979 resultados para Igneous complex of Sines


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Introduction: Paragangliomas are rare tumors origined on chromaffin-cells of neural crest and can be located from skull base to pelvis, on sympathetic or parasympathetic paraganglia. They account on less than 0,06% of all urinary bladder tumors, with only few hundreds of cases reported in literature since the first record by Zimmermmann in 1953. Case Report: A 63 year-old woman referring irritative urinary symptoms was submitted to an ultrassonography that disclosed an irregular-shaped nodulation on her bladder. CT confirmed the existence of a nodulation on bladder's anterior wall. Patient had normal levels of urinary catecholamins and Vanilmandelic acid. Tumor was excised and posterior immunohistochemical study revealed it was a paraganglioma. Nowadays, ten months after surgery, patient stills healthy and disease-free. Discussion: Paragangliomas can be classified as functionant or non-functionant, according to its production of cathecolamins, which can cause the same symptom complex of pheocromocytomas. About 10-15% of bladder paragangliomas are malignant, and potential metastasis are more common to lymph nodes, lungs and bones. 131-MIBG iodine cyntilography is the most sensitive method for diagnosis and surgery (transurethral resection or cystectomy) is the best choice for treatment.

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OBJETIVO: Realizar um estudo anatômico do ligamento colateral medial, um importante estabilizador do cotovelo, em diferentes graus de flexo-extensão do cotovelo. MÉTODOS: Foram dissecados 40 cotovelos para analisar o comportamento funcional das bandas anterior, posterior e transversa do ligamento nas manobras de estresse em valgo do cotovelo durante seu movimento de flexão e extensão em diferentes graus. Determinou-se dois grupos: no GPA foi seccionado, a banda posterior do ligamento, depois a cápsula articular e, por fim, a banda anterior; no GAP, a ordem de dissecação foi inversa. RESULTADOS: No GPA observou-se instabilidade somente na terceira etapa e a média de abertura foi maior entre 50&º e 70&º de flexão de cotovelo; no GAP, a instabilidade apareceu desde a primeira etapa e os graus de flexão com maior instabilidade foram nos mesmos do grupo A. CONCLUSÃO: A banda anterior do ligamento colateral medial do cotovelo é o mais importante estabilizador na instabilidade em valgo do cotovelo e sua atuação principal acontece entre 50º e 70º de flexão do cotovelo. Nível de evidência III, Estudo Diagnóstico - Investigação de um exame para diagnóstico.

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Every seismic event produces seismic waves which travel throughout the Earth. Seismology is the science of interpreting measurements to derive information about the structure of the Earth. Seismic tomography is the most powerful tool for determination of 3D structure of deep Earth's interiors. Tomographic models obtained at the global and regional scales are an underlying tool for determination of geodynamical state of the Earth, showing evident correlation with other geophysical and geological characteristics. The global tomographic images of the Earth can be written as a linear combinations of basis functions from a specifically chosen set, defining the model parameterization. A number of different parameterizations are commonly seen in literature: seismic velocities in the Earth have been expressed, for example, as combinations of spherical harmonics or by means of the simpler characteristic functions of discrete cells. With this work we are interested to focus our attention on this aspect, evaluating a new type of parameterization, performed by means of wavelet functions. It is known from the classical Fourier theory that a signal can be expressed as the sum of a, possibly infinite, series of sines and cosines. This sum is often referred as a Fourier expansion. The big disadvantage of a Fourier expansion is that it has only frequency resolution and no time resolution. The Wavelet Analysis (or Wavelet Transform) is probably the most recent solution to overcome the shortcomings of Fourier analysis. The fundamental idea behind this innovative analysis is to study signal according to scale. Wavelets, in fact, are mathematical functions that cut up data into different frequency components, and then study each component with resolution matched to its scale, so they are especially useful in the analysis of non stationary process that contains multi-scale features, discontinuities and sharp strike. Wavelets are essentially used in two ways when they are applied in geophysical process or signals studies: 1) as a basis for representation or characterization of process; 2) as an integration kernel for analysis to extract information about the process. These two types of applications of wavelets in geophysical field, are object of study of this work. At the beginning we use the wavelets as basis to represent and resolve the Tomographic Inverse Problem. After a briefly introduction to seismic tomography theory, we assess the power of wavelet analysis in the representation of two different type of synthetic models; then we apply it to real data, obtaining surface wave phase velocity maps and evaluating its abilities by means of comparison with an other type of parametrization (i.e., block parametrization). For the second type of wavelet application we analyze the ability of Continuous Wavelet Transform in the spectral analysis, starting again with some synthetic tests to evaluate its sensibility and capability and then apply the same analysis to real data to obtain Local Correlation Maps between different model at same depth or between different profiles of the same model.

