70 resultados para Hobsbawm


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In this paper, we asked whether a new interpretation given by Cardinal Joseph Ratzinger - Benedict XVI - to Vatican Council II, the Hermeneutics of Continuity can have an impact or have impacted yet the musical practice of the Roman Catholic liturgy. According to the Hermeneutics of Continuity, the council shall not constitute a break with previous liturgical practices, but a continuation of an organic movement. The analyses of data obtained from the literature and documentary procedures presented here were based on social autopoietic systems theory by Niklas Luhmann and on the concept of invented tradition by Eric Hobsbawm. We conclude that the Hermeneutics of Continuity has proved to be more a reform of the reform than the reconciliation between two musical and liturgical practices.

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Prendendo in esame diverse angolature d’analisi è indagata la situazione attuale della produzione tradizionale della ceramica salentina. La ricerca comprende la descrizione della situazione culturale attuale, l’analisi qualitativa e quantitativa dei dati raccolti sul campo e la costruzione di un quadro generale multidimensionale della rappresentazione di un’area culturale. Il primo capitolo della tesi tratta il problema teorico dei linguaggi specialistici e delle peculiarità a essi legati. La dottoranda fornisce un quadro completo ed esaustivo della bibliografia sia italiana che anglosassone sull’argomento affrontato. Questo capitolo fa da introduzione al problema della comunicazione specialistica nell’ambito della quale si svolgono le interviste. Il secondo capitolo presenta la metodologia utilizzata durante la ricerca svolta sul campo. La metodologia della ricerca sul campo include i metodi etnografici di osservazione partecipante e linguistico antropologici di interviste non strutturate. Il terzo capitolo della tesi è dedicato alla descrizione etnografica del processo produttivo. Questo capitolo ha un valore rilevante per l’intera ricerca poiché oltre ai termini italiani sono riportati tutti i termini tradizionali e descritti dettagliatamente i momenti della produzione. Va dimostrata una profonda conoscenza della lavorazione della ceramica nel Salento non solo nel suo stato attuale ma anche nel passato. Come parte conclusiva di questo capitolo è proposta una riflessione di carattere filosofico e antropologico sul ruolo dell’artigiano come Creatore, proponendo paragoni con la figura del Demiurgo platonico descritto nel “Timeo” e l’analisi del cambiamento dello statuto di oggetto da manufatto a oggetto industriale basandosi sul lavoro di Baudrillard. Il quarto capitolo è strutturato in modo diverso rispetto agli altri perché rappresenta la parte centrale della tesi e propone quattro diversi tipi di analisi linguistica possibile. La prima analisi riguarda l’ideologia linguistica e la sua espressione nel parlato inosservato. E’ fornita la prospettiva teorica sulla problematica di ideologia linguistica e dimostrata la conoscenza dei testi sia di natura sociologica (Althusser, Bourdieu, Gouldner, Hobsbawm, Thompson, Boas) che di natura linguistica (Schieffelin Bambi B., Woolard Kathryn A., Kroskrity Paul V., eds. 1998 Language ideologies : practice and theory. New York Oxford, Oxford University press). Golovko analizza i marcatori spazio-temporali utilizzati dagli artigiani per costruire le tassonomie del pronome “noi” e la contrapposizione “noi” – altri. Questa analisi consente di distinguere i diversi livelli d’inclusione ed esclusione del gruppo. Un altro livello di analisi include la valutazione degli usi del passato e del presente nel parlato per costruire le dimensioni temporali del discorso. L’analisi dei marcatori spazio-temporali consente di proporre una teoria sulla “distanza” tra i parlanti che influisce la scelta del codice oppure la sua modifica (passaggio dal dialetto all’italiano, la scelta della varietà a seconda dell’interlocutore). La