600 resultados para sacrificial beads


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Le acque di vegetazione (AV) costituiscono un serio problema di carattere ambientale, sia a causa della loro elevata produzione sia per l’ elevato contenuto di COD che oscilla fra 50 e 150 g/l. Le AV sono considerate un refluo a tasso inquinante fra i più elevati nell’ambito dell’industria agroalimentare e la loro tossicità è determinata in massima parte dalla componente fenolica. Il presente lavoro si propone di studiare e ottimizzare un processo non solo di smaltimento di tale refluo ma anche di una sua valorizzazione, utlizzandolo come materia prima per la produzione di acidi grassi e quindi di PHA, polimeri biodegradabili utilizzabili in varie applicazioni. A tale scopo sono stati utilizzati due bioreattori anaerobici a biomassa adesa, di identica configurazione, con cui si sono condotti due esperimenti in continuo a diverse temperature e carichi organici al fine di studiare l’influenza di tali parametri sul processo. Il primo esperimento è stato condotto a 35°C e carico organico pari a 12,39 g/Ld, il secondo a 25°C e carico organico pari a 8,40 g/Ld. Si è scelto di allestire e mettere in opera un processo a cellule immobilizzate in quanto questa tecnologia si è rivelata vantaggiosa nel trattamento continuo di reflui ad alto contenuto di COD e carichi variabili. Inoltre si è scelto di lavorare in continuo poiché tale condizione, per debiti tempi di ritenzione idraulica, consente di minimizzare la metanogenesi, mediata da microrganismi con basse velocità specifiche di crescita. Per costituire il letto fisso dei due reattori si sono utilizzati due diversi tipi di supporto, in modo da poter studiare anche l’influenza di tale parametro, in particolare si è fatto uso di carbone attivo granulare (GAC) e filtri ceramici Vukopor S10 (VS). Confrontando i risultati si è visto che la massima quantità di VFA prodotta nell’ambito del presente studio si ha nel VS mantenuto a 25°C: in tale condizione si arriva infatti ad un valore di VFA prodotti pari a 524,668 mgCOD/L. Inoltre l’effluente in uscita risulta più concentrato in termini di VFA rispetto a quello in entrata: nell’alimentazione la percentuale di materiale organico presente sottoforma di acidi grassi volatili era del 54 % e tale percentuale, in uscita dai reattori, ha raggiunto il 59 %. Il VS25 rappresenta anche la condizione in cui il COD degradato si è trasformato in percentuale minore a metano (2,35 %) e questo a prova del fatto che l’acidogenesi ha prevalso sulla metanogenesi. Anche nella condizione più favorevole alla produzione di VFA però, si è riusciti ad ottenere una loro concentrazione in uscita (3,43 g/L) inferiore rispetto a quella di tentativo (8,5 g/L di VFA) per il processo di produzione di PHA, sviluppato da un gruppo di ricerca dell’università “La Sapienza” di Roma, relativa ad un medium sintetico. Si può constatare che la modesta produzione di VFA non è dovuta all’eccessiva degradazione del COD, essendo questa nel VS25 appena pari al 6,23%, ma piuttosto è dovuta a una scarsa concentrazione di VFA in uscita. Questo è di buon auspicio nell’ottica di ottimizzare il processo migliorandone le prestazioni, poiché è possibile aumentare tale concentrazione aumentando la conversione di COD in VFA che nel VS25 è pari a solo 5,87%. Per aumentare tale valore si può agire su vari parametri, quali la temperatura e il carico organico. Si è visto che il processo di acidogenesi è favorito, per il VS, per basse temperature e alti carichi organici. Per quanto riguarda il reattore impaccato con carbone attivo la produzione di VFA è molto ridotta per tutti i valori di temperatura e carichi organici utilizzati. Si può quindi pensare a un’applicazione diversa di tale tipo di reattore, ad esempio per la produzione di metano e quindi di energia.