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La ricerca si propone di definire le linee guida per la stesura di un Piano che si occupi di qualità della vita e di benessere. Il richiamo alla qualità e al benessere è positivamente innovativo, in quanto impone agli organi decisionali di sintonizzarsi con la soggettività attiva dei cittadini e, contemporaneamente, rende evidente la necessità di un approccio più ampio e trasversale al tema della città e di una più stretta relazione dei tecnici/esperti con i responsabili degli organismi politicoamministrativi. La ricerca vuole indagare i limiti dell’urbanistica moderna di fronte alla complessità di bisogni e di nuove necessità espresse dalle popolazioni urbane contemporanee. La domanda dei servizi è notevolmente cambiata rispetto a quella degli anni Sessanta, oltre che sul piano quantitativo anche e soprattutto sul piano qualitativo, a causa degli intervenuti cambiamenti sociali che hanno trasformato la città moderna non solo dal punto di vista strutturale ma anche dal punto di vista culturale: l’intermittenza della cittadinanza, per cui le città sono sempre più vissute e godute da cittadini del mondo (turisti e/o visitatori, temporaneamente presenti) e da cittadini diffusi (suburbani, provinciali, metropolitani); la radicale trasformazione della struttura familiare, per cui la famiglia-tipo costituita da una coppia con figli, solido riferimento per l’economia e la politica, è oggi minoritaria; l’irregolarità e flessibilità dei calendari, delle agende e dei ritmi di vita della popolazione attiva; la mobilità sociale, per cui gli individui hanno traiettorie di vita e pratiche quotidiane meno determinate dalle loro origini sociali di quanto avveniva nel passato; l’elevazione del livello di istruzione e quindi l’incremento della domanda di cultura; la crescita della popolazione anziana e la forte individualizzazione sociale hanno generato una domanda di città espressa dalla gente estremamente variegata ed eterogenea, frammentata e volatile, e per alcuni aspetti assolutamente nuova. Accanto a vecchie e consolidate richieste – la città efficiente, funzionale, produttiva, accessibile a tutti – sorgono nuove domande, ideali e bisogni che hanno come oggetto la bellezza, la varietà, la fruibilità, la sicurezza, la capacità di stupire e divertire, la sostenibilità, la ricerca di nuove identità, domande che esprimono il desiderio di vivere e di godere la città, di stare bene in città, domande che non possono essere più soddisfatte attraverso un’idea di welfare semplicemente basata sull’istruzione, la sanità, il sistema pensionistico e l’assistenza sociale. La città moderna ovvero l’idea moderna della città, organizzata solo sui concetti di ordine, regolarità, pulizia, uguaglianza e buon governo, è stata consegnata alla storia passata trasformandosi ora in qualcosa di assai diverso che facciamo fatica a rappresentare, a descrivere, a raccontare. La città contemporanea può essere rappresentata in molteplici modi, sia dal punto di vista urbanistico che dal punto di vista sociale: nella letteratura recente è evidente la difficoltà di definire e di racchiudere entro limiti certi l’oggetto “città” e la mancanza di un convincimento forte nell’interpretazione delle trasformazioni politiche, economiche e sociali che hanno investito la società e il mondo nel secolo scorso. La città contemporanea, al di là degli ambiti amministrativi, delle espansioni territoriali e degli assetti urbanistici, delle infrastrutture, della tecnologia, del funzionalismo e dei mercati globali, è anche luogo delle relazioni umane, rappresentazione dei rapporti tra gli individui e dello spazio urbano in cui queste relazioni si muovono. La città è sia concentrazione fisica di persone e di edifici, ma anche varietà di usi e di gruppi, densità di rapporti sociali; è il luogo in cui avvengono i processi di coesione o di esclusione sociale, luogo delle norme culturali che regolano i comportamenti, dell’identità che si esprime materialmente e simbolicamente nello spazio pubblico della vita cittadina. Per studiare la città contemporanea è necessario utilizzare un approccio nuovo, fatto di contaminazioni e saperi trasversali forniti da altre discipline, come la sociologia e le scienze umane, che pure contribuiscono a costruire l’immagine comunemente percepita della città e del territorio, del paesaggio e dell’ambiente. La rappresentazione del sociale urbano varia in base all’idea di cosa è, in un dato momento storico e in un dato contesto, una situazione di benessere delle persone. L’urbanistica moderna mirava al massimo benessere del singolo e della collettività e a modellarsi sulle “effettive necessità delle persone”: nei vecchi manuali di urbanistica compare come appendice al piano regolatore il “Piano dei servizi”, che comprende i servizi distribuiti sul territorio circostante, una sorta di “piano regolatore sociale”, per evitare quartieri separati per fasce di popolazione o per classi. Nella città contemporanea la globalizzazione, le nuove forme di marginalizzazione e di esclusione, l’avvento della cosiddetta “new economy”, la ridefinizione della base produttiva e del mercato del lavoro urbani sono espressione di una complessità sociale che può essere definita sulla base delle transazioni e gli scambi simbolici piuttosto che sui processi di industrializzazione e di modernizzazione verso cui era orientata la città storica, definita moderna. Tutto ciò costituisce quel complesso di questioni che attualmente viene definito “nuovo welfare”, in contrapposizione a quello essenzialmente basato sull’istruzione, sulla sanità, sul sistema pensionistico e sull’assistenza sociale. La ricerca ha quindi analizzato gli strumenti tradizionali della pianificazione e programmazione territoriale, nella loro dimensione operativa e istituzionale: la destinazione principale di tali strumenti consiste nella classificazione e nella sistemazione dei servizi e dei contenitori urbanistici. E’ chiaro, tuttavia, che per poter rispondere alla molteplice complessità di domande, bisogni e desideri espressi dalla società contemporanea le dotazioni effettive per “fare città” devono necessariamente superare i concetti di “standard” e di “zonizzazione”, che risultano essere troppo rigidi e quindi incapaci di adattarsi all’evoluzione di una domanda crescente di qualità e di servizi e allo stesso tempo inadeguati nella gestione del rapporto tra lo spazio domestico e lo spazio collettivo. In questo senso è rilevante il rapporto tra le tipologie abitative e la morfologia urbana e quindi anche l’ambiente intorno alla casa, che stabilisce il rapporto “dalla casa alla città”, perché è in questa dualità che si definisce il rapporto tra spazi privati e spazi pubblici e si contestualizzano i temi della strada, dei negozi, dei luoghi di incontro, degli accessi. Dopo la convergenza dalla scala urbana alla scala edilizia si passa quindi dalla scala edilizia a quella urbana, dal momento che il criterio del benessere attraversa le diverse scale dello spazio abitabile. Non solo, nei sistemi territoriali in cui si è raggiunto un benessere diffuso ed un alto livello di sviluppo economico è emersa la consapevolezza che il concetto stesso di benessere sia non più legato esclusivamente alla capacità di reddito collettiva e/o individuale: oggi la qualità della vita si misura in termini di qualità ambientale e sociale. Ecco dunque la necessità di uno strumento di conoscenza della città contemporanea, da allegare al Piano, in cui vengano definiti i criteri da osservare nella progettazione dello spazio urbano al fine di determinare la qualità e il benessere dell’ambiente costruito, inteso come benessere generalizzato, nel suo significato di “qualità dello star bene”. E’ evidente che per raggiungere tale livello di qualità e benessere è necessario provvedere al soddisfacimento da una parte degli aspetti macroscopici del funzionamento sociale e del tenore di vita attraverso gli indicatori di reddito, occupazione, povertà, criminalità, abitazione, istruzione, etc.; dall’altra dei bisogni primari, elementari e di base, e di quelli secondari, culturali e quindi mutevoli, trapassando dal welfare state allo star bene o well being personale, alla wellness in senso olistico, tutte espressioni di un desiderio di bellezza mentale e fisica e di un nuovo rapporto del corpo con l’ambiente, quindi manifestazione concreta di un’esigenza di ben-essere individuale e collettivo. Ed è questa esigenza, nuova e difficile, che crea la diffusa sensazione dell’inizio di una nuova stagione urbana, molto più di quanto facciano pensare le stesse modifiche fisiche della città.

