1000 resultados para SBR, aeratori a membrana, Air Lift, processo di nitrificazione, depurazione piccole comunità


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I sensori indossabili rappresentano una frontiera della ricerca scientifica e, allo stesso tempo, a livello commerciale sono un nuovo mercato emergente. La possibilità di studiare diversi parametri fisiologici con dispositivi versatili e di dimensioni ridotte è importante per raggiungere una comprensione più profonda dei diversi fenomeni che avvengono nel nostro corpo. In maniera simile, la composizione dell’essudato di una ferita è finemente legata all’evoluzione del processo di guarigione, che comporta diversi meccanismi di rigenerazione del tessuto connettivo e dell’epitelio. Grazie ai dispositivi indossabili, si apre la possibilità di monitorare i componenti chiave di questi processi. I wearable devices costituiscono quindi sia uno strumento diagnostico, che uno strumento clinico per l’identificazione e la valutazione di strategie terapeutiche più efficienti. Il mio lavoro di tirocinio si è incentrato sulla fabbricazione, caratterizzazione e sperimentazione delle performance di transistor elettrochimici a base organica (OECT) tessili per la misurazione dei livelli di pH ed acido urico. L’obbiettivo del gruppo di ricerca è quello di realizzare un cerotto intelligente che abbia due diversi elementi sensibili, uno per l’acido urico e l’altro per la concentrazione idrogenionica. Per il raggiungimento di tale scopo, si è sfruttato uno dei semiconduttori organici più utilizzati e studiati nell’ultimo periodo, il PEDOT, ovvero il poli(3,4-etilen-diossi-tiofene), che risulta anche uno dei materiali principalmente impiegati nella ricerca sui sensori tessili.

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Diverse organizzazioni nel mercato si chiedono come fare per permettere uno sviluppo della propria azienda in un mercato caratterizzato da sempre più competitor e un numero sempre maggiore di canali su cui i consumatori possono essere raggiunti. Fare branding è la risposta. Il branding è una pratica di marketing che permette all’azienda di distinguere i propri prodotti o servizi e quindi di identificare ciò che l’azienda stessa vende. Il processo di branding è un processo continuo e perpetuo che nel tempo permette alle aziende di plasmare la percezione di un marchio nella mente del consumatore. Le strategie di branding che possono essere applicate sono diverse e dipendono molto dal budget a disposizione dell’azienda. Per questo, nel caso di piccole-medio imprese con dei budget limitati, lo sviluppo della marca risulta essere un processo strategico per la loro crescita e diventa necessario in un mercato saturo come quello attuale. Risulta quindi importante per le PMI utilizzare e sfruttare il brand come un vero contenitore di significati, in grado di dare coerenza alla comunicazione e alle azioni aziendali e per identificare una direzione precisa da raggiungere. L’obiettivo di questo studio è quello di determinare in che modo ad oggi l’azienda Valentina Giorgi, piccola-media impresa italiana, utilizza il proprio brand sia a livello comunicazionale sia a livello distributivo per crescere come azienda ed espandersi. A questo proposito sono state indagate sia le strategie comunicative e distributive attuate finora dall’azienda, per comprendere il motivo per cui sono state svolte e analizzarne l’efficacia, oltre a ricercare lo scostamento presente tra l’idea che l’azienda ha costruito del brand e quella effettivamente percepita dai consumatori.

