924 resultados para rugosità esponente di Hurst materiali policristallini profilo di frattura Voronoi Delaunay
Resumo:
La necessità di conservazione e recupero di murature, di qualsiasi interesse storico/architettonico, ha evidenziato la necessità di conoscere il più dettagliatamente possibile le caratteristiche strutturali delle opere interessate: un intervento risulterà tanto più efficace e adatto agli scopi prefissi quanto maggiore sarà la conoscenza dell’opera, della sua evoluzione, dei materiali utilizzati per la realizzazione, della tecnica costruttiva e della struttura portante. Spesso è necessario eseguire interventi di adeguamento sismico di comuni edifici su cui poter intervenire più o meno indiscriminatamente, mentre, per opere di interesse storico è necessario ridurre al minimo l’invasività degli interventi: in tutti e due i casi, una buona riuscita dell’intervento dipende dalla conoscenza dell’organismo strutturale sul quale si deve operare. Come spesso accade, anche per opere di recente costruzione, risulta difficile poter recuperare i dati progettuali (disegni e calcoli) e spesso le tecniche e le tipologie utilizzate per le costruzioni si differenziavano da zona a zona, così come diversi erano i materiali da costruzione; risulta quindi evidente che per progettare una serie di interventi di recupero è necessario poter ottenere il maggior numero di informazioni al riguardo. Diverse sono le esperienze maturate in questo campo in tutta Europa e queste hanno mostrato come non è sufficiente intervenire con tecniche innovative per adeguare agli standard attuali di sicurezza opere del passato: infatti, in molti casi, l’applicazione sbagliata di queste tecniche o gli interventi progettati in modo non adeguato non hanno svolto il loro compito e in alcuni casi hanno peggiorato la situazione esistente. Dalle esperienze maturate è stato possibile osservare che anche le migliore tecniche di recupero non possono risultare efficaci senza un’adeguata conoscenza dello stato di degrado degli edifici, del loro assetto strutturale e delle possibili carenze. La diagnostica strutturale si vuole inserire proprio in questo livello potendo fornire ad un progettista tutte le informazioni necessarie per effettuare al meglio ed in maniera efficace gli interventi di recupero e restauro necessari. Oltre questi aspetti, le analisi diagnostiche possono essere utilizzate anche per verificare l’efficacia degli interventi effettuati. Diversi sono gli aspetti che si possono analizzare in un’indagine di diagnostica ed in base alle esigenze e alle necessità del rilievo da effettuare sono varie le tecniche a disposizione, ognuna con le sue peculiarità e potenzialità. Nella realizzazione di questa tesi sono state affrontate diverse problematiche che hanno previsto sia l’analisi di situazioni reali in cantiere, sia lo studio in laboratorio. La prima parte del presente elaborato prevede lo studio delle attività svolte a Palazzo Malvezzi, attuale sede della Provincia di Bologna. L’edificio, di interesse storico, ha subito diverse trasformazioni durate la sua vita ed in alcuni casi, queste, eseguite con tecnologie e materiali inadatti, hanno provocato variazioni nell’assetto statico della struttura; inoltre, il palazzo, è soggetto a movimenti a livello di fondazione in quanto è presente una faglia di subsidenza che attraversa l’edificio. Tutte queste problematiche hanno creato movimenti differenziali alla struttura in elevazione che si sono evidenziati con crepe distribuite in tutto l’edificio. Il primo aspetto analizzato (capitoli 4 e 5) è lo studio della profondità delle fessure presenti nel solaio della sala Rossa, sede dei comunicati stampa e delle conferenze della Provincia. Senza dubbio antiestetiche, le crepe presenti in una struttura, se sottovalutate, possono compromettere notevolmente le funzioni statiche dell’elemento in cui si sviluppano: la funzione di protezione fornita dal solaio o da qualsiasi altro elemento strutturale alle armature in questo immerse, viene meno, offrendo vie preferenziali a possibili situazioni di degrado, specialmente se in condizioni ambientali aggressive. E' facile intuire, quindi, che un aspetto all’apparenza banale come quello delle fessure non può essere sottovalutato. L’analisi è stata condotta utilizzando prove soniche ed impact-echo, tecniche che sfruttano lo stresso principio, la propagazione delle onde elastiche nel mezzo, ma che si differenziano per procedure di prova e frequenze generate nel test. Nel primo caso, la presenza del martello strumentato consente di valutare anche la velocità di propagazione delle onde elastiche, fenomeno utilizzato per ottenere indicazioni sulla compattezza del mezzo, mentre nel secondo non è possibile ricavare queste informazioni in quanto la tecnica si basa solamente sullo studio in frequenza del segnale. L’utilizzo dell’impact-echo è stato necessario in quanto la ristilatura effettuata sulle fessure scelte per l’analisi, non ha permesso di ottenere risultati utili tramite prove soniche ; infatti, le frequenze generate risultano troppo basse per poter apprezzare queste piccole discontinuità materiali. La fase di studio successiva ha previsto l’analisi della conformazione dei solai. Nel capitolo 6, tale studio, viene condotto sul solaio della sala Rossa con lo scopo di individuarne la conformazione e la presenza di eventuali elementi di rinforzo inseriti nelle ristrutturazioni avvenute nel corso della vita del palazzo: precedenti indagini eseguite con endoscopio, infatti, hanno mostrato una camera d’aria ed elementi metallici posizionati al di sotto della volta a padiglione costituente il solaio stesso. Le indagini svolte in questa tesi, hanno previsto l’utilizzo della strumentazione radar GPR: con questa tecnica, basata sulla propagazione delle onde elettromagnetiche all’interno di un mezzo, è possibile variare rapidamente la profondità d’ispezione ed il dettaglio ottenibile nelle analisi cambiando le