998 resultados para Maailman meno : kansanlauluja omalla nuotilla
Resumo:
In genere, negli studi di vocazionalità delle colture, vengono presi in considerazione solo variabili ambientali pedo-climatiche. La coltivazione di una coltura comporta anche un impatto ambientale derivante dalle pratiche agronomiche ed il territorio può essere più o meno sensibile a questi impatti in base alla sua vulnerabilità. In questo studio si vuole sviluppare una metodologia per relazionare spazialmente l’impatto delle colture con le caratteristiche sito specifiche del territorio in modo da considerare anche questo aspetto nell’allocazione negli studi di vocazionalità. LCA è stato utilizzato per quantificare diversi impatti di alcune colture erbacee alimentari e da energia, relazionati a mappe di vulnerabilità costruite con l’utilizzo di GIS, attraverso il calcolo di coefficienti di rischio di allocazione per ogni combinazione coltura-area vulnerabile. Le colture energetiche sono state considerate come un uso alternativo del suolo per diminuire l’impatto ambientale. Il caso studio ha mostrato che l’allocazione delle colture può essere diversa in base al tipo e al numero di impatti considerati. Il risultato sono delle mappe in cui sono riportate le distribuzioni ottimali delle colture al fine di minimizzare gli impatti, rispetto a mais e grano, due colture alimentari importanti nell’area di studio. Le colture con l’impatto più alto dovrebbero essere coltivate nelle aree a vulnerabilità bassa, e viceversa. Se il rischio ambientale è la priorità, mais, colza, grano, girasole, e sorgo da fibra dovrebbero essere coltivate solo nelle aree a vulnerabilità bassa o moderata, mentre, le colture energetiche erbacee perenni, come il panico, potrebbero essere coltivate anche nelle aree a vulnerabilità alta, rappresentando cosi una opportunità per aumentare la sostenibilità di uso del suolo rurale. Lo strumento LCA-GIS inoltre, integrato con mappe di uso attuale del suolo, può aiutare a valutarne il suo grado di sostenibilità ambientale.
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Che cos’è il riferimento? La risposta che difendo è che il riferimento è un atto che coinvolge un parlante, un’espressione linguistica e uno specifico oggetto, in una data occasione d’uso. Nel primo capitolo, inquadro storicamente il dibattito sul riferimento opponendo il modello soddisfazionale à la Russell a quello referenziale à la Donnellan. Introduco la teoria russelliana su nomi propri e descrizioni definite e difendo la tesi che gli usi referenziali siano caratterizzati da una direzione di adattamento inversa rispetto al modello soddisfazionale. Nel secondo capitolo, sostengo che il riferimento è un’azione che può essere felice o infelice, a seconda che il parlante ne rispetti i vincoli o meno. Analizzo due condizioni necessarie del riferimento: che vi sia un legame causale tra parlante, espressione e referente, e che le parole siano usate convenzionalmente. Normalmente, si parla di fallimento referenziale solo quando il presunto referente non esiste, mentre io propongo di usare l’espressione per i riferimenti infelici. Secondo e terzo capitolo equiparano più tipi di espressioni in merito al riferimento. Insisto sulla dipendenza contestuale di nomi propri e descrizioni definite (sia usate referenzialmente che attributivamente). Due degli argomenti usati sono basati sui nomi omofoni e omografi e sulle descrizioni definite incomplete. Infine sintetizzo i punti precedenti in una proposta originale. L’atto referenziale, di cui ho difeso la possibilità che fallisca, è dipendente anche dall’essere teso verso la comunicazione. Per illustrare il punto confronto il processo di istituzione di una convenzione con l’uso di una convenzione già istituita. Il progetto è di dare un resoconto del riferimento bilanciato tra l’uso del linguaggio incentrato sul soggetto e i suoi legami con il mondo, da una parte, e le espressioni linguistiche, strumenti per ottenere risultati all’interno di una data comunità, dall’altra parte. L’atto referenziale, sostengo, ha diverse gradazioni di efficacia dipendenti da tutti questi elementi.
