692 resultados para Cromo - Toxicologia


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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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Ceramic powders based on Zn3Ga2Ge2O10: Cr3+ X% (X = 0.0; 0.5; 0.75; 1.0) were synthesized by solid-state reaction method. The gallium-zinc germanate doped with chromium presents an interesting property of phosphorescence, that means, it is capable of emitting light when excited by a source of radiation, and such emission remains for some time after stopping the source. For this reason, these materials can be widely applied in night-vision surveillance, (through the use of solar energy, for example), electronic devices screen, emergency routes signals, control panels indicators in dark environments, etc. In this job were considered different amounts of dopant in order to perform a comparison of structural and photoluminescent properties. For that, some analyses were performed on samples, such as XRD, FT-Raman, SEM, UV-vis and photoluminescence measurements (PL). Such analysis allowed to infer that the presence of chromium results in no phase transformation, so that the four compositions have the same set of phases: cubic, rhombohedral and hexagonal. Although the structure was not changed, chromium influences other properties / characteristics of these materials. Examples are: increase of band-gap, decrease of average particle size, small changes in binding energy checked by Raman and especially the increase of photoluminescent property. The chromium ions have great ease in replacing gallium ions in octahedral sites, resulting in emission of light with a wavelength of about 700 nm (infrared region), which is justified by the spin-forbidden 2E 4A2 transition. In other words, chromium is a favorable luminescent center, acting as a trap in the crystal structure, since it imprisons the excitation energy easily and releases it gradually, allowing the phosphorescence. It was observed that the composition ... (Complete abastract click electronic access below)

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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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Sono stati studiati gli effetti tossici dell’esposizione cronica a cobalto e cromo. In passato, questa tossicità, che colpiva lavoratori esposti per ragioni occupazionali, è stata un problema molto sentito. Tuttavia, recenti pubblicazioni hanno descritto una specifica tossicità mediata da elevati livelli di cobalto e cromo, anche in pazienti portatori di protesi metalliche, quali gli impianti d’anca. Anche se sintomi clinici tra cui, cecità, sordità e neuropatia periferica, suggeriscono uno specifico neurotropismo, ancora poco è conosciuto delle basi neuropatologiche di questo processo ed oltretutto non ne è ancora stata apportata un’evidenza sperimentale. In questo progetto di ricerca, quindi, si è voluto approfondire il meccanismo patogenetico da cui scaturiscono tali sintomi neurologici, utilizzando come modello sperimentale il coniglio. Conigli New Zealand White sono stati trattati con dosi endovenose ripetute di cobalto e cromo, inoculati singolarmente od in associazione tra loro. Nessuna evidente alterazione clinica o patologica è stata associata alla somministrazione di solo cromo, nonostante gli elevati livelli in sangue e tessuti, mentre i trattati con cobalto-cromo o solo cobalto hanno mostrato segni clinici gravanti sul sistema vestibolo-cocleare; il cobalto, quindi, è stato identificato come il maggiore elemento scatenante neurotossicità. Inoltre all’esame istopatologico gli animali hanno mostrato severa deplezione delle cellule gangliari retiniche e cocleari, assieme a danno al nervo ottico e perdita di cellule sensitive capellute dell’orecchio. È risultato infine evidente che la gravità delle alterazioni è stata correlata al dosaggio ed al tempo di esposizione; dati questi che confermano, quindi, le precedenti osservazioni fatte su pazienti umani esposti a rilascio abnorme di cobalto e cromo da usura di protesi d’anca. È stato ipotizzato che il cobalto agisca sui mitocondri provocando l’incremento di produzione di specie reattive dell’ossigeno e il rilascio di fattori proapoptotici, causando sulle cellule neuronali un danno proporzionale al loro fabbisogno energetico e grado di mielinizzazione.