parte dedicata all’ideologia si conclude con un’analisi profonda (sia quantitativa che qualitativa) dei verbi di moto che sono stati raggruppati in una categoria denominata dalla Golovko “verbi di fase” che rappresentano usi non standard dei verbi di moto per esprimere il passaggio da una fase all’altra. Il termine “fasale” prende spunto non dalla letteratura linguistica ma dal libro di Van Gennep “Les rites de passage” che discute dell’importanza dei riti di passaggio nella cultura africana e nella ricerca etnografica e folkloristica. È stato rilevato dalla dottoranda che i passaggi da una fase produttiva all’altra hanno un valore particolare anche nella produzione della ceramica e soprattutto negli usi particolari dei verbi di moto. Analizzati in profondità, questi usi particolari rispecchiano non solo fattori linguistici ma anche la visione e la percezione di queste fasi delicate in modo particolare dagli artigiani stessi. Sono stati descritti i procedimenti linguistici come personalizzazione e alienazione dell’oggetto. Inoltre la dottoranda ha dimostrato la conoscenza della letteratura antropologica non solo inerente la zona da lei studiata ma anche di altre come, ad esempio, dell’Africa Sub Sahariana. Nella parte successiva del quarto capitolo viene proposta un’altra chiave di lettura delle problematiche linguistiche: l’analisi del lessico utilizzato dagli artigiani per poter classificare i gruppi identitari presenti nella comunità studiata. E’ proposta l’analisi dei rapporti all’interno dei gruppi professionali che sono generalmente classificati come solidarietà e distinzione. La terminologia ha origine sociologica, infatti viene proposto un quadro teorico degli studi sulla solidarietà (Durkheim, Appandurai, Harré, Zoll) e l’adattamento del termine in questo senso coniato da Bourdieu “la distiction”. L’identità linguistica è affrontata sia dal punto di vista linguistico che dal punto di vista sociologico. Per svolgere l’analisi sulle identità assunte dagli artigiani e poter ricondurre la scelta volontaria e a volte non conscia di uno stile (consistente di un insieme di termini) inteso come espressione d’identità assunta dagli artigiani, la dottoranda riflette sul termine “stile” nella sua accezione sociolinguistica, com’è usuale negli studi anglosasoni di ultima generazione (Coupland, Eckert, Irvine e altri). La dottoranda fornisce una classificazione delle identità e ne spiega la motivazione basandosi sui dati empirici raccolti. La terza parte del quarto capitolo è dedicata all’analisi del linguaggio specialistico degli artigiani e alla descrizione dei tratti solitamente assegnati a questo tipo di linguaggio (monoreferenziaità, trasparenza, sinteticità e altri). La dottoranda svolge un’analisi di carattere semantico dei sinonimi presenti nel linguaggio degli artigiani, analizza il rapporto con la lingua comune, riporta l’uso delle metafore e casi di produttività linguistica. L’ultima parte del quarto capitolo consiste nell’analisi dei tratti non standard nel linguaggio degli artigiani classificati considerando il livello di variazione (lessico, morfologia e morfosintassi e sintassi) e spiegati con gli esempi tratti dalle interviste. L’autrice riflette sui cambiamenti avvenuti nella lingua parlata italiana e nella sua varietà regionale basandosi sui lavori “classici” della linguistica italiana (Berruto, Sobrero, Stehl, Bruni, D’Achille, Berretta, Tempesta e altri) studiandone attentamente i processi evidenziati nella sua descrizione. Lo scopo e l’apice della tesi consiste nell’analisi del repertorio linguistico degli artigiani e la discussione delle dinamiche in corso (livellamento del dialetto, convergenza e divergenza del dialetto, italianizzazione e regionalizzazione dell’italiano). La dottoranda propone un suo schema di rapporti tra italiano e dialetto motivando pienamente la sua teoria. A corollario la tesi è composta anche da un glossario dei termini tecnici e un album fotografico che aumentano l’interesse del lavoro dandogli un valore culturale.