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Il presente elaborato è stato finalizzato allo sviluppo di un processo di digestione anaerobica della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU oppure, in lingua inglese OFMSW, Organic Fraction of Municipal Solid Waste) provenienti da raccolta indifferenziata e conseguente produzione di biogas da impiegarsi per il recupero energetico. Questo lavoro rientra nell’ambito di un progetto, cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna attraverso il Programma Regionale per la Ricerca Industriale, l’Innovazione e il Trasferimento Tecnologico (PRRIITT), sviluppato dal Dipartimento di Chimica Applicata e Scienza dei Materiali (DICASM) dell’Università di Bologna in collaborazione con la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Ferrara e con la società Recupera s.r.l. che applicherà il processo nell’impianto pilota realizzato presso il proprio sito di biostabilizzazione e compostaggio ad Ostellato (FE). L’obiettivo è stato la verifica della possibilità di impiegare la frazione organica dei rifiuti indifferenziati per la produzione di biogas, e in particolare di metano, attraverso un processo di digestione anaerobica previo trattamento chimico oppure in codigestione con altri substrati organici facilmente fermentabili. E’ stata inoltre studiata la possibilità di impiego di reattori con biomassa adesa per migliorare la produzione specifica di metano e diminuire la lag phase. Dalla sperimentazione si può concludere che è possibile giungere allo sviluppo di metano dalla purea codigerendola assieme a refluo zootecnico. Per ottenere però produzioni significative la quantità di solidi volatili apportati dal rifiuto non deve superare il 50% dei solidi volatili complessivi. Viceversa, l’addizione di solfuri alla sola purea si è dimostrata ininfluente nel tentativo di sottrarre gli agenti inibitori della metanogenesi. Inoltre, l’impiego di supporti di riempimento lavorando attraverso processi batch sequenziali permette di eliminare, nei cicli successivi al primo, la lag phase dei batteri metanogeni ed incrementare la produzione specifica di metano.

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In the era of monoclonal antibodies the role of autologous stem cell transplantation (ASCT) in the management of follicular lymphoma (FL) is still debated. To evaluate the safety and efficacy of myeloablative therapy with rescue of purged or unpurged harvests in FL pts. At our institution form 1997 to 2007 28 pts with refractory/resistant FL were eligible for ASCT. Before high dose therapy they received 2-3 cycles of CHOP-like regimen (ACOD), followed by Cyclophosphamide 4g/mq to mobilize the stem cells (SC). After SC collection the pts underwent 3 cycles of subcutaneous Cladribine at a daily dose of 0,14-0,10 mg/Kg for Day 1-5 every 3-4 weeks. The conditioning regimen was based on Mitoxantrone 60mg/mq + Melphalan 180 mg/mq, followed by SC re-infusion 24-hours later and G-CSF starting 24 hours after re-infusion. In 19 pts the SC underwent purging: in 10 harvests the CD34+ were selected by immunomagnetic beads, while in the other 9 pts, only Rituximab was used as “purging in vivo” agent. The remaining 9 pts received unpurged SC. Before ASCT 11 pts were in complete response (CR), 9 in partial response (PR) and 2 in stable disease. Two pts were not eligible for ASCT because of progressive disease (PD). The remaining 25 pts were eligible for ASCT. The engraftment was at a median of 11 days for leucocytes and 14 days for platelets (>20.000/mmc), with a delay of one day in the pts, who received purged SC. Grade 3-4 mucositis was described in 8 pts. During aplasia a 48% infection rate was reported, without differences between pts with purged or unpurged SC. One patient in CR presented myelodysplastic syndrome at 18 months from ASCT. After ASCT 22 pts were in CR, 2 in PR and one patient were not valuable, because died before response assessment. Nine pts in CR showed PD at a median time of 14 months from ASCT. With a median follow up of 5 years (range 2 months -10 years), 22 pts are alive and 11 (44%) in CR. Ten pts died, 5 for progressive disease and 5 for treatment-related causes; in particular 7 of them received in-vitro purged SC. Conclusions: Our chemotherapy regimen, which included the purine analogue Cladribine in the induction phase, seems safe and feasible. The high rate of CR reported and the sustained freedom from progression up to now, makes such modality of treatment a valid option principally in relapsing FL patients. In our experience, the addition of a monoclonal antibody as part of treatment confirms its role “in vivo purging” without observing an increased incidence of infection.