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La presente ricerca di dottorato si propone di esaminare l’evoluzione della teologia politica bizantina e dei suoi riflessi nella propaganda imperiale nel periodo compreso tra il XIII e il XIV secolo, attraverso lo studio delle manifestazioni dell'ideologia nell'iconografia e nella numismatica del periodo in esame. L'intreccio interdisciplinare di questi ambiti di ricerca, iconografia e numismatica - con una metodologia innovativa, i cui risultati si profilano estremamente proficui - permette di comprendere i caratteri concreti, ma forse più reconditi, del realizzarsi dell'ideologia politica e della propaganda imperiale nell'impero bizantino ormai ridotto ad una costellazione di potentati particolari di estensione limitata. Il tema specifico di questo studio ha come oggetto alcune iconografie ritenute inedite, o meno tradizionali, nel panorama numismatico bizantino, emesse, in particolare, dalla zecca di Tessalonica tra XIII e XIV secolo, che vengono qui esaminate in funzione dell’evoluzione della rappresentazione imperiale. Tra di esse emerge l’inedita iconografia dell’imperatore pteroforo per la sua valenza di interscambiabilità semantica con l’immagine arcangelica. Lo studio si è proposto l’obiettivo principale di rintracciare elementi iconologici quanto più possibile comuni tra tutti i soggetti iconografici presi in esame, vagliando il substrato ideologico e propagandistico sotteso alla valenza iconologica per ogni tipologia numismatica.
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Lo scavo della chiesa di Santa MAria Maggiore ha permesso di acquisire nuove importanti informazioni sulla storia della città di Trento, sulla città tardo antica e sul processo di cristianizzazione. Il primo impianto ecclesiastico, datato a dopo la metà del V d. C. secolo, sorge su un precedente impianto termale realizzato intorno al II secolo d. C. ed appare caratterizzato da un forte carattere monumentale. La chiesa, a tre navate, presentava un presbiterio rialzato decorato in una prima fase da un opus sectile poi sostituito nel VI secolo da un mosaico policromo. Sono state rinvenute inoltre, parti consistenti della decorazione architettonica di fine VIII secolo pertinente questo stesso impianto che non subirà importanti modifiche fino alla realizzazione del successivo edificio di culto medievale, meno esteso e dai caratteri decisamente meno monumentali, caratterizzato dalla presenza di un esteso campo cimiteriale rinvenuto a nord della chiesa. A questo impianto ne succede un terzo, probabilmente a due navate, e dalla ricca decorazione pittorica demolito in età tardo rinascimentale per la realizzazione della chiesa attuale.
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In questo lavoro abbiamo studiato la presenza di correzioni, dette unusuali, agli stati eccitati delle teorie conformi. Inizialmente abbiamo brevemente descritto l'approccio di Calabrese e Cardy all'entropia di entanglement nei sistemi unidimensionali al punto critico. Questo approccio permette di ottenere la famosa ed universale divergenza logaritmica di questa quantità. Oltre a questo andamento logaritmico son presenti correzioni, che dipendono dalla geometria su cui si basa l'approccio di Calabrese e Cardy, il cui particolare scaling è noto ed è stato osservato in moltissimi lavori in letteratura. Questo scaling è dovuto alla rottura locale della simmetria conforme, che è una conseguenza della criticità del sistema, intorno a particolari punti detti branch points usati nell'approccio di Calabrese e Cardy. In questo lavoro abbiamo dimostrato che le correzioni all'entropia di entanglement degli stati eccitati della teoria conforme, che può anch'essa essere calcolata tramite l'approccio di Calabrese e Cardy, hanno lo stesso scaling di quelle osservate negli stati fondamentali. I nostri risultati teorici sono stati poi perfettamente confermati dei calcoli numerici che abbiamo eseguito sugli stati eccitati del modello XX. Sono stati inoltre usati risultati già noti per lo stato fondamentale del medesimo modello per poter studiare la forma delle correzioni dei suoi stati eccitati. Questo studio ha portato alla conclusione che la forma delle correzioni nei due differenti casi è la medesima a meno di una funzione universale.