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Through studying German, Polish and Czech publications on Silesia, Mr. Kamusella found that most of them, instead of trying to objectively analyse the past, are devoted to proving some essential "Germanness", "Polishness" or "Czechness" of this region. He believes that the terminology and thought-patterns of nationalist ideology are so deeply entrenched in the minds of researchers that they do not consider themselves nationalist. However, he notes that, due to the spread of the results of the latest studies on ethnicity/nationalism (by Gellner, Hobsbawm, Smith, Erikson Buillig, amongst others), German publications on Silesia have become quite objective since the 1980s, and the same process (impeded by under funding) has been taking place in Poland and the Czech Republic since 1989. His own research totals some 500 pages, in English, presented on disc. So what are the traps into which historians have been inclined to fall? There is a tendency for them to treat Silesia as an entity which has existed forever, though Mr. Kamusella points out that it emerged as a region only at the beginning of the 11th century. These same historians speak of Poles, Czechs and Germans in Silesia, though Mr. Kamusella found that before the mid-19th century, identification was with an inhabitant's local area, religion or dynasty. In fact, a German national identity started to be forged in Prussian Silesia only during the Liberation War against Napoleon (1813-1815). It was concretised in 1861 in the form of the first Prussian census, when the language a citizen spoke was equated with his/her nationality. A similar census was carried out in Austrian Silesia only in 1881. The censuses forced the Silesians to choose their nationality despite their multiethnic multicultural identities. It was the active promotion of a German identity in Prussian Silesia, and Vienna's uneasy acceptance of the national identities in Austrian Silesia which stimulated the development of Polish national, Moravian ethnic and Upper Silesian ethnic regional identities in Upper Silesia, and Polish national, Czech national, Moravian ethnic and Silesian ethnic identities in Austrian Silesia. While traditional historians speak of the "nationalist struggle" as though it were a permanent characteristic of Silesia, Mr. Kamusella points out that such a struggle only developed in earnest after 1918. What is more, he shows how it has been conveniently forgotten that, besides the national players, there were also significant ethnic movements of Moravians, Upper Silesians, Silesians and the tutejsi (i.e. those who still chose to identify with their locality). At this point Mr. Kamusella moves into the area of linguistics. While traditionally historians have spoken of the conflicts between the three national languages (German, Polish and Czech), Mr Kamusella reminds us that the standardised forms of these languages, which we choose to dub "national", were developed only in the mid-18th century, after 1869 (when Polish became the official language in Galicia), and after the 1870s (when Czech became the official language in Bohemia). As for standard German, it was only widely promoted in Silesia from the mid 19th century onwards. In fact, the majority of the population of Prussian Upper Silesia and Austrian Silesia were bi- or even multilingual. What is more, the "Polish" and "Czech" Silesians spoke were not the standard languages we know today, but a continuum of West-Slavic dialects in the countryside and a continuum of West-Slavic/German creoles in the urbanised areas. Such was the linguistic confusion that, from time to time, some ethnic/regional and Church activists strove to create a distinctive Upper Silesian/Silesian language on the basis of these dialects/creoles, but their efforts were thwarted by the staunch promotion of standard German, and after 1918, of standard Polish and Czech. Still on the subject of language, Mr. Kamusella draws attention to a problem around the issue of place names and personal names. Polish historians use current Polish versions of the Silesian place names, Czechs use current Polish/Czech versions of the place names, and Germans use the German versions which were in use in Silesia up to 1945. Mr. Kamusella attempted to avoid this, as he sees it, nationalist tendency, by using an appropriate version of a place name for a given period and providing its modern counterpart in parentheses. In the case of modern place names he gives the German version in parentheses. As for the name of historical figures, he strove to use the name entered on the birth certificate of the person involved, and by doing so avoid such confusion as, for instance, surrounds the Austrian Silesian pastor L.J. Sherschnik, who in German became Scherschnick, in Polish, Szersznik, and in Czech, Sersnik. Indeed, the prospective Silesian scholar should, Mr. Kamusella suggests, as well as the three languages directly involved in the area itself, know English and French, since many documents and books on the subject have been published in these languages, and even Latin, when dealing in depth with the period before the mid-19th century. Mr. Kamusella divides the policies of ethnic cleansing into two categories. The first he classifies as soft, meaning that policy is confined to the educational system, army, civil service and the church, and the aim is that everyone learn the language of the dominant group. The second is the group of hard policies, which amount to what is popularly labelled as ethnic cleansing. This category of policy aims at the total assimilation and/or physical liquidation of the non-dominant groups non-congruent with the ideal of homogeneity of a given nation-state. Mr. Kamusella found that soft policies were consciously and systematically employed by Prussia/Germany in Prussian Silesia from the 1860s to 1918, whereas in Austrian Silesia, Vienna quite inconsistently dabbled in them from the 1880s to 1917. In the inter-war period, the emergence of the nation-states of Poland and Czechoslovakia led to full employment of the soft policies and partial employment of the hard ones (curbed by the League of Nations minorities protection system) in Czechoslovakian Silesia, German Upper Silesia and the Polish parts of Upper and Austrian Silesia. In 1939-1945, Berlin started consistently using all the "hard" methods to homogenise Polish and Czechoslovakian Silesia which fell, in their entirety, within the Reich's borders. After World War II Czechoslovakia regained its prewar part of Silesia while Poland was given its prewar section plus almost the whole of the prewar German province. Subsequently, with the active involvement and support of the Soviet Union, Warsaw and Prague expelled the majority of Germans from Silesia in 1945-1948 (there were also instances of the Poles expelling Upper Silesian Czechs/Moravians, and of the Czechs expelling Czech Silesian Poles/pro-Polish Silesians). During the period of communist rule, the same two countries carried out a thorough Polonisation and Czechisation of Silesia, submerging this region into a new, non-historically based administrative division. Democratisation in the wake of the fall of communism, and a gradual retreat from the nationalist ideal of the homogeneous nation-state with a view to possible membership of the European Union, caused the abolition of the "hard" policies and phasing out of the "soft" ones. Consequently, limited revivals of various ethnic/national minorities have been observed in Czech and Polish Silesia, whereas Silesian regionalism has become popular in the westernmost part of Silesia which remained part of Germany. Mr. Kamusella believes it is possible that, with the overcoming of the nation-state discourse in European politics, when the expression of multiethnicity and multilingualism has become the cause of the day in Silesia, regionalism will hold sway in this region, uniting its ethnically/nationally variegated population in accordance with the principle of subsidiarity championed by the European Union.