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Lo scopo di questo studio è stato quello di determinare se a lungo termine le concentrazioni sieriche di ioni nei pazienti con protesi di rivestimento d’anca metallo-metallo (MOM-HR, metal-on-metal hip resurfacing) fossero differenti da quelle valutate nei pazienti con protesi totale d’anca metallo-metallo e testa del diametro di 28 mm (MOM-THA, metal-on-metal total hip arthroplasty); inoltre è stato valutato se le concentrazioni ioniche fossero al di sopra dei valori di riferimento e se fosse possibile stabilire l’esistenza di una relazione tra sesso e concentrazioni di ioni con riferimento al tipo di impianto. Il gruppo MOM-HR era costituito da 25 pazienti mentre il gruppo MOM-THA era di 16 pazienti. Per poter ricavare i valori di riferimento sono stati reclutati 48 donatori sani. La misurazione delle concentrazioni degli ioni cobalto (Co), cromo (Cr), nickel (Ni) e molibdeno (Mo) è stata effettuata utilizzando la spettrofotometria ad assorbimento atomico su fornace di grafite. A parte il Ni, le concentrazioni di ioni nei pazienti con MOM-HR erano più elevate rispetto ai controlli. Il rilascio di ioni Cr e Co nei pazienti con MOM-HR è risultato superiore rispetto ai soggetti con MOM-THA. Da un’analisi basata sul sesso, è emerso che nelle femmine con MOM-HR i livelli di ioni Cr e Co sono risultati significativamente aumentati rispetto alle femmine con MOM-THA. Indipendentemente dal tipo di impianto, gli accoppiamenti metallo-metallo (MOM) producono concentrazioni di ioni metallici significativamente più alte a follow-up a lungo termine rispetto a quelle osservate nei soggetti sani. Un fattore che deve essere attentamente considerato nella scelta dell’impianto, e in particolar modo nei soggetti giovani, è il cospicuo rilascio di ioni Cr e Co nella popolazione femminile con MOM-HR.

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Il suolo è soggetto all’attacco di svariati contaminanti rilasciati nell’ambiente da parte dell’uomo, fra questi troviamo i metalli pesanti. Alcuni metalli pesanti risultano tossici per organismi animali e vegetali se superano certe soglie di concentrazione. Nei suoli i metalli pesanti si trovano sia per cause naturali che antropiche. La fonte naturale dei metalli è legata alla struttura, composizione mineralogica, granulometrica dei sedimenti, e al grado di alterazione dovuta ai vari processi pedogenetici da cui è nato il suolo. In questo lavoro di tesi ho realizzato un campionamento che fosse rappresentativo dell’area presa in esame. In base alle geologia della zona, sono state individuate 32 stazioni dove è stata effettuata la perforazione, ottenendo un totale di 58 campioni. Lo scopo di questa tesi consiste nella determinazione e caratterizzazione cartografica del contenuto dei metalli pesanti nei suoli posti a ovest di Mantova. Per ogni campione è stata eseguita l’analisi per la determinazione del contenuto totale degli elementi maggiori e di quelli in traccia tramite fluorescenza a raggi X (XRF) ,il calcolo della LOI. Dai dati ottenuti dall’analisi XRF è stato applicato l’indice di geoaccumulo, il quale ha fornito il livello di arricchimento superficiale per Cromo, Nichel, Rame, Zinco, Piombo, Arsenico e Vanadio, permettendo di effettuare una stima della contaminazione puntiforme dell’area. Lo studio si è concluso con la realizzazione di mappe di concentrazione di metalli pesanti. La creazione di mappe pedogeochimiche diviene sempre più importante per una completa gestione territoriale ed ambientale.

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Il suolo, oltre a rappresentare la base su cui si sviluppa la vita, è anche il luogo in cui si sviluppano l’industrializzazione, le reti viarie, i commerci; è quindi sottoposto a continue pressioni di tipo antropico che inducono modificazioni chimiche, biologiche della sua composizione. I metalli pesanti sono tra i più importanti inquinanti del suolo, sebbene siano presenti all’interno di esso come materiale costituente, le loro concentrazioni possono aumentare a causa di immissioni antropiche, modificando quindi la struttura del suolo rendendolo inquinato. In questo lavoro di tesi, avente come area d’interesse una porzione della provincia di Mantova precisamente ad est della città e parte della provincia di Verona e Rovigo si è voluto analizzare le caratteristiche composizionali dei suoli, al fine di determinare situazioni di arricchimento imputabili o all’uso del suolo o all’origine del sedimento. A questo proposito si è ritenuto opportuno impostare un confronto tra le concentrazioni totali dei metalli in superficie e quelle in profondità, questo non è stato sempre possibile in quanto la litologia dell’area non ha permesso, in alcuni casi, il prelievo del campione profondo. I suoli sono stati sottoposti ad analisi per il contenuto totale degli elementi maggiori e in traccia tramite analisi XRF, è stata poi eseguita la Loi per determinare la percentuale di perdita della materia organica, applicato l’indice di geoaccumolo ed infine sono state create grazie all’ausilio del software Qgis mappe di concentrazione di metalli pesanti quali Cromo, Nichel, Rame, Zinco, Piombo, Arsenico e Vanadio relative all’area di interesse di questo lavoro di tesi.

