966 resultados para Contemporary Argentine literature
Resumo:
La tesi di ricerca ha portato alla realizzazione di un’edizione critica del Giappone di Daniello Bartoli (1660): per la prima volta la «seconda parte» dell’Asia trova, in questo lavoro, una trascrizione integrale condotta con moderni criteri filologi. Quanto all’esegesi la ricerca ha visto la compilazione di tre «Schedari»: un «Indice dei nomi», che vede l’identificazione dei personaggi storici citati esplicitamente nell’opera, ne traccia un rapido profilo biografico e ne fornisce precisa e aggiornata bibliografia. Per quanto riguarda i missionari evocati dall’autore nel testo, questa sezione indica se (e dove) si tratta di personaggio o di fonte (registrando, nel caso, il luogo o i luoghi in cui Bartoli ricorre a tale testimonianza); un «Indice dei luoghi», che dà l’indicazione moderna del luogo citato e ne fornisce il riscontro con i repertori più aggiornati; un «Lessico» riservato ai termini giapponesi presenti nel testo che vengono spiegati e, là dove possibile, studiati nella loro storia, nella loro presenza nella coeva letteratura di viaggio e corredati di utili riferimenti bibliografici. Le pagine introduttive inquadrano l’opera di Bartoli sia nell’orizzonte biografico dell’autore sia nel milieu gesuitico barocco, fornendo puntuali coordinate storiche grazie alle quali recuperare il più ampio contesto delle missioni gesuitiche nell’Estremo Oriente tra Cinque e Seicento. Particolare attenzione è stata riservata al modo di intendere il compito dello storico da parte di Bartoli: una storiografia la sua che s’intreccia in modi affatto peculiari alle diverse forme stilistiche e dinamiche retoriche richieste dalle altre due grandi attività a cui egli dedicò impegno e passione: l’insegnamento e la predicazione.
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La tesi analizza la rappresentazione del maquis nella letteratura spagnola contemporanea, scritti in castigliano e pubblicati dal 1985 ad oggi. La tesi si articola in tre capitoli: il primo presenta a livello teorico la metodologia e gli strumenti utilizzati nello svolgimento dello studio, ed è incentrato innanzitutto sul tentativo di definizione e catalogazione dei romanzi del maquis, con una particolare attenzione alla temperie culturale cui fanno riferimento, presentando le estetiche postmoderna e neomoderna e cercando di situare le opere narrative facenti parte del corpus della ricerca. Nel secondo capitolo è centrale in cambio l’analisi dei rapporti tra Storia e narrazione: oltre a concentrarsi sul dibattito interdisciplinare circa le connessioni tra la Storia e la narrativa, si cerca di dar conto dei riflessi di questa riflessione contemporanea all’interno delle opere facenti parte del corpus. Infine, il terzo capitolo riguarda l’analisi delle metafore animali rintracciabili nei romanzi sul maquis scelti, concentrandosi principalmente su Luna de lobos di Julio Llamazares e La agonía del búho chico di Justo Vila. L’impiego di questa figura retorica, che si ritrova in vari gradi in tutte le opere narrative scelte, risponde tanto ad una ricerca di verosimiglianza quanto alle modalità di rappresentazione della realtà empirica, riportando l’attenzione sui metodi atti alla figurazione e all’accesso alla conoscenza del mondo. La proposta di un cambio di paradigma estetico e narrativo in atto nella letteratura contemporanea spagnola cerca quindi una conferma nel momento dell’analisi, attraverso la quale si cerca di indagare se, e in che misura, il romanzo sul maquis si inserisce nel dibattito letterario odierno, e quanto contribuisce allo sviluppo del medesimo paradigma estetico in via di definizione – quello neomoderno –, cercando una conferma che si basa sulla presenza di quelle tematiche segnalate nel momento della discussione teorica e metodologica come tratti basilari e strutturanti le opere.