antenne che trasmettono e ricevono il segnale, caratteristiche fondamentali in questo tipo di studio. I risultati ottenuti hanno confermato quanto emerso nelle precedenti indagini mostrando anche altri dettagli descritti nel capitolo. Altro solaio oggetto d’indagine è quello della sala dell’Ovale (capitoli 7 e 8): costruito per dividere l’antica sala da ballo in due volumi, tale elemento è provvisto al suo centro di un caratteristico foro ovale, da cui ne deriva il nome. La forma del solaio lascia supporre la presenza di una particolare struttura di sostegno che le precedenti analisi condotte tramite endoscopio, non sono riuscite a cogliere pienamente. Anche in questo caso le indagini sono state eseguite tramite tecnica radar GPR, ma a differenza dei dati raccolti nella sala Rossa, in questo caso è stato possibile creare un modello tridimensionale del mezzo investigato; inoltre, lo studio è stato ripetuto utilizzando un’antenna ad elevata risoluzione che ha consentito di individuare dettagli in precedenza non visibili. Un ulteriore studio condotto a palazzo Malvezzi riguarda l’analisi della risalita capillare all’interno degli elementi strutturali presenti nel piano interrato (capitolo 9): questo fenomeno, presente nella maggior parte delle opere civili, e causa di degrado delle stesse nelle zone colpite, viene indagato utilizzando il radar GPR. In questo caso, oltre che individuare i livelli di risalita osservabili nelle sezioni radar, viene eseguita anche un’analisi sulle velocità di propagazione del segnale e sulle caratteristiche dielettriche del mezzo, variabili in base al contenuto d’acqua. Lo scopo è quello di individuare i livelli massimi di risalita per poterli confrontare con successive analisi. Nella fase successiva di questo elaborato vengono presentate le analisi svolte in laboratorio. Nella prima parte, capitolo 10, viene ancora esaminato il fenomeno della risalita capillare: volendo studiare in dettaglio questo problema, sono stati realizzati dei muretti in laterizio (a 2 o 3 teste) e per ognuno di essi sono state simulate diverse condizioni di risalita capillare con varie tipologie di sale disciolto in acqua (cloruro di sodio e solfato di sodio). Lo scopo è di valutare i livelli di risalita osservabili per diverse tipologie di sale e per diverse concentrazioni dello stesso. Ancora una volta è stata utilizzata la tecnica radar GPR che permette non solo di valutare tali livelli, ma anche la distribuzione dell’umidità all’interno dei provini, riuscendo a distinguere tra zone completamente sature e zone parzialmente umide. Nello studio è stata valutata anche l’influenza delle concentrazioni saline sulla propagazione del segnale elettromagnetico. Un difetto delle tecniche di diagnostica è quello di essere strumenti qualitativi, ma non quantitativi: nel capitolo 11 viene affrontato questo problema cercando di valutare la precisione dei risultati ottenuti da indagini condotte con strumentazione radar GPR. Studiando gli stessi provini analizzati nel capitolo precedente, la tecnica radar è stata utilizzata per individuare e posizionare i difetti (muretti a 3 teste) e le pietre (muretti a 2 teste) inserite in questi elementi: i risultati ottenuti nella prova sono stati confrontati, infine, con la reale geometria. Nell’ultima parte (capitolo 12), viene esaminato il problema dell’individuazione dei vuoti all’interno di laterizi: per questo scopo sono state create artificialmente delle cavità di diversa forma e a diverse profondità all’interno di laterizi pieni che, dopo un trattamento in cella climatica per aumentarne la temperatura, sono stati sottoposti a riprese termografiche nella fase di raffreddamento. Lo scopo di queste prove è quello di valutare quale sia la massima differenza di temperatura superficiale causata dai diversi difetti e per quale intervallo di temperature questa si verifica.
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Il presente lavoro di tesi riguarda la sintesi di nanopolveri allumina-zirconia, seguendo tre differenti metodologie (sintesi per coprecipitazione, sintesi con il metodo dei citrati, sintesi idrotermale assistita da microonde) e il trattamento termico (calcinazione) delle polveri ottenute, mediante tecniche di riscaldamento convenzionali ed alternative (microonde). Lo scopo del lavoro è consistito nell’individuare, tra le tecniche esaminate, quella più idonea e conveniente, per la preparazione di nanopolveri cristalline 95 mol% Al2O3 – 5 mol% ZrO2 e nell’esaminare gli effetti che la calcinazione condotta con le microonde, ha sulle caratteristiche finali delle polveri, rispetto ai trattamenti termici convenzionali. I risultati ottenuti al termine del lavoro hanno evidenziato che, tra le tecniche di sintesi esaminate, la sintesi idrotermale assistita da microonde, risulta il metodo più indicato e che, il trattamento termico eseguito con le microonde, risulta di gran lunga vantaggioso rispetto a quello convenzionale. La sintesi idrotermale assistita da microonde consente di ottenere polveri nano cristalline poco agglomerate, che possono essere facilmente disaggregate e con caratteristiche microstrutturali del tutto peculiari. L’utilizzo di tale tecnica permette, già dopo la sintesi a 200°C/2ore, di avere ossido di zirconio, mentre per ottenere gli ossidi di alluminio, è sufficiente un ulteriore trattamento termico a basse temperature e di breve durata (400°C/ 5 min). Si è osservato, inoltre, che il trattamento termico condotto con le microonde comporta la formazione delle fasi cristalline desiderate (ossidi di alluminio e zirconio), impiegando (come per la sintesi) tempi e temperature significativamente ridotti. L’esposizione delle polveri per tempi ridotti e a temperature più basse consente di evitare la formazione di aggregati duri nelle nanopolveri finali e di contrastare il manifestarsi di fenomeni di accrescimento di grani, preservando così la “nanostruttura” delle polveri e le sue caratteristiche proprietà.