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L’obiettivo della ricerca condotta dal candidato è stato sin dal principio la proposta di un’analisi del popolamento e delle dinamiche culturali dell’età neolitica nella Puglia Centrale. Tale aspirazione derivava dal fatto che il territorio oggetto di tale ricerca è stato, negli ultimi decenni, assai meno investigato rispetto alle limitrofe aree, come la piana del Tavoliere ed il Salento in particolare. Questa mancanza di informazioni rendeva necessaria una rivisitazione delle ricerche e degli studi, attraverso la costruzione di un atlante del popolamento, al fine di colmare questo vuoto. Infatti, una valutazione del popolamento dell’età neolitica nell’Italia sud-orientale non può essere considerata per aree culturali distinte e geograficamente limitate. Nonostante vi siano importanti differenziazioni di facies archeologiche, è solo attraverso una visione complessiva e con un controllo articolato delle informazioni che è possibile descrivere i processi e le dinamiche che hanno portato ad un popolamento così imponente, dalla sua espansione al repentino collasso, causando la trasformazione del paesaggio pugliese. La scelta di guardare alla complessità neolitica di questo versante della Puglia si lega culturalmente, oltre che geograficamente, alla ricerca già effettuata sulla grande diffusione del neolitico nella piana del Tavoliere di Puglia, unico esempio europeo in quanto a colonizzazione capillare del territorio..Ciò ha permesso di disegnare un quadro globale, che al momento esclude solo la penisola salentina, del popolamento neolitico della Puglia settentrionale e centrale. Le caratteristiche che differenziano i due complessi, sono strettamente legate sia all’habitat insediativo, inteso come scelte insediamentali, che nella regione indagata appare organizzato su diversi livelli (area costiera adriatica, area prospiciente antichi alvei torrentizi, propaggini dell’altopiano delle Murge), che alle forme culturali, intese come produzione artigianale e soprattutto aspetti rituali connessi alla frequentazione delle grotte naturali.
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Il progetto di ricerca si situa nell’ambito dell’informatica giudiziaria settore che studia i sistemi informativi implementati negli uffici giudiziari allo scopo di migliorare l’efficienza del servizio, fornire una leva per la riduzione dei lunghi tempi processuali, al fine ultimo di garantire al meglio i diritti riconosciuti ai cittadini e accrescere la competitività del Paese. Oggetto di studio specifico del progetto di ricerca è l’utilizzo delle ICT nel processo penale. Si tratta di una realtà meno studiata rispetto al processo civile, eppure la crisi di efficienza del processo non è meno sentita in tale area: l’arretrato da smaltire al 30 giugno del 2011 è stato quantificato in 3,4 milioni di processi penali, e il tempo medio di definizione degli stessi è di quattro anni e nove mesi. Guardare al processo penale con gli occhi della progettazione dei sistemi informativi è vedere un fluire ininterrotto di informazioni che include realtà collocate a monte e a valle del processo stesso: dalla trasmissione della notizia di reato alla esecuzione della pena. In questa prospettiva diventa evidente l’importanza di una corretta gestione delle informazioni: la quantità, l’accuratezza, la rapidità di accesso alle stesse sono fattori così cruciali per il processo penale che l’efficienza del sistema informativo e la qualità della giustizia erogata sono fortemente interrelate. Il progetto di ricerca è orientato a individuare quali siano le condizioni in cui l’efficienza può essere effettivamente raggiunta e, soprattutto, a verificare quali siano le scelte tecnologiche che possono preservare, o anche potenziare, i principi e le garanzie del processo penale. Nel processo penale, infatti, sono coinvolti diritti fondamentali dell’individuo quali la libertà personale, la dignità, la riservatezza, diritti fondamentali che vengono tutelati attraverso un ampia gamma di diritti processuali quali la presunzione di innocenza, il diritto di difesa, il diritto al contraddittorio, la finalità di rieducazione della pena.
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Le ragioni della delocalizzazione sono molteplici e di differente natura. Si delocalizza, in primo luogo, per ragioni di stampo economico, finanziario eccetera, ma questa spinta naturale alla delocalizzazione è controbilanciata, sul piano strettamente tributario, dall’esigenza di preservare il gettito e da quella di controllare la genuinità della delocalizzazione medesima. E’ dunque sul rapporto tra “spinte delocalizzative” dell’impresa, da un lato, ed esigenze “conservative” del gettito pubblico, dall’altro, che si intende incentrare il presente lavoro. Ciò alla luce del fatto che gli strumenti messi in campo dallo Stato al fine di contrastare la delocalizzazione (più o meno) artificiosa delle attività economiche devono fare i conti con i principi comunitari introdotti con il Trattato di Roma e tratteggiati negli anni dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia. In quest’ottica, la disciplina delle CFC costituisce un ottimo punto di partenza per guardare ai fenomeni di produzione transnazionale della ricchezza e agli schemi di ordine normativo preposti alla tassazione di codesta ricchezza. Ed infatti, le norme sulle CFC non fanno altro che omogeneizzare un sistema che, altrimenti, sarebbe lasciato alla libera iniziativa degli uffici fiscali. Tale “normalizzazione”, peraltro, giustifica le esigenze di apertura che sono incanalate nella disciplina degli interpelli disapplicativi. Con specifico riferimento alla normativa CFC, assumono particolare rilievo la libertà di stabilimento ed il principio di proporzionalità anche nella prospettiva del divieto di abuso del diritto. L’analisi dunque verterà sulla normativa CFC italiana con l’intento di comprendere se codesta normativa, nelle sue diverse sfaccettature, possa determinare situazioni di contrasto con i principi comunitari. Ciò anche alla luce delle recenti modifiche introdotte dal legislatore con il d.l. 78/2009 in un quadro normativo sempre più orientato a combattere le delocalizzazioni meramente fittizie.