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Supramolecular architectures can be built-up from a single molecular component (building block) to obtain a complex of organic or inorganic interactions creating a new emergent condensed phase of matter, such as gels, liquid crystals and solid crystal. Further the generation of multicomponent supramolecular hybrid architecture, a mix of organic and inorganic components, increases the complexity of the condensed aggregate with functional properties useful for important areas of research, like material science, medicine and nanotechnology. One may design a molecule storing a recognition pattern and programming a informed self-organization process enables to grow-up into a hierarchical architecture. From a molecular level to a supramolecular level, in a bottom-up fashion, it is possible to create a new emergent structure-function, where the system, as a whole, is open to its own environment to exchange energy, matter and information. “The emergent property of the whole assembly is superior to the sum of a singles parts”. In this thesis I present new architectures and functional materials built through the selfassembly of guanosine, in the absence or in the presence of a cation, in solution and on the surface. By appropriate manipulation of intermolecular non-covalent interactions the spatial (structural) and temporal (dynamic) features of these supramolecular architectures are controlled. Guanosine G7 (5',3'-di-decanoil-deoxi-guanosine) is able to interconvert reversibly between a supramolecular polymer and a discrete octameric species by dynamic cation binding and release. Guanosine G16 (2',3'-O-Isopropylidene-5'-O-decylguanosine) shows selectivity binding from a mix of different cation's nature. Remarkably, reversibility, selectivity, adaptability and serendipity are mutual features to appreciate the creativity of a molecular self-organization complex system into a multilevelscale hierarchical growth. The creativity - in general sense, the creation of a new thing, a new thinking, a new functionality or a new structure - emerges from a contamination process of different disciplines such as biology, chemistry, physics, architecture, design, philosophy and science of complexity.