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L'affermarsi della teoria della « imaginative geography » di Edward Saïd (Orientalism, 1978), nell'arco degli ultimi trent'anni, ha imposto un orientamento prettamente sociopolitico, gramsciano e foucaultiano alla critica del testo, proponendo un'unica soluzione interpretativa per un corpus eterogeneo di testi (scientifici e artistici, antichi e moderni) accomunati dal fatto di « rappresentare l'Oriente ». La costruzione europea dello spazio orientale, dice Saïd, non rappresenta solo un misconoscimento dell'Altro, ma una sua rappresentazione tendenziosa e finalizzata a sostenere la macchina dell'imperialismo occidentale. In particolare, la rappresentazione « femminilizzata » della geografia orientale (come luogo dell'exploit del maschio bianco) preparebbe e accompagnerebbe l'impresa di assoggettamento politico e di sfruttamento economico dei paesi ad Est dell'Europa. Se Orientalism ha conosciuto fortune alterne dall'anno della sua apparizione, negli ultimi anni una vera e propria corrente anti-saidiana ha preso forza, soprattutto in ambito francese. Attraverso l'analisi di circa trenta opere francesi, belga, inglesi e italiane del Novecento, questa tesi cerca di visualizzare i limiti teorici della prospettiva saidiana rivolgendosi a un esame della rappresentazione dello spazio urbano indiano nella letteratura europea contemporanea. Nello specifico, uno studio delle nuove strutture e dei nuovi modelli della femminilizzazione dello spazio orientale indiano cercherà di completare – superandolo in direzione di un « post-orientalismo » – il riduzionismo della prospettiva saidiana.
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Lo studio si tratta di mettere in evidenza il cambiamento che ha subito il termine Oriente nel secolo XX in alcuni testi della letteratura italiana contemporanea. L’opera di Edward Said, L’Orientalismo è un testo di riferimento per i nostri studi. Nel quale abbiamo focalizzato l’attenzione su alcuni aspetti salienti: il concetto di orientalismo; l’interesse nei confronti dell’Oriente sul piano politico, scientifico, letterario; l’impossibilità di separare lo studioso dalle circostanze biografiche e sociali. Siamo riusciti, quindi, a stabilire che il cambiamento dell’immagine orientale dipende da tre fattori: lo scrittore (emittente), il soggetto (la fonte) ed il lettore (destinatario), dai quali si origina l’oggetto (il testo). Basandoci su questi tre elementi abbiamo cercato di inquadrare l’interesse letterario per l’Oriente vista da una triplice prospettiva: imperialismo, fascino ed erotismo. Per studiare le prime due prospettive, abbiamo scelto due opere. La prima presenta l’immagine dell’imperialismo, si tratta di Sanya, La moglie egiziana e il Romanzo dell’Oriente Moderno (1927) di Bruno Corra. La seconda prospettiva dove troviamo l’immagine dell’Oriente fascinoso è nello scritto di Annie Vivanti, La terra di Cleopatra (1925). Il punto centrale della tesi si tratta di studiare Annie Messina (1910-1996), è una scrittrice che ha uno stile peculiare ed un approccio tutto suo al tema dell’Oriente. I testi studiati sono : "Il mirto e la rosa" (1982), "Il banchetto dell'emiro" (1997) e "La principessa e il wâlî" (1996), tutti pubblicati dalla casa editrice Sellerio.L’unico pubblicato da Mondadori è "La palma di Rusafa" (1989). L’ultima parte del lavoro abbiamo esposto un profilo storico e socio-religioso della letteratura erotica araba. In cui abbiamo rintracciato le origini dell’immagine erotico dell’Oriente e il tema dell’omosessualità, mettendo a confronto il testo omosessuale di Messina con la letteratura italiana contemporanea.
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En este trabajo se destaca la figura de Arturo Marasso, poeta y erudito argentino, en relación con su lectura de El Quijote a través de su libro Cervantes. La invención del Quijote. La atención se centra principalmente en el capítulo Las tentaciones de San Antonio y las de don Quijote, que plantea una asociación novedosa entre ambos personajes. Se presentan la época de San Antonio Abad y la Vida de San Antonio, obra de San Atanasio y su especial relación con el género aretológico (edificante). Para finalizar, se comenta la lectura que Marasso realiza de Cervantes, influido por su amplio conocimiento de los clásicos.