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Wiederherstellung einer physiologischen Blutzuckerregelung durch Xenotransplantation mikroenkapsulierter Langerhans-Inseln in zwei diabetische Maus-modelle. Die Inseltransplantation ist ein vielversprechendes Verfahren zur Behandlung des Typ 1 Diabetes. Das Verfah-ren ist nicht invasiv, erfordert jedoch eine lebenslange Immunsuppression der Patienten. Zudem sind nur be-grenzte Spenderorgane verfügbar. Es wäre ein großer Fortschritt, wenn man transplantierte Inseln im Empfänger von dessen Immunsystem abschirmen könnte. Die vorliegende Arbeit zeigt, dass es möglich ist, funktionsfähige Inseln von Ratten in Alginatkügelchen (Beads) einzuschließen und in dieser Form in diabetische Mäuse zu trans-plantieren. Mit dem ultrahochviskosem Alginat stand erstmals ein speziell für die klinische Anwendung konzipiertes und hergestelltes Alginat zur Verfügung. Im Gegensatz zu den kommerziell erhältlichen Alginaten konnte dieses Al-ginat in hoher Reinheit reproduzierbar produziert werden. Zudem war es erstmals möglich, durch eine interne Kapselstabilisierung auf die bislang benötigte, äußere Stützmembran zu verzichten. Ziel der Arbeit war es, das ultrahochviskose Alginat und das neue „thermodynamisch-stabilisierte“ Verkapse-lungssystem für die Transplantation der Langerhans-Inseln zu optimieren. In der anschließenden Studie sollten verkapselte Inseln von Ratten in zwei Typen diabetische Mäuse transplantiert werden und Tauglichkeit des Ver-fahren in vivo geprüft werden. In vitro wurden die Parameter (insbesondere die Alginatkonzentration) zur Verkapselung der Langerhans-Inseln optimiert. Die Vitalität (Überleben der Inseln) und die Funktionalität (Sekretion von Insulin) des enkapsulierten Gewebes dienten zur Bewertung der Verkapselungsmethode. Die Zugabe von humanem Serumalbumin führte sowohl zur Langzeitstabilisierung der Alginatbeads als auch zur Verbesserung der Nährstoffversorgung des enkapsulierten Gewebes. Durch Transplantationen von Leerkapseln mit verschiedenen Albumin-Konzentrationen wurde die benötigte Albumin-Supplementation bestimmt. Als Empfänger dienten Streptozotozin-diabetische Balb/c- und spontan diabetische NOD-Mäuse. Die intraperitoneale Transplantation von 1.800 mikroenkapsulierten, adulten Ratteninseln bewirkten in Streptozotozin-diabetischen Balb/c-Mäusen eine langanhaltende (>30 Wochen) Normalisierung des Blutzuckerspiegels. Die Glucose-Clearance-Raten des intraperitonealen-Glucose-Toleranz-Tests in der 3., 9. und 16. Woche zeigten aber einen sukzes-siven Verlust der Transplantatfunktion, der aber in den „non fasting“ Blutzuckerwerten nicht evident wurde. Der Diabetes der NOD-Maus wird durch eine autoimmunogene Zerstörung der ß-Zellen durch ein hyperkompe-tentes Immunsystem ausgelöst, da die NOD-Tiere schon auf ß-zellspezifische Antigene konditioniert waren. Auch hier führte die Alginatkapsel zu einem deutlich verlängerten Überleben des Transplantates im Vergleich zu den unverkapselten Kontrollzellen. Jedoch trat dann nach 4-5 Wochen ein spontanes Transplantatversagen auf. Konventionell polymerisierte Kapseln zeigten inhomogene Vernetzungen des Alginates. Dies führte mit zunehmender Transplantationsdauer zu Instabilitäten der Alginatbeads, so dass schließlich Inselgewebe oder ß-Zell-spezifische Antigene frei wurden. Diese Antigene induzierten im hyperkompetenten Immunsystem der NOD-Mäuse eine massive Abwehrreaktion mit rascher Zerstörung der transplantierten Inseln. Im Rahmen der Weiterentwicklung der Verkapselungstechnik konnte mit Hilfe der neuen „Crystal Gun Verkap-selung“ erstmals eine homogene Vernetzung des gesamten Alginatbeads sichergestellt werden. Gegen Ende die-ser Arbeit konnte bei einer dreiwöchigen Kultur in vitro gezeigt werden, dass das „Crystal Gun Verfahren“ zur Mikroenkapsulierung von Langerhans-Inseln geeignet ist. Daher ist zu erwarten, dass mit Hilfe des „Crystal Gun Verfahrens“ auch ein Durchbruch bei der Transplantation von Inseln in NOD-Mäusen zu erreichen sein wird.

