987 resultados para Interfaccia, Risultati elettorali, Accessibile


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Considerando l'elevato grado di inquinamento del pianeta e la forte dipendenza delle attività antropiche dai combustibili fossili, stanno avendo notevole sviluppo e incentivazione gli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. In particolare, la digestione anaerobica è in grande diffusione in Italia. Lo studio in oggetto si prefigge l'obiettivo di determinare, mediante analisi di Life Cycle Assessment (LCA), i carichi ambientali di un impianto di digestione anaerobica, e della sua filiera, per valutarne l'effettiva ecosostenibilità. L'analisi considera anche gli impatti evitati grazie all'immissione in rete dell'energia elettrica prodotta e all'utilizzo del digestato in sostituzione dell'urea. Lo studio analizza sei categorie d'impatto: Global warming potential (GWP), Abiotic depletion potential (ADP), Acidification potential (AP), Eutrophication potential (EP), Ozone layer depletion potential (ODP) e Photochemical oxidant formation potential (POFP). I valori assoluti degli impatti sono stati oggetto anche di normalizzazione per stabilire la loro magnitudo. Inoltre, è stata effettuata un'analisi di sensitività per investigare le variazioni degli impatti ambientali in base alla sostituzione di differenti tecnologie per la produzione di energia elettrica: mix elettrico italiano, carbone e idroelettrico. Infine, sono stati analizzati due scenari alternativi all'impianto in esame che ipotizzano la sua conversione ad impianto per l'upgrading del biogas a biometano. I risultati mostrano, per lo scenario di riferimento (produzione di biogas), un guadagno, in termini ambientali, per il GWP, l'ADP e il POFP a causa dei notevoli impatti causati dalla produzione di energia elettrica da mix italiano che la filiera esaminata va a sostituire. I risultati evidenziano anche quanto gli impatti ambientali varino in base alla tipologia di alimentazione del digestore anaerobica: colture dedicate o biomasse di scarto. I due scenari alternativi, invece, mostrano un aumento degli impatti, rispetto allo scenario di riferimento, causati soprattutto dagli ulteriori consumi energetici di cui necessitano sia i processi di purificazione del biogas in biometano sia i processi legati alla digestione anaerobica che, nel caso dello scenario di riferimento, sono autoalimentati. L'eventuale conversione dell'attuale funzione dell'impianto deve essere fatta tenendo anche in considerazione i benefici funzionali ed economici apportati dalla produzione del biometano rispetto a quella del biogas.

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Il lavoro di tesi è stato svolto presso Datalogic ADC, azienda attiva nel campo dell'automazione industriale. La divisione presso cui mi sono recato per 6 mesi ha sede a Pasadena (California, USA) e si occupa principalmente di sistemi di visione e riconoscimento oggetti, con particolare applicazione al settore della grande distribuzione. L'azienda ha in catalogo diversi prodotti finalizzati ad automatizzare e velocizzare il processo di pagamento alle casse da parte dei clienti. In questo contesto, al mio arrivo, era necessario sviluppare un software che permettesse di riconoscere i comuni carrelli per la spesa quando sono inquadrati dall'alto, con posizione verticale della camera. Mi sono quindi occupato di sviluppare ed implementare un algoritmo che permetta di riconoscere i carrelli della spesa sotto ben precise ipotesi e dati iniziali. Come sarà spiegato più dettagliatamente in seguito, è necessario sia individuare la posizione del carrello sia il suo orientamento, al fine di ottenere in quale direzione si stia muovendo. Inoltre, per i diversi impieghi che si sono pensati per il software in oggetto, è necessario che l'algoritmo funzioni sia con carrelli vuoti, sia con carrelli pieni, anche parzialmente. In aggiunta a ciò il programma deve essere in grado di gestire immagini in cui siano presenti più di un carrello, identificando correttamente ciascuno di essi. Nel Capitolo 1 è data una più specifica introduzione al problema e all'approccio utilizzato per risolverlo. Il Capitolo 2 illustra nel dettaglio l'algoritmo utilizzato. Il Capitolo 3 mostra i risultati sperimentali ottenuti e il procedimento seguito per l'analisi degli stessi. Infine il Capitolo 4 espone alcuni accorgimenti che sono stati apportati all'algoritmo iniziale per cercare di velocizzarlo in vista di un possibile impiego, distinguendo i cambiamenti che introducono un leggero degrado delle prestazioni da quelli che non lo implicano. Il Capitolo 5 conclude sinteticamente questa trattazione ricordando i risultati ottenuti.

