948 resultados para Public spaces
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In recent years the availability of equipment for exercise in public places increased demand on the principles of universal design, ergonomics and accessibility, since they are intended for use by many different users. This paper presents an analysis of ergonomic equipment and discusses the main problems observed, as well as projective presents parameters for the development of new products.
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There are several researches on evaluation of urban public space, but not all establish a relationship between the configuration of spaces with the thermal environment, ergonomics and environmental behavior of users. To understand this relationship, the aim of this paper is to present the model DEPAN (Design for Permanence and Attractiveness in niches open spaces of conviviality), based on graphical meshes, which were designed to evaluate the influence of design and ergonomics of open public spaces in the human thermal comfort and the ways in which users appropriate the space. Its applicability is demonstrated through a case study conducted in a park in the city of Bauru-SP. To perform this evaluation public space niches were chosen. They were formed by morphological elements and street furniture and defined by their spatial arrangements. The collected data were incorporated into a Geographic Information System (GIS), which allowed the overlay of meshes. The results indicate that the DEPAN model allows the verification of the spatial characteristics, thermal quality and ergonomic design generated by spaces, as well as the evaluation of the influence of these aspects in the way of using the spaces. The model allows the generation of a classification for every niche and set a value for the level of service offered.
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La ricerca si propone di definire le linee guida per la stesura di un Piano che si occupi di qualità della vita e di benessere. Il richiamo alla qualità e al benessere è positivamente innovativo, in quanto impone agli organi decisionali di sintonizzarsi con la soggettività attiva dei cittadini e, contemporaneamente, rende evidente la necessità di un approccio più ampio e trasversale al tema della città e di una più stretta relazione dei tecnici/esperti con i responsabili degli organismi politicoamministrativi. La ricerca vuole indagare i limiti dell’urbanistica moderna di fronte alla complessità di bisogni e di nuove necessità espresse dalle popolazioni urbane contemporanee. La domanda dei servizi è notevolmente cambiata rispetto a quella degli anni Sessanta, oltre che sul piano quantitativo anche e soprattutto sul piano qualitativo, a causa degli intervenuti cambiamenti sociali che hanno trasformato la città moderna non solo dal punto di vista strutturale ma anche dal punto di vista culturale: l’intermittenza della cittadinanza, per cui le città sono sempre più vissute e godute da cittadini del mondo (turisti e/o visitatori, temporaneamente presenti) e da cittadini diffusi (suburbani, provinciali, metropolitani); la radicale trasformazione della struttura familiare, per cui la famiglia-tipo costituita da una coppia con figli, solido riferimento per l’economia e la politica, è oggi minoritaria; l’irregolarità e flessibilità dei calendari, delle agende e dei ritmi di vita della popolazione attiva; la mobilità sociale, per cui gli individui hanno traiettorie di vita e pratiche quotidiane meno determinate dalle loro origini sociali di quanto avveniva nel passato; l’elevazione del livello di istruzione e quindi l’incremento della domanda di cultura; la crescita della popolazione anziana e la forte individualizzazione sociale hanno generato una domanda di città espressa dalla gente estremamente variegata ed eterogenea, frammentata e volatile, e per alcuni aspetti assolutamente nuova. Accanto a vecchie e consolidate richieste – la città efficiente, funzionale, produttiva, accessibile a tutti – sorgono nuove domande, ideali e bisogni che hanno come oggetto la bellezza, la varietà, la fruibilità, la sicurezza, la capacità di stupire e divertire, la sostenibilità, la ricerca di nuove identità, domande che esprimono il desiderio di vivere e di godere la città, di stare bene in città, domande che non possono essere più soddisfatte attraverso un’idea di welfare semplicemente basata sull’istruzione, la sanità, il sistema pensionistico e l’assistenza sociale. La città moderna ovvero l’idea moderna della città, organizzata solo sui concetti di ordine, regolarità, pulizia, uguaglianza e buon governo, è stata consegnata alla storia passata trasformandosi ora in qualcosa di assai diverso che facciamo fatica a rappresentare, a descrivere, a raccontare. La città contemporanea può essere rappresentata in molteplici modi, sia dal punto di vista urbanistico che dal