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Questo elaborato presenta un metodo per lo sviluppo di correlazioni lineari con lo scopo di determinare le proprietà meccaniche di un acciaio laminato e zincato utilizzando un sensore che percepisce la magnetizzazione residua del materiale. Vengono utilizzati metodi statistici di analisi della varianza per lo studio delle funzioni di regressione lineari. Lo studio effettuato è stato sviluppato per la lavorazione di zincatura di coils presso Marcegaglia spa, stabilimento di Ravenna. È risultato evidente che la sola misurazione della magnetizzazione residua non fosse sufficiente per la determinazione delle proprietà meccaniche, a tale proposito sono stati sviluppati dei modelli di calcolo con funzioni multivariabili e, attraverso risolutori che minimizzano la differenza quadratica dell'errore, si sono determinati i coefficienti di regressione. Una delle principali problematiche riscontrate per la definizione delle correlazioni è stato il reperimento dei dati necessari per considerare affidabili i risultati ottenuti. Si sono infatti analizzate solamente le famiglie di materiale più numerose. Sono stati sviluppati tre modelli di calcolo differenti per parametri di processo di produzione utilizzati per la definizione delle correlazioni. Sono stati confrontati gli errori percentuali medi commessi dalle funzioni, gli indici di regressione che indicano la qualità della correlazione e i valori di significatività di ogni singolo coefficiente di regressione delle variabili. Si è dimostrato che la magnetizzazione residua influisce notevolmente, così come i parametri dei processo di ricottura del materiale, come le temperature in forno, lo spessore e le velocità. Questo modello di calcolo è stato utilizzato direttamente in linea per lo sviluppo di un ciclo ottimale per la produzione di un nuovo materiale bifasico. Utilizzando il modello per la predizione delle proprietà meccaniche si è concluso che per limiti impiantistici la chimica del materiale utilizzata non fosse idonea. Si è perciò utilizzato un acciaio con percentuali di carbonio, manganese e cromo differenti. In conclusione del progetto si sono formulate delle possibili alternative di funzioni di regressione che utilizzano il valore della durezza piuttosto che il valore di magnetizzazione residua. Si è appurato che l'utilizzo di un durometro, anziché il sensore studiato, potrebbe risultare una valida alternativa al sensore studiato.

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A partire dal 2010 la Commissione Europea ha compilato una lista di 20 materie prime ritenute “critiche” per importanza economica e rischio di approvvigionamento, per le quali è fondamentale la ricerca di possibili fonti alternative nel territorio europeo, poiché i maggiori produttori sono tutti paesi extra-europei. Dati questi presupposti, 20 campioni di fango marino, dragati nelle adiacenze di seamounts del Tirreno sud-orientale, sono stati analizzati per mezzo di XRF, al fine di trovare arricchimenti in elementi critici quali cromo, cobalto, gallio, niobio e alcuni elementi delle Terre Rare (lantanio, cerio, neodimio, samario, ittrio). I fanghi, talvolta con frazione sabbiosa più abbondante, sono stati dapprima divisi in base al colore in fanghi marroni e grigi e fanghi di colore bianco, rosso o arancio; presentano anche inclusi di diverso tipo, quali frammenti di conchiglie, noduli neri o bruno-arancio, croste bruno-nere o bruno-arancio. Dalle analisi chimiche è risultato che campioni più ricchi in CaO hanno un contenuto minore negli elementi ricercati, al contrario dei campioni ricchi in ossidi di Si, Ti, Al, Fe. Confrontando inoltre i campioni con i valori medi di composizione della crosta terrestre superiore, essi risultano più ricchi in REY e meno in Co, Cr, Ga, Nb, mentre sono sempre più arricchiti della composizione media dei sedimenti marini. Dalle analisi mineralogiche risulta che i fanghi contengono generalmente quarzo, calcite, feldspati in piccole quantità e fillosilicati. Infine, analisi XRD e SEM-EDS sui noduli neri hanno dimostrato che si tratta di todorokite, un ossido idrato di Mn, con tenori variabili di Na, K, Ca, Mg, dalla forma globosa con microstruttura interna fibroso-raggiata. Si ritiene quindi che fanghi ricchi in CaCO3, probabilmente bioderivato, non siano l’obiettivo più adatto per la ricerca di elementi critici, mentre potrebbero esserlo fanghi più ricchi in Si, Al, Fe, K, che hanno maggiori concentrazioni di tali elementi.

