600 resultados para sintomatologia
Resumo:
La poliradicoloneurite acuta idiopatica (ACIP) è una patologia infiammatoria che interessa le radici di più nervi spinali, descritta soprattutto nel cane, più raramente nel gatto, caratterizzata da insorgenza acuta di paresi/paralisi flaccida. L’ACIP mostra notevoli similitudini con la sindrome di Guillan-Barrè dell’uomo (GBS), in cui la patogenesi è su base autoimmunitaria ed è stata correlata con la presenza di alcuni fattori scatenanti (trigger). Lo scopo di questo lavoro è stato quello di caratterizzare l’ACIP in 26 cani, descrivendone la sintomatologia, l’evoluzione clinica, i risultati degli esami diagnostici. La diagnosi si è basata sui riscontri dell’anamnesi, della visita neurologica e del decorso confermata, quando possibile, dai rilievi elettrodiagnostici. Su tutti i cani è stata valutata l’esposizione a specifici agenti infettivi (Toxoplasma gondii, Neospora canunim, Ehrlichia canis, Leishmania infantum), o altri fattori (come vaccinazioni) che potrebbero aver agito da “trigger” per l’instaurarsi della patologia; sull’intera popolazione e su 19 cani non neurologici (gruppo di controllo), si è proceduto alla ricerca degli anticorpi anti-gangliosidi. La sintomatologia di più frequente riscontro (25/26) ha coinvolto la funzione motoria (paresi/plegia) con prevalente interessamento dei 4 arti (24/25) . Sei cani hanno ricevuto una terapia farmacologica, che non ne ha influenzato il decorso, favorevole in 24/26 casi. In 9 pazienti è stata rilevata una precedente esposizione a potenziali trigger; in 10 casi si è riscontrato un titolo anticorpale positivo ad almeno un agente infettivo testato. In 17/26 cani si è ottenuto un titolo anticorpale anti-GM2 e anti-GA1; nella popolazione di controllo solo un caso è risultato positivo. Questi risultati hanno contribuito a consolidare le conoscenze di questa patologia, validando l’utilità della ricerca anticorpale anti-gangliosidica per la diagnosi di ACIP e facendo intravedere la possibilità che l’ACIP possa essere assimilate alla GBS anche dal punto di vista patogenetico, per la quale potrebbe essere considerata come modello animale spontaneo.
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La Sindrome da Asfissia Perinatale (PAS) è una delle più comuni patologie che colpiscono il puledro neonato nelle prime 72 h di vita. È una patologia difficile da diagnosticare in quanto non esistono parametri o segni clinici specifici, la sintomatologia è molto variabile in base alla durata e all’intensità dell’insulto ipossico ischemico e al tipo di organo maggiormente colpito. Lo scopo di questo studio è la ricerca e la valutazione di alcuni parametri biochimico-clinici e di alcuni biomarkers per la diagnosi precoce e il corretto trattamento dei puledri affetti da PAS. Nei puledri neonati che presentano questa patologia è stata riscontrata un’ipermagnesiemia al momento del ricovero associata a prognosi infausta, probabilmente causata da un grave danno cellulare con rilascio in circolo del magnesio intracellulare. La PAS potrebbe essere un’ulteriore causa di Euthyroid Sick Syndrome, in quanto abbiamo riscontrato una diminuzione delle concentrazioni di T3 e T4 nei puledri malati rispetto ai sani della stessa età, come avviene in altre malattie sistemiche. Lo studio del profilo proteomico ha permesso di separare le più importanti frazioni proteiche del liquido amniotico di cavalla, mettendo in evidenza similitudini e differenze qualitative e quantitative nei ferogrammi dei puledri sani e di quelli affetti da PAS ed una maggiore variabilità è stata riscontrata nei profili dei liquidi amniotici dei puledri malati. Il glutatione è risultato poco espresso nel puledro neonato, i puledri sani presentano concentrazioni più basse sia rispetto ai malati della stessa età sia agli adulti ma con una tendenza all’aumento nelle prime 24 ore di vita per i sani ed un calo nei malati. La somministrazione della terapia antiradicalica non influisce sulle concentrazioni di glutatione totale ed i puledri deceduti presentano concentrazioni più alte.
