891 resultados para Del Teatro Griego al Teatro de Hoy


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La tesi si propone di tracciare un confronto tra due autori molto distanti tra loro sia nel tempo che nello spazio: Nikolaj Gogol’ e Dario Fo; in particolare si analizzano le commedie Il Revisore di Gogol’ (1836) e Morte accidentale di un anarchico di Fo (1970). Il nesso tra le due opere è stato individuato dalla critica italiana (Franco Quadri, Ferdinando Taviani, Paolo Puppa). Tuttavia gli spunti interpretativi e comparativi non sono mai stati sviluppati appieno della critica. Nonostante le grandi distanze temporali e spaziali, l’analisi si propone dunque di evidenziare i numerosi motivi di consonanza tra le due opere e i due autori, che peraltro testimoniano anche della grande fortuna arrisa all’estero all’autore ucraino, attraverso la mediazione del teatro russo-sovietico del XX secolo. L’approccio metodologico adottato si fonda sui testi dei formalisti russi, di Lotman, sulla Stilkritik di Aurbach, sugli studi di Frye sulla Bibbia intesa come “grande canone” della letteratura occidentale, e soprattutto sull’analisi della cultura carnevalesca e popolare condotta da Bachtin. Lo studio è indirizzato su alcuni elementi precisi: la trama, lo scambio della personalità, l’impostura, la paura e il riso. Per ciascun di questi elementi è stata svolta l’analisi comparativa delle due opere, situandole in un contesto letterario e culturale che va all’antichità e al Medio Evo, dal quale entrambi gli autori mutuano molte suggestioni.

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La pratica del remix è al giorno d’oggi sempre più diffusa e un numero sempre più vasto di persone ha ora le competenze e gli strumenti tecnologici adeguati per eseguire operazioni un tempo riservate a nicchie ristrette. Tuttavia, nella sua forma audiovisiva, il remix ha ottenuto scarsa attenzione a livello accademico. Questo lavoro esplora la pratica del remix intesa al contempo come declinazione contemporanea di una pratica di lungo corso all’interno della storia della produzione audiovisiva – ovvero il riuso di immagini – sia come forma caratteristica della contemporaneità mediale, atto di appropriazione grassroots dei contenuti mainstream da parte degli utenti. La tesi si articola in due sezioni. Nella prima, l’analisi di tipo teorico e storico-critico è suddivisa in due macro-aree di intervento: da una parte il remix inteso come pratica, atto di appropriazione, gesto di riciclo, decontestualizzazione e risemantizzazione delle immagini mediali che ha attraversato la storia dei media audiovisivi [primo capitolo]. Dall’altra, la remix culture, ovvero il contesto culturale e sociale che informa l’ambiente mediale entro il quale la pratica del remix ha conosciuto, nell’ultimo decennio, la diffusione capillare che lo caratterizza oggi [secondo capitolo]. La seconda, che corrisponde al terzo capitolo, fornisce una dettagliata panoramica su un caso di studio, la pratica del fan vidding. Forma di remix praticata quasi esclusivamente da donne, il vidding consiste nel creare fan video a partire da un montaggio d’immagini tratte da film o serie televisive che utilizza come accompagnamento musicale una canzone. Le vidders, usando specifiche tecniche di montaggio, realizzano delle letture critiche dei prodotti mediali di cui si appropriano, per commentare, criticare o celebrare gli oggetti di loro interesse. Attraverso il vidding il presente lavoro indaga le tattiche di rielaborazione e riscrittura dell’immaginario mediale attraverso il riuso di immagini, con particolare attenzione al remix inteso come pratica di genere.