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Zusammenfassung:Die Quartärstruktur des respiratorischen Proteins Hämocyanin (Isoform HtH1) aus der marinen Schnecke Haliotis tuberculata wurde vermittels Kryoelektronen-mikroskopie und 3D-Rekonstruktion untersucht. Das Molekül ist zylinderförmig, hat einen Durchmesser von ca. 35 nm und besteht aus einer Zylinderwand und einem internen Kragenkomplex. Dieser wiederum besteht aus einem Collar und einem Arc.Die kryoelektronenmikroskopischen Aufnahmen von in glasartigem Eis fixierten HtH1-Molekülen brachte eine enorme Verbesserung der Anzahl der zur Verfügung stehenden Ansichtswinkel gegenüber den negativkontrastierten Molekülen, die auf Karbonfilm präpariert waren.Die 3D-Rekonstruktion des HtH1 mittels Aufnahmen bei drei verschiedenen Defo-kuswerten verbesserte die Auflösung noch einmal deutlich gegenüber den Rekon-struktionen, die aus Aufnahmen bei einem festen Defokuswert gemacht wurden, und zwar auf 12 Å. Das Molekül besitzt eine D5-Symmetrie.Aus dieser bisher genausten Rekonstruktion eines Molluskenhämocyanins aus EM-Bildern ließen sich folgende neue Strukturdetails ableiten:· Ein Untereinheitendimer konnte als Repeating Unit im Dekamer des HtH1 beschrieben werden.· Das Untereinheitendimer konnte aus der 3D-Dichtekarte isoliert werden. Es be-steht eindeutig aus 16 Massen, die funktionellen Domänen entsprechen. Zwei dieser Massen bilden den Collar, zwei den Arc und 12 das Wandsegment.· Die gegenläufige Anordnung der beiden Untereinheiten innerhalb dieses Unte-reinheitendimers konnten bestätigt und auf zwei Möglichkeiten eingeschränkt werden.· Die Zahl der alternativen Anordnungen der 16 funktionellen Domänen (HtH1-a bis HtH1-h) im Untereinheitendimer konnten von 80 auf 2 eingeengt werden.· Es konnte über molekulares Modellieren mithilfe einer publizierten Kristallstruk-tur eine 3D-Struktur fastatomarer Auflösung der funktionellen Domäne HtH1-g berechnet werden.· Die funktionelle Domäne HtH1-g konnte als Domänenpaar plausibel in die 3D?Dichtekarte des Untereinheitendimers eingepasst werden, und zwar in die beiden Massen des Arc.Aus der elektronenmikroskopisch gewonnenen Dichtekarte wurde mit Hilfe des

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Interleukin-6 (IL-6) aktiviert Zielzellen durch Bindung an den Interleukin-6-Rezeptor (IL-6R) und anschließende Homodimerisierung von gp130. IL-6 alleine kann nur Zellen aktivieren, die IL-6R exprimieren, der Komplex aus IL-6 und löslichem IL-6R (sIL-6R) kann gp130 auf Zellen aktivieren, die keinen IL-6R exprimieren. Von gp130 gibt es eine lösliche Form (sgp130), die in Komplexen mit sIL-6R und IL-6 vorliegen kann.Es wurden rekombinante Versionen von sgp130 konstruiert, exprimiert und aufgereinigt. Die sgp130 Proteine inhibieren die sIL-6R-abhängige Stimulation von Zellen, nicht jedoch über membrangebundenen IL-6R vermittelte IL-6-Aktivitäten. sgp130 inhibiert also selektiv sIL-6R-abhängige Antworten und hat keinen Einfluß auf IL-6-Antworten über membrangebundenen IL-6R.Das Genom von Humanem Herpesvirus-8 kodiert für ein virales IL-6 (vIL-6). Um zu klären, ob vIL-6 direkt an IL-6R oder gp130 bindet, wurden Immunpräzipitationen mit radioaktiv markiertem vIL-6 durchgeführt. Dabei zeigte vIL-6 eine direkte Interaktion mit gp130, nicht jedoch mit IL-6R.Die biologische Aktivität von vIL-6 ist IL-6R-unabhängig. Es gibt keinen Unterschied in der Effektivität von vIL-6 bei der Stimulation von Zellen die nur gp130 oder gp130 und IL-6R exprimieren. Die Ergebnisse demonstrieren, daß vIL-6 das erste bekannte Zytokin ist, welches direkt gp130 binden und aktivieren kann.