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El bandolerismo social en general y el mito de Vairoleto en particular, constituyen prácticas contestatarias. Este trabajo procura ofrecer una breve descripción del estado de la cuestión para abrir la complejidad teórica del fenómeno del bandidaje y los principales problemas relacionados con el análisis de la evidencia empírica. Se establecen las principales críticas, autocríticas y anticríticas de las hipótesis clásicas de Hobsbawm. Con esto se sustenta el recorte de nuestra investigación y se justifican los contornos del objeto de estudio, para así ofrecer nuestra propia interpretación acerca de la construcción de mitos populares alrededor de figuras como Juan Bautista Vairoleto.

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Durante el siglo XX el estudio de los tres grandes levantamientos de esclavos de fines de la República Romana ha girado en torno al debate suscitado por la definición de su carácter, "revolucionario" o "reformista", con lo cual se ha trasladado el imaginario contemporáneo de revolución al mundo antiguo. La historiografía occidental ha mostrado un llamativo consenso: los esclavos no tenían la intención de abolir la esclavitud, sus levantamientos carecieron de un fin revolucionario, por consiguiente fueron simplemente "rebeliones". El presente trabajo se propone repensar la temática de las insurrecciones serviles sicilianas narradas por Diodoro, tomando distancia del tradicional énfasis dicotómico (revolución-rebelión) y centrándose en una problemática que en líneas generales ha sido omitida o poco considerada por la historiografía, esto es, la participación y apoyo de sectores libres empobrecidos en las revueltas serviles. Demostraremos dicha participación; definiremos quiénes fueron estos "libres pobres"; apoyaremos la línea historiográfica que postula la existencia de una colaboración entre esclavos rebeldes y libres pobres en las revueltas, haciendo hincapié en la asamblea que se congrega en el teatro de Enna al comienzo de la primera insurrección; y sugeriremos pensar la acción de los esclavos rebeldes en las revueltas conforme al concepto de bandidos sociales