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Pochi studi hanno indagato il profilo dei sintomi non-motori nella malattia di Parkinson associata al gene glucocerebrosidasi (GBA). Questo studio è mirato alla caratterizzazione dei sintomi non-motori, con particolare attenzione alla valutazione delle funzioni neurovegetativa, cognitiva e comportamentale, nel parkinsonismo associato a mutazione del gene GBA con la finalità di verificare se tali sintomi non-motori siano parte dello spettro clinico di questi pazienti. E’ stato condotto su una coorte di pazienti affetti da malattia di Parkinson che erano stati tutti sottoposti ad una analisi genetica per la ricerca di mutazioni in uno dei geni finora associati alla malattia di Parkinson. All’interno di questa coorte omogenea sono stati identificati due gruppi diversi in relazione al genotipo (pazienti portatori della mutazione GBA e pazienti non portatori di nessuna mutazione) e le caratteristiche non-motorie sono state confrontate nei due gruppi. Sono state pertanto indagati il sistema nervoso autonomo, mediante studio dei riflessi cardiovascolari e analisi dei sintomi disautonomici, e le funzioni cognitivo-comportamentali in pazienti affetti da malattia di Parkinson associata a mutazione del gene GBA. I risultati sono stati messi a confronto con il gruppo di controllo. Lo studio ha mostrato che i pazienti affetti da malattia di Parkinson associata a mutazione del gene GBA presentavano maggiore frequenza di disfunzioni ortosimpatiche, depressione, ansia, apatia, impulsività, oltre che di disturbi del controllo degli impulsi rispetto ai pazienti non portatori. In conclusione, i pazienti GBA positivi possono esprimere una sintomatologia non-motoria multidominio con sintomi autonomici, cognitivi e comportamentali in primo piano. Pertanto l’impostazione terapeutica in questi pazienti dovrebbe includere una accurata valutazione dei sintomi non-motori e un loro monitoraggio nel follow up clinico, allo scopo di ottimizzare i risultati e ridurre i rischi di complicazioni.
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L’approccio chirurgico agli adenomi ipofisari ACTH secernenti è la terapia d’elezione nell’uomo. L’ipofisectomia transfenoidale è invece una tecnica poco diffusa in ambito veterinario. La terapia più diffusa nel cane con ipercortisolismo ipofisi dipendente (PDH) è di tipo medico e prevede la somministrazione di farmaci inibitori della sintesi del cortisolo. Gli adenomi ipofisari possono aumentare di volume e determinare una conseguente sintomatologia neurologica; in questi casi le uniche opzioni terapeutiche sono rappresentate dall’asportazione chirurgica della neoplasia e dalla radioterapia. Nella presente tesi vengono descritti 8 interventi di ipofisectomia transfenoidale effettuati su 7 cani con macroadenoma ipofisario presso il Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Bologna. La difficoltà maggiore per il chirurgo è rappresentata dalla localizzazione della fossa ipofisaria rispetto ai punti di repere visibile in tomografia computerizzata o in risonanza magnetica nucleare, oltre ai problemi di sanguinamento durante la rimozione della neoplasia. Nel periodo post-operatorio maggiori complicazioni si riscontrano in soggetti con adenomi ipofisari di maggiori dimensioni. Al contrario, in presenza di adenomi di dimensioni più contenute, la ripresa post-operatoria risulta più rapida e il tasso di successo maggiore. Al fine di poter eseguire nel cane l’exeresi mirata della sola neoplasia ipofisaria, al pari di quanto avviene nell’uomo, è stato condotto uno studio sulla tomografia computerizzata (TC) in 86 cani con PDH. Il protocollo TC non ha tuttavia permesso di individuare con precisione la posizione della neoplasia per guidare il chirurgo nella sua rimozione. In due casi riportati nel presente lavoro si è verificata una recidiva della neoplasia ipofisaria. In un soggetto si è optato per il reintervento, mentre nell’altro caso per la radioterapia. Entrambe le opzioni hanno garantito una buona qualità di vita per più di un anno dall’intervento terapeutico. Questi casi clinici dimostrano come il reintervento e la radioterapia possano essere considerate valide opzioni in caso di recidiva.