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Este trabajo se propone iluminar, a partir de los datos aportados en diversas entrevistas, algunos aspectos del proceso creador de Antonio Di Benedetto para contribuir a un mayor conocimiento de su poética, especialmente de las reflexiones sobre la creación. Se parte del núcleo autobiográfico para ahondar en los inicios de su actividad de escritor: los años de aprendizaje, la imitación de su madre, una innata narradora, y las influencias de las lecturas de los grandes maestros narradores. A continuación se profundiza en la importancia del silencio en la obra de Di Benedetto, tanto en su función temática como estilística, ya que éste es el núcleo de un decir riguroso, esencial, donde lo no dicho adquiere valor y peso en sí mismo. Finalmente se estudia la estrecha vinculación de sus obras con el particular momento vital, así como su insistente búsqueda de perfección, que lo llevan a explorar las posibilidades expresivas y comunicativas de las diversas modalidades de la ficción, como la narrativa experimental y la fantástica.
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En el marco de los múltiples discursos que piensan la ciudad, la literatura es central en la constitución de nuevos imaginarios urbanos. La literatura argentina provee representaciones culturales de la ciudad de Buenos Aires que construyen sentidos fuertes y perdurables sobre la experiencia de vivir la ciudad y sobre los modos de percibirla. Así lo demuestra la textualización que de ella hacen tanto Roberto Arlt, como Leopoldo Marechal, Jorge Luis Borges y Ricardo Piglia, cuyos textos analizamos en este trabajo. A través de esas diferentes figuraciones literarias, se va tramando un diálogo intertextual porque describir una ciudad es, de alguna manera, revisitar las ciudades ya escritas para reinscribirlas en otras tradiciones, para corregirlas, para reinventarlas.
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Este trabajo se propone demostrar cómo se construye la realidad representada -en este caso el obraje- en dos obras de autores santiagueño: Tolvanera, de Carlos Bernabé Gómez y Hacha y quebracho, de Raúl Dargoltz. Se analizan las obras mencionadas en relación con el contexto socio-histórico y la realidad del obraje y la explotación forestal en Santiago del Estero Las conclusiones surgirán, pues, del cruce entre historia, ficción y realidad vivida.
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Un balance del desarrollo del teatro durante el siglo XX arroja como dato fundamental, quizás como punto decisivo, la consabida dialéctica entre texto y escena. En la actualidad, sin embargo, al menos en la Argentina, parecen advertirse los signos de una síntesis y se propagan los escritores que ponen en escena sus textos, los actores que colaboran en la escritura, los directores que deciden asumirse dramaturgos al publicar su texto luego de la representación. El propósito de este trabajo es estudiar la producción de Sacha Barrera Oro, la cual, de reciente aparición en el campo teatral mendocino, aúna la labor dramatúrgica y la directorial. Tras una breve reseña biográfica, se deslindan los principios fundamentales de su poética teatral.
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Minotauroamor, obra favorita de Abelardo Arias, es una novela que se presenta ante el lector organizada en dos planos. Esta estructura ha sido claramente marcada ya desde el nivel tipográfico: la mayor parte de la obra está escrita en un tipo normal y algunos párrafos, en bastardilla o cursiva. Precisamente estos párrafos son los que se separan, aparentemente, del relato principal, narrando otra historia, con otros personajes, acciones y ejes espacio-temporales. Por muchos años fue común que los lectores eligieran ignorar este otro relato, de menor extensión, ya que el texto principal resulta perfectamente legible sin él. Sin embargo, esta lectura empobrece la obra, razón por la cual este trabajo se propone demostrar, a partir del análisis de los rasgos que unen y diferencian estos dos planos de la novela, que el significado total es más que la suma del significado de cada parte y, evidentemente, más que el significado de una parte.