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La ricerca ha ad oggetto l’analisi della disciplina della responsabilità del vettore terrestre di merci per conto terzi ed i riflessi che detta disciplina ha avuto modo di svilupparsi nel mercato assicurativo. L’attenzione è stata rivolta al contratto di trasporto di cose in generale, seguendone la disciplina codicistica e le evoluzioni legislative intervenute. Particolare rilievo assume la novella apportata all’art. 1696 c.c., introdotta dall’art. 10 del Dlgs. 286/2005, grazie alla quale l’ordinamento italiano ha potuto codificare il limite di indennizzo dovuto dal vettore nell’ipotesi di colpa lieve, L’introduzione del limite legale di indennizzo per le ipotesi di responsabilità per perdita o avaria della merce trasportata ha generato nel mondo assicurativo interessanti reazioni. L’elaborato esamina anche l’evoluzione giurisprudenziale formatisi in tema di responsabilità vettoriale, evidenziando il crescente rigore imposto dalla giurisprudenza fondato sul principio del receptum. Tale fenomeno ha visto immediata reazione nel mercato assicurativo il quale, sulla base di testi contrattuali non dissimili tra le diverse compagnie di assicurazioni operanti sul mercato domestico e che traevano origine dai formulari approvati dall’ANIA, ha seguito l’evoluzione giurisprudenziale apportando significative restrizioni al rischio tipico previsto dalle coperture della responsabilità civile vettoriale. La ricerca si è poi focalizzata sull’esame delle più comuni clausole contemplate dalle polizze di assicurazioni di responsabilità civile e sul loro significato alla luce delle disposizioni di legge in materia. Tale analisi riveste preminente interesse poiché consente di verificare in concreto come l’assicurazione possa effettivamente costituire per l’impresa di trasporto non tanto un costo bensì una opportunità di risparmio da un lato ed un modello comportamentale, sebbene indotto, dall’altro lato per il raggiungimento di quei canoni di diligenza che qualsiasi operatore del settore dovrebbe tenere durante l’esecuzione del trasporto ed il cui venir meno determina, come detto, sensibili effetti pregiudizievoli di carattere economico.
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Desde los plantemientos que entienden la mediación como una mera relación de hecho, se avanzará hasta la consideración de la misma como contrato. Para ello, se separarán las categorías o institutos que no se consideren adecuados a la naturaleza de la mediación, profundizando en sus estructuras más básicas, hasta llegar a la consideración contractual de la misma. Desde el contrato, se tratarán los elementos de sinalagmaticidad, principalidad, onerosidad o consensualidad, entre otras circunstancias, esenciales o naturales, antes de abordar la que quizá sea la circunstancia que merezca un tratamiento más especial: el riesgo aleatorio de la mediación. Además, al tratarse de contratos infrarregulados, la dimensión económica y efectiva de los mismos no sólo permite la reflexión, sino que impulsa la crítica y, si bien no puede ofrecer por sí misma respuestas, sí puede ayudar a descartar opciones menos adecuadas en cada caso. De todo lo anterior se concluirá una única categoría contractual, clara y precisa, enfrentada también a un análisis económico de cada uno de sus elementos, así como una confrontación con las propuestas, sobre los mismos supuestos, del Derecho contractual europeo. Así, se tratará de evaluar, en cada paso, que las conclusiones parciales sobre las que se asienten ulteriores estadios de la investigación no sólo resulten sistemáticas, sino también idóneas para alcanzar la finalidad de contrato y, a su través, la de las partes. El contrato resultante se encontrará categorizado, pero no por ello regulado. De ahí la necesidad, última, de ubicarlo en una categoría contractual más amplia que pueda informar dichos caracteres con una regulación suficiente, desde la que establecer una normatividad real.