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Il rilascio di detriti d’usura metallici è una grave problematicità connessa ai sistemi protesici, e principalmente riguarda le protesi d’anca ad accoppiamento metallo su metallo in lega CoCr. La presenza di un livello di ioni Co nel siero che supera la soglia di tossicità è correlata a metallosi periprotesica eal fallimento del l’impianto. Recentemente è emersa un’altra casistica, presumibilmente connessa alla distribuzione e accumulo di questi ioni in tessuti di organi anche lontani dall’impianto, che si manifesta con una sintomatologia sistemica analoga a casi noti di avvelenamento da Cobalto. Nel contesto di questa nuova patologia sarebbe di grande interesse la possibilità di monitorare in-vivo la distribuzione del Cobalto rilasciato da protesi articolari, in organi o tessuti di pazienti che manifestano alti ivelli ionici di Co nel siero utilizzando metodiche non invasive come l’NMR. L’ipotesi sperimentale di applicabilità prende spunto dalle proprietà magnetiche che alcuni composti del Cobalto possono presentare nell’organismo. In questo lavoro sperimentale, nato dalla collaborazione tra il laboratorio NMR del DIFA dell’Università di Bologna e l’Istituto Ortopedico Rizzoli (IOR) di Bolgna, si presentano i risultati relativi allo studio di fattibilità condotto con diverse metodiche di rilassometria NMR su campioni biologici in presenza di Co. L’obiettivo riguarda la caratterizzazione delle proprietà di rilassamento con elettromagnete a temperatura ambiente e fisiologica, e la valutazione delle dinamiche molecolari dai profili NMRD ottenuti alle basse frequenze con metodica Fast Field Cycling, dei nuclei 1H di tali sistemi in presenza di Co.
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INTRODUZIONE: L’integrazione mente-corpo applicata ad un ambito patologico predominante in questi tempi, come il cancro, è il nucleo di questa tesi. Il background teorico entro cui è inserita, è quello della Psiconeuroendocrinoimmunologia (Bottaccioli, 1995) e Psico-Oncologia. Sono state identificate, nella letteratura scientifica, le connessioni tra stati psicologici (mente) e condizioni fisiologiche (corpo). Le variabili emerse come potenzialmente protettive in pazienti che si trovano ad affrontare il cancro sono: il supporto sociale, l’immagine corporea, il coping e la Qualità della Vita, insieme all’indice fisiologico Heart Rate Variability (HRV; Shaffer & Venner, 2013). Il potenziale meccanismo della connessione tra queste variabili potrebbe essere spiegato dall’azione del Nervo Vago, come esposto nella Teoria Polivagale di Stephen Porges (2007; 2009). OBIETTIVI: Gli obiettivi principali di questo studio sono: 1. Valutare l’adattamento psicologico alla patologia in termini di supporto sociale percepito, immagine corporea, coping prevalente e qualità della vita in donne con cancro ovarico; 2. Valutare i valori di base HRV in queste donne; 3. Osservare se livelli più elevati di HRV sono associati ad un migliore adattamento psicologico alla patologia; 4. Osservare se una peggiore percezione dell’immagine corporea e l’utilizzo di strategie di coping disadattive sono associate ad una Qualità della Vita più scarsa. METODO: 38 donne affette da cancro ovarico, al momento della valutazione libere da patologia, sono state reclutate presso la clinica oncologica del reparto di Ginecologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Italia. Ad ogni partecipante è stato chiesto di compilare una batteria di test composta da: MSPSS, per la valutazione del supporto sociale percepito; DAS-59, per la valutazione dell’immagine corporea; MAC, per la valutazione delle strategie di coping prevalenti utilizzate verso il cancro; EORTC-QLQ30, per la valutazione della Qualità della