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Das Ziel der vorgelegten Arbeit war die Synthese von definierten, sphärischen Polystyrolpartikeln im Größenbreichen von Nanometern, die als Träger für die Immobilisierung von Metallocenkatalysatoren verwendet werden sollten. Ein wichtiger Anspruch an das System war dabei die Möglichkeit einer homogene Verteilung des Metallocenes auf dem Träger and eine homogene Fragmentierung des geträgerten Katalysators während der Polymerisation im Polymerprodukt. Für diese Zielsetzung wurden unterschiedliche Polystyrolnanopartikel hergestellt. Die Polystyrolnanopartikel waren mit unterschiedlichen funktionellen Gruppen wie Polyethylenoxid- und Polypropylenoxidketten oder Hydroxygruppen auf der Oberfläche versehen, um den Metallocenkatalysator und den Cokatalysator MAO immobilisieren zu können. In verschiedenen Experimenten wurde der Einfluss dieser Polystyrolnanopartikel als Träger auf die Katalysatoreigenschaften wie Aktivität oder Produktivität und die Eigenschaften des produzierten Polyolefins wie z.B. Molekulargewicht und Morphologie untersucht. Im Vergleich zu den PS- Nanopartikeln wurden außerdem PS-Mikropartikel, Silica und Dendrimere als Träger in der heterogenen Olefinpolymerisation eingesetzt. Von all diesen Trägersystemen wurde das Fragmentierungsverhalten durch konfocale Fluoreszenzmikroskopie untersucht. Aus den erhaltenen Ergebnissen kann geschlossen werden, dass die hergestellten Polystyrolnanopartikel neuartige und leistungsfähige Träger für heterogene Polymerisationsprozesse darstellen. Die hergestellten Polystyrolnanopartikel besaßen eine wohldefinierte sphärische Struktur, die eine homogene Verteilung des immobilisierten Metallocenkatalysators und somit auch eine vollständige Fragmentierung des geträgerten Katalysators im hergestellten Polyolefin ermöglichte. Die Katalysatorsysteme, die aus den PS- Nanopartikeln und dem Metallocenkatalysator zusammengesetzt waren, wurden in verschiedenen Polymerisationen wie der Ethylen- oder Propylenhomopolymersation und der Copolymerisation von Ethen mit α- Olefinen getestet. Die Oberflächen- funktionalisierten PS Nanopartikel immobilisierten den Metallocenkatalysator ausreichend gut, so dass kein „Leachen“ (Ablösen) des Katalysators von der Trägeroberfläche festgestellt werden konnte und deshalb Polymer von sehr guter Morphologie erhalten wurde. Um die Fragmentierung des Katalysators und den inneren Aufbau des Polymers näher untersuchen zu können, wurde die konfocale Fluoreszenzmikroskopie für das PS- Nanopartikelträgersystem angewendet. Durch farbstoffmarkierte Trägerpartikel konnte die Verteilung des fragmentierten Katalysators innerhalb des Polymers sichtbar gemacht und analysiert werden. Dabei wurde festgestellt, dass sich PS- Nanopartikel und auch Dendrimere als Träger ähnlich verhalten wie Ziegler- Natta- Katalysatoren, die auf MgCl2 immobilisiert für die heterogene Olefinpolymerisation verwendet werden. Das Fragmentierungsverhalten der Silica oder PS- Mirkopartikel geträgerten Systeme entsprach dagegen dem schichtweisen Fragmentierungsverhalten wie es bereits von Fink und Mitarbeitern beschrieben wurde.

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Die vorliegende Arbeit behandelt die Adsorption von Phospholipidvesikeln, Proteinen und Latex Beads an funktionalisierten festkörpergestützten Oberflächen. Der Schwerpunkt der Abhandlung liegt in der Modellierung der Kinetik mit Hilfe eines Simulationsprogramms unter Berücksichtigung des Massentransports in Staupunktgeometrie, der Adsorption und nachfolgender konformativer Änderungen adhärierter Partikel. Das Simulationsprogramm basiert auf einem RSA (random sequential adsorption) Algorithmus und erlaubt es aufgrund zusätzlich implementierter Optionen, z.B. zur Behandlung elektrostatischer Abstoßung, von Spreitprozessen oder von Desorptionsereignissen, den Adsorptionsprozess unter realistischen physikalischen Bedingungen nachzuempfinden und spezifische biologische Fragestellungen zu beantworten. Aus Anpassungen von Simulationen an experimentelle Daten ergeben sich dynamische Parameter, wie z.B. die Transport-, Adsorptions-, Spreit- und die Desorptionsrate. Die experimentellen Daten wurden mit Hilfe der Quarzmikrowaagetechnik (QCM), der Impedanzspektroskopie (IS) und der Rasterkraftmikroskopie (AFM) erhoben. Zusätzlich zur Kinetik gibt die graphische Ausgabe des Simulationsprogramms Aufschluss über die Oberflächenverteilung der adsorbierten und gespreiteten Partikel. Bei der Untersuchung von Systemen, in denen die Adsorption reversibel ist und infolge dessen Desorptionsprozesse eine wichtige Rolle spielen, wurde mit Hilfe des Simulationsprogramms ein völlig neuartiges Sensorkonzept in Aussicht gestellt. Es wurde gezeigt, dass aus der Analyse des Leistungsspektrums der Fluktuationen in der Belegung die Kinetik von Adsorption und Desorption ermittelt werden kann. Dies ist aus sensorischer Sicht interessant, da eine Vielzahl störender Einflüsse, wie z.B: der Massentransport und die elektronische Drift in diesem Fall nicht berücksichtigt werden müssen.