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Durante el siglo XX el estudio de los tres grandes levantamientos de esclavos de fines de la República Romana ha girado en torno al debate suscitado por la definición de su carácter, "revolucionario" o "reformista", con lo cual se ha trasladado el imaginario contemporáneo de revolución al mundo antiguo. La historiografía occidental ha mostrado un llamativo consenso: los esclavos no tenían la intención de abolir la esclavitud, sus levantamientos carecieron de un fin revolucionario, por consiguiente fueron simplemente "rebeliones". El presente trabajo se propone repensar la temática de las insurrecciones serviles sicilianas narradas por Diodoro, tomando distancia del tradicional énfasis dicotómico (revolución-rebelión) y centrándose en una problemática que en líneas generales ha sido omitida o poco considerada por la historiografía, esto es, la participación y apoyo de sectores libres empobrecidos en las revueltas serviles. Demostraremos dicha participación; definiremos quiénes fueron estos "libres pobres"; apoyaremos la línea historiográfica que postula la existencia de una colaboración entre esclavos rebeldes y libres pobres en las revueltas, haciendo hincapié en la asamblea que se congrega en el teatro de Enna al comienzo de la primera insurrección; y sugeriremos pensar la acción de los esclavos rebeldes en las revueltas conforme al concepto de bandidos sociales

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Durante el siglo XX el estudio de los tres grandes levantamientos de esclavos de fines de la República Romana ha girado en torno al debate suscitado por la definición de su carácter, "revolucionario" o "reformista", con lo cual se ha trasladado el imaginario contemporáneo de revolución al mundo antiguo. La historiografía occidental ha mostrado un llamativo consenso: los esclavos no tenían la intención de abolir la esclavitud, sus levantamientos carecieron de un fin revolucionario, por consiguiente fueron simplemente "rebeliones". El presente trabajo se propone repensar la temática de las insurrecciones serviles sicilianas narradas por Diodoro, tomando distancia del tradicional énfasis dicotómico (revolución-rebelión) y centrándose en una problemática que en líneas generales ha sido omitida o poco considerada por la historiografía, esto es, la participación y apoyo de sectores libres empobrecidos en las revueltas serviles. Demostraremos dicha participación; definiremos quiénes fueron estos "libres pobres"; apoyaremos la línea historiográfica que postula la existencia de una colaboración entre esclavos rebeldes y libres pobres en las revueltas, haciendo hincapié en la asamblea que se congrega en el teatro de Enna al comienzo de la primera insurrección; y sugeriremos pensar la acción de los esclavos rebeldes en las revueltas conforme al concepto de bandidos sociales

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A dissertação preocupou-se em analisar as relações de bandidos e ex-bandidos com o pentecostalismo na Assembleia de Deus Fortificada em Cristo (ADFEC), situada na favela Jardim São Jorge, periferia da Cidade Ademar, região Sul da capital de São Paulo. Interessou-nos compreender as interações desses agentes e de qual maneira a igreja desempenhou seu trabalho em um espaço pentecostal. A pesquisa, teve como objetivo fundamental, examinar as aproximações da criminalidade e o pentecostalismo indicando suas rupturas e características peculiares. O trabalho de campo se dedicou em coletar dados que comprovassem atuação da ADFEC juntos aos agentes do crime, e em que medida a filiação religiosa dos agentes ganhava importância. Por fim, buscamos refletir sobre a adesão de bandidos e ex-bandidos ao pentecostalismo e a influência dessa adesão no cotidiano da comunidade.