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Tra le finalità della logistica vi è la riduzione del Material Handling che ha come ambizione la consegna diretta del materiale dal fornitore alle linee di produzione. Il presente lavoro di tesi ha come obiettivo quello di attaccare determinate perdite messe in luce dal Cost Deployment Logistico, attraverso un progetto mirato, all’interno dello stabilimento produttivo di Whirlpool EMEA S.p.A. a Melano. Le perdite in questione riguardano l’inefficienza del flusso logistico interno relativo alle linee che producono piani cottura gas. In particolare, il Kaizen messo in atto va ad eliminare dal ciclo di lavoro dei repacker, alcune operazioni di riconfezionamento interno, che vengono riassegnate, in funzione della conformazione del packaging primario e secondario delle famiglie di componenti, rispettivamente agli operatori tuggeristi e carrellisti. In questo modo viene da un lato evitato il tocco superfluo di un operatore con conseguente riduzione del tempo di movimentazione totale di alcune famiglie di componenti, dall’altro vi è un maggior bilanciamento della saturazione di tutte le figure coinvolte nel processo di consegna materiale in senso lato. Il progetto ha portato dunque a una ridistribuzione delle attività tra gli operatori logistici coinvolti con conseguente necessità di un relayout delle aree picking gas. Grazie al progetto è stato diminuito il monte ore necessario all’attività di repackaging con corrispondente risparmio economico annuo. Il lavoro si è occupato anche dell’implementazione di un’automazione: due robot AMR. Gli AMR robot, oltre a permettere il raggiungimento degli obiettivi economici, hanno portato ad una migliore configurazione del ciclo dei tuggeristi, che risulta ridotto in termine di percentuale di operazioni a non valore aggiunto (NVAA).

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Nel cuore della Sicilia, a mille metri d’altezza, svetta, la città di Enna. Dalla storia millenaria, questa roccaforte naturale, ha dato protezione alle differenti dominazioni che si sono susseguite. In questa cittadina, dalla delicata armonia, si è attivato un processo di modernizzazione iniziato con il regime fascista, quando divenne da comune a provincia. Uno sviluppo controllato, anche se con relazioni urbane non proporzionate alla città, a completamento dell’acrocoro del monte. Con il dopoguerra, questa questa crescita futto della speculazione edilizia, che ha portato alla costruzione di grandi e alti edifici residenziali, andando a sgretolare la delicata bellezza della città, che piano piano è stata soppiantata da quella contemporanea. Negli anni ‘70, per un adeguamento funzionale della viabilità, è stato costruito un viadotto, nello storico accesso alla città: questo ha generato una ferita in essa, negando alla città tutto lo spazio al di sotto. La sfida progettuale è stata quindi, da una parte, quella di ridare un volto, un’aspetto urbano a questa parte di città che adesso vuol sembrare uno svincolo autostradale, dall’altra, quella di riappropriarsi dello spazio pubblico. L’intervento trasforma l’infrastruttura, in un’architettura generata dalla città e dalle sue giaciture, frammentando e delimitando lo spazio sotto il ponte, che si configura come una sequenza di spazi concatenati da un percorso. Osservando il viadotto come una struttura incompleta fatta di solo scheletro di pilastri e copertura, il progetto ne costituisce il tamponamento composto dai servizi: l’intervento rafforza e aumenta le funzioni di collegamento pedonale, connettendo le parti di città che in quest’area si trovano a quote differenti, portando il visitatore verso il centro storico.

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Il presente lavoro di tesi ha avuto lo scopo di valutare l’effetto del trattamento con campi elettrici pulsati sulla funzionalità delle proteine e sul livello di ossidazione lipidica e proteica di filetti di branzino (Dicentrarchus labrax) durante 12 giorni di conservazione refrigerata. A tale scopo, un totale di 50 filetti è stato sottoposto a salagione mediante salamoia contenente il 5% di NaCl per 24 ore e successivamente diviso in 2 gruppi sperimentali (n=25/gruppo): CONT, filetti non sottoposti a trattamento e PEF, filetti trattati con campi elettrici pulsati aventi intensità di 0,6 kV/cm, ampiezza degli impulsi di 10 μs per un tempo totale di trattamento pari a 10 s. I filetti sono stati confezionati in atmosfera protettiva (20% di CO2 e 80% di N2) e conservati a temperatura di refrigerazione per i 12 giorni successivi. Nel complesso, i risultati ottenuti suggeriscono come il trattamento PEF non abbia esercitato un effetto né migliorativo né peggiorativo sulla funzionalità delle proteine, determinata tramite analisi della solubilità, risultato piuttosto inatteso data la potenzialità del PEF di migliorare la funzionalità proteica. Si può ipotizzare che il processo di salatura a cui sono stati sottoposti i campioni possa avere in qualche modo mascherato un possibile effetto positivo del trattamento a causa della solubilizzazione delle proteine avvenuta già in fase di salatura. Inoltre, nonostante il PEF possa innescare fenomeni ossidativi a carico della matrice lipidica e proteica, in questo studio non sono state osservate modificazioni, suggerendo come il trattamento non abbia alterato la stabilità ossidativa dei filetti. In conclusione, i risultati ottenuti nel presente studio sono da considerarsi positivi, in quanto è possibile evincere come il trattamento effettuato abbia consentito di migliorare le rese di processo, senza però influenzare la stabilità ossidativa di lipidi e proteine, lasciando quindi inalterata la funzionalità delle stesse.

