951 resultados para UPPER CAVE


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[EN] Vertical distributions of turbulent energy dissipation rates and fluorescence were measured simultaneously with a high-resolution micro-profiler in four different oceanographic regions, from temperate to polar and from coastal to open waters settings. High fluorescence values, forming a deep chlorophyll maximum (DCM), were often located in weakly stratified portions of the upper water column, just below layers with maximum levels of turbulent energy dissipation rate. In the vicinity of the DCM, a significant negative relationship between fluorescence and turbulent energy dissipation rate was found. We discuss the mechanisms that may explain the observed patterns of planktonic biomass distribution within the ocean mixed layer, including a vertically variable diffusion coefficient and the alteration of the cells sinking velocity by turbulent motion. These findings provide further insight into the processes controlling the vertical distribution of the pelagic community and position of the DCM.

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[EN] We describe the coupling between upper ocean layer variability and size-fractionated phytoplankton distribution in the non-nutrient-limited Bransfield Strait region (BS) of Antarctica. For this purpose we use hydrographic and size-fractionated chlorophyll a data from a transect that crossed 2 fronts and an eddy, together with data from 3 stations located in a deeply mixed region, the Antarctic Sound (AS). In the BS transect, small phytoplankton (<20 μm equivalent spherical diameter [ESD]) accounted for 80% of total chl a and their distribution appeared to be linked to cross-frontal variability. On the deepening upper mixed layer (UML) sides of both fronts we observed a deep subducting column-like structure of small phytoplankton biomass. On the shoaling UML sides of both fronts, where there were signs of restratification, we observed a local shallow maximum of small phytoplankton biomass. We propose that this observed phytoplankton distribution may be a response to the development of frontal vertical circulation cells. In the deep, turbulent environment of the AS, larger phytoplankton (>20 μm ESD) accounted for 80% of total chl a. The proportion of large phytoplankton increases as the depth of the upper mixed layer (ZUML), and the corresponding rate of vertical mixing, increases. We hypothesize that this change in phytoplankton composition with varying ZUML is related to the competition for light, and results from modification of the light regime caused by vertical mixing.

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The subject of this doctoral dissertation concerns the definition of a new methodology for the morphological and morphometric study of fossilized human teeth, and therefore strives to provide a contribution to the reconstruction of human evolutionary history that proposes to extend to the different species of hominid fossils. Standardized investigative methodologies are lacking both regarding the orientation of teeth subject to study and in the analysis that can be carried out on these teeth once they are oriented. The opportunity to standardize a primary analysis methodology is furnished by the study of certain early Neanderthal and preneanderthal molars recovered in two caves in southern Italy [Grotta Taddeo (Taddeo Cave) and Grotta del Poggio (Poggio Cave), near Marina di Camerata, Campania]. To these we can add other molars of Neanderthal and modern man of the upper Paleolithic era, specifically scanned in the paleoanthropology laboratory of the University of Arkansas (Fayetteville, Arkansas, USA), in order to increase the paleoanthropological sample data and thereby make the final results of the analyses more significant. The new analysis methodology is rendered as follows: 1. Standardization of an orientation system for primary molars (superior and inferior), starting from a scan of a sample of 30 molars belonging to modern man (15 M1 inferior and 15 M1 superior), the definition of landmarks, the comparison of various systems and the choice of a system of orientation for each of the two dental typologies. 2. The definition of an analysis procedure that considers only the first 4 millimeters of the dental crown starting from the collar: 5 sections parallel to the plane according to which the tooth has been oriented are carried out, spaced 1 millimeter between them. The intention is to determine a method that allows for the differentiation of fossilized species even in the presence of worn teeth. 3. Results and Conclusions. The new approach to the study of teeth provides a considerable quantity of information that can better be evaluated by increasing the fossil sample data. It has been demonstrated to be a valid tool in evolutionary classification that has allowed (us) to differentiate the Neanderthal sample from that of modern man. In a particular sense the molars of Grotta Taddeo, which up until this point it has not been possible to determine with exactness their species of origin, through the present research they are classified as Neanderthal.