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Nonostante negli ultimi anni si sia verificato un generale abbassamento degli infortuni sul lavoro, si rileva che gli incidenti legati alle esplosioni sono rimasti pressoché stazionari. Questo indica la necessità, sia di una maggiore aderenza delle soluzioni di limitazione dei rischi adottate, alle direttive nazionali ed europee pur introdotte in campo legislativo, sia – soprattutto – di asseverare processi di valutazione dei rischi medesimi, caso per caso presentati dalle differenti realtà produttive. Nel lavoro qui presentato si è proceduto, quindi, dopo un'introduzione sulle dinamiche dei fenomeni fisico-chimici che portano all’esplosione, a proporre ed illustrare una metodologia di analisi ed adeguamento alle principali normative in materia di ATEX, ovvero alle Direttive europee di riferimento e alle norme tecniche CEI specialistiche mediante un approccio classico di analisi del rischio. Fine ultimo di tale metodologia sarà la definizione del livello di riduzione del rischio ottenuto grazie all’adeguamento alle predette Direttive. Preliminarmente viene definita una procedura di ottimizzazione per l’individuazione e classificazione le sorgenti di emissione, sia di gas e vapori, che di polveri. Analogo ragionamento viene, poi, condotto per le principali fonti d’innesco delle nubi. Utilizzando opportuni software nel continuo si definisce il livello di rischio pre-adeguamento, le aree di maggiore criticità (in cui procedere agli interventi di prevenzione e protezione, materiali e organizzativi) e il livello di rischio residuo post-adeguamento. La metodologia è stata applicata al caso reale di un impianto per la distillazione dell’etanolo.
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In questa tesi sono stati studiati i dati presenti in letteratura sugli gli effetti benefici sulla vita a fatica della lega Ti6Al4V del processo di pallinatura,con particolare interesse agli effetti sul processo della dimensione dei pallini e della durata del processo. Inoltre si sono analizzati i dati di letteratura riguardanti l'incremento di vita a fatica della lega Ti6Al4V ottenuto tramite il processo di ripallinatura e la relazione tra pallinatura,ripallinatura e fretting fatigue. Infine sono stati esaminati i dati sul comportamento a fatica della lega Ti6Al4V grado ELI per uso biomedico sottoposta a carico oligociclico ed ad alto numero di cicli.
Resumo:
Il progetto di tesi dottorale qui presentato intende proporsi come il proseguimento e l’approfondimento del progetto di ricerca - svoltosi tra il e il 2006 e il 2008 grazie alla collaborazione tra l’Università di Bologna, la Cineteca del Comune e dalla Fondazione Istituto Gramsci Emilia-Romagna - dal titolo Analisi e catalogazione dell’Archivio audiovisivo del PCI dell’Emilia-Romagna di proprietà dell’Istituto Gramsci. La ricerca ha indagato la menzionata collezione che costituiva, in un arco temporale che va dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta, una sorta di cineteca interna alla Federazione del Partito Comunista Italiano di Bologna, gestita da un gruppo di volontari denominato “Gruppo Audiovisivi della Federazione del PCI”. Il fondo, entrato in possesso dell’Istituto Gramsci nel 1993, è composto, oltre che da documenti cartacei, anche e sopratutto da un nutrito numero di film e documentari in grado di raccontare sia la storia dell’associazione (in particolare, delle sue relazioni con le sezioni e i circoli della regione) sia, in una prospettiva più ampia, di ricostruire il particolare rapporto che la sede centrale del partito intratteneva con una delle sue cellule regionali più importanti e rappresentative. Il lavoro svolto sul fondo Gramsci ha suscitato una serie di riflessioni che hanno costituito la base per il progetto della ricerca presentata in queste pagine: prima fra tutte, l’idea di realizzare un censimento, da effettuarsi su base regionale, per verificare quali e quanti audiovisivi di propaganda comunista fossero ancora conservati sul territorio. La ricerca, i cui esiti sono consultabili nell’appendice di questo scritto, si è concentrata prevalentemente sugli archivi e sui principali istituti di ricerca dell’Emilia-Romagna: sono questi i luoghi in cui, di fatto, le federazioni e le sezioni del PCI depositarono (o alle quali donarono) le proprie realizzazioni o le proprie collezioni audiovisive al momento della loro chiusura. Il risultato dell’indagine è un nutrito gruppo di film e documentari, registrati sui supporti più diversi e dalle provenienze più disparate: produzioni locali, regionali, nazionali (inviati dalla sede centrale del partito e dalle istituzioni addette alla propaganda), si mescolano a pellicole provenienti dall’estero - testimoni della rete di contatti, in particolare con i paesi comunisti, che il PCI aveva intessuto nel tempo - e a documenti realizzati all’interno dell’articolato contesto associazionistico italiano, composto sia da organizzazioni nazionali ben strutturate sul territorio 8 sia da entità più sporadiche, nate sull’onda di particolari avvenimenti di natura politica e sociale (per esempio i movimenti giovanili e studenteschi sorti durante il ’68). L’incontro con questa tipologia di documenti - così ricchi di informazioni differenti e capaci, per loro stessa natura, di offrire stimoli e spunti di ricerca assolutamente variegati - ha fatto sorgere una serie di domande di diversa natura, che fanno riferimento non solo all’audiovisivo in quanto tale (inteso in termini di contenuti, modalità espressive e narrative, contesto di produzione) ma anche e soprattutto alla natura e alle potenzialità dell’oggetto indagato, concepito in questo caso come una fonte. In altri termini, la raccolta e la catalogazione del materiale, insieme alle ricerche volte a ricostruirne le modalità produttive, gli argomenti, i tratti ricorrenti nell’ambito della comunicazione propagandistica, ha dato adito a una riflessione di carattere più generale, che guarda al rapporto tra mezzo cinematografico e storiografia e, più in dettaglio, all’utilizzo dell’immagine filmica come fonte per la ricerca. Il tutto inserito nel contesto della nostra epoca e, più in particolare, delle possibilità offerte dai mezzi di comunicazione contemporanei. Di fatti, il percorso di riflessione compiuto in queste pagine intende concludersi con una disamina del rapporto tra cinema e storia alla luce delle novità introdotte dalla tecnologia moderna, basata sui concetti chiave di riuso e di intermedialità. Processi di integrazione e rielaborazione mediale capaci di fornire nuove potenzialità anche ai documenti audiovisivi oggetto dei questa analisi: sia per ciò che riguarda il loro utilizzo come fonte storica, sia per quanto concerne un loro impiego nella didattica e nell’insegnamento - nel rispetto della necessaria interdisciplinarietà richiesta nell’utilizzo di questi documenti - all’interno di una più generale rivoluzione mediale che mette in discussione anche il classico concetto di “archivio”, di “fonte” e di “documento”. Nel tentativo di bilanciare i differenti aspetti che questa ricerca intende prendere in esame, la struttura del volume è stata pensata, in termini generali, come ad un percorso suddiviso in tre tappe: la prima, che guarda al passato, quando gli audiovisivi oggetto della ricerca vennero prodotti e distribuiti; una seconda sezione, che fa riferimento all’oggi, momento della riflessione e dell’analisi; per concludere in una terza area, dedicata alla disamina delle potenzialità di questi documenti alla luce delle nuove tecnologie multimediali. Un viaggio che è anche il percorso “ideale” condotto dal ricercatore: dalla scoperta all’analisi, fino alla rimessa in circolo (anche sotto un’altra forma) degli oggetti indagati, all’interno di un altrettanto ideale universo culturale capace di valorizzare qualsiasi tipo di fonte e documento. All’interno di questa struttura generale, la ricerca è stata compiuta cercando di conciliare diversi piani d’analisi, necessari per un adeguato studio dei documenti rintracciati i quali, come si è detto, si presentano estremamente articolati e sfaccettati. 