Vita. Per ogni partecipante è stato registrato HRV di base utilizzando lo strumento emWave (HeartMath). RISULTATI PRINCIPALI: Rispondendo agli obiettivi 1 e 2, in queste donne si è rilevato una alto tasso di supporto sociale percepito, in particolare ricevuto dalla persona di riferimento. L’area rivelatasi più critica nel supporto sociale è quella degli amici. Per quanto riguarda l’immagine corporea, la porzione di campione dai 30 ai 61 anni, ha delle preoccupazioni globali legate all’immagine corporea paragonabili ai dati provenienti dalla popolazione generale con preoccupazioni riguardo l’aspetto corporeo. Invece, nella porzione di campione dai 61 anni in su, il pattern di disagio verso l’aspetto fisico sembra decisamente peggiorare. Inoltre, in questo campione, si è rilevato un disagio globale verso l’immagine corporea significativamente più alto rispetto ai valori normativi presenti in letteratura riferiti a donne con cancro al seno con o senza mastectomia (rispettivamente t(94)= -4.78; p<0.000001; t(110)= -6.81;p<0.000001). La strategia di coping più utilizzata da queste donne è lo spirito combattivo, seguito dal fatalismo. Questo campione riporta, inoltre, una Qualità della Vita complessivamente soddisfacente, con un buon livello di funzionamento sociale. L’area di funzionalità più critica risulta essere il funzionamento emotivo. Considerando i sintomi prevalenti, i più riferiti sono affaticamento, disturbi del sonno e dolore. Per definire, invece, il pattern HRV, sono stati confrontati i dati del campione con quelli presenti in letteratura, riguardanti donne con cancro ovarico. Il campione valutato in questo studio, ha un HRV SDNN (Me=28.2ms) significativamente più alto dell’altro gruppo. Tuttavia, confrontando il valore medio di questo campione con i dati normativi sulla popolazione sana (Me=50ms), i nostri valori risultano drasticamente più bassi. In ultimo, donne che hanno ricevuto diagnosi di cancro ovarico in età fertile, sembrano avere maggiore HRV, migliore funzionamento emotivo e minore sintomatologia rispetto alle donne che hanno ricevuto diagnosi non in età fertile. Focalizzando l’attenzione sulla ricerca di relazioni significative tra le variabili in esame (obiettivo 3 e 4) sono state trovate numerose correlazioni significative tra: l’età e HRV, supporto percepito , Qualità della Vita; Qualità della Vita e immagine corporea, supporto sociale, strategie di coping; strategie di coping e immagine corporea, supporto sociale; immagine corporea e supporto sociale; HRV e supporto sociale, Qualità della Vita. Per verificare la possibile connessione causale tra le variabili considerate, sono state applicate regressioni lineari semplici e multiple per verificare la bontà del modello teorico. Si è rilevato che HRV è significativamente positivamente influenzata dal supporto percepito dalla figura di riferimento, dal funzionamento di ruolo, dall’immagine corporea totale. Invece risulta negativamente influenzata dal supporto percepito dagli amici e dall’uso di strategie di coping evitanti . La qualità della vita è positivamente influenzata da: l’immagine corporea globale e l’utilizzo del fatalismo come strategia di coping prevalente. Il funzionamento emotivo è influenzato dal supporto percepito dalla figura di riferimento e dal fatalismo. DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Il campione Italiano valutato, sembra essere a metà strada nell’adattamento dello stato psicologico e dell’equilibrio neurovegetativo al cancro. Sicuramente queste donne vivono una vita accettabile, in quanto sopravvissute al cancro, ma sembra anche che portino con sé preoccupazioni e difficoltà, in particolare legate all’accettazione della loro condizione di sopravvissute. Infatti, il migliore adattamento si riscontra nelle donne