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Obiettivo della tesi è stato quello di analizzare, progettare e realizzare un modello di interfaccia uomo-macchina per macchine automatiche multidosaggio che fosse dinamicamente riconfigurabile alla variazione della configurazione operativa.

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L’obiettivo dell’elaborato è mostrare come, partendo da una robusta base teorica nelle discipline del Project Management e del Business Process Reengineering, sia possibile ridefinire un sistema di gestione dei progetti (a livello singolo e di aggregato) e sviluppare, presso il personale coinvolto, le competenze necessarie a sostenere autonomamente ed a migliorare il sistema così creato. La reingegnerizzazione della progettazione nell’azienda in esame si è sviluppata nell’arco di un quadriennio: nel 2010 è stata concretizzata la prima release dei processi di gestione del progetto singolo e dell’aggregato, nel 2011 è maturata la seconda release, mentre nel biennio 2012-2013 si sono “congelati” i risultati ottenuti e si è sviluppata l’autonomia dei Project Manager interni e del Project Management Office. Dall’analisi è emersa l’importanza di un solido approccio metodologico negli interventi di innovazione organizzativa.

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L’obiettivo di questa tesi è stato quello di migliorare l’efficacia e l’efficienza di una proposta allo stato dell’arte per l’individuazione di punti salienti in immagini digitali [1]. Questo algoritmo sfrutta le proprietà dell’equazione alle derivate parziali che modella l’evoluzione di un’onda. Per migliorarlo sono stati implementati alcuni schemi numerici di risoluzione dell’equazione delle onde bidimensionale e sono stati valutati rispetto allo schema già utilizzato. Sono stati implementati sia schemi impliciti sia schemi espliciti, tutti in due versioni: con interlacciamento con l’equazione del calore (diffusivi) e senza. Lo studio dei migliori schemi è stato approfondito e questi ultimi sono stati confrontati con successo con la versione precedentemente proposta dello schema esplicito INT 1/4 con diffusione [1]. In seguito è stata realizzata una versione computazionalmente più efficiente dei migliori schemi di risoluzione attraverso l’uso di una struttura piramidale ottenuta per sotto-campionamento dell’immagine. Questa versione riduce i tempi di calcolo con limitati cali di performance. Il tuning dei parametri caratteristici del detector è stato effettuato utilizzando un set di immagini varianti per scala, sfocamento (blur), punto di vista, compressione jpeg e variazione di luminosità noto come Oxford dataset. Sullo stesso sono stati ricavati risultati sperimentali che identificano la proposta presentata come il nuovo stato dell’arte. Per confrontare le performance di detection con altri detector allo stato dell’arte sono stati utilizzati tre ulteriori dataset che prendono il nome di Untextured dataset, Symbench dataset e Robot dataset. Questi ultimi contengono variazioni di illuminazione, momento di cattura, scala e punto di vista. I detector sviluppati risultano i migliori sull’Untextured dataset, raggiungono performance simili al miglior detector disponibile sul Symbench dataset e rappresentano il nuovo stato dell’arte sul Robot dataset.

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Il presente elaborato tratta l'analisi del collasso sismico del Santuario della Beata Vergine della Coronella sito a Galliera (Bo).Partendo dalla progettazione e verifica di una nuova copertura in legno lamellare si procede realizzando, per mezzo del software Straus7, due modelli del Santuario,uno con la nuova copertura e uno con la copertura crollata. Questi verranno poi, analizzati staticamente e dinamicamente e dal confronto dei risultati delle analisi verranno valutate le criticità e le migliorie apportate alla muratura, a seguito della realizzazione del nuovo tetto.

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In questa tesi vengono analizzati gli algoritmi DistributedSolvingSet e LazyDistributedSolvingSet e verranno mostrati dei risultati sperimentali relativi al secondo.