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Die Synthese und Charakterisierung von Bisphenolato-Komplexen des Titans und Vanadiums werden beschrieben.Neben dem Methylkomplex wurde eine Reihe von Bisphenolato-Komplexen des Titan(IV) der Zusammensetzung (tbmp)(o-C6H4CH2NMe2)TiX (mit X = CH2SiMe3, CH2Ph, OTf) synthetisiert. Der Methylkomplex wurde mit B(C6F5)3 oder (tbmp)(tbmpH)Al zum Komplexkation [(tbmp)(o-C6H4CH2NMe2)Ti]+ umgesetzt und dessen Reaktivität gegenüber 1-Olefinen untersucht.Ausgehend von (tbmp)TiCl2 wurden der Dimethylkomplex (tbmp)TiMe2 und der Dibenzylkomplex (tbmp)Ti(CH2Ph)2 dargestellt und strukturell charakterisiert. Der Dibenzylkomplex liegt im Kristall als Dimer vor, verbrückt über ein Dioxan-Molekül, während der Dimethylkomplex auch im Feststoff monomer ist. Dies ist das erste Beispiel für die Koordinationszahl fünf bei Bisphenolato-Titan-Komplexen.Polymerisationsversuche mit (tbmp)TiMe2 und B(C6F5)3 weisen auf eine hohe Reaktivität und geringe Stabilität des aktivierten Komplexes hin, die zu geringen Polymer-Ausbeuten führt.Im Falle des Vanadiums konnten trotz Schwierigkeiten aufgrund der hohen Redoxaktivität dieses Elements mehrere Komplexe dargestellt werden. Synthetisiert und strukturell charakterisiert wurden der Komplex (mbmp)V(O)(CH2SiMe3)·B(C6F5)3, das erste Beispiel für ein Boranaddukt eines Oxokomplexes des fünfwertigen Vanadiums, und der erste Di(bisphenolato)-Komplex des vierwertigen Vanadiums, (tbmp)2V.Desweiteren gelang die Darstellung von (mbmp)V(O)(CH2SiMe2Ph)·B(C6F5)3, (tbmp)VCl(THF)2 und (mbmp)2V. Die Alkylkomplexe des fünfwertigen Vanadiums waren mit B(C6F5)3 für die Polymerisation von Ethen nicht aktivierbar. Hingegen bildete (tbmp)VCl(THF)2 mit DEAC ein sehr aktives System für die Polymerisation von Ethen.

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Das Membranprotein LHCII ist ein Lichtsammelkomplex der höheren Pflanzen, der in vitro, ausgehend von bakteriell überexprimiertem Apoprotein, als Monomer und als Trimer rekonstituiert werden kann. Um Strukturunterschiede zwischen Monomeren und Trimeren zu bestimmen, wurden ortsspezifische Derivatisierungen des Proteins durchgeführt. Dazu wurden verschiedene Mutationen am LHCII vorgenommen. Das einzige Cystein des nativen, maturen LHCII wurde zunächst in ein Serin umgewandelt. Ausgehend von dieser Mutante wurden an fünf Positionen singuläre Cysteine eingefügt. Zugänglichkeitsuntersuchungen mit dem thiolreaktiven Farbstoff Rhodamine Red-Maleimid zeigten zum Teil Unterschiede zwischen Monomeren und Trimeren auf. Außerdem deutete eine zweiphasige Markierungskinetik eines der rekombinanten LHCII auf mindestens zwei konformelle Populationen in Detergenslösung. Die Beobachtungen dieser Arbeit wurden zudem genutzt, um im Strukturmodell des LHCII unklare Positionen näher zu beschreiben. Schließlich wurden einige der LHCII mit angekoppeltem Fluoreszenzfarbstoff spektroskopisch charakterisiert.

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In dieser Arbeit wird eine Deformationstheorie fürLagrange-Singularitäten entwickelt. Wir definieren einen Komplex von Moduln mit nicht-linearem Differential, densogenannten Lagrange-de Rham-Komplex, dessen ersteKohomologie isomorph zum Raum der infinitesimalenLagrange-Deformationen ist. Wir beschreiben die Beziehung diesesKomplexes zur Theorie der Moduln über dem Ring vonDifferentieloperatoren. Informationen zur Obstruktionstheorie vonLagrange-Deformationen werden aus derzweiten Kohomologie des Lagrange-de Rham-Komplexes gewonnen.Wir zeigen, dass unter einer geometrischen Bedingung an dieSingularität ie Kohomologie von des Lagrange-deRham-Komplexes ausendlich dimensionalen Vektorräumen besteht. Desweiteren wirdeine Methode zur effektiven Berechnung dieser Kohomologie fürquasi-homogene Lagrange-Flächensingularitäten entwickelt. UnterZuhilfenahme von Computeralgebra wird diese Methode für konkreteBeispiele angewendet.