che hanno avuto peggiori condizioni in partenza: stadio del cancro avanzato, più giovani, con diagnosi ricevuta in età fertile. Pertanto, è possibile suggerire che queste condizioni critiche forzino queste donne ad affrontare apertamente il cancro e la loro situazione di sopravvissute al cancro, portandole ad “andare avanti” piuttosto che “tornare indietro”. Facendo riferimento alle connessioni tra variabili psicologiche e fisiologiche in queste donne, si è evidenziato che HRV è influenzata dalla presenza di figure significative ma, in particolare, è presumibile che sia influenzata da un’appropriata condivisione emotiva con queste figure. Si è anche evidenziato che poter continuare ad essere efficaci nel proprio contesto personale si riflette in un maggiore HRV, probabilmente in quanto permette di preservare il senso di sé, riducendo in questo modo lo stress derivante dall’esperienza cancro. Pertanto, HRV in queste donne risulta associato con un migliore adattamento psicologico. Inoltre, si è evidenziato che in queste donne la Qualità della Vita è profondamente influenzata dalla percezione dell’immagine corporea. Si tratta di un aspetto innovativo che è stato rilevato in questo campione e che, invece, nei precedenti studi non è stato indagato. In ultimo, la strategia di coping fatalismo sembra essere protettiva e sembra facilitare il processo di accettazione del cancro. Si spera sinceramente che le ricerche future possano superare i limiti del presente studio, come la scarsa numerosità e l’uso di strumenti di valutazione che, per alcuni aspetti come la scala Evitamento nel MAC, non centrano totalmente il target di indagine. Le traiettorie future di questo studio sono: aumentare il numero di osservazioni, reclutando donne in diversi centri specialistici in diverse zone d’Italia; utilizzare strumenti più specifici per valutare i costrutti in esame; valutare se un intervento di supporto centrato sul miglioramento di HRV (come HRV Biofeedback) può avere una ricaduta positiva sull’adattamento emotivo e la Qualità della Vita.
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Picobirnavirus (PBV) pertencem à família Picobirnaviridae, divididos em duas espécies Human Picobirnavirus e Rabbit Picobirnavirus. São pequenos vírus constituídos de genoma bissegmentado de cadeia dupla de RNA (dsRNA), não envelopados, com capsídeo de simetria icosaédrica, sendo divididos em dois genogrupos, GI e GII. Já foram detectados em fezes humanas e de uma ampla gama de espécies animais, com ou sem sinais diarreicos, sendo considerados agentes emergentes e oportunistas, e seu potencial zoonótico foi sugerido. Entretanto, os estudos epidemiológicos e moleculares de PBV em bovinos são raros na literatura nacional e internacional. Devido à carência de dados a respeito de PBV em bovinos, o presente estudo foi realizado objetivando-se a detecção e caracterização moleculares de cepas de PVB bovinos dos genogrupos GI e GII em amostras fecais de bovinos com ou sem sintomatologia diarreica de diferentes idades e regiões do Brasil. O estudo foi conduzido a partir de 77 animais, obtendo-se 18 (23,3%) amostras positivas para GI, compreendendo animais provenientes dos estados de São Paulo, Minas Gerais e Goiás. Não foram detectadas amostras positivas para GII. A identidade nucleotídica das amostras obtidas apresentou média de 67,4% quando comparadas uma com as outras e de até 83,77% quando comparadas com amostras de PBV de referência. Na reconstrução filogenética, três amostras agruparam-se em clado de PVB humano e somente uma agrupou-se em clado de PVB bovino. Em síntese, os resultados obtidos indicam, de maneira inédita, a circulação de PVB bovino pertencente ao genogrupo GI em diferentes estados brasileiros, com perfis filogenéticos heterogêneos.