9 Dal punto di vista dei contenuti, infatti, il corpus documentale presenta praticamente tutta la storia italiana del tentennio considerato: non solo storia del Partito Comunista e delle sue campagne di propaganda, ma anche storia sociale, culturale ed economica, in un percorso di crescita e di evoluzione che, dagli anni Cinquanta, portò la nazione ad assumere lo status di paese moderno. In secondo luogo, questi documenti audiovisivi sono prodotti di propaganda realizzati da un partito politico con il preciso scopo di convincere e coinvolgere le masse (degli iscritti e non). Osservarne le modalità produttive, il contesto di realizzazione e le dinamiche culturali interne alla compagine oggetto della ricerca assume un valore centrale per comprendere al meglio la natura dei documenti stessi. I quali, in ultima istanza, sono anche e soprattutto dei film, realizzati in un preciso contesto storico, che è anche storia della settima arte: più in particolare, di quella cinematografia che si propone come “alternativa” al circuito commerciale, strettamente collegata a quella “cultura di sinistra” sulla quale il PCI (almeno fino alla fine degli anni Sessanta) poté godere di un dominio incontrastato. Nel tentativo di condurre una ricerca che tenesse conto di questi differenti aspetti, il lavoro è stato suddiviso in tre sezioni distinte. La prima (che comprende i capitoli 1 e 2) sarà interamente dedicata alla ricostruzione del panorama storico all’interno del quale questi audiovisivi nacquero e vennero distribuiti. Una ricostruzione che intende osservare, in parallelo, i principali eventi della storia nazionale (siano essi di natura politica, sociale ed economica), la storia interna del Partito Comunista e, non da ultimo, la storia della cinematografia nazionale (interna ed esterna al partito). Questo non solo per fornire il contesto adeguato all’interno del quale inserire i documenti osservati, ma anche per spiegarne i contenuti: questi audiovisivi, infatti, non solo sono testimoni degli eventi salienti della storia politica nazionale, ma raccontano anche delle crisi e dei “boom” economici; della vita quotidiana della popolazione e dei suoi problemi, dell’emigrazione, della sanità e della speculazione edilizia; delle rivendicazioni sociali, del movimento delle donne, delle lotte dei giovani sessantottini. C’è, all’interno di questi materiali, tutta la storia del paese, che è contesto di produzione ma anche soggetto del racconto. Un racconto che, una volta spiegato nei contenuti, va indagato nella forma. In questo senso, il terzo capitolo di questo scritto si concentrerà sul concetto di “propaganda” e nella sua verifica pratica attraverso l’analisi dei documenti reperiti. Si cercherà quindi di realizzare una mappatura dei temi portanti della comunicazione politica comunista osservata nel suo evolversi e, in secondo luogo, di analizzare come questi stessi temi-chiave vengano di volta in volta declinati e 10 rappresentati tramite le immagini in movimento. L’alterità positiva del partito - concetto cardine che rappresenta il nucleo ideologico fondante la struttura stessa del Partito Comunista Italiano - verrà quindi osservato nelle sue variegate forme di rappresentazione, nel suo incarnare, di volta in volta, a seconda dei temi e degli argomenti rilevanti, la possibilità della pace; il buongoverno; la verità (contro la menzogna democristiana); la libertà (contro il bigottismo cattolico); la possibilità di un generale cambiamento. La realizzazione di alcuni percorsi d’analisi tra le pellicole reperite presso gli archivi della regione viene proposto, in questa sede, come l’ideale conclusione di un excursus storico che, all’interno dei capitoli precedenti, ha preso in considerazione la storia della cinematografia nazionale (in particolare del contesto produttivo alternativo a quello commerciale) e, in parallelo, l’analisi della produzione audiovisiva interna al PCI, dove si sono voluti osservare non solo gli enti e le istituzioni che internamente al partito si occupavano della cultura e della propaganda - in una distinzione terminologica non solo formale - ma anche le reti di relazioni e i contatti con il contesto cinematografico di cui si è detto. L’intenzione è duplice: da un lato, per inserire la storia del PCI e dei suoi prodotti di propaganda in un contesto socio-culturale reale, senza considerare queste produzioni - così come la vita stessa del partito - come avulsa da una realtà con la quale necessariamente entrava in contatto; in secondo luogo, per portare avanti un altro tipo di discorso, di carattere più speculativo, esplicitato all’interno del quarto capitolo. Ciò che si è voluto indagare, di fatto, non è solo la natura e i contenti di questi documenti audiovisivi, ma anche il loro ruolo nel sistema di comunicazione e di propaganda di partito, dove quest’ultima è identificata come il punto di contatto tra l’intellighenzia comunista (la cultura alta, legittima) e la cultura popolare (in termini gramsciani, subalterna). Il PCI, in questi termini, viene osservato come un microcosmo in grado di ripropone su scala ridotta le dinamiche e le problematiche tipiche della società moderna. L’analisi della storia della sua relazione con la società (cfr. capitolo 2) viene qui letta alla luce di alcune delle principali teorie della storia del consumi e delle interpretazioni circa l’avvento della società di massa. Lo scopo ultimo è quello di verificare se, con l’affermazione dell’industria culturale moderna si sia effettivamente verificata la rottura delle tradizionali divisioni di classe, della classica distinzione tra cultura alta e bassa, se esiste realmente una zona intermedia - nel caso del partito, identificata nella propaganda - in cui si attui concretamente questo rimescolamento, in cui si realizzi realmente la nascita di una “terza cultura” effettivamente nuova e dal carattere comunitario. Il quinto e ultimo capitolo di questo scritto fa invece riferimento a un altro ordine di problemi e argomenti, di cui in parte si è già detto. La ricerca, in questo caso, si è indirizzata verso una 11 riflessione circa l’oggetto stesso dello studio: l’audiovisivo come fonte. La rassegna delle diverse problematiche scaturite dal rapporto tra cinema e storia è corredata dall’analisi delle principali teorie che hanno permesso l’evoluzione di questa relazione, evidenziando di volta in volta le diverse potenzialità che essa può esprimere le sue possibilità d’impiego all’interno di ambiti di ricerca differenti. Il capitolo si completa con una panoramica circa le attuali possibilità di impiego e di riuso di queste fonti: la rassegna e l’analisi dei portali on-line aperti dai principali archivi storici nazionali (e la relativa messa a disposizione dei documenti); il progetto per la creazione di un “museo multimediale del lavoro” e, a seguire, il progetto didattico dei Learning Objects intendono fornire degli spunti per un futuro, possibile utilizzo di questi documenti audiovisivi, di cui questo scritto ha voluto porre in rilievo il valore e le numerose potenzialità.