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La presente ricerca muove i suoi primi passi dall’ipotesi generale che il paradigma relazionale possa offrire al mondo dei servizi sociali una configurazione diversa, talora meno utopistica, del community work. Sebbene, infatti, in questi anni il sistema di offerta dei servizi si sia arricchito di principi come la co-progettazione e la co-responsabilità delle azioni, il lavoro di comunità resta ancora molto distante dal lavoro generalmente svolto nei servizi sociali territoriali, incapaci per ragioni strutturali e culturali di accogliere dentro di sé tale funzione. L’idea dalla quale trae origine la presente tesi di dottorato, è pertanto quella di arricchire la definizione di servizi sociali relazionali. Partendo dalle dimensioni che in letteratura sociologica e nei principali modelli teorici di social work definiscono un servizio alla persona quale servizio relazionale, nella prima parte teorica viene ipotizzata una trasformazione parziale del welfare regionale emiliano, poiché ai mutamenti culturali di questi anni non ha fatto seguito un cambiamento reale dei modelli operativi maggiormente basati sullo sviluppo delle competenze. Nella seconda parte della tesi, la ricerca empirica si focalizza sui progetti “family friendly” realizzati nel Comune di Parma, collocati in una logica di welfare societario e basati sull’apporto di soggetti di Terzo Settore, responsabili di ogni fase di realizzazione delle attività. La ricerca si avvale prevalentemente di tecniche qualitative e in alcuni tratti assume le caratteristiche della ricerca-azione. Nelle conclusioni, il contesto territoriale studiato rivela grande ricchezza dei legami strutturali, ma anche necessità di un rafforzamento dei legami interni. La forza dei servizi prodotti si situa, inoltre, nella sovrafunzionalità del legame tra volontari e famiglie, e di questo elemento dovrebbe arricchirsi anche il social work che scelga di adottare una prospettiva metodologica di lavoro relazionale.
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Ci si propone di ottimizzare un piccolo motore bicilindrico per uso aeronautico e di trovare una soluzione adeguata per equilibrare il motore stesso. Il propulsore è un motore bicilindrico quattro tempi 500 cc, di derivazione motociclistica, convertito al campo aeronautico. L’installazione del motore sarà nel futuro rivolta agli aeromobili ultraleggeri. Visti i pesi massimi al decollo imposti dalle regolamentazione, dobbiamo far si che il motore sia il più leggero possibile. Lo studio in questione si suddivide in due parti fondamentali: la valutazione di quale sia la soluzione migliore per costruire un motore bicilindrico, con cilindri in linea o in tandem, e la riprogettazione dei cilindri, della testata, dell’albero motore e del sistema di equilibratura utilizzando come software di disegno SolidWorks. Lo studio è nato dalla volontà di progettare un piccolo motore in grado di essere concorrenziale in termini di affidabilità e di prestazioni con i maggiori produttori di motori per ultraleggeri, l’azienda austriaca Rotax che detiene di monopolio, Jabiru, HKS ed altre marche meno importanti.
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L’obiettivo della ricerca è, da un lato, quello di definire un quadro conoscitivo di sfondo rispetto al fenomeno della tratta e dello sfruttamento sessuale di donne che approdano nel contesto italiano, dall’altro quello di esaminare gli interventi politici e legislativi posti in essere per contrastare il fenomeno e per tutelarne le vittime. Dopo uno sguardo alle caratteristiche strutturali della tratta, alla normativa italiana, europea e internazionale connessa al suo contrasto e alla protezione delle vittime e ai modelli di intervento sociale nel settore posti in essere nel nostro Paese, l’analisi si è concretizzata prendendo in considerazione i risultati emersi dall’attività di ricerca. L’analisi delle storie di vita delle vittime, di nazionalità nigeriana, albanese e serba ha permesso, da un lato, di evidenziare la complessità dei loro percorsi di vita e dall’altro di tracciare un quadro delle modalità organizzative e di sfruttamento utilizzate dal racket nigeriano e da quello albanese. Sul versante legislativo, invece, le interviste ai ricercatori svedesi sono state volte a comprendere se la normativa che punisce l’acquisto di prestazioni sessuali potesse avere un potere deterrente e, quindi, se potesse rappresentare una risposta efficace per arginare il fenomeno della prostituzione schiavizzata. In ultimo, dal punto di vista processuale, l’analisi delle sentenze giudiziarie penali emesse dal Tribunale di Rimini è stata utile per individuare le principali dinamiche che caratterizzano il rapporto tra l’autore e la vittima di reato e, non di meno, per sottolineare l’importanza del ruolo della vittima nel processo penale.