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O ingresso no Ensino Fundamental - EF tem sido visto como um momento de transição devido às novas demandas que apresenta para a criança. Neste contexto, parece haver um aumento da vulnerabilidade das crianças ao estresse, principalmente daquelas com maior dificuldade de adaptação a estas demandas. Esse estudo teve como objetivo amplo investigar o estresse da transição no contexto do EF de nove anos, partindo de uma visão desenvolvimentista aliada a uma perspectiva de exposição a estressores cotidianos. Especificamente, o estudo investigou a relação entre competências e sintomas de estresse no 1º ano do EF, o curso desenvolvimental dos sintomas e das percepções de estresse nos dois anos inicias do EF, suas associações com as tarefas adaptativas da transição e a influência da escola nos indicadores de estresse. Finalmente, exploraram-se modelos explicativos para indicadores de estresse apresentados no 2º ano. Seguindo metodologia prospectiva, avaliaram-se indicadores de ajustamento e competências relacionadas ao desempenho acadêmico, social e comportamental das crianças no 1º ano, estresse nos dois primeiros anos e características da escola (localização e IDEB). Participaram da pesquisa 157 alunos do 1º ano do EF, sendo 85 meninos e 72 meninas, com idade média de 6 anos e 10 meses no início da pesquisa. Todos tinham experiência de dois anos na Educação Infantil e estavam matriculados em escolas municipais de diferentes regiões de uma cidade do interior de São Paulo. Também participaram do estudo, como informantes, seus respectivos professores do 1º ano, num total de 25. As crianças responderam à Escala de Stress Infantil, ao Inventário de Estressores Escolares e a uma avaliação objetiva de desempenho acadêmico (Provinha Brasil). Os professores avaliaram as habilidades sociais, os problemas de comportamento externalizantes e internalizantes e a competência acadêmica dos seus alunos por meio do Social Skills Rating System Professores. A análise dos dados compreendeu estatísticas descritivas, comparações, correlações e regressões. Nos resultados, 57% dos alunos no 1º ano e 72% no 2º ano relataram sintomas de estresse pelo menos na fase de alerta. Crianças com estresse no 1º ano apresentaram menores índices de ajustamento e competência e perceberam suas escolas como mais estressantes em relação ao seu papel de estudante e nas relações interpessoais. Correlações moderadas entre medidas de indicadores de estresse tomadas no 1º e no 2º ano sugerem estabilidade. A presença de sintomas de estresse aumentou do 1º para o 2º ano, enquanto a percepção de estressores escolares não variou. Crianças com maiores médias de estresse são provenientes de escolas situadas em regiões periféricas e com classificação mais baixa no IDEB. As análises de predição evidenciaram a habilidade social de responsabilidade e cooperação avaliada no 1º ano como importante fator de proteção contra sintomas de estresse no 2º ano, ao passo que a percepção da criança de tensões nas relações interpessoais no 1º ano foi o principal fator de risco para futura sintomatologia de estresse. Nesse sentido, intervenções com ênfase na promoção de habilidades sociais das crianças podem ser profícuas na prevenção do estresse.
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O trato gastrointestinal (TGI) é a principal rota de exposição ao fluoreto (F) e o seu mais importante sítio de absorção. Acredita-se que a toxicidade do F comprometa a fisiologia do intestino, devido à relevante sintomatologia gastrointestinal relatada em consequência da exposição excessiva ao F. A função intestinal é controlada por uma complexa rede neuronal interligada e incorporada à parede deste órgão, denominada Sistema Nervoso Entérico (SNE). Embora os efeitos tóxicos do F sobre o Sistema Nervoso Central sejam descritos na literatura, não há estudos relacionados à sua toxicidade sobre o SNE. Neste estudo realizado em ratos, foi avaliado o efeito da exposição aguda ou crônica ao F, sobre a população geral de neurônios entéricos e sobre as subpopulações que expressam os principais neurotransmissores entéricos: Acetilcolina (ACh), Óxido Nítrico (NO), Peptídeo Vasoativo Intestinal (VIP), Peptídeo Relacionado ao Gene da Calcitonina (CGRP) e Substância P (SP). Os animais foram divididos em 5 grupos: 3 destinados à exposição crônica (0 ppm, 10 ppm ou 50 ppm de F na água de beber) e 2 à exposição aguda (0 ou 25 mgF/Kg por gavagem gástrica). Foram coletados os 3 