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La tesi si occupa della traduzione di Measure for Measure di Shakespeare scritta da Cesare Garboli e pubblicata nel 1992 con Einaudi nella collana «Scrittori tradotti da scrittori». La traduzione fu concepita per il Teatro Stabile di Torino diretto da Luca Ronconi, che debuttò al teatro Carignano nel 1992 e venne successivamente ripresa, con alcune varianti, dalla compagnia di Carlo Cecchi nel 1998, per una nuova messinscena al teatro Garibaldi di Palermo. A partire dagli esiti più recenti dei Translation Studies, il lavoro sviluppa uno studio comparato, dal punto di vista linguistico e sotto il profilo ermeneutico, fra la traduzione di Garboli, il testo originale nelle due edizioni Arden e Cambridge e le traduzioni italiane di Measure for Measure pubblicate nel Novecento. La parte finale della tesi è dedicata alle messinscene a Torino e a Palermo: un confronto per evidenziare gli elementi che in entrambe appartengono alla strutturazione del testo tradotto e i caratteri specifici degli universi di finzione raffigurati dai due registi.
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Il presente documento affronta l’impiego dell’effetto Coanda come metodo di sostentamento per velivoli UAV/UAS. A tal proposito è stato valutato il dimostratore costruito presso la facoltà mediante l’ottimizzazione del sistema propulsivo impiegato e la variazione di configurazioni atte a ricercare l’influenza sulla trazione, di alcuni parametri individuati dalla bibliografia. I dati raccolti sono stati posti a confronto con quelli pubblicati e in parte stimati, con alcuni dimostratori attualmente volanti. Dalle conclusioni elaborate dalla sperimentazione con il dimostratore, si è analizzato l’effetto Coanda su un semi-modello a profilo ellittico, variando la collocazione e la portata della sorgente, dandone una prima descrizione analitica.
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La mia tesi analizza il modo in cui è costruito il rapporto tra università e politica, con particolare sguardo sulle Università di Bucarest e di Bologna. E una ricerca empirica che si propone da una parte di fare una radiografia esatta della formulazione delle politiche dello stato in materia d’istruzione superiore, e dall’altro lato, di vedere la maniera in cui si sviluppa l’organizzazione interna delle università romene, prendendo come caso concreto l’Università di Bucarest. L’interesse per questo argomento è stato determinato dal fatto che la politica dell’educazione rappresenta una politica chiave nella ricostruzione dello stato democratico romeno dopo dicembre 1989. In secondo luogo l’intento di approfondire questo tema parte dal fatto che in Romania mancano degli studi consistenti sul percorso dell’università durante la transizione post communista, studi fatti nella prospettiva della scienza politica. In terzo luogo l’educazione è da sempre un argomento con portata politica. La tesi è articolata in tre parti, fondamentali per la comprehensione del rapporto tra politica è università: Università, Elites politiche e università, Stato e università. L’ipotesi è che l’educazione rappresenta un mezzo di legitimazzione per la politica, oppure, la carriera universitaria è un mezzo di legitimazzione per la carriera politica. Da qui deriva il fatto che l’università si constituisce in una fonte di reclutamento per i partiti politici e che in Romania le università private sono create per facilitare uno scambio di capitale, con lo scopo di facilitare il passaggio dal mondo politico verso il mondo accademico. Dal punto di vista metodologico, sono state utilizzate le fonti seguenti: archivio dell’università di Bucarest, fondo senato, periodo 1989-2004; archivio della Camera dei Deputati della Romania; l’archivio della Commisione per l’Insegnamento, la scienza e la gioventù della Camera dei Deputati e interviste semi-direttive con ex ministri dell’istruzione, consiglieri della Commisione per l’Insegnamento della Camera dei Deputati e altri politici. Inoltre, per il caso romeno è stata realizzata una banca dati con i membri del Parlamento romeno 1989-2008, per un totale di 2737 parlamentari, con lo scopo di realizzare il profilo educazionale dell’elite parlamentare nel post communismo. Nel periodo che abbiamo investigato, l’università si definisce attraverso il suo posizionamento verso il passato, da una parte perchè non esiste una politica dell’università romena che abbiamo incluso nello studio di caso, ma ci sono dei tentativi di conquistare i dirittti degli universitari, e dall’altra perchè il cambiamento dell’università è blocatto da routines di tipo burocratico. La relazione tra il mondo accademico e il mondo politico si costruisce a livello di cariera in un senso doppio: dal mondo accademico verso il mondo politico nello spirito della tradizione interbellica romena e dal mondo politico verso il mondo accademico, la cui comprensione è facilitata dal paragone con il caso italiano. Per la terza parte dello studio, possiamo osservare che lo stato è molto presente nello spazio educativo, fatto che rende difficile la negociazzione di una pertinente definizione dell’autonomia universitaria.