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The present PhD thesis summarizes two examples of research in microfluidics. Both times water was the subject of interest, once in the liquid state (droplets adsorbed on chemically functionalized surfaces), the other time in the solid state (ice snowflakes and their fractal behaviour). The first problem deals with a slipping nano-droplet of water adsorbed on a surface with photo-switchable wettability characteristics. Main focus was on identifying the underlying driving forces and mechanical principles at the molecular level of detail. Molecular Dynamics simulation was employed as investigative tool owing to its record of successfully describing the microscopic behaviour of liquids at interfaces. To reproduce the specialized surface on which a water droplet can effectively “walk”, a new implicit surface potential was developed. Applying this new method the experimentally observed droplet slippage could be reproduced successfully. Next the movement of the droplet was analyzed at various conditions emphasizing on the behaviour of the water molecules in contact with the surface. The main objective was to identify driving forces and molecular mechanisms underlying the slippage process. The second part of this thesis is concerned with theoretical studies of snowflake melting. In the present work snowflakes are represented by filled von Koch-like fractals of mesoscopic beads. A new algorithm has been developed from scratch to simulate the thermal collapse of fractal structures based on Monte Carlo and Random Walk Simulations (MCRWS). The developed method was applied and compared to Molecular Dynamics simulations regarding the melting of ice snowflake crystals and new parameters were derived from this comparison. Bigger snow-fractals were then studied looking at the time evolution at different temperatures again making use of the developed MCRWS method. This was accompanied by an in-depth analysis of fractal properties (border length and gyration radius) in order to shed light on the dynamics of the melting process.

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A novel design based on electric field-free open microwell arrays for the automated continuous-flow sorting of single or small clusters of cells is presented. The main feature of the proposed device is the parallel analysis of cell-cell and cell-particle interactions in each microwell of the array. High throughput sample recovery with a fast and separate transfer from the microsites to standard microtiter plates is also possible thanks to the flexible printed circuit board technology which permits to produce cost effective large area arrays featuring geometries compatible with laboratory equipment. The particle isolation is performed via negative dielectrophoretic forces which convey the particles’ into the microwells. Particles such as cells and beads flow in electrically active microchannels on whose substrate the electrodes are patterned. The introduction of particles within the microwells is automatically performed by generating the required feedback signal by a microscope-based optical counting and detection routine. In order to isolate a controlled number of particles we created two particular configurations of the electric field within the structure. The first one permits their isolation whereas the second one creates a net force which repels the particles from the microwell entrance. To increase the parallelism at which the cell-isolation function is implemented, a new technique based on coplanar electrodes to detect particle presence was implemented. A lock-in amplifying scheme was used to monitor the impedance of the channel perturbed by flowing particles in high-conductivity suspension mediums. The impedance measurement module was also combined with the dielectrophoretic focusing stage situated upstream of the measurement stage, to limit the measured signal amplitude dispersion due to the particles position variation within the microchannel. In conclusion, the designed system complies with the initial specifications making it suitable for cellomics and biotechnology applications.

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Es werden zwei komplementäre "bottom-up" Methoden präsentiert, die den kontrollierten Einbau von "intelligenten" planaren Defekten in selbstorganisierte kolloidale photonische Kristalle (KPKs) ermöglichen. Die Defektschicht basiert auf einem funktionellen, nanometer-skalierten dünnen Film, der entweder durch schichtweise ("layer-by-layer") Selbstorganisation und Mikrokontakttransferübertragung oder durch Aufschleudern und einer KPK-Opferfüllung hergestellt wird. Die entwickelten Techniken gestatten die Integration von maßgeschneiderten dünnen Defektfilmen bestehend aus einer enorm großen Vielfalt an Materialien; sie sind kostengünstig und können im größeren Maßstab angewendet werden. Optische Untersuchungen zeigen einen engen, durch den Defekt hervorgerufenen Transmissionszustand in der photonischen Bandlücke. Die Defektwellenlänge hängt von der optischen Dicke der Defektschicht ab. Aktives Schalten der Defektwellenlänge wird erreicht, indem Defektschichten aus Makromolekülen hergestellt werden, die über externe Erreger wie Licht, Temperatur, Redoxzyklen und mechanischen Druck adressiert werden können. Die Ergebnisse der Untersuchungen sind im Einklang mit separat durchgeführten Ellipsometrie-Messungen und theoretischen "scalar wave approximation"-Berechnungen. Darüber hinaus werden KPKs mit funktionellen biomolekularen Defekten vorgestellt. Über Verschiebungen der Defektmode können DNA-Konformationsänderungen, die enantioselektive Einlagerung eines chiralen Antitumormedikaments sowie Enzymaktivitäten optisch beobachtet werden. Die Einlagerung von fluoreszierenden Farbstoffen und Quantenpunkten in Defekt-KPKs führt zu einer eindeutigen, durch die photonische Bandlücke und den Defektzustand hervorgerufenen Modifizierung der Photolumineszenz (PL)-Spektren. Schaltbare PL-Modifizierungen werden detektiert, wenn adressierbare Defekt-KPKs verwendet werden.

