964 resultados para Tecnologie, recupero, colonia reggiana, anziani.


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Esercizi di esame per i corsi di Fisica Generale. I compiti di esame contengono esercizi sorteggiati da questa lista, nell'ultima versione disponibile sul Web 15 giorni prima della data di esame. I punteggi riportati a fianco dei quesiti/esercizi sono calcolati dinamicamente sulla base dei precedenti risultati nelle prove di esame, in modo da rendere il secondo terzile della distribuzione dei voti sul singolo esercizio pari a 3/3. In altre parole il punteggio assegnato al singolo quesito/esercizio è tale da assicurare che un terzo degli studenti che hanno affrontato l'esercizio ottenga la massima valutazione. Il punteggio degli esercizi riportato sul file è indicativo. Esso si modifica dinamicamente a ogni esame, in modo che a ogni esame diviene una valutazione più precisa della difficoltà dell'esercizio (all'aumentare della statistica sperimentale l'errore di misura diminuisce).

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Esercizi di esame per i corsi di Fisica Generale. I compiti di esame contengono esercizi sorteggiati da questa lista, nell'ultima versione disponibile sul Web 15 giorni prima della data di esame. I punteggi riportati a fianco dei quesiti/esercizi sono calcolati dinamicamente sulla base dei precedenti risultati nelle prove di esame, in modo da rendere il secondo terzile della distribuzione dei voti sul singolo esercizio pari a 3/3. In altre parole il punteggio assegnato al singolo quesito/esercizio è tale da assicurare che un terzo degli studenti che hanno affrontato l'esercizio ottenga la massima valutazione. Il punteggio degli esercizi riportato sul file è indicativo. Esso si modifica dinamicamente a ogni esame, in modo che a ogni esame diviene una valutazione più precisa della difficoltà dell'esercizio (all'aumentare della statistica sperimentale l'errore di misura diminuisce).

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Questo lavoro di tesi è stato suddiviso in tre parti. L’argomento principale è stato lo “Studio della componente antiossidante di oli ottenuti da olive mediante l’utilizzo di diversi sistemi e parametri tecnologici”. E’ ben noto come la qualità ossidativa di un olio di oliva dipenda oltre che dalla sua composizione in acidi grassi, dalla presenza di composti caratterizzati da un elevata attività antiossidante, ovvero le sostanze fenoliche. I composti fenolici contribuiscono quindi in maniera preponderante alla shelf life dell’olio extravergine di oliva. Inoltre sono state riscontrate delle forti correlazione tra alcune di queste sostanze e gli attributi sensoriali positivi di amaro e piccante. E’ poi da sottolineare come il potere antiossidante dei composti fenolici degli oli vergini di oliva, sia stato negli ultimi anni oggetto di considerevole interesse, poiché correlato alla protezione da alcune patologie come ad esempio quelle vascolari, degenerative e tumorali. Il contenuto delle sostanze fenoliche negli oli di oliva dipende da diversi fattori: cultivar, metodo di coltivazione, grado di maturazione delle olive e ovviamente dalle operazioni tecnologiche poiché possono variare il quantitativo di questi composti estratto. Alla luce di quanto appena detto abbiamo valutato l’influenza dei fattori agronomici (metodi di agricoltura biologica, integrata e convenzionale) e tecnologici (riduzione della temperatura della materia prima, aggiunta di coadiuvanti in fase di frangitura e di gramolatura, confronto tra tre oli extravergini di oliva ottenuti mediante diversi sistemi tecnologici) sul contenuto in composti fenolici di oli edibili ottenuti da olive (paper 1-3-4). Oltre alle sostanze fenoliche, negli oli di oliva sono presenti altri composti caratterizzati da proprietà chimiche e nutrizionali, tra questi vi sono i fitosteroli, ovvero gli steroli tipici del mondo vegetale, che rappresentano la frazione dell’insaponificabile quantitativamente più importante dopo gli idrocarburi. La composizione quali-quantitativa degli steroli di un olio di oliva è una delle caratteristiche analitiche più importanti nella valutazione della sua genuinità; infatti la frazione sterolica è significativamente diversa in funzione dell’origine botanica e perciò viene utilizzata per distinguere tra di loro gli oli e le loro miscele. Il principale sterolo nell’olio di oliva è il β- sitosterolo, la presenza di questo composto in quantità inferiore al 90% è un indice approssimativo dell’aggiunta di un qualsiasi altro olio. Il β-sitosterolo è una sostanza importante dal punto di vista della salute, poiché si oppone all’assorbimento del colesterolo. Mentre in letteratura si trovano numerosi lavori relativi al potere antiossidante di una serie di composti presenti nell’olio vergine di oliva (i già citati polifenoli, ma anche carotenoidi e tocoferoli) e ricerche che dimostrano invece come altri composti possano promuovere l’ossidazione dei lipidi, per quanto riguarda il potere antiossidante degli steroli e dei 4- metilsteroli, vi sono ancora poche informazioni. Per questo è stata da noi valutata la composizione sterolica in oli extravergini di oliva ottenuti con diverse tecnologie di estrazione e l’influenza di questa sostanza sulla loro stabilità ossidativa (paper 2). E’ stato recentemente riportato in letteratura come lipidi cellulari evidenziati attraverso la spettroscopia di risonanza nucleare magnetica (NMR) rivestano una importanza strategica da un punto di vista funzionale e metabolico. Questi lipidi, da un lato un lato sono stati associati allo sviluppo di cellule neoplastiche maligne e alla morte cellulare, dall’altro sono risultati anche messaggeri di processi benigni quali l’attivazione e la proliferazione di un normale processo di crescita cellulare. Nell’ambito di questa ricerca è nata una collaborazione tra il Dipartimento di Biochimica “G. Moruzzi” ed il Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Università di Bologna. Infatti, il gruppo di lipochimica del Dipartimento di Scienze degli Alimenti, a cui fa capo il Prof. Giovanni Lercker, da sempre si occupa dello studio delle frazioni lipidiche, mediante le principali tecniche cromatografiche. L’obiettivo di questa collaborazione è stato quello di caratterizzare la componente lipidica totale estratta dai tessuti renali umani sani e neoplastici, mediante l’utilizzo combinato di diverse tecniche analitiche: la risonanza magnetica nucleare (1H e 13C RMN), la cromatografia su strato sottile (TLC), la cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC) e la gas cromatografia (GC) (paper 5-6-7)