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La ricerca ha mirato a ricostruire storicamente quali furono le motivazioni che, tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, portarono gli amministratori della Cassa Risparmio in Bologna a progettare la creazione di un Museo d’arte e di Storia della città, delineandone quelli che furono i principali responsabili e protagonisti. Dall’analisi dei documenti conservati presso l’Archivio della Cassa di Risparmio è emerso uno studio approfondito dei protagonisti della politica artistica e culturale dell’Istituto, oltre che dei legami e delle relazioni intessute con le principali istituzioni cittadine. Lo studio si è progressivamente focalizzato su un particolare momento della storia di Bologna, quando, in seguito all’approvazione del Piano Regolatore del 1889, la città fu per oltre un trentennio sottoposta a radicali trasformazioni urbanistiche che ne cambiarono completamente l’aspetto. Tra i personaggi finora ignoti di questa storia è emerso il nome dell’ingegnere Giambattista Comelli, consigliere e vice segretario della banca alla fine del XIX secolo, che per primo, nel 1896, avanzò la proposta di creare un museo dell’Istituto. A differenza di quanto ritenuto sino ad oggi, questo avrebbe dovuto avere, nelle intenzioni originarie, esclusivamente funzione di riunire e mostrare oggetti e documenti inerenti la nascita e lo sviluppo della Cassa di Risparmio. Un museo, dunque, che ne celebrasse l’attività, mostrando alla città come la banca avesse saputo rispondere prontamente e efficacemente, anche nei momenti più critici, alle esigenze dei bolognesi. Personaggio oggi dimenticato, Comelli fu in realtà figura piuttosto nota in ambito cittadino, inserita nei principali sodalizi culturali dell’epoca, tra cui la Regia Deputazione di Storia Patria e il Comitato per Bologna Storico Artistica, assieme a quei Rubbiani, Cavazza e Zucchini, che tanta influenza ebbero, come vedremo in seguito, sugli orientamenti Si dovettero tuttavia aspettare almeno due decenni, affinché l’idea originaria di fondare un Museo della Cassa di Risparmio si evolvesse in un senso più complesso e programmatico. Le ricerche hanno infatti evidenziato che le Raccolte d’Arte della Cassa di Risparmio non avrebbero acquistato l’importanza e la consistenza che oggi ci è dato constatare senza l’intervento decisivo di un personaggio noto fino ad oggi soltanto per i suoi indubbi meriti artistici: Alfredo Baruffi. Impiegato come ragioniere della Cassa fin dai diciotto anni, il Baruffi divenne, una volta pensionato, il “conservatore” delle Collezioni della Cassa di Risparmio. Fu lui a imprimere un nuovo corso all’originaria idea di Comelli, investendo tutte le proprie energie nella raccolta di dipinti, disegni, incisioni, libri, incunaboli, autografi, fotografie e oggetti d’uso quotidiano, col proposito di creare un museo che raccontasse la storia di Bologna e delle sue ultime grandi trasformazioni urbanistiche. Attraverso l’attenta analisi dei documenti cartacei e il raffronto con le opere in collezione è stato quindi possibile ricostruire passo dopo passo la nascita di un progetto culturale di ampia portata. La formazione della raccolta fu fortemente influenzata dalle teorie neomedievaliste di Alfonso Rubbiani, oltre che dalla volontà di salvaguardare, almeno a livello documentario, la memoria storica della Bologna medievale che in quegli anni stava per essere irrimediabilmente cancellata. Le scelte che orientarono la raccolta dei materiali, recentemente confluiti per la maggior parte nelle Collezioni della Fondazione della Cassa di Risparmio in Bologna, acquistano, con questo studio una nuova valenza grazie alla scoperta degli stretti rapporti che Baruffi intrattenne coi principali rappresentanti della cerchia rubbianesca, tra cui Francesco Cavazza, Guido Zucchini e Albano Sorbelli. Con essi Baruffi partecipò infatti a numerosi sodalizi e iniziative quali il Comitato per Bologna Storico Artistica, la “Mostra Bologna che fu” e la società Francesco Francia, che segnarono profondamente l’ambiente culturale cittadino. La portata e la qualità delle scelte condotte da Baruffi nell’acquisto e raccolta dei materiali si rivela ancora oggi, a distanza di quasi un secolo, attenta e mirata per il ruolo documentario che le Raccolte avevano e hanno assunto quali preziose e spesso uniche testimonianze del recente passato cittadino. Esaminata tutta la documentazione inerente la nascita delle Raccolte, la ricerca si è ha successivamente concentrata sulla vicenda di acquisto del fondo delle incisioni carraccesche della collezione Casati. La prima parte del lavoro è consistita nel repertoriare e trascrivere tutti i documenti relativi alla transazione d’acquisto, avvenuta nel 1937, vicenda che per la sua complessità impegnò per molti mesi, in un fitto carteggio, Baruffi, la direzione della Cassa e l’antiquario milanese Cesare Fasella. Il raffronto tra documenti d’archivio, inventari e materiale grafico ha permesso di ricostituire, seppur con qualche margine di incertezza, l’intera collezione Casati, individuando quasi 700 incisioni e 22 dei 23 disegni che la componevano. L’ultima fase di studio ha visto l’inventariazione e la catalogazione delle 700 incisioni. Il catalogo è stato suddiviso per autori, partendo dalle incisioni attribuite con certezza ad Agostino e ai suoi copisti, per poi passare ad Annibale e a Ludovico e ai loro copisti. Le incisioni studiate si sono rivelate tutte di grande qualità. Alcuni esemplari sono inoltre particolarmente significativi dal punto di vista storico-critico, perché mai citati nei tre principali e più recenti repertori di stampe carraccesche. Lo studio si conclude con l’individuazione di una stretta correlazione tra il pensiero e della pratica operatività in qualità di archivista, museografo e opinionista, di un altrettanto decisivo protagonista della ricerca, lo storico dell’arte Corrado Ricci, la cui influenza esercitata nell’ambiente culturale bolognese di quegli anni è già sottolineata nel primo capitolo. La conclusione approfondisce i possibili raporti e legami tra Baruffi e Corrado Ricci i cui interventi attorno alla questione della tutela e della salvaguardia del patrimonio storico, artistico, e paesaggistico italiano furono fondamentali per la nascita di una coscienza artistica e ambientale comune e per il conseguente sviluppo di leggi ad hoc. Numerose furono infatti le occasioni d’incontro tra Baruffi e Ricci. Qesti fu socio onorario del Comitato per Bologna Storico Artistica, nonché, quando