punto di vista sociale: nella letteratura recente è evidente la difficoltà di definire e di racchiudere entro limiti certi l’oggetto “città” e la mancanza di un convincimento forte nell’interpretazione delle trasformazioni politiche, economiche e sociali che hanno investito la società e il mondo nel secolo scorso. La città contemporanea, al di là degli ambiti amministrativi, delle espansioni territoriali e degli assetti urbanistici, delle infrastrutture, della tecnologia, del funzionalismo e dei mercati globali, è anche luogo delle relazioni umane, rappresentazione dei rapporti tra gli individui e dello spazio urbano in cui queste relazioni si muovono. La città è sia concentrazione fisica di persone e di edifici, ma anche varietà di usi e di gruppi, densità di rapporti sociali; è il luogo in cui avvengono i processi di coesione o di esclusione sociale, luogo delle norme culturali che regolano i comportamenti, dell’identità che si esprime materialmente e simbolicamente nello spazio pubblico della vita cittadina. Per studiare la città contemporanea è necessario utilizzare un approccio nuovo, fatto di contaminazioni e saperi trasversali forniti da altre discipline, come la sociologia e le scienze umane, che pure contribuiscono a costruire l’immagine comunemente percepita della città e del territorio, del paesaggio e dell’ambiente. La rappresentazione del sociale urbano varia in base all’idea di cosa è, in un dato momento storico e in un dato contesto, una situazione di benessere delle persone. L’urbanistica moderna mirava al massimo benessere del singolo e della collettività e a modellarsi sulle “effettive necessità delle persone”: nei vecchi manuali di urbanistica compare come appendice al piano regolatore il “Piano dei servizi”, che comprende i servizi distribuiti sul territorio circostante, una sorta di “piano regolatore sociale”, per evitare quartieri separati per fasce di popolazione o per classi. Nella città contemporanea la globalizzazione, le nuove forme di marginalizzazione e di esclusione, l’avvento della cosiddetta “new economy”, la ridefinizione della base produttiva e del mercato del lavoro urbani sono espressione di una complessità sociale che può essere definita sulla base delle transazioni e gli scambi simbolici piuttosto che sui processi di industrializzazione e di modernizzazione verso cui era orientata la città storica, definita moderna. Tutto ciò costituisce quel complesso di questioni che attualmente viene definito “nuovo welfare”, in contrapposizione a quello essenzialmente basato sull’istruzione, sulla sanità, sul sistema pensionistico e sull’assistenza sociale. La ricerca ha quindi analizzato gli strumenti tradizionali della pianificazione e programmazione territoriale, nella loro dimensione operativa e istituzionale: la destinazione principale di tali strumenti consiste nella classificazione e nella sistemazione dei servizi e dei contenitori urbanistici. E’ chiaro, tuttavia, che per poter rispondere alla molteplice complessità di domande, bisogni e desideri espressi dalla società contemporanea le dotazioni effettive per “fare città” devono necessariamente superare i concetti di “standard” e di “zonizzazione”, che risultano essere troppo rigidi e quindi incapaci di adattarsi all’evoluzione di una domanda crescente di qualità e di servizi e allo stesso tempo inadeguati nella gestione del rapporto tra lo spazio domestico e lo spazio collettivo. In questo senso è rilevante il rapporto tra le tipologie abitative e la morfologia urbana e quindi anche l’ambiente intorno alla casa, che stabilisce il rapporto “dalla casa alla città”, perché è in questa dualità che si definisce il rapporto tra spazi privati e spazi pubblici e si contestualizzano i temi della strada, dei negozi, dei luoghi di incontro, degli accessi. Dopo la convergenza dalla scala urbana alla scala edilizia si passa quindi dalla scala edilizia a quella urbana, dal momento che il criterio del benessere attraversa le diverse scale dello spazio abitabile. Non solo, nei sistemi territoriali in cui si è raggiunto un benessere diffuso ed un alto livello di sviluppo economico è emersa la consapevolezza che il concetto stesso di benessere sia non più legato esclusivamente alla capacità di reddito collettiva e/o individuale: oggi la qualità della vita si misura in termini di qualità ambientale e sociale. Ecco dunque la necessità di uno strumento di conoscenza della città contemporanea, da allegare al Piano, in cui vengano definiti i criteri da osservare nella progettazione dello spazio urbano al fine di determinare la qualità e il benessere dell’ambiente costruito, inteso come benessere generalizzato, nel suo significato di “qualità dello star bene”. E’ evidente che per raggiungere tale livello di qualità e benessere è necessario provvedere al soddisfacimento da una parte degli aspetti macroscopici del funzionamento sociale e del tenore di vita attraverso gli indicatori di reddito, occupazione, povertà, criminalità, abitazione, istruzione, etc.; dall’altra dei bisogni primari, elementari e di base, e di quelli secondari, culturali e quindi mutevoli, trapassando dal welfare state allo star bene o well being personale, alla wellness in senso olistico, tutte espressioni di un desiderio di bellezza mentale e fisica e di un nuovo rapporto del corpo con l’ambiente, quindi manifestazione concreta di un’esigenza di ben-essere individuale e collettivo. Ed è questa esigenza, nuova e difficile, che crea la diffusa sensazione dell’inizio di una nuova stagione urbana, molto più di quanto facciano pensare le stesse modifiche fisiche della città.