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Una breve introduzione sulla storia del mosaico: dalle origine alle sue evoluzione tipologiche e tecnologiche nel tempo, di come si organizzavano le antiche botteghe del mosaico e le suddivisione dei compiti tra il pictor imaginarius, pictor parietarius e il musivarius (la gerarchia) all’interno di essi; la tecniche esecutiva per la messa in opera dei mosaici pavimentali romani. Visto che i mosaici si trovano a Suasa, quindi è stata riassunta la storia della città romana di Suasa con le sua varie fase edilizie, con maggior approfondimenti per gli edifici che presentano pavimentazione a mosaico: in primo luogo è la domus dei Coiedii contenente più di diciotto pavimenti in opus tessellatum. Il secondo è quello del così detto Edificio 4 (ancora inedito e di incerta natura e destinazione) portato in luce solo parzialmente con due settore a mosaico. Successivamente è stato effettuato in maniera dettagliata lo studio dello stato di conservazione dei vani musivi che sono state oggetto in senso stretto dei varie interventi conservativi, sia nella domus dei Coiedii (vano AU, oecus G e vano BB) che in Edificio 4 (vano A e vano D), evidenziando così le diverse morfologie di degrado in base “Normativa UNI 11176/2006 con l’aiuto della documentazione grafica ed fotografica. Un ampio e complessivo studio archeometrico-tecnologico dei materiali impiegati per la realizzazione dei musaici a Suasa (tessere e malte) presso i laboratori del CNR di Faenza.. Sono stati prelevati complessivamente 90 campione da tredici vani musivi di Suasa, di cui 28 campione di malte, comprese tra allettamento e di sottofondo,42 tessere lapidee e 20 tessere vitree; questi ultimi appartengono a sette vani della domus. Durante l’operazione del prelevo, è stato presso in considerazione le varie tipologie dei materiali musivi, la cromia ed le morfologie di degrado che erano presente. Tale studio ha lo scopo di individuare la composizione chimico-mineropetrografico, le caratteristiche tessiturali dei materiali e fornire precisa informazione sia per fine archeometrici in senso stretto (tecnologie di produzione, provenienza, datazione ecc.), che come supporto ai interventi di conservazione e restauro. Infine si è potuto costruire una vasta banca dati analitici per i materiali musivi di Suasa, che può essere consultata, aggiornata e confrontata in futuro con altri materiali proveniente dalla stessa province e/o regione. Applicazione dei interventi conservativi: di manutenzione, pronto intervento e di restauro eseguiti sui vani mosaicati di Suasa che presentavano un pessimo stato di conservazione e necessitavano l’intervento conservativo, con la documentazione grafica e fotografica dei varie fase dell’intervento. In particolare lo studio dei pregiatissimi materiali marmorei impiegati per la realizzazione dell’opus sectile centrale (sala G) nella domus dei Coiedii, ha portato alla classificazione e alla schedatura di sedici tipi di marmi impiegati; studio esteso poi al tessellato che lo circonda: studio del andamento, tipologie dei materiali, dei colore, dimensione delle tessere, interstizio ecc., ha permesso con l’utilizzo delle tavole tematiche di ottenere una chiara lettura per l’intero tessellato, di evidenziare così, tutti gli interventi antiche e moderni di risarciture, eseguiti dal II sec. d.C. fio ad oggi. L’aspetto didattico (teorico e pratico) ha accompagnato tutto il lavoro di ricerca Il lavoro si qualifica in conclusione come un esempio assai significativo di ricerca storicoiconografiche e archeometriche, con risultati rilevanti sulle tecnologie antiche e sui criteri di conservazione più idonei.