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Lo studio riguarda la caratterizzazione geochimica dei sedimenti del sito Caretti, situato a est del comune di Ferrara, interessato da un forte caso di contaminazione dovuto alla presenza di due discariche municipali non controllate risalenti agli anni '60-'70. L'obiettivo del lavoro è quello di valutare la geochimica dei sedimenti e delle acque prelevate nel sito al fine di individuare eventuali relazioni tra il chimismo delle due matrici. Inoltre, i dati dell' analisi dei sedimenti sono stati confrontati con quelli di letteratura per delinearne aspetti di provenienza. I dati geochimici dei sedimenti sono stati ottenuti mediante fluorescenza a raggi X (XRF) e sono stati elaborati graficamente e statisticamente, mediante software di analisi statistica (GCDkit). La composizione geochimica delle acque è stata ottenuta mediante tecniche di cromatografia ionica e spettroscopia di assorbimento atomico. La geochimica dei sedimenti ha evidenziato che la composizione chimica mostra associazioni di elementi legate a una componente tessiturale del sedimento. In particolare si rilevano concentrazioni elevate di Fe2O3, Al2O3, TiO2, Cr, Ni, e V in sedimenti a granulometria fine, a differenza delle concentrazioni di SiO2 e Na2O elevate in sedimenti sabbiosi. La distribuzione statistica degli elementi nei sedimenti e nelle acque ha permesso di effettuare una valutazione delle caratteristiche geochimiche dei principali corpi idrogeologici. La caratterizzazione geochimica ha fornito, inoltre, indicazioni sull'origine dei sedimenti. Cromo e Nichel, tra gli elementi in traccia, sono particolarmente efficaci nella valutazione della provenienza permettendo, all'interno del sito Caretti, una distinzione tra popolazioni di provenienza appenninica (bassi valori Cr-Ni) e padana (alti valori Cr-Ni).

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Evaluar la contaminación por metales pesados en los ecosistemas permite conocer la capacidad bioindicativa de especies vegetativas. El objetivo fue determinar la concentración de metales pesados en Prosopis laevigata, Acacia spp. y Schinus molle bajo el efecto de usos suelo y temporalidad. El área se sitúa en la colindancia de los Municipios de Soledad de Graciano Sánchez y San Luis Potosí fragmentada por usos de suelo: agropecuario, comercio y servicios, residencial urbano y minero. Fueron tomadas muestras de hojas de las tres especies en las estaciones de verano, otoño, invierno y primavera y se evaluó la concentración de metales pesados a través de la técnica de ICP-MS. Los análisis estadísticos indicaron niveles de Aluminio (Al) > Cinc (Zn) > Plomo (Pb) > Cobre (Cu) > Titanio (Ti) > Vanadio (V) > Arsénico (As) > Cromo (Cr) > Cadmio (Cd) > Cobalto (Co). Los elementos Al, As, Cd, Cr, Pb y Ti presentaron niveles por encima del umbral normal en vegetación. El uso de suelo tuvo efecto significativo con Al, Ti, Cd, As y Pb; los árboles ubicados en los usos de suelo minero, comercio y servicios tuvieron la mayor concentración. La especie tuvo efecto significativo con Al y Pb siendo Acacia spp. el que presentó la mayor capacidad de acumulación. La temporada del año impactó significativamente en la acumulación de As, Cd, Co, Cu, Cr y Ti en las tres especies. La dinámica antropogénica de los diferentes usos de suelo genera partículas y residuos con metales pesados impactando en la disponibilidad y acumulación en las especies evaluadas. Se contribuye a evaluar el impacto ambiental en el sistema fragmentado recomendando dar continuidad a este tipo de estudios.