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La tesi ha lo scopo di illustrare come sia possibile l’applicazione del metodo biodinamico prendendo come caso studio Tenuta Mara, un’azienda situata nelle colline riminesi. Dapprima viene analizzato il pensiero di Rudolf Steiner, ideatore della teoria che, attraverso le otto conferenze tenute nel 1924 a Koberwitz, rende noti i risultati delle sue ricerche sperimentali avviate nel 1922, derivate da una visione del mondo dove le forze cosmiche, i pianeti e le costellazioni creano un equilibrio tra loro, dove l’uomo si integra pienamente rispettando i voleri della terra. Viene anche affrontata una parte relativa al quadro normativo, facendo un excursus dal marchio Demeter del 1927, al primo Regolamento CEE 2092/ 91 relativo al biologico, fino alla recente legge n. 23 del 9 Marzo 2022 in Italia. Si passa così da una prima parte teorica alla seconda, dove questa viene messa in pratica. Tenuta Mara ha fatto dell’attenzione verso la sostenibilità, riguardante i materiali ecologici utilizzati nella struttura, del risparmio energetico su tutto il processo produttivo e della gestione delle acque consapevoli i propri punti cardine. Le pratiche della viticoltura biodinamica si fondono con la passione per il vino, per l’arte e la musica, con la decisione di ridurre al minimo l’intervento dell’uomo durante tutto il processo enologico, dando alla natura il potere di sceglierne il percorso. Attraverso il supporto dell’enologo viene compreso appieno lo spirito della Tenuta, ponendo particolare attenzione sul processo di vinificazione in bianco per la produzione del Maramato, un vino color del rame, derivato dalle uve di Sangiovese.

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Che si parli di tempi passati o del presente, la parola Lambrusco ha sempre avuto la capacità di suscitare notevole curiosità in chi vi si imbatteva. Si voglia perché esso rappresenta uno dei vini italiani con i più alti volumi di produzione, o perché per anni è stato (ed è tuttora) tra i maggiormente esportati in tutto il mondo, o ancora perché si tratta di un vino rosso con le bollicine, attributo tanto originale quanto unico. Questa tesi si propone di presentare sommariamente il vitigno Lambrusco Grasparossa descrivendone gli aspetti storici ma soprattutto quelli territoriali e agronomici, in riferimento ad un’azienda specifica a conduzione famigliare situata nell’areale di Castelvetro di Modena; si farà riferimento dunque alla Denominazione Lambrusco Grasparossa di Castelvetro. L’obiettivo sperimentale della tesi è quello di studiare, attraverso opportune analisi chimico-fisiche ed indagini organolettiche, la differenza tra un Lambrusco Grasparossa che ha subito un processo di microfiltrazione tangenziale in fase di pre-imbottigliamento ed uno che invece è stato imbottigliato senza la filtrazione, in seguito ad una lunga fase di stabilizzazione a freddo. In particolar modo si è cercato di valutare le differenze chimico-fisiche in termini di fenoli totali, profilo del colore e stabilità, oltre alle differenze organolettiche, evidenziate grazie a degustazioni svolte da tecnici professionisti. L’interesse verso questo tipo di indagine è scaturito dalla volontà di comprendere fino a che punto i due campioni potessero differire l’uno dall’altro e valutare, eventualmente, di eliminare l’utilizzo della filtrazione sterile prima dell’imbottigliamento per questo tipo di vino. Tutto ciò potrebbe snellire il processo di vinificazione al fine di: ridurre lo stress sul vino, alleggerire la lavorazione, accorciare i tempi di lavorazione, portare ad un minor consumo di acqua ed energia e ridurre i costi.