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L’utilizzo degli FRP (Fiber Reinforced Polymer) nel campo dell’ingegneria civile riguarda essenzialmente il settore del restauro delle strutture degradate o danneggiate e quello dell’adeguamento statico delle strutture edificate in zona sismica; in questi settori è evidente la difficoltà operativa alla quale si va in contro se si volessero utilizzare tecniche di intervento che sfruttano materiali tradizionali. I motivi per cui è opportuno intervenire con sistemi compositi fibrosi sono: • l’estrema leggerezza del rinforzo, da cui ne deriva un incremento pressoché nullo delle masse sismiche ed allo stesso tempo un considerevole aumento della duttilità strutturale; • messa in opera senza l’ausilio di particolari attrezzature da un numero limitato di operatori, da cui un minore costo della mano d’opera; • posizionamento in tempi brevi e spesso senza interrompere l’esercizio della struttura. Il parametro principale che definisce le caratteristiche di un rinforzo fibroso non è la resistenza a trazione, che risulta essere ben al di sopra dei tassi di lavoro cui sono soggette le fibre, bensì il modulo elastico, di fatti, più tale valore è elevato maggiore sarà il contributo irrigidente che il rinforzo potrà fornire all’elemento strutturale sul quale è applicato. Generalmente per il rinforzo di strutture in c.a. si preferiscono fibre sia con resistenza a trazione medio-alta (>2000 MPa) che con modulo elastico medio-alto (E=170-250 GPa), mentre per il recupero degli edifici in muratura o con struttura in legno si scelgono fibre con modulo di elasticità più basso (E≤80 GPa) tipo quelle aramidiche che meglio si accordano con la rigidezza propria del supporto rinforzato. In questo contesto, ormai ampliamente ben disposto nei confronti dei compositi, si affacciano ora nuove generazioni di rinforzi. A gli ormai “classici” FRP, realizzati con fibre di carbonio o fibre di vetro accoppiate a matrici organiche (resine epossidiche), si affiancano gli FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix), i TRM (Textile Reinforced Mortars) e gli SRG (Steel Reinforced Grout) che sfruttano sia le eccezionali proprietà di fibre di nuova concezione come quelle in PBO (Poliparafenilenbenzobisoxazolo), sia un materiale come l’acciaio, che, per quanto comune nel campo dell’edilizia, viene caratterizzato da lavorazioni innovative che ne migliorano le prestazioni meccaniche. Tutte queste nuove tipologie di compositi, nonostante siano state annoverate con nomenclature così differenti, sono però accomunate dell’elemento che ne permette il funzionamento e l’adesione al supporto: la matrice cementizia