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Abstract Il tema delle infrastrutture, intese come parte dell’architettura dello spazio urbano e del territorio, assume un ruolo centrale in molti progetti contemporanei e costituisce la ragione di questa ricerca. E’ preso in esame, in particolare, il tracciato extraurbano della via Emilia, antica strada consolare romana la cui definizione risale al II sec. a.C., nel tratto compreso tra le città di Rimini e Forlì. Studiare la strada nel suo rapporto con il territorio locale ha significato in primo luogo prendere in considerazione la via Emilia in quanto manufatto, ma anche in quanto percorso che si compie nel tempo. Si è dunque cercato di mostrare come, in parallelo all’evoluzione della sua sezione e della geometria del suo tracciato, sia cambiata anche la sua fruizione, e come si sia evoluto il modo in cui la strada viene “misurata”, denominata e gestita. All’interno di una riflessione critica sulla forma e sul ruolo della strada nel corso dei secoli la Tesi rilegge il territorio nella sua dimensione di “palinsesto”, riconoscendo e isolando alcuni momenti in cui la via Emilia ha assunto un valore “simbolico” che rimanda alla Roma imperiale. La perdita del significato via Emilia, intesa come elemento di “costruzione” del territorio, ha origine con il processo di urbanizzazione diffusa che ha investito il territorio extraurbano a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. La condizione attuale della strada, sempre più congestionata dal traffico veicolare, costituisce la premesse per una riflessione sul futuro della sua forma e degli insediamenti che attraversa. La strategia proposta dagli Enti locali che prevede il raddoppio della strada, con la costruzione della via Emilia Bis, non garantisce solo un potenziamento infrastrutturale ma rappresenta l’occasione per sottrarre al tracciato attuale la funzione di principale asse di comunicazione extraurbana. La via Emilia potrebbe così recuperare il ruolo di itinerario narrativo, attraverso la configurazione dei suoi spazi collettivi, l’architettura dei suoi edifici, il significato dei suoi monumenti, e diventare spazio privilegiato di relazione e di aggregazione. The theme of urban infrastructures, thought as part of the design of urban space and territory, has a central role in several contemporary projects and is the reason of this research. The object of the study is the extra urban route of the via Emilia, an ancient roman road which has been defined in the II century b. C., in its stretch between the cities of Rimini and Forlì. Studying the road in its relationship with the local environment has meant first of all considering the via Emilia as an “artefact” but also as a path that takes place over time. The aim of this research was also to demonstrate how its fruition has changed together with the evolution of the section and geometry of the route, and how the road itself is measured, named and managed. Within a critical approach on the shape and on the role played by the road through the centuries, this Essay reinterprets the territory in its dimension of “palimpsest”, identifying and isolating some periods of time when the via Emilia assumed a symbolic value which recalls the Imperial Rome. The loss of the meaning of the via Emilia, intended as an element that “constitutes” the territory originates from a process of diffused urbanization, which spread in the extra urban environment from the end of the second world war. The actual condition of the road, more and more congested by traffic, is the premise of a reflection about the future of its shape and of the settlements alongside. The strategy proposed by the local authorities, that foresees to double the size of the road, building the via Emilia Bis, not only guarantees an infrastructural enhancement but also it represents an opportunity to take off from the road itself the current function of being the principal axis of extra urban connection. In this way the via Emilia could regain its role as a narrative itinerary, through the configuration of its public spaces, the architecture of its buildings, the meaning of its monuments, and then become a privileged space of relationship and aggregation.