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All’ascolto dell’incompiuto Matrimonio di Musorgskij, Borodin aveva sentenziato lapidariamente: «une chose manquée». Uguale commento viene riservato tuttora alla produzione operistica di Sergej Rachmaninov. In questo caso però non ci troviamo di fronte a un teatro rivoluzionario che si trova costretto a fare un passo indietro rispetto ai principi programmatici di cui si vuol far portatore, bensì a un potenziale inespresso, a un profilo drammaturgico mai giunto a piena maturazione. L’evidente eterogeneità della produzione operistica lasciataci in eredità dal compositore non permette infatti di determinarne con chiarezza le ‘linee guida’ e ne rende problematica la collocazione nel contesto musicale a lui coevo. Scopo della presente dissertazione è indagare l’apprendistato e il debutto operistico del compositore russo attraverso l’analisi di materiale documentario, testi letterari, partiture nonché delle fonti critiche in lingua russa, difficilmente accessibili per lo studioso italiano. Il cuore dell’elaborato è un’analisi dettagliata di Aleko, un atto unico presentato nel 1892 dal compositore come prova finale al corso di ‘Libera composizione’ del Conservatorio di Mosca. L’opera viene considerata nel suo complesso come organismo drammatico-musicale autonomo (rapporto fonte/libretto, articolazione interna, sistema delle forme, costellazione dei personaggi, distribuzione delle voci, ecc.), ma inquadrata al contempo nel più ampio contesto del teatro musicale coevo (recezione critica sia da parte della pubblicistica coeva sia da parte della storiografia musicale). Viene fornita in appendice un’edizione del libretto con traduzione a fronte. Incorniciano l’analisi dell’opera un capitolo in cui si offre una rilettura estetica del ‘caso Rachmaninov’ e un aperçu sulla produzione operistica matura del compositore, alla luce delle riflessioni proposte nel corso della dissertazione.

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La nostra ricerca si è focalizzata sul tema dell’identità di Cavezzo, risorsa preziosa che la catastrofe ha distrutto in un attimo, insieme alle vite umane e ai beni materiali. La perdita di identità comporta infatti negli abitanti la percezione di vivere la propria quotidianità in una sorta di “non luogo”. Poiché il nostro progetto non può essere in grado di risolvere il dolore umano provocato da questo evento, abbiamo agito sulla città per quella che è o che dovrebbe essere, ovvero un agglomerato di architetture, spazi pubblici e privati, capaci di restituire riconoscibilità, e dunque senso di appartenenza, ai suoi cittadini. L’obiettivo principale è stato quindi quello di dare agli abitanti un’immagine diversa ma chiara del proprio paese. L’evento del terremoto non viene infatti congelato, musealizzato o usato come pretesto per ricostruire “com’era dov’era”, ma diventa l’occasione per ripensare la città nella sua interezza e per affrontare riflessioni sulla gerarchia fra spazi collettivi e individuali, e sulla capacità di questi elementi di tenere insieme la comunità. Abbiamo deciso di chiamare la nostra tesi “Cavezzo, isola di pietra. Percorsi di identità urbana” innanzitutto perché il nostro progetto si è focalizzato su uno degli isolati urbani maggiormente sedimentati di Cavezzo, uno dei pochi luoghi radicati nella storia della città. Esso conserva il nucleo originario, nato a partire dalla chiesa di Sant’Egidio, attorno al quale si è poi sviluppato tutto l’aggregato urbano, e detiene una forte e radicata relazione con gli elementi naturali della Bassa, in quanto l’acqua del canalino che vi sorgeva è generatrice di forme e il verde instaura relazioni con la campagna limitrofa. Questi segni casuali di una natura che agisce incontrollata e plasma la forma di queste terre diventano il pretesto iniziale che dà vita a tutto il nostro progetto, sia per la sua forma, sia per la sua collocazione ed il significato che esso assume all’interno della città. Questo progetto, radicato nella storia, si snoda in diversi percorsi paralleli che vedono il susseguirsi di tre interventi che, nonostante la loro diversità, possono essere comunque letti in modo unitario. Queste tre operazioni vengono infatti tenute insieme da alcuni principi condivisi che rafforzano la leggibilità dell’intervento complessivo; in particolare una relazione rimane sempre imprescindibile per tutti: quella con la città e con le preesistenze. Tutti e tre i progetti lavorano sulla gerarchia tra spazi pubblici e privati, indagando tematiche diverse, seppur legate, come quelle della casa e del teatro.