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Il Mar Adriatico presenta una grande ricchezza di diversità di specie ittiche, molte delle quali sono rilevanti dal punto di vista commerciale, altre rappresentano un contributo alla complessità biologica dell’ambiente. In questo lavoro di tesi tecniche di analisi multivariata sono state utilizzate per analizzare la composizione in specie ittiche demersali dell’Alto e Medio Adriatico e la diversità, per arrivare a delineare un quadro generale di tali comunità. I dati utilizzati sono stati raccolti nelle campagne GRUND effettuate in Adriatico dal 1982 al 2007 nell’area delle acque nazionali italiane ed internazionali, al limite delle acque croate e slovene. La Cluster Analysis effettuata sui dati di abbondanza (kg/h) delle specie ha permesso di definire quattro assemblaggi principali di specie (40% di similarità) associati all’area di costa, all’area costiera fuori Venezia, a un area detritica e a un area più profonda. All’interno di questi assemblaggi, stabili per tutti gli anni, sono stati ritrovate delle associazioni più ristrette (similarità del 50%). Profondità e tipologia di fondale sembrano essere i fattori determinanti la divisione di questi assemblaggi. Tali risultati sono stati confermati anche dall’analisi di ordinamento non metrico MDS. Con l’analisi ANOSIM si è cercato di vedere se ci sono differenze significative tra gli assemblaggi annuali delle aree identificate, e se gli assemblaggi di specie variano significativamente nel corso degli anni all’interno di ciascuna area. Con l’analisi SIMPER si sono identificate quelle specie caratterizzanti gli assemblaggi e le specie che sono responsabili della diversità tra aree. Sono stati calcolati gli indici di diversità per indagare la diversità e la variabilità temporale delle comunità demersali che caratterizzano le quattro aree principali. E’ stata fatta un’analisi temporale delle abbondanze medie delle specie commerciali maggiormente rappresentative dei quattro assemblaggi principali ritrovati, e un’analisi su come variano le taglie nel corso degli anni.

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Scopo della tesi è la realizzazione di rilievi fitosociologici nel SIC “IT4080008 Balze di Verghereto, Monte Fumaiolo, Ripa della Moia” (provincia di Forlì-Cesena). Il gruppo montuoso del Monte Fumaiolo, posto al confine tra le Vallate del Savio e del Tevere, è stato proposto nel 1995 come Sito di Importanza Comunitaria. E' un'area colonizzata già nell'antichità dall'uomo e comprende una grande estensione di pascoli montani, con rupi calcaree e rilievi comprendenti faggete, abetine artificiali, rimboschimenti e prati pascoli. Nell'ambito di una ricerca sulla distribuzione degli habitat di maggior pregio in questo sito sono stati realizzati campionamenti, basati sul metodo Braun Blanquet, nel periodo tra Lunglio e Settembre 2013. I dati raccolti sono stati successivamente elaborati tramite software Matlab versione 7.10.0.282 creando due dendrogrammi allo scopo di descrivere sia la qualità naturale del SIC, sia dal punto di vista degli habitat. Dalle informazioni raccolte è stata possibile la definizione di due tipologie di vegetazione: le formazioni forestali e gli ambienti aperti. I risultati mostrano 57 rilievi inerenti ai boschi divisi in ulteriori sottogruppi rappresentanti boschi a faggio, situazioni miste con Fagus sylvatica e Abies alba, querceti misti e rimboschimenti a Pinus nigra. I 27 rilievi degli ambienti aperti mostrano invece una predominanza di prati-pascolo e pascoli con situazioni di evoluzione ad arbusteti a Cytisus scoparius e Juniperus communis. Sono state campionate anche le vegetazioni a succulente presenti su affioramenti rocciosi. Le informazioni ottenute ed elaborate possono essere utili per studi futuri e per la creazione di una carta fitosociologica sulla base dei rilievi effettuati e della pregressa carta della vegetazione su base fisionomica (Barlotti 2013).

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In questo lavoro viene mostrato come costruire un modello elettromeccanico per il sistema costituito da motore elettrico-riduttore-trasmissione-carico. Il modello è progettato per essere implementato su software di simulazione. Sono illustrati aspetti relativi ai componenti del sistema, alla dinamica dei meccanismi, a modelli di perdite elettriche nei motori ed alle modalità di costruizione del software di simulazione. Sono infine mostrati i risultati di alcune simulazioni.