Dall'involucro all'invaso. Lo spazio a pianta centrale nell'opera architettonica di Adalberto Libera
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An archetype selected over the centuries Adalberto Libera wrote little, showing more inclination to use the project as the only means of verification. This study uses a survey of the project for purely compositional space in relation to the reason that most other returns with continuity and consistency throughout his work. "The fruit of a type selected over centuries", in the words of Libera, is one of the most widely used and repeated spatial archetypes present in the history of architecture, given its nature as defined by a few consolidated elements and precisely defined with characters of geometric precision and absoluteness, the central space is provided, over the course of evolution of architecture, and its construction aspects as well as symbolic, for various uses, from historical period in which it was to coincide with sacred space for excellence, to others in which it lends itself to many different expressive possibilities of a more "secular". The central space was created on assumptions of a constructive character, and the same exact reason has determined the structural changes over the centuries, calling from time to time with advances in technology, the maximum extent possible and the different applications, which almost always have coincided with the reason for the monumental space. But it’s in the Roman world that the reason for the central space is defined from the start of a series of achievements that fix the character in perpetuity. The Pantheon was seen maximum results and, simultaneously, the archetype indispensable, to the point that it becomes difficult to sustain a discussion of the central space that excludes. But the reason the space station has complied, in ancient Rome, just as exemplary, monuments, public spaces or buildings with very different implications. The same Renaissance, on which Wittkower's proving itself once and for all, the nature and interpretation of sacred space station, and thus the symbolic significance of that invaded underlying interpretations related to Humanism, fixing the space-themed drawing it with the study and direct observation by the four-sixteenth-century masters, the ruins that in those years of renewed interest in the classical world, the first big pieces of excavation of ancient Rome brought to light with great surprise of all. Not a case, the choice to investigate the architectural work of Libera through the grounds of the central space. Investigating its projects and achievements, it turns out as the reason invoked particularly evident from the earliest to latest work, crossing-free period of the war which for many authors in different ways, the distinction between one stage and another, or the final miss. The theme and the occasion for Libera always distinct, it is precisely the key through which to investigate her work, to come to discover that the first-in this case the central plan-is the constant underlying all his work, and the second reason that the quota with or at the same time, we will return different each time and always the same Libera, formed on the major works remained from ancient times, and on this building method, means consciously, that the characters of architectural works, if valid, pass the time, and survive the use and function contingent. As for the facts by which to formalize it, they themselves are purely contingent, and therefore available to be transferred from one work to another, from one project to another, using also the loan. Using the same two words-at-issue and it becomes clear now how the theme of this study is the method of Libera and opportunity to the study of the central space in his work. But there is one aspect that, with respect to space a central plan evolves with the progress of the work of Libera on the archetype, and it is the reason behind all the way, just because an area built entirely on reason centric. It 'just the "center" of space that, ultimately, tells us the real progression and the knowledge that over the years has matured and changed in Libera. In the first phase, heavily laden with symbolic superstructure, even if used in a "bribe" from Free-always ill-disposed to sacrifice the idea of architecture to a phantom-center space is just the figure that identifies the icon represents space itself: the cross, the flame or the statue are different representations of the same idea of center built around an icon. The second part of the work of clearing the space station, changed the size of the orders but the demands of patronage, grows and expands the image space centric, celebratory nature that takes and becomes, in a different way, this same symbol . You see, one in all, as the project of "Civiltà Italiana" or