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A presente pesquisa se propõe a analisar o contexto histórico, político, social, econômico e ideológico em que surge a pedagogia crítica de Paulo Freire e posteriormente a Teologia da Libertação, visando encontrar influências deste peculiar contexto na gênese do pensamento freireano e nas concepções dos teólogos Rubem Alves e Gustavo Gutiérrez, que foram os primeiros publicar obras sobre Teologia da Libertação, corrente teológica considerada genuinamente latino-americana. Ainda procura observar em que medida as concepções pedagógicas de Freire podem ter sido acolhidas pelos teólogos Alves e Gutiérrez em suas obras aqui analisadas. Em ambos os pensamentos encontramos a visão de valorização do ser humano e de uma práxis que busca sua libertação de sistemas opressores. Tanto em Paulo Freire como nos fundamentos desta corrente teológica se apresentam princípios humanistas e elementos da tradição cristã. A partir da ferramenta metodológica de análise do materialismo histórico dialético marxista, procura identificar temas comuns que são abordados pelos autores em suas obras surgidas entre as décadas de 1950 a 1970, detendo-se ao estudo de alguns temas subjacentes a esse contexto histórico, a saber: práxis, história, humanismo e libertação.

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Estudo do processo comunicacional e o registro de fragmentos de memória do pequeno agricultor na localidade de Ribeirão Grande, região do Vale do Paranapanema, Estado de São Paulo. Esta pesquisa tem como objetivos mostrar a realidade do pequeno agricultor; investigar sobre os processos comunicacionais que influenciam na preservação dos valores ou na perda deles, conhecer a opinião dos pequenos agricultores e moradores do município de Ribeirão Grande no Estado de São Paulo, sobre sua realidade, sua comunicação, seu modelo de vida e de produção, entender como se produz a comunicação no dia a dia do pequeno agricultor, e se há uma relação de proximidade com o jornal regional, sobre a existência ou não de um meio de comunicação que trabalhe os sentimentos de pertencimento e os interesses da ―comunidade‖. A metodologia deste trabalho incorpora a pesquisa bibliográfica, pesquisa documental e o estudo do caso de um jornal regional local, além de entrevistas semiestruturadas com os lavradores. Conclui-se que o pequeno lavrador e seu estilo de vida na região tratada não possui perscpectiva de futuro, imersos nas circunstancias que se encontram

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La trayectoria pública de Manuel Portela Valladares fue una de las más largas e intensas entre los políticos españoles de la primera mitad del siglo XX. Desde su elección como diputado por Fonsagrada en 1905 hasta su muerte en el exilio francés en 1952, fue protagonista o testigo de los acontecimientos más destacados de la política gallega y española. Durante su carrera desempeñó cargos de notable importancia (diputado en la Restauración y en la República, gobernador civil de Barcelona, fiscal del Tribunal Supremo, gobernador general de Cataluña, ministro de Fomento y de la Gobernación, presidente del Consejo de ministros en febrero de 1936) y defendió posiciones ideológicas aparentemente diversas: liberal, agrarista, monárquico, republicano, con simpatías autonomistas… De todas ellas fue el liberalismo la que definió su comportamiento durante sus cincuenta años de evolución política. A través del estudio de su vida y trayectoria pública, el objetivo de esta tesis es analizar la visión y el comportamiento de los viejos liberales en un momento de cambio crucial, aquel que supuso, en palabras de Eric Hobsbawm, el paso del “largo siglo XIX” al “corto siglo XX”, y conocer, así, cómo se adaptaron a la “edad de las catástrofes”. Partiendo de la comprensión de la historia como un proceso en el que convergen y se solapan las rupturas y las continuidades, se pretende dotar de contenido a esta frase con la intención de entender mejor lo que sucedió en un período tan decisivo y convulso como la Europa de entreguerras, en el que la democracia liberal vivió una crisis profunda al intentar procesar el cambio de escenario que supuso la incorporación de las “masas” al sistema político. Para ello y teniendo en cuenta las distinciones que establece el debate historiográfico, he optado por la elaboración de una biografía de contexto de tipo externo, es decir centrándome sobre todo en su dimensión pública y su trayectoria política con el objetivo de entender mejor el contexto histórico y sociopolítico en el que se inserta, aunque sin renunciar a intentar comprender su carácter y su personalidad en la medida en la que estos afectasen a su comportamiento como estadista.