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Supercritical Emulsion Extraction technology (SEE-C) was proposed for the production of poly-lactic-co-glycolic acid microcarriers. SEE-C operating parameters as pressure, temperature and flow rate ratios were analyzed and the process performance was optimized in terms of size distribution and encapsulation efficiency. Microdevices loaded with bovine serum insulin were produced with different sizes (2 and 3 µm) or insulin charges (3 and 6 mg/g) and with an encapsulation efficiency of 60%. The microcarriers were characterized in terms of insulin release profile in two different media (PBS and DMEM) and the diffusion and degradation constants were also estimated by using a mathematical model. PLGA microdevices were also used in a cultivation of embryonic ventricular myoblasts (cell line H9c2 obtained from rat) in a FBS serum free medium to monitor cell viability and growth in dependence of insulin released. Good cell viability and growth were observed on 3 µm microdevices loaded with 3 mg/g of insulin. PLGA microspheres loaded with growth factors (GFs) were charged into alginate scaffold with human Mesenchimal Steam Cells (hMSC) for bone tissue engineering with the aim of monitoring the effect of the local release of these signals on cells differentiation. These “living” 3D scaffolds were incubated in a direct perfusion tubular bioreactor to enhance nutrient transport and exposing the cells to a given shear stress. Different GFs such as, h-VEGF, h-BMP2 and a mix of two (ratio 1:1) were loaded and alginate beads were recovered from dynamic (tubular perfusion system bioreactor) and static culture at different time points (1st, 7th, 21st days) for the analytical assays such as, live/dead; alkaline phosphatase; osteocalcin; osteopontin and Van Kossa Immunoassay. The immunoassay confirmed always a better cells differentiation in the bioreactor with respect to the static culture and revealed a great influence of the BMP-2 released in the scaffold on cell differentiation.

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Two general strategies for the functionalization of metathesis polymers are presented in this dissertation. Introducing Sacrificial Synthesis, many of the limitations of ruthenium-catalyzed ROMP have been overcome. Here, the living ROMP polymer to be functionalized was turned into a diblock copolymer by polymerizing dioxepine monomers onto the desired first polymer block. The second block was then later removed to leave “half-a-dioxepin”, i.e. exactly one hydroxyl group, at the chain-end. The efficiency of Sacrificial Synthesis is also studied. Thiol groups were also placed by a sacrificial strategy based on cyclic thioacetals. 2-Phenyl-1,3-dithiepin could be polymerized and subsequently cleaved by hydrogenation with Raney-Nickel. The presence of thiol groups on the chain end has been proven by chemical means (derivatization) and by coating gold-nanoparticles. The second strategy, vinyl lactone quenchingv is a termination reaction based on vinyl esters. After a metathesis step, an inactive Fischer-type carbene is formed. Such acyl carbenes are unstable and self-decompose to set an inactive ruthenium complex and the functional group free without changing the reaction conditions. The two compounds vinylene carbonate and 3H-furanone gave rise to the placement of aldehydes and carboxylic acids at the polymer chain ends without the necessity to perform any deprotection steps after the functionalization. The development of those two functionalization methods led to several applications. By reacting hydroxyl-functionalized ROMP-polymers with norbornene acid, macromonomers were formed which were subsequently polymerized to the respective graft-copolymers. Also, the derivatization of the same functionalized polymers with propargylic acid gave rise to alkyne-functionalized polymers which were conjugated with azides. Furthermore, “ugly stars”, i.e. long-chain branched structures were synthesized by polycondensation of ABn-type macromonomers and telechelic polymers were accessed combining the described functionalization techniques.