era già Direttore Generale delle Belle Arti, presidente della storica mostra “Bologna che fu”. Sia Ricci che Baruffi fecero inoltre parte di quelle iniziative volte alla difesa e alla valorizzazione del paesaggio naturale, inteso anche in un ottica di promozione turistica, che videro la nascita proprio in Emilia Romagna: nel 1889 nasce l’Associazione Pro Montibus et silvis, del 1906 è l’Associazione nazionale per i paesaggi e monumenti pittoreschi, del 1912 è la Lega Nazionale per la protezione dei monumenti naturali. Queste iniziative si concretizzarono con la fondazione a Milano nel 1913 del Comitato Nazionale per la difesa del paesaggio e i monumenti italici, costituitosi presso la sede del Touring Club Italiano. Quelle occasioni d’incontro, come pure gli scritti di Ricci, trovarono certamente un terreno fertile in Baruffi conservatore, che nella formazione delle Collezioni, come pure nelle sua attività di “promotore culturale”, ci appare oggi guidato dalle teorie e dall’esempio pratico dei due numi tutelari: Alfonso Rubbiani e Corrado Ricci. La ricerca di documentazione all’interno di archivi e biblioteche cittadine, ha infine rivelato che il ruolo svolto da Baruffi come “operatore culturale” non fu quello di semplice sodale, ma di vero protagonista della scena bolognese. Soprattutto a partire dal secondo decennio del Novecento, quando fors’anche a seguito della morte del “maestro” Rubbiani, egli divenne uno tra i personaggi più impegnati in iniziative di tutela e promozione del patrimonio artistico cittadino, antico e moderno che fosse, intese a condizionare la progettualità politica e culturale della città. In tale contesto si può ben arguire il ruolo che avrebbero assunto le Collezioni storico artistiche numismatiche, popolaresche, della Cassa di Risparmio, cui Baruffi dedicò tutta la sua carriera successiva.
Resumo:
In questo lavoro, sono stati analizzati come caso di studio due tipi di salami fermentati italiani (tipo Felino e tipo Milano). Lo scopo è stato quello di valutare l’effetto di diverse condizioni ambientali nelle celle d’asciugamento e l’effetto di diverse colture starter sulle caratteristiche dei salami di produzione industriale. Alla fine della maturazione, i salami ottenuti sono stati analizzati per determinare i conteggi microbici, l’accumulo di ammine biogene (AB) e il profilo aromatico volatile, mediante l’utilizzo delle analisi SPME-GC. Questi profili sono stati confrontati con i risultati di un gruppo panel esperto. I salami tipo Felino, inoculati solo con Stafilococchi, sono stati caratterizzati da un lento abbassamento del pH e dalla presenza di alti contenuti di AB. Inoltre, sono state osservate le attività enzimatiche specifiche degli Stafilococchi, come il metabolismo della fenilalanina, che hanno modificato radicalmente i profili volatili del prodotto. Anche le diverse condizioni d’asciugamento applicate sono state in grado d’influenzare alcune caratteristiche sensoriali dei prodotti finali come la durezza e la masticabilità che mostrano diverse cinetiche di perdita d’acqua.
Resumo:
Tesi svolta presso l'azienda “Riba composites S.r.l.” con lo scopo di riprogettare una passerella nautica utilizzata in imbarcazioni a vela da competizione, attualmente realizzata mediante formatura in autoclave di tessuti pre-impregnati, per il processo produttivo di Vacuum Assisted Resin Injection (VARI). La formatura in autoclave di tessuti pre-impregnati è una delle tecnologie più onerose, tra i vari processi produttivi nel settore dei materiali compositi, ma assicura proprietà meccaniche e livelli estetici superlativi. L’obiettivo della Riba Composites è ridurre i costi di produzione per offrire un prodotto dalle proprietà analoghe a un prezzo più competitivo. Nella fase di riprogettazione ci siamo affidati a un software di calcolo agli elementi finiti che simula il processo del VARI, l’applicativo PAM-RTM, del gruppo ESI. Al fine di ottenere una simulazione quanto più precisa possibile del processo, abbiamo realizzato molteplici prove sperimentali per ricavare i valori di compressibilità e permeabilità dei rinforzi da inserire nel software FEM.
Resumo:
Il mio percorso universitario presso la Facoltà di Architettura di Cesena ha inizio nell’anno accademico 2006-2007. Il titolo della tesi “Conoscere per conservare3, conservare per conoscere” sintetizza l’importanza di offrire una spiegazione della tematica della conoscenza e della sua necessità, la quale risulta essere indispensabile per ottenere un buon progetto di restauro. Progettare un edificio senza conoscerlo appare una scelta ingiustificabile, è tuttavia necessario che la raccolta di dati analitici non sia fine a se stessa e solo finalizzata a donare una facciata di rispettabilità all’architetto e alle sue operazioni progettuali. A partire da questa riflessione si arriva inevitabilmente a parlare di “ricerca della metodologia del restauro” e delle tecniche con il quale questo deve venire affrontato in termini di “piccolo restauro” (ossia restauro delle superfici). Nonostante infatti ogni cantiere di restauro abbia una sua particolare storia è comunque necessario un metodo chiaro e ordinato, di procedure collaudate e di tecniche ben sperimentate. Alla luce di tali osservazioni i temi di seguito proposti sono occasione di una riflessione nel contempo teorica e pratica, con particolare riferimento al restauro e alla conservazione delle superfici; gli edifici scelti appartengono a temi molto differenti l’uno dell’altro e per entrambi verrà proposta una ipotesi di conservazione e restauro delle superfici. Il primo, Palazzo Guidi, è un palazzo settecentesco sito all’interno del centro storico della città di Cesena; il secondo, la Rocca Malatestiana, costruita a partire dal 1100 dalla famiglia dei Malatesta trova la sua ubicazione in cima a una roccia nella alta Valmarecchia. Il progetto per la conservazione ed il restauro di Palazzo Guidi risulta essere la sintesi degli apprendimenti ricevuti nei precedenti anni accademici in due diverse discipline quali: “Rilievo architettonico” e “Laboratorio di restauro architettonico”. Per quanto concerne la Rocca Malatestiana il tema proposto nasce invece a partire dal progetto del “LSF. Archeologia e progetto di architettura” il quale è stato maggiormente approfondito riguardo le tematiche del restauro con la collaborazione del Prof. Arch. Andrea Ugolini e con l’ausilio del corso di “Conservazione e trattamento dei materiali” seguito presso la Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali di Ravenna.