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En el presente trabajo se estudia cómo Héctor Tizón utiliza las técnicas de contraste y claroscuro como mecanismos del engaño que estructura su novela El hombre que llegó a un pueblo. Para esto, se indaga sobre el uso de estas técnicas en distintos niveles de análisis, a saber: en la estructura externa e interna de los primeros capítulos; en el valor del lenguaje tanto para el narrador como para los personajes; en la visión del protagonista como signo y el problema de identidad y, por último, en la relación con dos elementos simbólico de la novela: el burro y la higuera. De aquí se desprende la posibilidad de considerar tanto al contraste como al claroscuro como elementos clave para penetrar en el sentido de la obra.
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A través del presente trabajo se pretende demostrar que el espacio, en la narrativa histórica de Abelardo Arias (como así también en el resto de su obra), desempeña un papel preponderante para la cabal comprensión de la obra. En efecto, en la novela Polvo y espanto este ámbito no se limita a esbozar el “aire de época" propio de toda novela histórica, sino que está trabajado con una clara conciencia de su poder significante. Nuestro estudio propone, por lo tanto, dos posibles lecturas del espacio: una primera, centrada en los elementos descriptivos como fieles representantes de sus referentes históricos (espacio de corte costumbrista); y una lectura más profunda, atenta a la función simbólica del espacio, como revelador de los procesos psíquicos de los protagonistas, así como también del sentido total de la novela.
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Viaje olvidado, primer libro de cuentos de Silvina Ocampo, se caracteriza por un marcado predominio de lo lírico sobre lo estrictamente anecdótico o argumental. Más que de cuentos, cabe hablar de una serie de cuadros o acuarelas en los que la historia es una mera excusa para el discurrir de lo poético. Esto implica un uso del lenguaje particular, cuyos rasgos fundamentales son la coloquialidad y el carácter pictórico de la prosa. Del singular lenguaje empleado y de la presencia de ciertos núcleos temáticos repetidos con persistencia en los relatos, surgen configuraciones textuales que pueden encuadrarse en el terreno de lo autobiográfico y autoficcional. Aunque no hay en Viaje olvidado una voluntad autobiográfica expresa, proponemos que el marcado lirismo de los cuentos es una puerta de acceso a la difusa biografía de la autora.
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A partir de los cuentos “Artista de variedades", “La fábrica" y “Una partida de tenis" de Daniel Moyano, proponemos un análisis de las distintas “miradas" de la ciudad desde la perspectiva del migrante del interior. En la construcción textual del espacio urbano, surgida, sobre todo, a partir del uso del estilo indirecto libre, se pone en juego, también, la percepción de los personajes sobre sí mismos en ese nuevo espacio. Éstos, en un movimiento pendular, se interrogan sobre su propia identidad, que construyen y reconstruyen permanentemente a través del abandono de viejas imágenes de identificación relacionadas con el pueblo de origen y la incorporación de modelos nuevos propuestos por la ciudad.
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En el panorama de la literatura infantil y juvenil muy enriquecido en la Argentina en las dos últimas décadas con obras de autores de gran trayectoria, cabe destacar en nuestra provincia el aporte a la poesía para la infancia de Amílcar Urbano Sosa con Antología de Meñique (1963). Profundamente comprometido con su quehacer docente y con la tierra cuyana, este poeta olvidado de las antologías, de los diccionarios específicos y de los estudios académicos hace propio el docere delectans de la tradición clásica. Es por ello que en su libro, teniendo en cuenta el joven destinatario, canta a las primeras vivencias del niño en su encuentro con el mundo de los afectos y con el mundo circundante. En este recorrido por los paulatinos despertares - las estaciones, la casa, las fiestas patrias - acierta a seguirse preguntando por la significación del maestro que es, entre otras, “aprender lo que se ha dado por sabido [...] y alumbrarnos, siendo hombres/ de aquellas cosas que tuvimos al ser niños". En este trabajo, además de recordar los doce títulos que componen su obra especialmente poética, desde la publicación de La rosa y la abeja (1947) hasta Melesca y Canto del descubrimiento, ambas de 1996, nos interesa recuperar para la literatura argentina, mendocina en especial, a quien en su momento fuera galardonado con diferentes premios provinciales y estimado por la crítica como poeta auténtico de la vida y del terruño.