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Tesi svolta in collaborazione con Officine Maccaferri S.p.A e con il LIDR (Laboratorio di Ingegneria Idraulica) dell’Università di Bologna. Descrive caratteristiche tecniche di condotte in acciaio, polietilene ad alta densità (PEAD) e resina poliestere rinforzata con fibre di vetro (PRFV), evidenziando vantaggi/svantaggi del loro impiego. Fornisce una descrizione delle modalità di posa delle condotte in relazione ai fattori che condizionano la scelta della tecnica più idonea. Affronta il problema della stabilizzazione e protezione delle condotte soggette all’azione idrodinamica di onde e correnti nelle zona sotto costa e a possibili fattori di rischio esterni. Descrive tecniche di protezione delle condotte sottomarine: interramento (trenching), ricoprimento con materiale roccioso (rock dumping), stabilizzazione con elementi puntuali di appesantimento (concrete collars).Sono descritte le soluzioni di protezione offerte da Officine Maccaferri: materassi articolati in blocchi di calcestruzzo (ACBM) e materassi in geotessuto riempiti di materiale bituminoso (SARMAC). Essi vengono posati sopra la condotta, in posizione longitudinale o trasversale al suo asse, e hanno duplice scopo: (i) incrementarne il peso e la stabilità ai carichi idrodinamici esercitati da onde e correnti e (ii) proteggere la condotta da urti. Partendo dai risultati del modello sperimentale descritto in Gaeta et al. (2012) che evidenziano problemi di erosione localizzata intorno a condotta posata su fondale mobile protetta con materasso ACBM dovuti alla discontinuità materiale del mezzo si valuta, attraverso uno studio numerico, la opportunità di modificare il materasso, ponendo sotto i blocchetti un geotessile. Utilizzando un modello numerico, COBRAS, per la simulazione 2DV del campo idrodinamico si analizza l’effetto di smorzamento del campo di velocità e di vorticità indotto dall’aggiunta del geotessuto simulato come mezzo poroso. I dati sono stati elaborati con MATLAB per ricavare le mappature attorno alla condotta. I test numerici riguardano 3 configurazioni: SARMAC, ACBM, GEO (ACBM+Geotessuto) poggiate su una condotta di diametro costante e sono state analizzate per 2 condizioni di onde regolari di diversa altezza e periodo. Dagli studi emerge che, per casi di condotta posata su fondo mobile, si consiglia l’utilizzo di materassi SARMAC o materassi ACBM modificati con aggiunta di geotessuto. Inoltre il geotessuto svolge anche funzione filtrante, per cui permette il passaggio dell’acqua ma allo stesso tempo trattiene il materiale solido movimentato, senza pericolo di erosione. La presenza dello strato di geotessile non incide sui parametri caratteristici di stabilità globale del materasso ACBM. Si è compiuta un’analisi comparativa tra SARMAC e ACBM per valutare la convenienza delle due soluzioni. Si propone un esempio di dimensionamento nel caso di protezione di un cavo sottomarino comparando caratteristiche tecniche dei materassi SARMAC e ACBM senza geotessile e facendo valutazioni economiche di massima da cui emerge la maggiore convenienza dei materassi ACBM.