Resumo:
La Tomografia Computerizzata (TC) perfusionale rappresenta attualmente una importante tecnica di imaging radiologico in grado di fornire indicatori funzionali di natura emodinamica relativi alla vascolarizzazione dei tessuti investigati. Le moderne macchine TC consentono di effettuare analisi funzionali ad una elevata risoluzione spaziale e temporale, provvedendo ad una caratterizzazione più accurata di zone di interesse clinico attraverso l’analisi dinamica della concentrazione di un mezzo di contrasto, con dosi contenute per il paziente. Tale tecnica permette potenzialmente di effettuare una valutazione precoce dell’efficacia di trattamenti antitumorali, prima ancora che vengano osservate variazioni morfologiche delle masse tumorali, con evidenti benefici prognostici. I principali problemi aperti in questo campo riguardano la standardizzazione dei protocolli di acquisizione e di elaborazione delle sequenze perfusionali, al fine di una validazione accurata e consistente degli indicatori funzionali nella pratica clinica. Differenti modelli matematici sono proposti in letteratura al fine di determinare parametri di interesse funzionale a partire dall’analisi del profilo dinamico del mezzo di contrasto in differenti tessuti. Questa tesi si propone di studiare, attraverso l’analisi e l’elaborazione di sequenze di immagini derivanti da TC assiale perfusionale, due importanti modelli matematici di stima della perfusione. In particolare, vengono presentati ed analizzati il modello del massimo gradiente ed il modello deconvoluzionale, evidenziandone tramite opportune simulazioni le particolarità e le criticità con riferimento agli artefatti più importanti che influenzano il protocollo perfusionale. Inoltre, i risultati ottenuti dall’analisi di casi reali riguardanti esami perfusionali epatici e polmonari sono discussi al fine di valutare la consistenza delle misure quantitative ottenute tramite i due metodi con le considerazioni di natura clinica proposte dal radiologo.
Resumo:
Il presente lavoro di tesi è frutto di una collaborazione fra il Dipartimento di Chimica Fisica ed Inorganica (gruppo del Prof. Valerio Zanotti – Mattia Vaccari, Dr. Rita Mazzoni) ed il Dipartimento di Chimica Industriale e dei Materiali (gruppo del Prof. Angelo Vaccari – Dr. Thomas Pasini, Dr. Stefania Albonetti, Prof. Fabrizio Cavani) e si inserisce il un progetto volto a valutare l’attività e la selettività del catalizzatore di idrogenazione di Shvo 1, verso l’idrogenazione selettiva del doppio legame polare del 5-idrossimetilfurfurale (HMF) in fase omogenea. L’HMF è un composto di natura organica facilmente ottenibile dalle biomasse, il quale può essere impiegato come building block per ottenere prodotti ad alto valore aggiunto per la chimica fine o additivi per biocarburanti aventi un elevato potere calorifico. In particolare la nostra attenzione si è rivolta alla produzione del 2,5-diidrossimetilfurano (BHMF), un importante building block per la produzione di polimeri e schiume poliuretaniche. Il lavoro di tesi da me svolto ha riguardato la messa a punto di una nuova metodologia sintetica per la preparazione del catalizzatore di Shvo e lo studio della sua attività catalitica nella riduzione di HMF a BHMF. Il comportamento del catalizzatore è stato monitorato studiando la resa in BHMF in funzione di tutti i parametri di reazione: temperatura, pressione di H2, solvente, rapporto molare substrato/catalizzatore, concentrazione, tempo. Successivamente è stata valutata la possibilità di riciclare il catalizzatore recuperando il prodotto di estrazione con acqua, per precipitazione o eseguendo la reazione in miscela bifasica (toluene/H2O). The present work is a collaboration between the Department of Physics and Inorganic Chemistry (group of Prof. Valerio Zanotti - Mattia Vaccari, Dr. Rita Mazzoni) and the Department of Industrial Chemistry and Materials (Group of Prof. Angelo Vaccari - Dr. Thomas Pasini, Dr. Stefania Albonetti, Prof. Fabrizio Cavani), and it’s a project devoted to evaluate the activity and selectivity of the Shvo catalyst, in the selective hydrogenation of polar double bond of 5 -hydroxymethylfurfural (HMF) in homogeneous phase. The HMF is an organic compound easily obtained from biomass, which can be used as a building block for fine chemicals abd polymer production or additives for biofuels with a high calorific value. In particular, our attention turned to the production of 2.5-bishydroxymethylfuran (BHMF), an important building block for the production of polymers and polyurethane foams. This thesis has involved the development of a new synthetic methodology for the preparation of Shvo’s catalyst and the study of its catalytic activity in the reduction of HMF to BHMF. The behavior of the catalyst was monitored by studying the yield in BHMF as a function of all the reaction parameters: temperature, pressure of H2, solvent, substrate to catalyst molar ratio, concentration, time. Subsequently it was evaluated the possibility of recycling the catalyst recovering the product of extraction with water, by precipitation or performing the reaction in biphasic mixture (toluene/H2O).