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L’obiettivo del presente lavoro di tesi è stato quello di valutare l’effetto di diverse modalità di affumicatura sulla funzionalità della frazione proteica di filetti di salmoni norvegesi, valutata tramite la determinazione della solubilità e dell’ossidazione delle proteine. A tale scopo, 60 filetti di salmone dal peso omogeneo di circa 600g sono stati sottoposti a salagione e successivamente suddivisi in 3 gruppi sperimentali in funzione del processo di affumicatura (n=20/gruppo): ad aria a 20°C (AR-20), ad azoto a 20°C (AZ-20) e a 5°C (AZ-5). Al termine dei trattamenti tutti i filetti sono stati confezionati sottovuoto, conservati in cella frigorifera e sottoposti alle determinazioni analitiche a 5 diversi tempi di campionamento, per un totale di 17 giorni di conservazione. Dai dati ottenuti si evince come la tecnica di affumicatura commerciale (AR-20) determini, nel complesso, una riduzione della solubilità totale delle proteine, presumibilmente dovuta all’innesco di fenomeni ossidativi che hanno causato un accumulo di composti carbonilici, prevalentemente riscontrabile al termine della conservazione. L’affumicatura con azoto ha fatto invece registrare un miglioramento della funzionalità proteica a prescindere dalla temperatura impiegata, se paragonata all’affumicatura commerciale. A discapito di quanto atteso, l’affumicatura con azoto a 5°C non ha determinato un miglioramento in termini di solubilità ed ossidazione proteica, se paragonato alla controparte affumicata a 20°C; infatti i campioni appartenenti al gruppo AZ-20 hanno mostrato valori di solubilità proteica più elevati congiuntamente ad un contenuto di carbonili significativamente ridotto rispetto agli altri gruppi sperimentali. Alla luce di questi aspetti, ulteriori studi sono necessari al fine di confermare i risultati ottenuti ed approfondire l’effetto delle diverse modalità di affumicatura sulle proprietà funzionali e tecnologiche dei filetti di salmone.

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Background: La paralisi cerebrale infantile (PCI) è una frequente causa di disabilità nei bambini e nei giovani adulti. Consiste in un gruppo di disturbi neurologici permanenti che causano primariamente limitazioni e disfunzioni nello sviluppo motorio; a tali disturbi possono associarsi problematiche sensoriali e cognitive. Una specifica Arrampicata sportiva, mediante una parete adattiva, può essere un’interessante attività terapeutica da associare al tradizionale programma abilitativo per i bambini con PCI. Obiettivo: L’obiettivo di questa Scoping Review è quello di andare a studiare, approfondire e sintetizzare le evidenze della ricerca rispetto al ruolo della parete di arrampicata come attività aggiuntiva e di sostegno all’interno del progetto abilitativo dei bambini affetti da paralisi cerebrale infantile. Metodi: La ricerca sistematica e bibliografica è stata realizzata mediante la consultazione di banche dati, riviste di giornali e grey literature. È stata effettuata un’analisi degli articoli pertinenti rispetto al quesito clinico di partenza: “Cosa ci dice la Letteratura esistente in merito al ruolo dell’attività di Arrampicata nel percorso abilitativo del bambino affetto da Paralisi Cerebrale Infantile?”. Risultati: Dalla selezione sono stati inclusi 8 articoli, eterogenei tra loro rispetto alla tipologia di studio. Il processo di selezioni delle fonti di evidenza è stato riepilogato tramite un diagramma di flusso. I contenuti di ogni articolo sono stati schematizzati in una tabella sinottica e in seguito sintetizzati per ciascuno obiettivo dello studio, partecipanti, intervento e risultati. Conclusioni: I risultati mostrano come nei bambini con PCI un’adattata attività di arrampicata, inserita in un programma fisioterapico, sia uno strumento terapeutico aggiuntivo nel determinare un miglioramento della mobilità e del controllo motorio, principalmente di arti superiori, in funzione di un maggior sviluppo delle abilità nelle ADL.