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Il lavoro svolto in questa tesi si colloca nell’area della robotica aerea e della visione artificiale attraverso l’integrazione di algoritmi di visione per il controllo di un velivolo senza pilota. Questo lavoro intende dare un contributo al progetto europeo SHERPA (Smart collaboration between Humans and ground-aErial Robots for imProving rescuing activities in Alpine environments), coordinato dall’università di Bologna e con la compartecipazione delle università di Brema, Zurigo, Twente, Leuven, Linkopings, del CREATE (Consorzio di Ricerca per l’Energia e le Applicazioni Tecnologiche dell’Elettromagnetismo), di alcune piccole e medie imprese e del club alpino italiano, che consiste nel realizzare un team di robots eterogenei in grado di collaborare con l’uomo per soccorrere i dispersi nell’ambiente alpino. L’obiettivo di SHERPA consiste nel progettare e integrare l’autopilota all’interno del team. In tale contesto andranno gestiti problemi di grande complessità, come il controllo della stabilità del velivolo a fronte di incertezze dovute alla presenza di vento, l’individuazione di ostacoli presenti nella traiettoria di volo, la gestione del volo in prossimità di ostacoli, ecc. Inoltre tutte queste operazioni devono essere svolte in tempo reale. La tesi è stata svolta presso il CASY (Center for Research on Complex Automated Systems) dell’università di Bologna, utilizzando per le prove sperimentali una PX4FLOW Smart Camera. Inizialmente è stato studiato un autopilota, il PIXHAWK, sul quale è possibile interfacciare la PX4FLOW, in seguito sono stati studiati e simulati in MATLAB alcuni algoritmi di visione basati su flusso ottico. Infine è stata studiata la PX4FLOW Smart Camera, con la quale sono state svolte le prove sperimentali. La PX4FLOW viene utilizzata come interfaccia alla PIXHAWK, in modo da eseguire il controllo del velivolo con la massima efficienza. E’ composta da una telecamera per la ripresa della scena, un giroscopio per la misura della velocità angolare, e da un sonar per le misure di distanza. E’ in grado di fornire la velocità di traslazione del velivolo, e quest’ultima, integrata, consente di ricostruire la traiettoria percorsa dal velivolo.

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Obiettivo della presente ricerca è stato la valutazione dell’utilizzo degli scarti derivanti dal processo di vinificazione come substrato per la digestione anerobica finalizzata alla produzione di VFA (“Volatile Fatty Acids”). I VFA sono acidi grassi a corta catena, convenzionalmente fino a 6 atomi di carbonio, che possono essere utilizzati industrialmente nell’ambito della “Carboxilation Platfrorm” per produrre energia, prodotti chimici, o biomateriali. La sperimentazione si è articolata in due fasi principali: 1) Produzione di VFA in processi batch alimentati con vinacce e fecce come substrato; 2) Recupero dei VFA prodotti dall’effluente anaerobico (digestato) mediante processi di adsorbimento con resine a scambio anionico. Nella prima fase sono stati studiati i profili di concentrazione dei principali VFA nel brodo di fermentazione al variare della tipologia di substrato (vinacce e fecce, bianche e rosse) e della temperatura di incubazione (35 °C e 55 °C). La condizione ottimale rilevata per la produzione di VFA è stata la digestione anaerobica di vinacce rosse disidratate e defenolizzate alla temperatura di 35 °C (mesofilia), che ha permesso di raggiungere una concentrazione di VFA totali nel digestato di circa 30 g/L in 16 giorni di monitoraggio. Nella seconda fase è stato analizzato il processo di estrazione in fase solida (Solid Phase Extraction, SPE) con resine a scambio anionico per il recupero dei VFA dal digestato di vinacce rosse. Sono state messe a confronto le prestazioni di quattro diverse resine a scambio anionico: Sepra SAX, Sepra SAX-ZT, Sepra NH2, Amberlyst A21. I parametri operativi ottimali per l’adsorbimento sono risultati essere condizioni di pH acido pari al valore naturale delle soluzioni indicate sopra (~2.5) e tempo di contatto di 2 ore. Tra le quattro resine quella che ha fornito i migliori risultati è stata la Amberlyst A21, una resina polimerica a scambio anionico debolmente basica il cui gruppo funzionale caratteristico è un’ammina terziaria. Infine è stato valutato il processo di desorbimento dei VFA adsorbiti dalla resina con tre diverse soluzioni desorbenti: acqua demineralizzata, etanolo (EtOH) ed acqua basificata con NaOH (1 mol/L). I risultati migliori sono stati conseguiti nel caso dell’EtOH, ottenendo un recupero finale del 9,1% dei VFA inizialmente presenti nel digestato di vinacce rosse incubate in termofilia.