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Über die Biogenese des Lichtsammelkomplexes des Photosystems II höherer Pflanzen (LHCII) in der Thylakoidmembran der Chloroplasten existieren wenige Daten. Deswegen soll die Aufklärung des Faltungsmechanismus in vitro anhand von zeitaufgelösten Messungen der Rückfaltung des Komplexes Rückschlüsse auf die Situation in vivo ermöglichen.Zur Beobachtung der Rückfaltung wurden Methoden der Fluoreszenz- und CD-Spektroskopie verwendet. Die Pigmentbindung und die Ausbildung von α-helikaler Sekundärstruktur erfolgt in einem schnelleren und einem langsameren apparenten Schritt (Sekunden und Minuten); beide Vorgänge sind eng gekoppelt und limitiert durch die Bindung der Carotinoide. In der schnelleren Phase ist die Bindung von Chl a und Lutein ausreichend für die Zunahme an α-helikaler Struktur. Ein thermodynamisch stabiler Komplex erfordert die Bindung von Chl b und Carotinoiden. In der schnellen Phase bindet Chl a vor Chl b und Lutein mindestens so schnell wie Chl b; beide Pigmente limitieren die Bindung von Chl b. Chl b ist notwendig für die Ereignisse der langsameren Phase.Bzgl. der Situation in vivo deuten die Daten auf (1) eine aktive Rolle der Pigmentbindung für die Membraninsertion des Proteins, (2) einen Schutz vor Photooxidation der Chlorophylle durch die obligatorische Carotinoidbindung und (3) die Möglichkeit der Umsetzung von LHCII-gebundem Chl a zu Chl b.

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In Tumoren und Onkogen-transformierten Zellen finden sich häufig Defizienzen in der Expression von Komponenten der MHC Klasse I-Antigenprozessierung, die mit einer verminderten MHC Klasse I-Oberflächenexpression und einer reduzierten Sensitivität der Zellen gegenüber einer ZTL-vermittelten Lyse gekoppelt sein können. Da in den meisten Fällen die reduzierten Expressionsmuster über Zytokine revertiert werden können, werden verschiedene Regulationsmechanismen als Ursache für die Defizienzen postuliert. Auch in Zellen, die den „human epidermal growth factor receptor 2“ (HER-2/neu) überexprimieren, wurden derartige „Immune escape“-Mechanismen identifiziert. Aufgrund der Amplifikation und/oder Überexpression dieses Onkogens in Tumoren, die mit einer schnellen Progression der Erkrankung und einer schlechten Heilungsprognose assoziiert ist, wurden zahlreiche Therapien entwickelt, die auf einer Mobilisierung des Immunsystems gegenüber HER-2/neu oder dessen Blockade durch spezifische Antikörper abzielen. Die bisher jedoch nur unzureichenden Erfolge dieser Therapien könnten ihre Ursache in einer verminderten Immunogenität der HER-2/neu+-Zellen aufgrund von Defizienzen in der MHC Klasse I-Antigenprozessierung haben, weshalb die Untersuchung der molekularen Ursachen dieser Suppression für die Therapie von HER-2/neu+-Tumoren von besonderer Bedeutung ist. In dieser Arbeit wurde anhand eines in vitro-Systems ein HER-2/neu-vermittelter „Immune escape“-Phänotyp charakterisiert und die zugrunde liegenden molekularen Mechanismen untersucht. Hierzu wurden murine, HER-2/neu--NIH3T3-Zellen mit HER-2/neu-transfizierten NIH3T3-Zellen verglichen. Die Untersuchung zeigte, dass die Oberflächenexpression von MHC Klasse I-Antigenen bei einer HER-2/neu-Überexpression vermindert ist. Dies ist assoziiert mit reduzierten Expressionen von LMP2, LMP10, PA28a, PA28b, ERAAP, TAP1, TAP2, und Tapasin, einem blockiertem TAP-Transport und einer fehlenden Sensitivität gegenüber einer ZTL-vermittelten Lyse. Da die analysierten Defekte durch eine Stimulation mit IFN‑g wieder revertiert werden können, wird eine transkriptionelle oder translationelle Regulation der betroffenen Gene durch HER-2/neu postuliert. Aufgrund dieser Ergebnisse ist eine T-Zell-vermittelte Therapie von HER-2/neu+-Tumoren als kritisch anzusehen. Die Untersuchung der Promotoren von TAP1/LMP2, TAP2 und Tapasin ergab geringere und durch IFN‑g-induzierbare Promotoraktivitäten in den HER-2/neu+-Zellen im Vergleich zu den HER-2/neu—-Zellen. Mittels Mutagenese-PCR und Gelretardationsanalysen konnte die Bindung eines Komplexes an zwei E2F- und einer P300-Bindungsstelle im Tapasin-Promotor identifiziert werden, die für die HER-2/neu-vermittelte Hemmung der Tapasin-Promotor­aktivität essentiell ist. Eine Inaktivierung der E2F- und P300-Motve in den TAP1/LMP2- und TAP2-Promotoren hatte dagegen keinen Einfluss auf die HER-2/neu-vermittelte Blockade der Promotoraktivität. Ein Vergleich der Promotoraktivitäten der HER-2/neu+- mit Ras-transformierten Zellen ergab, dass die TAP1/LMP2- und TAP2-Promotoren in beiden Zellen supprimiert werden, während der Tapasin-Promotor bei Ras-Transformation nicht beein­trächtigt ist. Der Einsatz von Inhibitoren zeigte, dass die Suppression des Tapasin-Promotors vermutlich über die PLC-g-PKC-Kaskade erfolgt. Dagegen konnte mit Inhibitoren gegen MAPK und PI3Kinase kein vergleichbarer Effekt erzielt werden. Aufgrund dieser Daten wird postuliert, dass HER-2/neu über die Signalkaskade PLC-g–PKC–E2F/P300 die Tapasin-Promotoraktivität supprimiert, wohingegen noch bisher unbekannte Signalkaskaden von HER-2/neu und Ras zu einer Hemmung der TAP1/LMP2- und TAP2-Promotoraktivität führen. Da die Komplexbildung von E2F und P300 auch im Zellzyklus eine Rolle spielt, wird eine negative Korrelation zwischen Zell-Proliferation und MHC Klasse I-Antigenpräsentation postuliert, die Gegenstand künftiger Studien sein wird.