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Negli ultimi anni, nell' ambito dell' ingegneria dei tessuti, ha avuto un rapido aumento la generazione di tessuti cardiaci miniaturizzati, per lo studio della fisiologia cardiaca e delle patologie. In questa tesi, viene analizzato un processo di realizzazione di un dispositivo heart-on-a-chip recentemente pubblicato da Jayne et al. Per il processo di fabbricazione dei dispositivi è stata utilizzata una combinazione di Soft Lithography e Direct Laser Writing (DLW). Quest' ultima, in particolare, ha fornito due importanti caratteristiche ai dispositivi deputati alla semina cellulare: una struttura curva lungo l’ asse verticale e strutture 3D di diverse altezze sullo stesso piano. Tramite DLW sono stati realizzati anche precisi punti di adesione per le cellule staminali pluripotenti indotte, che hanno consentito di controllare la geometria dei tessuti ingegnerizzati. In particolare, oltre al processo di fabbricazione, in questo lavoro vengono anche illustrate le procedure necessarie al fine di calibrare i microsensori utilizzati per monitorare i costrutti. La prima fase della calibrazione si occupa di determinare la responsività meccanica dei sensori di spostamento, mentre la seconda valuta quella dei sensori elettrici, deputati alla conversione di spostamenti in variazioni di resistenza elettrica.

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Nel mio elaborato di tesi dal titolo “Fabbricazione mediante elettrofilatura di scaffold compositi per il trattamento di difetti ossei” tratto la fisiologia del tessuto osseo, le cellule che lo compongono, i danni che esso può subire e il processo di riparazione spontaneo che si attua in caso di lesioni. Analizzo quindi differenti tipologie di frattura e le terapie chirurgiche e non-chirurgiche attualmente disponibili, con un occhio di riguardo nei confronti dell’ingegneria dei tessuti - che intende riparare il tessuto danneggiato mediante l’impianto di costrutti bioibridi costituiti da cellule a bordo di scaffold realizzati con biomateriali adeguati. In quest’ottica presento quindi un lavoro di ricerca pubblicato recentemente da Yuwono et al., nel quale viene presentato uno scaffold composito elettrofilato, caratterizzato da nanofibre polimeriche e caricato con particelle di idrossiapatite, che viene proposto come un eccellente candidato all’utilizzo in terapia.

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I campi elettrici pulsati (PEF) rappresentano una tecnologia emergente che di anno in anno va acquisendo una popolarità sempre maggiore nel campo della trasformazione e conservazione degli alimenti. Tuttavia, l’applicazione di questa tecnica nel settore dei prodotti ittici è ad oggi ancora scarsamente utilizzata. L’obiettivo di questo studio è stato quello di valutare l’effetto dell’applicazione dei campi elettrici pulsati come pretrattamento ad una leggera salagione sulla shelf-life di filetti di branzino confezionati in atmosfera protettiva (MAP). I filetti sono stati sottoposti a campi elettrici pulsati ad intensità di 0.6 kV/cm e successivamente immersi in una salamoia al 5% di NaCl per 24 ore. Dopodiché, i filetti pretrattati sono stati confezionati e stoccati a 4°C per 8 giorni, durante i quali sono state eseguite le determinazioni analitiche volte a valutare lo sviluppo microbico e le principali caratteristiche qualitative. I risultati hanno dimostrato che l’utilizzo dei PEF come pretrattamento alla salagione può incrementare significativamente la concentrazione di sale nei filetti, probabilmente grazie ad una distribuzione più omogenea di NaCl nel tessuto muscolare. In aggiunta, sono state riscontrate alcune differenze significative nella riduzione del peso dei filetti in seguito al trattamento PEF, il quale è risultato inferiore nei filetti trattati, fenomeno che potrebbe essere riconducibile alla capacità dei campi elettrici pulsati di aumentare la capacità di ritenzione idrica (WHC). Inoltre, al didi un leggerissimo aumento dell’indice di ossidazione lipidica nei filetti sottoposti ai PEF nei tempi immediatamente successivi al trattamento, non sono state riscontrate altre differenze significative nei restanti parametri considerati. Pertanto, il pretrattamento con PEF risulta promettente per rendere più efficiente il successivo processo di salagione, senza influire negativamente sulla shelf-life del prodotto finale confezionato.