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Le terapie convenzionali per le malattie da aumentato riassorbimento osseo sono limitate dalla tossicità sistemica, bassa biodisponibilità farmacologica e scarsa aderenza alle terapie. In questo studio sono stati considerati approcci terapeutici innovativi basati su composti naturali e sintetici. I) Valutazione dell'attività biologica di composti naturali. Evidenze sperimentali hanno dimostrato l’attività antiproliferativa ed antiapoptotica di piante della Medicina ayurvedica. Queste proprietà sono sfruttabili nel trattamento di malattie da aumentato riassorbimento osseo, come l'osteoporosi. Per chiarire i possibili effetti terapeutici di questi composti, sono stati studiati i decotti di Rubia cordifolia, Hemidesmus indicus, Emblica officinalis, ed Asparagus racemosus. Hemidesmis indicus si è dimostrato il più efficace. II) Valutazione dell'attività biologica di composti sintetici. I bisfosfonati (BP) sono farmaci capaci di legarsi alle superfici minerali ossee e all’idrossiapatite, nei siti di rimodellamento osseo. Poiché i BP inibiscono la funzione degli osteoclasti, sono convenzionalmente impiegati nel trattamento di malattie da aumentato riassorbimento osseo, come l'osteoporosi. Tuttavia, gli elevati costi e gli effetti collaterali legati alla somministrazione determinano una scarsa aderenza al trattamento condizionandone l’efficacia. Scopo di questo studio è stato quello di valutare l'attività biologica di BP chimicamente innovativi, meno tossici e sintetizzati con strategie catalitiche semplificate ed ecocompatibili, in modo da ridurre i costi di produzione. È stato valutato l’effetto citotossico e antiosteoclastico dei composti e confrontato con quello dei BP comunemente impiegati in clinica (neridronato, pamidronato e alendronato). I risultati sono stati considerati raggiunti qualora fossero identificati BP di nuova sintesi non citotossici e capaci di conservare almeno il 90% della capacità dei substrati di base di inibire il riassorbimento osseo. Tutti i composti di nuova sintesi sono risultati meno tossici del BP convenzionale, anche a concentrazioni più elevate ed i più efficaci sono stati un BP coniugato con acido biliare, un BP aromatico contenente azoto ed un BP alifatico contenente zolfo.
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Nel 2011 si sono registrati in Italia 205.638 incidenti stradali con lesioni a persone. Il numero dei morti (entro il 30° giorno) è stato di 3.860, quello dei feriti ammonta a 292.019.Rispetto all’obiettivo fissato dall’Unione Europea nel Libro Bianco del 2001, che prevedeva la riduzione della mortalità del 50% entro il 2010, benché sia vicina a questo traguardo, l’Italia non ha ancora raggiunto tale livello (Figura I.1). Sulle strade urbane si sono verificati 157.023 incidenti, con 213.001 feriti e 1.744 morti. Sulle Autostrade gli incidenti sono stati 11.007, con 18.515 feriti e 338 decessi. Sulle altre strade extraurbane, ad esclusione delle Autostrade, si sono verificati 37.608 incidenti, con 65.503 feriti e 1.778 morti. L’indice di mortalità mostra che gli incidenti più gravi avvengono sulle strade extraurbane (escluse le autostrade), dove si registrano 4,7 decessi ogni 100 incidenti. Gli incidenti sulle strade urbane sono meno gravi, con 1,1 morti ogni 100 incidenti. Sulle Autostrade tale indice è pari a 3,1. L’indice di mortalità si mantiene superiore alla media giornaliera (1,9 decessi ogni 100 incidenti) per tutto l’arco di tempo che va dalle 21 alle 7 del mattino, raggiungendo il valore massimo intorno alle 5 del mattino (6,0 decessi ogni 100 incidenti). La domenica è il giorno nel quale si registra il livello più elevato dell’indice di mortalità (2,8 morti per 100 incidenti). In 7 casi su 10 (69,7%) le vittime sono i conducenti di veicoli, nel 15,3% i passeggeri trasportati e nel 15,1% i pedoni. La categoria di veicolo più coinvolta in incidente stradale è quella delle autovetture(66,1%), seguono motocicli (14,0%), i ciclomotori (5,4%) e le biciclette (4,5%).