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Lo studio effettuato verte sulla ricerca delle cave storiche di pietra da taglio in provincia di Bologna, facendo partire la ricerca al 1870 circa, data in cui si hanno le prime notizie cartacee di cave bolognesi. Nella ricerca si è potuto contare sull’aiuto dei Dott. Stefano Segadelli e Maria Tersa De Nardo, geologi della regione Emilia-Romagna, che hanno messo a disposizione la propria conoscenza e le pubblicazioni della regione a questo scopo. Si è scoperto quindi che non esiste in bibliografia la localizzazione di tali cave e si è cercato tramite l’utilizzo del software ArcGIS , di georeferenziarle, correlandole di informazioni raccolte durante la ricerca. A Bologna al momento attuale non esistono cave di pietra da taglio attive, così tutte le fonti che si sono incontrate hanno fornito dati parziali, che uniti hanno permesso di ottenere una panoramica soddisfacente della situazione a inizio secolo scorso. Le fonti studiate sono state, in breve: il catasto cave della regione Emilia-Romagna, gli shape preesistenti della localizzazione delle cave, le pubblicazioni “Uso del Suolo”, oltre ai dati forniti dai vari Uffici Tecnici dei comuni nei quali erano attive le cave. I litotipi cavati in provincia sono quattro: arenaria, calcare, gesso e ofiolite. Per l’ofiolite si tratta di coltivazioni sporadiche e difficilmente ripetibili dato il rischio che può esserci di incontrare l’amianto in queste formazioni; è quindi probabile che non verranno più aperte. Il gesso era una grande risorsa a fine ‘800, con molte cave aperte nella Vena del Gesso. Questa zona è diventata il Parco dei Gessi Bolognesi, lasciando alla cava di Borgo Rivola il compito di provvedere al fabbisogno regionale. Il calcare viene per lo più usato come inerte, ma non mancano esempi di formazioni adatte a essere usate come blocchi. La vera protagonista del panorama bolognese rimane l’arenaria, che venne usata da sempre per costruire paesi e città in provincia. Le cave, molte e di ridotte dimensioni, sono molto spesso difficili da trovare a causa della conseguente rinaturalizzazione. Ci sono possibilità però di vedere riaprire cave di questo materiale a Monte Finocchia, tramite la messa in sicurezza di una frana, e forse anche tramite la volontà di sindaci di comunità montane, sensibili a questo argomento. Per avere una descrizione “viva” della situazione attuale, sono stati intervistati il Dott. Maurizio Aiuola, geologo della Provincia di Bologna, e il Geom. Massimo Romagnoli della Regione Emilia-Romagna, che hanno fornito una panoramica esauriente dei problemi che hanno portato ad avere in regione dei poli unici estrattivi anziché più cave di modeste dimensioni, e delle possibilità future. Le grandi cave sono, da parte della regione, più facilmente controllabili, essendo poche, e più facilmente ripristinabili data la disponibilità economica di chi la gestisce. Uno dei problemi emersi che contrastano l’apertura di aree estrattive minori, inoltre, è la spietata concorrenza dei materiali esteri, che costano, a parità di qualità, circa la metà del materiale italiano. Un esempio di ciò lo si è potuto esaminare nel comune di Sestola (MO), dove, grazie all’aiuto e alle spiegazioni del Geom. Edo Giacomelli si è documentato come il granito e la pietra di Luserna esteri utilizzati rispondano ai requisiti di resistenza e non gelività che un paese sottoposto ai rigori dell’inverno richiede ai lapidei, al contrario di alcune arenarie già in opera provenienti dal comune di Bagno di Romagna. Alla luce di questo esempio si è proceduto a calcolare brevemente l’ LCA di questo commercio, utilizzando con l’aiuto dell’ Ing. Cristian Chiavetta il software SimaPRO, in cui si è ipotizzato il trasporto di 1000 m3 di arenaria da Shanghai (Cina) a Bologna e da Karachi (Pakistan) a Bologna, comparandolo con le emissioni che possono esserci nel trasporto della stessa quantità di materiale dal comune di Monghidoro (BO) al centro di Bologna. Come previsto, il trasporto da paesi lontani comporta un impatto ambientale quasi non comparabile con quello locale, in termini di consumo di risorse organiche e inorganiche e la conseguente emissione di gas serra. Si è ipotizzato allora una riapertura di cave locali a fini non edilizi ma di restauro; esistono infatti molti edifici e monumenti vincolati in provincia, e quando questi devono essere restaurati, dove si sceglie di cavare il materiale necessario e rispondente a quello già in opera? Al riguardo, si è passati attraverso altre due interviste ai Professori Francesco Eleuteri, architetto presso la Soprintendenza dei Beni Culturali a Bologna e Gian Carlo Grillini, geologo-petrografo e esperto di restauro. Ciò che è emerso è che effettivamente non esiste attualmente una panoramica soddisfacente di quello che è il patrimonio lapideo della provincia, mancando, oltre alla georeferenziazione, una caratterizzazione minero-petrografica e fisico-meccanica adeguata a poter descrivere ciò che veniva anticamente cavato; l’ipotesi di riapertura a fini restaurativi potrebbe esserci, ma non sembra essere la maggiore necessità attualmente, in quanto il restauro viene per lo più fatto senza sostituzioni o integrazioni, tranne rari casi; è pur sempre utile avere una carta alla mano che possa correlare l’edificio storico con la zona di estrazione del materiale, quindi entrambi i professori hanno auspicato una prosecuzione della ricerca. Si può concludere dicendo che la ricerca può proseguire con una migliore e più efficace localizzazione delle cave sul terreno, usando anche come fonte il sapere della popolazione locale, e di procedere con una parte pratica che riguardi la caratterizzazione minero-petrografica e fisico-meccanica. L’utilità di questi dati può esserci nel momento in cui si facciano ricerche storiche sui beni artistici presenti a Bologna, e qualora si ipotizzi una riapertura di una zona estrattiva.