symbolic arch are examples of this different attitude. And at the same point of view, you will understand how the two projects formulated on the reuse of the Mausoleum of Augustus is the key to its passage from first to second phase: the Ara Pacis in the second project, making itself the center of the composition "breaks" the pattern of symbolic figure in the center, because it is itself an architecture. And, in doing so, the transition takes place where the building itself-the central space-to become the center of that space that itself creates and determines, by extending the potential and the expressiveness of the enclosure (or cover) that defines the basin centered. In this second series of projects, which will be the apex and the point of "crisis" in the Palazzo dei Congressi all'E42 received and is no longer so, the symbol at the very geometry of space, but space itself and 'action' will be determined within this; action leading a movement, in the case of the Arco simbolico and the "Civiltà Italiana" or, more frequently, or celebration, as in the great Sala dei Recevimenti all’E42, which, in the first project proposal, is represented as a large area populated by people in suits, at a reception, in fact. In other words, in this second phase, the architecture is no longer a mere container, but it represents the shape of space, representing that which "contains". In the next step-determining the knowledge from which mature in their transition to post-war-is one step that radically changes the way centric space, although formally and compositionally Libera continues the work on the same elements, compounds and relationships in a different way . In this last phase Freedom, center, puts the man in human beings, in the two previous phases, and in a latent, were already at the center of the composition, even if relegated to the role of spectators in the first period, or of supporting actors in the second, now the heart of space. And it’s, as we shall see, the very form of being together in the form of "assembly", in its different shades (up to that sacred) to determine the shape of space, and how to relate the parts that combine to form it. The reconstruction of the birth, evolution and development of the central space of the ground in Libera, was born on the study of the monuments of ancient Rome, intersected on fifty years of recent history, honed on the constancy of a method and practice of a lifetime, becomes itself, Therefore, a project, employing the same mechanisms adopted by Libera; the decomposition and recomposition, research synthesis and unity of form, are in fact the structure of this research work. The road taken by Libera is a lesson in clarity and rationality, above all, and this work would uncover at least a fragment.
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La tesi riguarda la concessione di spazi di proprietà pubblica a privati, intesi come singole persone o enti, quali ad esempio i collegi, da parte delle autorità cittadine. Le fonti a disposizione per indagare tale pratica burocratica sono quasi totalmente di natura epigrafica, per lo più attestanti l’espressione locus datus decreto decurionum, variamente abbreviata, o formule similari. Questo aspetto della vita civica è stata cursoriamente oggetto di studio in diversi contributi, ma si tratta di articoli che circoscrivono il tema, analizzandolo in relazione a ristrette aree geografiche, oppure considerandone determinati aspetti (ad esempio l’ambito sacro o quello funerario). Si è perciò ritenuto utile proseguire questa linea di ricerca affrontando uno studio di più ampio raggio, che comprenda la documentazione epigrafica dell’intero territorio italico (costituito dalle undici regioni augustee ad esclusione di Roma), per tutte le tipologie testuali (iscrizioni sacre, funerarie, onorarie, su opera pubblica, exempla decreti), allo scopo di formulare osservazioni più precise e puntuali sulla procedura burocratica in esame, pur con tutti i limiti noti a chi affronti questo genere di indagine. Tra le conclusioni raggiunte, è emerso come durante il I-II sec. d.C. vi fosse la tendenza a concedere, sporadicamente, dei loca sepulturae extraurbani a membri delle famiglie delle élites cittadine, anche donne e fanciulli, mentre il foro e le altre aree pubbliche interne alla città erano soprattutto utilizzate direttamente dai decurioni per l’elevazione di dediche e statue. Nel corso del II sec. d.C., con massima diffusione nell’età antonina e poi in quella severiana, prese invece piede l’uso privato a scopo onorario degli spazi pubblici siti all’interno delle città, ovvero in aree prima pressoché precluse all’intervento di singoli cittadini: familiari e liberti, collegi e altri organismi commissionavano statue dedicate prevalentemente agli amministratori locali, magistrati cittadini spesso divenuti anche cavalieri.