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Tra le varie tipologie di corpi celesti che popolano il nostro cielo, sono da rimarcare le nebulose planetarie, esiti prodotti dalla fase finale nella vita di stelle di massa medio piccola, che si liberano dei loro strati più esterni, lasciando al centro una nana bianca (una stella di elevatissima densità, di piccole dimensioni e con bassa luminosità) e illuminando lo spazio circostante in spettacolari emissioni aventi forme e caratteristiche apparentemente molto differenti tra loro. Questo elaborato si propone di definire alcune proprietà che caratterizzano le nebulose planetarie, come la loro morfologia, e di analizzare il loro processo di formazione. Saranno anche esaminati i diversi processi di emissione che avvengono nella nebulosa e che ci permettono di studiarne le caratteristiche. Infine saranno presentati alcuni risultati di uno studio su NGC6781, la nebulosa planetaria nella costellazione dell’Aquila.

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Il Modello Standard è attualmente la teoria che meglio spiega il comportamento della fisica subnucleare, includendo la definizione delle particelle e di tre delle quattro forze fondamentali presenti in natura; risulta però una teoria incompleta sulle cui integrazioni i fisici stanno lavorando in diverse direzioni: uno degli approcci più promettenti nella ricerca di nuova fisica risulta essere quello delle teorie di campo efficaci. Il vertice di interazione del processo di produzione di coppie di quark top dello stesso segno a partire da protoni è fortemente soppresso nel Modello Standard e deve quindi essere interpretato con le teorie di campo efficaci. Il presente elaborato si concentra su questo nuovo approccio per la ricerca di quark top same-sign e si focalizza sull’utilizzo di una rete neurale per discriminare il segnale dal fondo. L’obiettivo è capire se le prestazioni di quest’ultima cambino quando le vengono fornite in ingresso variabili di diversi livelli di ricostruzione. Utilizzando una rete neurale ottimizzata per la discriminazione del segnale dal fondo, le si sono presentati tre set di variabili per l’allenamento: uno di alto livello, il secondo strettamente di basso livello, il terzo copia del secondo con aggiunta delle due variabili principali di b-tagging. Si è dimostrato che la performance della rete in termini di classificazione segnale-fondo rimane pressoché inalterata: la curva ROC presenta aree sottostanti le curve pressoché identiche. Si è notato inoltre che nel caso del set di variabili di basso livello, la rete neurale classifica come input più importanti gli angoli azimutali dei leptoni nonostante questi abbiano distribuzioni identiche tra segnale e fondo: ciò avviene in quanto la rete neurale è in grado di sfruttare le correlazioni tra le variabili come caratteristica discriminante. Questo studio preliminare pone le basi per l’ottimizzazione di un approccio multivariato nella ricerca di eventi con due top dello stesso segno prodotti a LHC.

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Con il seguente elaborato ci si è posti come oggetto di ricerca il valutare e mostrare come l’implementazione delle nuove tecnologie di realtà virtuale e aumentata possano portare un miglioramento al metodo di studio e lavoro dello Stylistic Design Engineering nello sviluppo di un concept design di un nuovo veicolo. Si illustreranno i cambiamenti apportati dall’utilizzo di un software di modellazione in realtà virtuale lungo tutto il processo di sviluppo, mettendo in evidenza la grande potenzialità di poter essere un forte strumento di condivisione e integrazione in ogni fase del progetto di tutte le figure professionali coinvolte nello sviluppo del prodotto.