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The research for this PhD project consisted in the application of the RFs analysis technique to different data-sets of teleseismic events recorded at temporary and permanent stations located in three distinct study regions: Colli Albani area, Northern Apennines and Southern Apennines. We found some velocity models to interpret the structures in these regions, which possess very different geologic and tectonics characteristics and therefore offer interesting case study to face. In the Colli Albani some of the features evidenced in the RFs are shared by all the analyzed stations: the Moho is almost flat and is located at about 23 km depth, and the presence of a relatively shallow limestone layer is a stable feature; contrariwise there are features which vary from station to station, indicating local complexities. Three seismic stations, close to the central part of the former volcanic edifice, display relevant anisotropic signatures­­­ with symmetry axes consistent with the emplacement of the magmatic chamber. Two further anisotropic layers are present at greater depth, in the lower crust and the upper mantle, respectively, with symmetry axes directions related to the evolution of the volcano complex. In Northern Apennines we defined the isotropic structure of the area, finding the depth of the Tyrrhenian (almost 25 km and flat) and Adriatic (40 km and dipping underneath the Apennines crests) Mohos. We determined a zone in which the two Mohos overlap, and identified an anisotropic body in between, involved in the subduction and going down with the Adiratic Moho. We interpreted the downgoing anisotropic layer as generated by post-subduction delamination of the top-slab layer, probably made of metamorphosed crustal rocks caught in the subduction channel and buoyantly rising toward the surface. In the Southern Apennines, we found the Moho depth for 16 seismic stations, and highlighted the presence of an anisotropic layer underneath each station, at about 15-20 km below the whole study area. The moho displays a dome-like geometry, as it is shallow (29 km) in the central part of the study area, whereas it deepens peripherally (down to 45 km); the symmetry axes of anisotropic layer, interpreted as a layer separating the upper and the lower crust, show a moho-related pattern, indicated by the foliation of the layer which is parallel to the Moho trend. Moreover, due to the exceptional seismic event occurred on April 6th next to L’Aquila town, we determined the Vs model for two station located next to the epicenter. An extremely high velocity body is found underneath AQU station at 4-10 km depth, reaching Vs of about 4 km/s, while this body is lacking underneath FAGN station. We compared the presence of this body with other recent works and found an anti-correlation between the high Vs body, the max slip patches and earthquakes distribution. The nature of this body is speculative since such high velocities are consistent with deep crust or upper mantle, but can be interpreted as a as high strength barrier of which the high Vs is a typical connotation.