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La tesi è incentrata sullo studio del flusso di neutroni e della funzione di risoluzione del progetto n_TOF al CERN di Ginevra. Dopo aver ricordato le motivazioni scientifiche e tecnologiche che stanno alla base di questo progetto di collaborazione internazionale, si trattano sommariamente alcune delle più importanti applicazioni della fisica neutronica e si descrive la facility di Ginevra. Nella parte finale del lavoro si presenta una misura di precisione ottenuta dal flusso di neutroni utilizzato nell'esperimento n_TOF nel 2012, la cui conoscenza è di fondamentale importanza per la misura di sezioni d'urto di reazioni indotte da neutroni. L'esperimento n_TOF ha proprio lo scopo di misurare sezioni d'urto di reazioni indotte da neutroni, in particolare reazioni di fissione e cattura neutronica. Ad n_TOF si utilizza un fascio di protoni, accelerato a 20 GeV dal ProtoSincrotrone del CERN, per crearne due di neutroni, uno verticale e uno orizzontale, tramite spallazione nucleare indotta su un bersaglio di Piombo. Dalle analisi dei dati si deduce come questo studio possa essere maggiormente ottimizzato migliorando la funzione di risoluzione energetica dei neutroni, attraverso simulazioni Monte Carlo.

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Ante las frecuentes afirmaciones que, atendiendo a las características del discurso, presentan al teatro de García Lorca como "poético", considero oportuno destacar la preeminencia de lo lírico sobre lo escénico en Yerma, obra a la que el mismo autor subtitula como "poema trágico en tres actos y seis cuadros". Teniendo en cuenta la prolija subtitulación del autor me propongo reflexionar, a partir del análisis de la pieza y con ayuda de algunos conceptos teóricos tomados tanto de Aristóteles como de la Semiótica, la razón por la cual Yerma necesita una recepción que advierta su naturaleza lírica esencial antes de reparar en su funcionalidad escénica.

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El presente estudio se interroga sobre la paradoja que plantea la representación de la guerra en el espacio escénico. Espacio bélico y espacio escénico son difícilmente reconciliables dadas sus características intrínsecas (entre otras, la tendencia centrífuga del primero y la centrípeta del segundo). Para salvar esta paradoja, los dramaturgos han desarrollado estrategias poético -retóricas como el uso de la metáfora, la metonimia y el fuera de escena. Por otra parte, el escenario a la vez que se instituye como espacio de una representación, se comunica con un espacio exterior que está más allá, pero que no se manifiesta siempre necesariamente. En virtud de esta vinculación, la representación de la guerra es atravesada por una serie de mediaciones. En primer lugar, la circulación de aquello que "flota" entre el escenario y el afuera del escenario, que los tropos (metáfora, metonimia) permiten recuperar al menos virtualmente. En segundo, el vestigio del episodio guerrero, inscrito en la Historia, que, en tanto vestigio, oscila entre la presencia y la ausencia. Finalmente, las restricciones del teatro mismo y sus principios éticos y estéticos, que trasforman la guerra en sus modos de manifestación espontáneos. El presente trabajo analiza la articulación de estas instancias en obras de Esquilo, Shakespeare y Genêt.

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Recuperar las raíces artísticas y teatrales es valorar y consolidar la esencia de nuestras formas y necesidades de expresión. La reconstrucción histórica de Los establos de su Majestad, respondió al propósito de investigar los parámetros ideológicos, estructurales y metodológicos de un espectáculo local, inmerso en una época determinada por la presencia de fuertes y fieles ideales políticos y sociales. Se decidió entonces estudiar especialmente los procesos de búsqueda y gestación de la puesta en escena realizada por un grupo de hacedores teatrales que bregaron, en esta ocasión, por la denuncia y el desenmascaramiento de la verdad a través de su creación artística. Considerando siempre al hecho teatral como síntesis y reflejo de un hecho social.

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Un balance del desarrollo del teatro durante el siglo XX arroja como dato fundamental, quizás como punto decisivo, la consabida dialéctica entre texto y escena. En la actualidad, sin embargo, al menos en la Argentina, parecen advertirse los signos de una síntesis y se propagan los escritores que ponen en escena sus textos, los actores que colaboran en la escritura, los directores que deciden asumirse dramaturgos al publicar su texto luego de la representación. El propósito de este trabajo es estudiar la producción de Sacha Barrera Oro, la cual, de reciente aparición en el campo teatral mendocino, aúna la labor dramatúrgica y la directorial. Tras una breve reseña biográfica, se deslindan los principios fundamentales de su poética teatral.