segmentos do intestino delgado (duodeno, jejuno e íleo) e processados para a detecção da HuC/D, ChAT, nNOS, VIP, CGRP e SP, através de técnicas de imunofluorescência, no plexo mioentérico. Foram obtidas imagens para a realização da análise quantitativa dos neurônios da população geral (HuC/D) e nitrérgicos (imunorreativos à nNOS); e morfométrica dos neurônios imunorreativos à HuC/D ou nNOS; e das varicosidades imunorreativas à ChAT, VIP, CGRP ou SP. Amostras dos 3 segmentos intestinais foram preparadas e coradas em Hematoxilina e Eosina para análise histológica da morfologia básica. O segmento intestinal considerado mais afetado na análise morfométrica da população geral de neurônios, o duodeno, foi selecionado para a realização da análise proteômica, com o objetivo de oferecer o seu perfil proteico e determinar diferenças na expressão proteica em decorrência da exposição crônica ou aguda ao F. A análise da concentração de F no plasma sanguíneo foi realizada para a confirmação da exposição. Na análise quantitativa, o grupo de 50 ppm F, apresentou uma diminuição significativa na densidade da população geral de neurônios do jejuno e do íleo e na densidade dos neurônios imunorreativos à nNOS no duodeno e no jejuno. Quanto à análise morfométrica, a população geral e as subpopulações neuronais entéricas avaliadas apresentaram alterações morfológicas significativas, tanto após a exposição crônica quanto a aguda. Para a análise proteômica do duodeno, verificou-se que da associação de seus genes a um termo, e assim classificadas de acordo com diferentes processos biológicos. No caso do grupo da dose aguda, o processo biológico com a maior porcentagem de genes associados foi a geração de metabólitos precursores e energia (27% das proteínas); enquanto para os grupos de 10 e 50 ppm F foram o processo metabólico da piridina (41%) e a polimerização proteica (33%), respectivamente.
Resumo:
Introdução: O hipertiroidismo pode ter múltiplas etiologias, das quais se destaca a doença de Graves. Embora persista alguma controvérsia, a terapêutica de primeira linha na doença de Graves deve ser adequada às características do doente e, sempre que possível, adaptada aos seus valores e preferências. Objetivo: Caracterizar os doentes com hipertiroidismo seguidos numa consulta de Endocrinologia Pediátrica. Métodos: Estudo retrospetivo com revisão dos processos clínicos dos doentes acompanhados em consulta entre 2001 e 2013. Analisadas variáveis demográficas, clínicas, estudo complementar, opções terapêuticas e evolução. Resultados: Dos 13 doentes incluídos, 85% foram do sexo feminino e a mediana da idade ao diagnóstico foi de 14 anos. Relativamente à etiologia, 77% tinham doença de Graves, 8% hipertiroidismo autoimune com anticorpos anti-recetores da tirotropina (TRAb) negativos, 8% bócio multinodular tóxico e 8% hipertiroidismo neonatal transitório. Na sintomatologia de apre- sentação destacam-se: ansiedade/irritabilidade (46%), sudorese (31%), palpitações (31%) e fraqueza/cansaço (31%); e os seguintes sinais: bócio (77%), perda ponderal (62%) e taquicardia (54%). Apresentavam anticorpos antitiroideus positivos 92% dos doentes e TRAb positivos 85%. A primeira opção terapêutica foi maioritariamente o tiamazol (92%). Uma doente recidivou após suspensão do antitiroideu e foi submetida a terapêutica com 131I. O doente com bócio multinodular foi submetido a tiroidectomia por suspeita de tumor folicular na citologia aspirativa. Conclusão: Os dados obtidos são concordantes com a literatura. A terapêutica com tiamazol apresenta risco reduzido de reações adversas, mas baixa probabilidade de remissão, pelo que, em casos selecionados, o tratamento definitivo deve ser considerado.
Resumo:
Dissertação apresentada à Escola Superior de Artes Aplicadas do Instituto Politécnico de Castelo Branco para cumprimento dos requisitos necessários à obtenção do grau de Mestre em Música.
Resumo:
Trabalho Final do Curso de Mestrado Integrado em Medicina, Faculdade de Medicina, Universidade de Lisboa, 2014
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Trabalho Final do Curso de Mestrado Integrado em Medicina, Faculdade de Medicina, Universidade de Lisboa, 2014
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Trabalho Final do Curso de Mestrado Integrado em Medicina, Faculdade de Medicina, Universidade de Lisboa, 2014
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Trabalho Final do Curso de Mestrado Integrado em Medicina, Faculdade de Medicina, Universidade de Lisboa, 2014