegneria hanno reso evidente come le costruzioni in muratura siano state concepite, nel corso dei secoli, senza quegli accorgimenti che l’evoluzione delle tecniche moderne di analisi ha dimostrato essere necessari. Progettare un intervento edilizio su un edificio esistente, correlato anche alla valutazione di rischio sismico, e cercare di migliorare le prestazioni dello stesso edificio, richiede partire sempre dalla conoscenza delle caratteristiche statiche intrinseche che il materiale della muratura possiede. La conoscenza della patologia comporta l'indubbio vantaggio di mettere al corrente di cosa ci si può attendere nel futuro dal punto di vista strutturale, come ad esempio che il fenomeno non sarà eliminabile all'origine e che la fessura o lesione magari si riformerà sempre, a meno d’interventi statici rilevanti e di costi ingenti. Diventa quindi di fondamentale importanza eseguire uno studio approfondito dei fenomeni strutturali anomali di deterioramento, quali lesioni, fessurazioni e simili, legati spesso a fattori ambientali, attraverso specifiche indagini diagnostiche e di monitoraggio dello stato interno delle strutture, per definire le cause responsabili e il metodo più adeguato alla tutela dei beni storici [Mastrodicasa, 1993]. Il monitoraggio dei possibili parametri che influenzano tali processi può essere continuo nel tempo o per mezzo di metodologia discontinua che prevede l’utilizzo e la ripetizione di prove non distruttive. L’elevato costo di un eventuale processo continuo ha limitato significativamente la sua applicazione, riducendo lo studio all’analisi di pochi parametri derivanti dalle prove diagnostiche e spesso non del tutto adatti alla completa analisi della struttura. Il seguente lavoro di tesi è sviluppato all’interno del progetto SmooHS (Smart Monitoring of Historic Structures) nell’ambito del 7° Programma Quadro della Commissione Europea che si pone come obiettivo lo sviluppo di strumenti di monitoraggio innovativi ‘intelligenti’ e poco invasivi e modelli di degrado e la loro sperimentazione sul campo per verificarne l’effettiva efficacia attraverso il confronto con risultati di prove non distruttive. La normativa correlata a questo studio, “Norme Tecniche per le Costruzioni’ (D.M. 14/01/2008), evidenzia come ‘La conoscenza della costruzione storica in muratura è un presupposto fondamentale sia ai fini di un’attendibile valutazione della sicurezza sismica attuale sia per la scelta di un efficace intervento di miglioramento…. Si ha pertanto la necessità di affinare tecniche di analisi e interpretazione dei manufatti storici mediante fasi conoscitive dal diverso grado di attendibilità, anche in relazione al loro impatto. La conoscenza può, infatti, essere conseguita con diversi livelli di approfondimento, in funzione dell’accuratezza delle operazioni di rilievo, delle ricerche storiche, e delle indagini sperimentali. Tali operazioni saranno funzione degli obiettivi preposti e andranno a interessare tutto o in parte l’edificio, secondo la tipologia dell’intervento previsto’. L’utilizzo di ‘Tecniche diagnostiche non distruttive di tipo indiretto, quali prove soniche e ultrasoniche’ è preferibile poiché molto promettenti e hanno il pregio di poter essere utilizzate in modo diffuso con un relativo impatto sulla costruzione e costi relativamente contenuti. La non identificazione di una procedura univoca di prove non distruttive per ciascuna tipologia edilizia rende necessario uno studio di fattibilità di diverse tecniche per valutarne l’effettiva efficacia in base al risultato atteso. L’obiettivo di questo lavoro di tesi è stato lo studio sperimentale di valutazione dell’efficacia di alcune tecniche soniche in trasmissione, tomografia e prove soniche dirette, nel monitoraggio di provini precedentemente realizzati ad hoc nei laboratori LISG (Laboratorio di Ingegneria Strutturale e Geotecnica) del DICAM dell’Università di Bologna caratterizzati da presenze di discontinuità (vacui o inclusioni di polistirolo) o materiali differenti in determinate posizioni di geometria e localizzazione nota e diverse tessiture murarie (muratura di laterizio tradizionale, muratura a sacco, inclusioni lapidee). Il capitolo 1 presenta una descrizione generale delle murature, le cause principali di deterioramento e conseguenti dissesti. Presenta inoltre una finestra sulle prove diagnostiche. Nel capitolo 2 sono riportati alcuni esempi di applicazioni di tomografia e prove soniche e sviluppi di ricerca su strutture storiche lignee e murarie eseguite recentemente. Nel capitolo 3 sono presentati i provini oggetto di studio, la loro geometria, i difetti, le sezioni. Il capitolo 4 descrive i principi fisici delle prove soniche e grandezze caratteristiche e presenta la procedura di acquisizione e relative strumentazioni. I capitoli 5 e 6 riguardano lo studio sperimentale vero e proprio ottenuto attraverso l’utilizzo di tomografia sonica e prove dirette, con descrizione delle stazioni di prova, visualizzazione dei dati in tabelle per una semplice interpretazione, loro elaborazione e susseguente analisi approfondita, con valutazione dei risultati ottenuti e debite conclusioni. Il capitolo 7 presenta un confronto delle analisi comuni a entrambe le tipologie di prove soniche, visualizzazioni di istogrammi di paragone e considerazioni deducibili.

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Le più moderne e diffuse applicazioni wireless attuali sono dedicate a sistemi distribuiti in grandi quantità ed il più possibile miniaturizzati. In questa tesi si discute di tecniche di miniaturizzazione delle antenne di questi sistemi. Tradizionalmente tali tecniche si sono basate su substrati ad elevata costante dielettrica che hanno però, come contropartita, un deterioramento delle prestazioni radianti. Un'alternativa molto promettente è offerta da substrati magneto-dielettrici che, pur garantendo analoghe riduzioni degli ingombri, possono offrire migliori opportunità per il comportamento radiante e per l'adattamento dell'antenna al resto del sistema. In questa tesi, partendo dallo stato dell'arte della letteratura scientifica, si è sviluppato un modello che consente di valutare a priori i vantaggi/svantaggi di diverse topologie d'antenne basate su substrati magneto-dielettrici. Il metodo si basa sul teorema di equivalenza. Infine la tesi affronta il problema di sviluppare un metodo per la caratterizzazione dei parametri costitutivi di tali materiali.