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Negli ultimi cinque anni, l’Emilia Romagna è stata interessata da 83 fenomeni temporaleschi, che hanno causato allagamenti, smottamenti e anche la perdita di vite umane a Sala Baganza l’11 giugno 2011 e a Rimini il 24 giugno 2013. Nonostante questi fenomeni siano protagonisti di eventi calamitosi, la loro previsione rimane ancora complessa poiché sono eventi localizzati, brevi e molto intesi. Il progetto di Tesi si inserisce in questo contesto e tratta due tematiche principali: la valutazione, quantitativa, della variazione di frequenza degli eventi intensi negli ultimi 18 anni (1995-2012), in relazione ad un periodo storico di riferimento, compreso tra il 1935 ed il 1989 e il confronto tra l’andamento spaziale delle precipitazioni convettive, ottenuto dalle mappe di cumulata di precipitazione oraria dei radar meteorologici e quello ottenuto mediante due tecniche di interpolazione spaziale deterministiche in funzione dei dati pluviometrici rilevati al suolo: Poligoni di Voronoi ed Inverse Distance Weighting (IDW). Si sono ottenuti risultati interessanti nella valutazione delle variazioni dei regimi di frequenza, che hanno dimostrato come questa sembrerebbe in atto per eventi di precipitazione di durata superiore a quella oraria, senza una direzione univoca di cambiamento. Inoltre, dal confronto degli andamenti spaziali delle precipitazioni, è risultato che le tecniche di interpolazione deterministiche non riescono a riprodurre la spazialità della precipitazione rappresentata dal radar meteorologico e che ogni cella temporalesca presenta un comportamento differente dalle altre, perciò non è ancora possibile individuare una curva caratteristica per i fenomeni convettivi. L’approfondimento e il proseguimento di questo ultimo studio potranno portare all’elaborazione di un modello che, applicato alle previsioni di Nowcasting, permetta di valutare le altezze di precipitazione areale, associate a delle celle convettive in formazione e stabilire la frequenza caratteristica dell’evento meteorico in atto a scala spaziale, fornendo indicazioni in tempo reale che possono essere impiegate nelle attività di Protezione Civile.

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Introduzione Attualmente i principali punti critici del trattamento dell’HCC avanzato sono: 1) la mancanza di predittori di risposta alla terapia con sorafenib, 2) lo sviluppo resistenze al sorafenib, 3) la mancanza di terapie di seconda linea codificate. Scopo della tesi 1) ricerca di predittori clinico-laboratoristici di risposta al sorafenib in pazienti ambulatoriali con HCC; 2) valutazione dell’impatto della sospensione temporanea-definitiva del sorafenib in un modello murino di HCC mediante tecniche ecografiche; 3) valutazione dell’efficacia della capecitabina metronomica come seconda linea dell’HCC non responsivo a sorafenib. Risultati Studio-1: 94 pazienti con HCC trattato con sorafenib: a presenza di metastasi e PVT-neoplastica non sembra inficiare l’efficacia del sorafenib. AFP basale <19 ng/ml è risultata predittrice di maggiore sopravvivenza, mentre lo sviluppo di nausea di una peggiore sopravvivenza. Studio -2: 14 topi con xenografts di HCC: gruppo-1 trattato con placebo, gruppo-2 trattato con sorafenib con interruzione temporanea del farmaco e gruppo-3 trattato con sorafenib con sospensione definitiva del sorafenib. La CEUS targettata per il VEGFR2 ha mostrato al giorno 13 valori maggiori di dTE nel gruppo-3 confermato da un aumento del VEGFR2 al Western-Blot. I tumori del gruppo-2 dopo 2 giorni di ritrattamento, hanno mostrato un aumento dell’elasticità tissutale all’elastonografia. Studio-3:19 pazienti trattati con capecitabina metronomica dopo sorafenib. Il TTP è stato di 5 mesi (95% CI 0-10), la PFS di 3,6 mesi (95% CI 2,8-4,3) ed la OS di 6,3 mesi (95% CI 4-8,6). Conclusioni Lo sviluppo di nausea ed astenia ed AFP basale >19, sono risultati predittivi di una minore risposta al sorafenib. La sospensione temporanea del sorafenib in un modello murino di HCC non impedisce il ripristino della risposta tumorale, mentre una interruzione definitiva tende a stimolare un “effetto rebound” dell’angiogenesi. La capecitabina metronomica dopo sorafenib ha mostrato una discreta attività anti-neoplastica ed una sicurezza accettabile.