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Este trabalho investiga o processo de formação de identidades clubisticas durante a fase amadora do futebol brasileiro (1900 – 1933), tendo por foco os casos do C A Paulistano e do Fluminense F. C. Tal construção identitária costuma atribuir a estes clubes a marca da elitização calcada na distinção e no refinamento. Ao aprofundar e ao matizar essa versão consagrada pelo memorialismo esportivo, pretende-se analisar a história dessas duas agremiações, durante os anos iniciais do desenvolvimento do futebol na cidade do Rio de Janeiro e São Paulo, com destaque à relação do esporte com o desenvolvimento destas duas cidades. Para a demonstração de nosso argumento central, levantaremos os aspectos sociais, econômicos, políticos e culturais que podem ser considerados fundamentais na construção da imagem de distinção atribuída tanto ao Fluminense quanto ao Paulistano. Com o emprego do método comparativo, buscaremos apontar as semelhanças e diferenças na história desses clubes, tendo como pressupostos teóricos os trabalhos de Bourdieu sobre a distinção, de Hobsbawm e Ranger sobre a invenção das tradições e de Halbwachs sobre a memória coletiva. Junto aos acervos documentais das duas instituições examinadas, utilizaremos como fontes a documentação produzida pelos clubes no período e os periódicos da época. Procuraremos demonstrar, através dos relatos memoriais produzidos por escritores, dirigentes e ex-atletas, a perpetuação de uma série de valores simbólicos e de tradições que associaram o Paulistano e o Fluminense a um espaço de distinção e refinamento que se reproduziu ao longo das gerações e que permanece no imaginário esportivo até os dias atuais.

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Este trabalho se propõe a analisar as interações entre a Publicidade, as Identidades Nacionais e o Imaginário. Para isto, foi estabelecido o objetivo de verificar a atuação da publicidade, enquanto processo comunicacional, como mediadora cultural por meio da conformação de vínculos de uma marca/produto com a representação de identidade cultural nacional de um povo, valendo-se da utilização de símbolos, mitos e de um discurso de pertencimento presentes no imaginário social. Para o alcance deste objetivo, foram assentadas as bases teóricas que estudam as temáticas: imaginário; identidades culturais e sociologia do esporte. No que diz respeito especificamente à publicidade, o estudo se concentrou nas interações da publicidade com o consumidor em que o objetivo final é estabelecer vínculos emocionais duradouros. As reflexões dos teóricos Gilbert Durand, Michel de Certeau, Stuart Hall, Raymond Williams, Eric Hobsbawm, Mário Filho, Édison Gastaldo, Kevin Roberts e Magali Cunha foram privilegiadas. A partir desse assento teórico foi possível desenvolver uma metodologia de caráter qualitativo por meio da Análise de Conteúdo em bases comparativas. A conclusão da pesquisa é que a publicidade se conecta ao imaginário social porque ela é mais um elemento da construção deste imaginário e, em função de ser um processo comunicacional, também se alimenta dele. Portanto, o publicitário (e consequentemente a publicidade) busca elementos na sua imaginação para criar e o seu repertório inclui aspectos como a identidade nacional e relações com a religiosidade popular. O produto final, midiatizado, vai fazer com que novos entendimentos sejam produzidos no imaginário social, ao mesmo tempo em que pode, também, apenas reforçar o entendimento já sedimentado acerca dessas representações.

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La consolidación del fútbol en España se produjo a partir de los años veinte del siglo pasado. Entre 1920 a 1936 el fútbol adquirió todos los rasgos personales que hoy le caracterizan. En esta época surgió una literatura técnica y periodística especializada que se configuró como uno de los pilares más importantes para el desarrollo técnico deportivo y del espectáculo de masas. En torno a esta cuestión, el presente artículo busca un doble objetivo: recopilar la literatura técnica y periodística especializada publicada durante el período de 1920 a 1936, y reconocer el alcance social, técnico e ideológico de esta literatura futbolística en el proceso de configuración del fútbol en España. Para abordar este propósito hemos utilizado una metodología heurística y de análisis documental de las fuentes originales. Apreciamos que a través de estas obras podemos conocer mejor el contexto del espacio socio-deportivo del fútbol en España y, también, despertar nuevas líneas potenciales de investigación.