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Die zentrale Funktion des Hauptlichtsammlerkomplexes des Photosystems II, LHCII, besteht in der Absorption von Sonnenlicht und der Bereitstellung von Energie für die photosynthetische Ladungstrennung im Reaktionszentrum des Photosystems. Auch in der Regulation der Photosynthese spielt der LHCII eine wichtige Rolle, da die Energieverteilung zwischen Photosystem I und Photosystem II im Rahmen des sog. „State Transition“-Prozesses über die Verteilung der Lichtsammlerkomplexe zwischen den beiden Photosystemen gesteuert wird. Im Blickfeld des ersten Teils dieser Arbeit stand die konformative Dynamik der N-terminalen Domäne des LHCII, die wahrscheinlich in die Regulation der Lichtsammlung involviert ist. Gemeinsam mit Mitarbeitern des 3. Physikalischen Instituts der Universität Stuttgart wurde an der Etablierung einer Methode zur einzelmolekülspektroskopischen Untersuchung der Dynamik des N-Terminus gearbeitet. Als Messgröße diente der Energietransfer zwischen einem Fluoreszenzfarbstoff, der an die N-terminale Domäne gekoppelt war, und den Chlorophyllen des Komplexes. Die Funktion des LHCII als effiziente Lichtantenne bildete die Grundlage für den zweiten Teil dieser Arbeit. Hier wurde untersucht, in wie weit LHCII als Lichtsammler in eine elektrochemische Solarzelle integriert werden kann. In der potentiellen Solarzelle sollte die Anregungsenergie des LHCII auf Akzeptorfarbstoffe übertragen werden, die in der Folge Elektronen in das Leitungsband einer aus Titandioxid oder Zinndioxid bestehenden porösen Halbleiterelektrode injizierten, auf der Komplexe und Farbstoffe immobilisiert waren.