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Tra i temi di attualità, quello del risparmio energetico è tra i più dibattuti negli ultimi anni; tale tema è strettamente correlato al problema del riscaldamento globale, infatti, mentre sul prossimo esaurimento delle risorse energetiche tradizionali non vi sono ancora certezze assolute, per quanto riguarda l’azione nociva dei gas serra, la Comunità Scientifica Internazionale si ritrova d’accordo su una netta presa di posizione contro l’emissione di tali sostanze, provocata in larga parte dall’utilizzo dei combustibili fossili. In questo contesto, l’Unione Europea sta promuovendo la diffusione di tecnologie che non prevedano l’utilizzo di gas, petrolio o carbone, soprattutto per il settore dell’edilizia, ove una corretta progettazione e l’utilizzo di tecnologie non convenzionali può portare alla riduzione anche dell’80% dei consumi, con conseguente abbattimento delle emissioni. Tra questi interventi innovativi, il più comune e conosciuto è sicuramente quello del solare termico e fotovoltaico; ma ne esistono anche di altri, ancora non molto pubblicizzati in Italia, ma ampiamente conosciuti e utilizzati in altri paesi dell’Unione. Tra questi, vi è il sistema di riscaldamento analizzato in questa tesi: la pompa di calore geotermica. Tale sistema, come verrà spiegato nell’elaborato di laurea, ha indubbi vantaggi economici, energetici ed ambientali, a fronte di una non trascurabile spesa iniziale. Attualmente, nel Nord Italia, si incominciano a vedere impianti di questo tipo, sulla scia del successo riscontrato nei paesi confinanti (in particolare Austria e Svizzera). La progettazione si basa attualmente su modelli statici, sviluppati dall’Università Svizzera del Canton Ticino, per l’utilizzo della pompa di calore nel territorio alpino. Obiettivo della tesi, è la verifica di tali modelli, di cui si è venuto a conoscenza grazie alla collaborazione con l’Università SUPSI, sulle condizioni idrogeologiche della Pianura Padana, soffermandosi su alcuni parametri fondamentali della progettazione di una pompa di calore geotermica, quali la conduttività e la capacità termica volumetrica dei terreni incontrati, la presenza di falde, ed i parametri geometrici del pozzo, al fine di dare una valutazione tecnica ed economica dell’impianto. Tali analisi è stata infatti fino ad ora affrontata in maniera sommaria dai perforatori, che eseguono generalmente sempre lo stesso modello di pozzo geotermico, sulla base degli esempi consolidati di Svizzera e Germania. Alcune misure di temperatura in situ sono state rilevate in collaborazione con la società Geotermia SRL di Mantova, ditta specializzata nella perforazione di pozzi geotermici (tale esperienza è parte centrale dell’estratto “Laboratorio di Tesi Ls”), mentre la parte modellistica della tesi è stata sviluppata in collaborazione con lo studio di progettazione Studio Seta SRL di Faenza, il cui stabile è climatizzato in parte con una pompa di calore geotermica.

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La tecnica di ozonolisi viene applicata ai fanghi biologici derivanti da impianti di depurazione acque reflue urbane, e consiste nell'ottenere, grazie all'ozono, una minor massa fangosa da smaltire e una miglior trattabilità del fango residue. In questo elaborato si prendono in esame le sperimentazioni effettuate a Marina di Ravenna e si estraggono le prime conclusioni gestionali, economiche e ambientali sull'applicabilità del metodo a questo tipo di fango.

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Confronto tra due software specifici per l'analisi di rischio nel trasporto stradale di merci pericolose (TRAT GIS 4.1 e QRAM 3.6) mediante applicazione a un caso di studio semplice e al caso reale di Casalecchio di Reno, comune della provincia di Bologna.

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In questa tesi si è voluta porre l’attenzione sulla suscettibilità alle alte temperature delle resine che li compongono. Lo studio del comportamento alle alte temperature delle resine utilizzate per l’applicazione dei materiali compositi è risultato un campo di studio ancora non completamente sviluppato, nel quale c’è ancora necessità di ricerche per meglio chiarire alcuni aspetti del comportamento. L’analisi di questi materiali si sviluppa partendo dal contesto storico, e procedendo successivamente ad una accurata classificazione delle varie tipologie di materiali compositi soffermandosi sull’ utilizzo nel campo civile degli FRP (Fiber Reinforced Polymer) e mettendone in risalto le proprietà meccaniche. Considerata l’influenza che il comportamento delle resine riveste nel comportamento alle alte temperature dei materiali compositi si è, per questi elementi, eseguita una classificazione in base alle loro proprietà fisico-chimiche e ne sono state esaminate le principali proprietà meccaniche e termiche quali il modulo elastico, la tensione di rottura, la temperatura di transizione vetrosa e il fenomeno del creep. Sono state successivamente eseguite delle prove sperimentali, effettuate presso il Laboratorio Resistenza Materiali e presso il Laboratorio del Dipartimento di Chimica Applicata e Scienza dei Materiali, su dei provini confezionati con otto differenti resine epossidiche. Per valutarne il comportamento alle alte temperature, le indagini sperimentali hanno valutato dapprima le temperature di transizione vetrosa delle resine in questione e, in seguito, le loro caratteristiche meccaniche. Dalla correlazione dei dati rilevati si sono cercati possibili legami tra le caratteristiche meccaniche e le proprietà termiche delle resine. Si sono infine valutati gli aspetti dell’applicazione degli FRP che possano influire sul comportamento del materiale composito soggetto alle alte temperature valutando delle possibili precauzioni che possano essere considerate in fase progettuale.