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Die transmembrane Potenzialdifferenz Δφm ist direkt mit der katalytischen Aktivität der Cytochrom c Oxidase (CcO) verknüpft. Die CcO ist das terminale Enzym (Komplex IV) in der Atmungskette der Mitochondrien. Das Enzym katalysiert die Reduktion von O2 zu 2 H2O. Dabei werden Elektronen vom natürlichen Substrat Cytochrom c zur CcO übertragen. Der Eleltronentransfer innerhalb der CcO ist an die Protonentranslokation über die Membran gekoppelt. Folglich bildet sich über der inneren Membrane der Mitochondrien eine Differenz in der Protonenkonzentration. Zusätzlich wird eine Potenzialdifferenz Δφm generiert.rnrnDas Transmembranpotenzial Δφm kann mit Hilfe der Fluoreszenzspektroskopie unter Einsatz eines potenzialemfindlichen Farbstoffs gemessen werden. Um quantitative Aussagen aus solchen Untersuchungen ableiten zu können, müssen zuvor Kalibrierungsmessungen am Membransystem durchgeführt werden.rnrnIn dieser Arbeit werden Kalibrierungsmessungen von Δφm in einer Modellmembrane mit inkorporiertem CcO vorgestellt. Dazu wurde ein biomimetisches Membransystem, die Proteinverankerte Doppelschicht (protein-tethered Bilayer Lipid Membrane, ptBLM), auf einem transparenten, leitfähigem Substrat (Indiumzinnoxid, ITO) entwickelt. ITO ermöglicht den simultanen Einsatz von elektrochemischen und Fluoreszenz- oder optischen wellenleiterspektroskopischen Methoden. Das Δφm in der ptBLM wurde durch extern angelegte, definierte elektrische Spannungen induziert. rnrnEine dünne Hydrogelschicht wurde als "soft cushion" für die ptBLM auf ITO eingesetzt. Das Polymernetzwerk enthält die NTA Funktionsgruppen zur orientierten Immobilisierung der CcO auf der Oberfläche der Hydrogels mit Hilfe der Ni-NTA Technik. Die ptBLM wurde nach der Immobilisierung der CcO mittels in-situ Dialyse gebildet. Elektrochemische Impedanzmessungen zeigten einen hohen elektrischen Widerstand (≈ 1 MΩ) der ptBLM. Optische Wellenleiterspektren (SPR / OWS) zeigten eine erhöhte Anisotropie des Systems nach der Bildung der Doppellipidschicht. Cyklovoltammetriemessungen von reduziertem Cytochrom c bestätigten die Aktivität der CcO in der Hydrogel-gestützten ptBLM. Das Membranpotenzial in der Hydrogel-gestützten ptBLM, induziert durch definierte elektrische Spannungen, wurde mit Hilfe der ratiometrischen Fluoreszenzspektroskopie gemessen. Referenzmessungen mit einer einfach verankerten Dopplellipidschicht (tBLM) lieferten einen Umrechnungsfaktor zwischen dem ratiometrischen Parameter Rn und dem Membranpotenzial (0,05 / 100 mV). Die Nachweisgrenze für das Membranpotenzial in einer Hydrogel-gestützten ptBLM lag bei ≈ 80 mV. Diese Daten dienen als gute Grundlage für künftige Untersuchungen des selbstgenerierten Δφm der CcO in einer ptBLM.

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Lo studio presentato in questa sede concerne applicazioni di saldatura LASER caratterizzate da aspetti di non-convenzionalità ed è costituito da tre filoni principali. Nel primo ambito di intervento è stata valutata la possibilità di effettuare saldature per fusione, con LASER ad emissione continua, su pannelli Aluminum Foam Sandwich e su tubi riempiti in schiuma di alluminio. Lo studio ha messo in evidenza numerose linee operative riguardanti le problematiche relative alla saldatura delle pelli esterne dei componenti ed ha dimostrato la fattibilità relativa ad un approccio di giunzione LASER integrato (saldatura seguita da un post trattamento termico) per la realizzazione della giunzione completa di particolari tubolari riempiti in schiuma con ripristino della struttura cellulare all’interfaccia di giunzione. Il secondo ambito di intervento è caratterizzato dall’applicazione di una sorgente LASER di bassissima potenza, operante in regime ad impulsi corti, nella saldatura di acciaio ad elevato contenuto di carbonio. Lo studio ha messo in evidenza come questo tipo di sorgente, solitamente applicata per lavorazioni di ablazione e marcatura, possa essere applicata anche alla saldatura di spessori sub-millimetrici. In questa fase è stato messo in evidenza il ruolo dei parametri di lavoro sulla conformazione del giunto ed è stata definita l’area di fattibilità del processo. Lo studio è stato completato investigando la possibilità di applicare un trattamento LASER dopo saldatura per addolcire le eventuali zone indurite. In merito all’ultimo ambito di intervento l’attività di studio si è focalizzata sull’utilizzo di sorgenti ad elevata densità di potenza (60 MW/cm^2) nella saldatura a profonda penetrazione di acciai da costruzione. L’attività sperimentale e di analisi dei risultati è stata condotta mediante tecniche di Design of Experiment per la valutazione del ruolo preciso di tutti i parametri di processo e numerose considerazioni relative alla formazione di cricche a caldo sono state suggerite.