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The thesis objectives are to develop new methodologies for study of the space and time variability of Italian upper ocean ecosystem through the combined use of multi-sensors satellite data and in situ observations and to identify the capability and limits of remote sensing observations to monitor the marine state at short and long time scales. Three oceanographic basins have been selected and subjected to different types of analyses. The first region is the Tyrrhenian Sea where a comparative analysis of altimetry and lagrangian measurements was carried out to study the surface circulation. The results allowed to deepen the knowledge of the Tyrrhenian Sea surface dynamics and its variability and to defined the limitations of satellite altimetry measurements to detect small scale marine circulation features. Channel of Sicily study aimed to identify the spatial-temporal variability of phytoplankton biomass and to understand the impact of the upper ocean circulation on the marine ecosystem. An combined analysis of the satellite of long term time series of chlorophyll, Sea Surface Temperature and Sea Level field data was applied. The results allowed to identify the key role of the Atlantic water inflow in modulating the seasonal variability of the phytoplankton biomass in the region. Finally, Italian coastal marine system was studied with the objective to explore the potential capability of Ocean Color data in detecting chlorophyll trend in coastal areas. The most appropriated methodology to detect long term environmental changes was defined through intercomparison of chlorophyll trends detected by in situ and satellite. Then, Italian coastal areas subject to eutrophication problems were identified. This work has demonstrated that satellites data constitute an unique opportunity to define the features and forcing influencing the upper ocean ecosystems dynamics and can be used also to monitor environmental variables capable of influencing phytoplankton productivity.

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Korruption, Gewalt, Machtmissbrauch – im medialen, aber auch im wissenschaftlichen Diskurs wird die afrikanische Polizei oft als dysfunktionale staatliche Institution dargestellt. Dabei erscheinen Polizisten und zivile Akteure als klar voneinander abgegrenzte Akteursgruppen, wobei die Polizisten einseitig das staatliche Gewaltmonopol durchsetzen. Ein Blick auf den Alltag polizeilichen Handelns in Nordghana eröffnet jedoch eine andere Perspektive: Wegen der niedrigen Legitimität, konkurrierenden alternativen Rechtsinstanzen und den Widersprüchen innerhalb ihrer Institution sind Polizisten mit massiven Unsicherheiten konfrontiert. Ihre Praktiken können als situative Anpassungen der Polizeiarbeit an dieses Umfeld verstanden werden. Dabei übertragen Polizisten oft Kernaufgaben ihrer Institution an zivile Akteure, die sogenannten „friends of the police“. Auch zivile Akteure verfügen jedoch durch physischen Widerstand, Beziehungen, Status und Geld über beträchtliche Beeinflussungsmöglichkeiten. Die öffentliche Ordnung ergibt sich erst aus den Verhandlungen zwischen den Polizisten und unterschiedlichen zivilen Akteuren unter Einbeziehung ihrer sozialen Ressourcen und moralischer Vorstellungen.

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Polizei in Afrika ist korrupt und schlecht ausgebildet und eine „Marionette“ der Regierungen − so das nicht nur im populären, sondern auch sozialwissenschaftlichen Diskurs vermittelte Bild. Eine ethnographische Perspektive, die Polizeiarbeit im Alltag beobachtet und auf die Interaktionsstrategien der Polizisten mit Klienten und ihre Deutungen und Selbstbilder fokussiert, erlaubt neue Einsichten in das alltägliche Funktionieren der Organisation. Die vorliegende Arbeit basiert auf einem dreimonatigen Aufenthalt in der domestic violence unit der Police Headquarters in der Upper West Region Ghanas. Sie zeigt unter anderem, wie die Akteure die Ausbildung zum Polizisten, Gehaltsfragen, Versetzungen, Geschlechterverhältnis und Beförderungen konzeptionalisieren und wo sie sich in ihrer Arbeitswelt positionieren. Die besondere Aufmerksamkeit der Arbeit gilt der Interaktion der Polizisten mit Akteuren außerhalb ihrer Organisation, den „Klienten“. Eine zentrale Erkenntnis ist, dass die Klienten erst mit Hilfe typischer bürokratischer Praktiken und Redensarten als solche von den Polizisten konstruiert werden. Dabei sind die Klienten aber weder passiv polizeilicher Willkür ausgeliefert noch können einflussreiche Klienten die Polizei nach ihrem Gusto manipulieren. In zwei Fallstudien von Verhandlungssituationen wird deutlich, wie Polizisten Autorität in der Interaktion mit Klienten herstellen und legitimieren und welche Maßnahmen Klienten ihrerseits ergreifen, um die Situation zu ihren Gunsten zu gestalten.