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En su monumental obra San Genet, comediante y mártir, Sartre señala que este representante del Teatro del absurdo busca lo sagrado, lo absoluto, en un sistema de valores invertidos en el cual el mal es el supremo bien. De este modo, lo abyecto es vivido con devoción de santidad, como un dramático intento de “ser" en un mundo hostil que lo condena. Este trabajo muestra cómo la ecuación Erdosain-Arlt, prototipo existencial de la Argentina del 30, recorre un camino similar al de Genet: el de la realización sistemática del mal como una vía de ascesis en la que mitos y fantasmas del Autor encarnan en personajes torturados posibilitando una vía catárquica de liberación y de integración social.

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Este video es un homenaje al mendocino Luis Politti, quien fue una destacada figura del teatro, el cine y la televisión. Su talento como actor es recordado por colegas y amigos mendocinos quienes comentan su historia de vida. Luis Politti se convirtió en una de las primeras figuras de la naciente televisión mendocina y en uno de los actores más importantes del teatro provincial. Sin embargo, y en busca de nuevos horizontes, se radicó en Buenos Aires y en poco tiempo se convirtió en una de las figuras más importantes de la actividad artística nacional. Tras el proceso militar de 1976, Politti se exilia en México pero no es reconocido artísticamente y decide radicarse en España donde llegó a ocupar un lugar importante en el cine, teatro y la televisión española.

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Con este libro, complemento y continuación de "Dramaturgia y Escuela I", destinado a niños, se abre un camino muy poco explorado hasta el momento: el de una dramaturgia pensada con, por y para adolescentes. Se enfoca el hecho dramaturgia como parte del proceso de educar en valores y de formar alumnos capaces de llevar adelante con autonomía un proyecto de producción teatral. Los tres autores, desde estrategias y estilos diferentes, capitalizamos en estas páginas muchos años de experiencia como profesores de teatro de adolescentes y trazamos itinerarios posibles para promover que los jóvenes se piensen y se digan a sí mismos. También planteamos como aporte novedoso un proceso organizado y enriquecedor de recepción teatral incluido en el aprendizaje formal, necesario para que el teatro siga siendo un consumo cultural para todos. Es la escuela la que nos enseña a apreciar la cultura y a desarrollar una postura personal de dependencia o autonomía frente a ella. ¿Por qué el teatro iba a estar ausente y ser de uso exclusivo de unos pocos? Es la escuela la que deberá enseñar a ir al teatro y a posicionarse frente a este hecho de revelación humana y de gestación de referentes personales y sociales, con espíritu crítico y sentido de ubicación en el aquí y el ahora. Consideramos que, en las múltiples voces que viven, sienten y piensan en estas obras, muchos adolescentes se verán reflejados y acompañados en sus propias búsquedas y sus propias angustias. También hemos intentado trazar un posible camino pedagógico-didáctico para adultos valientes, dispuestos a acompañar a sus alumnos, desde los aprendizajes teatrales, en la maravillosa búsqueda de sus identidades en salud y en armonía. Celebramos y agradecemos la iniciativa del Instituto Nacional del Teatro, de abrir con estas publicaciones un camino de teatro y pedagogía que seguramente será continuado y enriquecido por muchos otros colegas que han transitado caminos similares.

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"Compañeros del alma" es una obra de teatro que formó parte del ciclo "Teatro por la memoria" organizado por el Instituto Nacional del Teatro en el año 2009. Se desarrolla en el ámbito de una familia trabajadora que vivió en la época del último gobierno de Juan Domingo Perón hasta la dictadura militar de 1976. La dramatización, representa la historia de los muchos argentinos que desaparecieron quedando las familias quebradas, en la incansable búsqueda de la verdad y la justicia. La obra ha sido segmentada en 14 bloques. En su edición para la Biblioteca Digital se utilizaron imágenes de archivo para reforzar el contenido de la obra . La filmación completa de la puesta en escena se puede consultar en el CDA-Centro de Documentación Audiovisual UNCuyo.

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El presente trabajo analiza la cuestión de la gracia en el breve relato kleistiano “Acerca del teatro de las marionetas". El problema filosófico que allí se presenta es el de la posibilidad de que un cuerpo artificial como el del muñeco articulado adquiera una gracia que el cuerpo propio del ser humano no podría alcanzar jamás, aun en el caso de los mejores bailarines. Nos proponemos entonces el desafío de pensar de qué modo debe ser pensada la relación entre los cuerpos y el conocimiento para que tal fenómeno sea posible. Sostendremos que la noción de gracia constituye en este texto el modo kleistiano de construir una línea de fuga frente a su interpretación de Kant.