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The aim of this work is to investigate, using extensive Monte Carlo computer simulations, composite materials consisting of liquid crystals doped with nanoparticles. These systems are currently of great interest as they offer the possibility of tuning the properties of liquid crystals used in displays and other devices as well as providing a way of obtaining regularly organized systems of nanoparticles exploiting the molecular organization of the liquid crystal medium. Surprisingly enough, there is however a lack of fundamental knowledge on the properties and phase behavior of these hybrid materials, making the route to their application an essentially empirical one. Here we wish to contribute to the much needed rationalization of these systems studying some basic effects induced by different nanoparticles on a liquid crystal host. We investigate in particular the effects of nanoparticle shape, size and polarity as well as of their affinity to the liquid crystal solvent on the stability of the system, monitoring phase transitions, order and molecular organizations. To do this we have proposed a coarse grained approach where nanoparticles are modelled as a suitably shaped (spherical, rod and disk like) collection of spherical Lennard-Jones beads, while the mesogens are represented with Gay-Berne particles. We find that the addition of apolar nanoparticles of different shape typically lowers the nematic–isotropic transition of a non-polar nematic, with the destabilization being greater for spherical nanoparticles. For polar mesogens we have studied the effect of solvent affinity of the nanoparticles showing that aggregation takes places for low solvation values. Interestingly, if the nanoparticles are polar the aggregates contribute to stabilizing the system, compensating the shape effect. We thus find the overall effects on stability to be a delicate balance of often contrasting contributions pointing to the relevance of simulations studies for understanding these complex systems.

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Applikationsfertige Zytostatikazubereitungen werden heute unter der Verantwortung eines Apothekers in zentralisierten Herstellungsbereichen hergestellt. Weil die Verordnung der Chemotherapie ein großes Fehlerrisiko birgt, ist konsequentes Verordnungsmonitoring ein wesentlicher Teilprozess der zentralen Zytostatikazubereitung. rnDie aktuelle Umsetzung und die Ergebnisse des Verordnungsmonitorings in den Universitätskliniken Deutschlands wurden im Rahmen dieser Arbeit in einer prospektiven Erhebung erfasst. Als häufigste Verordnungsirrtümer wurden Dosisberechnungsfehler (48%), welche als von hoher Relevanz (78%) für die Patientensicherheit angesehen wurden, genannt. Die Inzidenz der Verordnungsfehler betrug durchschnittlich 0,77% bei rund 1950 Verordnungen pro Tag. Das konsequente Verordnungsmonitoring von pharmazeutischer Seite erfolgt höchst effizient und leistet einen hohen Beitrag zur Patienten- und Arzneimitteltherapiesicherheit in der Onkologie.rnFür die Herstellung der applikationsfertiger Zytostatika-Zubereitungen sind fundierte Kenntnisse zu deren physikalisch-chemischen Stabilität erforderlich. Zu neu zugelassenen Zytostatika und insbesondere Biologicals, stehen häufig noch keine Daten zur Stabilität der applikationsfertigen Lösungen zur Verfügung. Die Bestimmung der physikalisch-chemischen Stabilität war daher Gegenstand dieser Arbeit. Die applikationsfertigen Infusionslösungen der Purin-Analoga Nelarabin und Clofarabin (RP-HPLC), sowie des monoklonalen Antiköpers Trastuzumab (SEC, UV-Spektroskopie, SDS-Page), erwiesen sich über einen Zeitraum von mindestens 28 Tagen als stabil. Die Stabilität zweier Camptothecin-Derivate (Topotecan und Irinotecan) beladen auf DC Beads™, wie auch die Ladungskapazität und Kompatibilität mit Kontrastmitteln, wurde ebenfalls bewiesen. rn