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La utilización de armaduras de acero inoxidable, de los tipos austeníticos y dúplex, con el objetivo de prolongar la vida útil de las estructuras de hormigón, es una alternativa que está recibiendo cada vez más consideración. Los aceros inoxidables son aleaciones fundamentalmente de cromo y níquel, con muy alta resistencia a la corrosión, especialmente por cloruros. El elevado coste del níquel y sus grandes fluctuaciones en el mercado, han favorecido la aparición de nuevos aceros inoxidables con bajo contenido en dicha aleación y, por lo tanto, más económicos, que sin embargo presentan una resistencia a la corrosión similar a los tradicionales. En este trabajo se ha evaluado la resistencia a la corrosión por cloruros de dos nuevos aceros inoxidables de bajo contenido en níquel. Uno de los aceros es austenítico, de producción en forma de chapa, y el otro dúplex, que se comercializa como barra corrugada. La resistencia a la corrosión se ha evaluado, respectivamente, mediante ensayos electroquímicos de dichos aceros embebidos en solución simulada de poros de hormigón y en probetas de mortero contaminados con diferentes cuantías de cloruros. Los resultados de los ensayos se han comparado con los del acero austenítico tradicional AISI 304 y del acero al carbono B500SD.

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Con este estudio se pretende cuantificar la cantidad de martensita que precipita durante la laminación en frío de los aceros inoxidables austeníticos tipo X5CrNi18-10 (AISI 304), X2CrNiN18-7 (AISI 301 LN) y X2CrNiMo17-12-2 (AISI 316L) con distintos grados de endurecimiento por deformación en frío. Los tres aceros elegidos para el estudio, aunque pertenecen a la familia de los aceros austeníticos, presentan diferentes cromo y níquel equivalentes, lo que se traduce según Schaeffer-Delong en diferentes microestructuras. El tipo X2CrNiMo17-12-2 tiene el mayor níquel equivalente y presenta una microestructura formada por austenita y ferrita delta, mientras que los X5CrNi18-10 y X2CrNiN18-7, de menor níquel equivalente, tienen una austenita más metaestable que conduce a una mayor formación de martensita durante la deformación [48] [49]. Una vez deformados en frío, con distintos grados de reducción de la sección, se cuantificará la martensita mediante métodos metalográficos cuantitativos, mediante estudios de difracción de rayos X [26] [28] [108], y, por último, por variación de permeabilidad magnética relativa por técnicas ferritoscópicas. Por último, se estudiará la correlación entre la precipitación de martensita [47] [60] y la variación de propiedades mecánicas mediante ensayos de tracción [31] y compresión a diferentes temperaturas [39], dada la gran influencia de aquélla en la transformación austenita→martensita [82] [83]. Las curvas límite de conformación (FLC), obtenidas con diferentes geometrías de probeta, permiten simular diferentes procesos de conformado (embutición y estirado) [84], y el análisis metalográfico cuantitativo, a diferentes distancias de la sección de rotura, proporciona la influencia de la precipitación de martensita en aquélla [85]. Estos estudios experimentales proporcionarán información sobre la influencia de la martensita de deformación en la conformabilidad de las chapas de estos aceros inoxidables austeníticos, y contribuirán a un mejor conocimiento de los fenómenos de recuperación elástica durante los procesos de conformado en frío insuficientemente conocidos en la actualidad.

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La utilización de armaduras de acero inoxidable, de los tipos austeníticos y dúplex, con el objetivo de prolongar la vida útil de las estructuras de hormigón, es una alternativa que está recibiendo cada vez más consideración. Los aceros inoxidables son aleaciones fundamentalmente de cromo y níquel, con muy alta resistencia a la corrosión, especialmente frente a cloruros. El elevado coste del níquel y sus grandes fluctuaciones en el mercado, han favorecido la aparición de nuevos aceros inoxidables con bajo contenido en dicha aleación y, por lo tanto, más económicos, que sin embargo presentan una resistencia a la corrosión similar a los tradicionales. En este trabajo se presenta una comparativa económica para cuantificar el sobrecoste final que supone la utilización de armaduras de acero inoxidable con respecto a las tradicionales armaduras de acero B500SD. La comparativa se realiza sobre dos edificaciones tipo. La primera es un edificio en altura de 40 apartamentos, que se supone situado frente a la costa. La segunda es un aparcamiento subterráneo de 500 plazas distribuidas en cuatro plantas. En el estudio se han considerado tres tipos diferentes de armaduras de acero inoxidable, austenítico, dúplex y una nueva armadura dúplex de bajo contenido en níquel y, por lo tanto más económica. El presente estudio analiza la viabilidad económica de la utilización de armaduras de aceros inoxidables en estructuras de hormigón.