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Im ersten Teil dieser Arbeit wird die Anwendung der MALDI-TOF Massenspektrometrie auf annähernd monodisperse und eng verteilte Verbindungen polymerer Gestalt beschrieben. Dazu werden mit Polyphenylendendrimeren, Polybutadien-Sternpolymeren, Propionylethyleniminen und Polyethylmethylsiloxanen weniger gängige Verbindungen ausgewählt, für deren Analyse keine Standardmethodik vorliegt. Dabei wird gezeigt, dass andere Analysemethoden (wie z.B. GPC oder NMR) der MALDI-TOF Massenspektrometrie oftmals deutlich unterlegen sind - in einigen Fällen werden deren Ergebnisse gar widerlegt. In anderen Fällen wird allerdings auch festgestellt, dass diese Methoden die Massenspektrometrie unterstützen oder ergänzen können. Im darauf folgenden Teil werden durch Mischen eng verteilter Polymerstandards breite Verteilung simuliert, um so die Gründe für die Limitierung der Anwendbarkeit der MALDI-TOF Massenspektrometrie auf breite Verteilungen zu ermitteln. Die Problematik der Messung von breiten Verteilungen wird oftmals durch eine vorherige Fraktionierung mit der GPC gelöst. Auch dieses Verfahren wird in dieser Arbeit an Hand von simulierten breiten Verteilungen untersucht und bewertet. Neben qualitativen Untersuchungen mit der MALDI-TOF Massenspektrometrie wird in dieser Arbeit abgeschätzt, inwieweit diese Methode auch zur quantitativen Analyse eingesetzt werden kann. Dazu werden die Untersuchungen von Oligo(para-phenylene) (OPP) und von Cyclodehydrierungsprodukten sehr großer Dendrimere (C385, C474) beschrieben. Dabei stellt sich heraus, das neben der direkten UV-Absorption (im Falle der OPPs) auch die zunehmende Ionisierungswahrscheinlichkeit und die sinkende Desorptionswahrscheinlichkeit mit fortschreitender Cyclodehydrierung eine Quantifizierung problematisch gestalten. In einem abschließenden Kapitel wird der Versuch beschrieben, aus polyzyklischen aromatischen Kohlenwasserstoffen (PAHs) durch den Beschuss mit den UV-Strahlen des MALDI-TOF Massenspektrometers Fullerene zu erzeugen. Der Einsatz von NaCl als sogenannte Inertmatrix führt zu vielversprechenden ersten Ergebnissen.

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Kristallisation der Arbutin-Synthase und der Strictosidin Glukosidase - zwei Enzyme aus dem sekundären Glykosidstoffwechsel von Rauvolfia serpentina Die vorliegende Arbeit befasst sich mit der Kristallisation und der strukturellen Auswertung der Arbutin-Synthase (AS) und der Strictosidin Glukosidase (SG). Beide Enzyme stammen aus der Medizinalpflanze Rauvolfia serpentina. Für die Kristallisation der Arbutin-Synthase wurden ca. 2500 verschiedene Beding-ungen experimentell untersucht. Für einige dieser Experimente wurde das Enzym molekularbiologisch und chemisch verändert. Trotzdem konnten keine Kristalle erhalten werden. Die bei diesen Veränderungen erhaltenen Ergebnisse wurden anhand von Vergleichen mit Strukturen anderer Glykosyltransferasen der gleichen Familie analysiert. Bei der Reinigung der AS konnte mit verschiedenen Trennsystemen nie eine homogene Lösung produziert werden. Der wahrscheinliche Grund für diese schlechte Isolierbarkeit, und damit der wahrscheinliche Grund für die schwierige Kris-tallisation, liegt in der überdurchschnittlich hohen Anzahl an Cysteinen in der Proteinsequenz. Mit den Aminosäuren Cys171, Cys253 und Cys461 wurden drei Cysteine gefunden, die einem Strukturvergleich nach an der Proteinoberfläche liegen und möglicherweise durch Quervernetzungen mit anderen Proteinmolekülen ein heterogenes Gemisch bilden, das nicht geordnet kristallisieren kann. Durch gezielte Mutationen dieser drei Aminosäuren könnte die Kristallisation zukünftig ermöglicht werden. Für die SG waren bereits Bedingungen bekannt bei denen nicht vermessbare Enzymkristalle (Nadeln) wuchsen. In weit gefächerten Versuchen konnten diese Kristalle jedoch nicht zu 3D-Wachstum angeregt werden. Es wurden mit einem HTS-Screening neue Bedingungen zur Kristallisation gefunden. Anschließend konnten die native Struktur und der Strictosidin/Enzym-Komplex vermessen und aufgeklärt werden. Die SG gehört zur Familie 1 der Glukosidasen (GH-1) und besitzt die in dieser Familie konservierte (beta/alpha)8-Barrel-Faltung. Im Vergleich mit 16 bekannten Glykosidasen der Familie GH-1 wurde die Substratbindung untersucht. Dabei wurde die in der Familie konservierte Zuckerbindung vorgefunden, jedoch große Unterschiede in der Aglykonbindung entdeckt. Es wurden Bedingungen für die Konformationsänderung des Trp388 erkannt. Diese Konformationsänderung dirigiert den Aglykonteil des Substrates auf verschiedene Seiten der Substratbindungstasche und teilt so die Familie GH-1 in zwei Gruppen.