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Oggetto del presente studio è il progetto di ricostruzione del centro urbano di Le Havre ad opera di Auguste Perret. Suo obiettivo è il riconoscimento di quell’idea di città posta a fondamento del progetto, per il quale ci si propone di indagare il senso e le grammatiche costitutive della sua forma. Quella di Le Havre costituisce una dimostrazione di come una forma urbana ancora compatta ed evocativa della città storica possa definirsi a partire dalle relazioni stabilite con gli elementi della geografia fisica. Nei suoi luoghi collettivi e monumentali, che rimandano chiaramente a una cultura dell’abitare che affonda le proprie radici nella più generale esperienza della costruzione della città francese, la città riconosce un valore formale e sceglie di rappresentare il proprio mondo civico dinanzi a quei grandi elementi della geografia fisica che costituiscono l’identità del luogo nel quale questa si colloca. Sembra infatti possibile affermare che gli spazi pubblici della città atlantica riconoscano e traducano nella forma della Place de l’Hôtel de Ville le ripide pendici della falesia del Bec-de-Caux, in quella della Porte Océane l’orizzonte lontano dell’Oceano, e nel Front-de-mer Sud l’altra riva dell’estuario della Senna. Questa relazione fondativa sembra essere conseguita anche attraverso la definizione di un’appropriata grammatica dello spazio urbano, la cui significatività è nel fondarsi sull’assunzione, allo stesso tempo, del valore dello spazio circoscritto e del valore dello spazio aperto. La riflessione sullo spazio urbano investe anche la costruzione dell’isolato, sottoposto a una necessaria rifondazione di forma e significato, allo scopo di rendere intellegibile le relazioni tra gli spazi finiti della città e quelli infiniti della natura. La definizione dell’identità dello spazio urbano, sembra fondarsi, in ultima analisi, sulle possibilità espressive delle forme della costruzione che, connotate come forme dell’architettura, definiscono il carattere dei tipi edilizi e dello spazio da questi costruito.
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Palestinian refugees registered with UNRWA and their housing conditions are officially characterized by a “ temporary status” , a situation which has lasted the past sixty years. This article explores this time-paradox by focusing on the host governments’ and UNRWA’s policies affecting the refugees’ housing conditions. After having reviewed available literature, this contribution analyses the current housing situation. Drawing on data from a recent survey, the authors provide insights on areas where intervention is needed. In all UNRWA’s fields of operation, overcrowding, lack of public spaces, humidity and structural defects are the main sources of housing discomfort that camp refugees endure. Host countries’ restrictions as well as the incapacity or unwillingness of larger urban municipalities to incorporate refugee camps in their master plans are among the main obstacles to the refugees’ housing development. Rehabilitation and self-help re-housing programs may offer substantial incentives for housing improvement. The success of such programs depends, among several factors, on the host governments’ good will to provide UNRWA with authorizations, financial support, and land, as well as on the capacity of involving the refugee communities in projects’ planning and implementation.
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Street art and graffiti are integral parts of Berlin’s urban space, which has undergone dramatic transformations in the past two decades. Graffiti texts constitute a critical comment on these urban transformations. This talk analyzes the connection between the phenomenon of street art and trajectories in urban planning in post-wall Berlin. My current research explores the meaning of various forms of street art (such as graffiti, posters, sticker art, stencils) as texts in Berlin’s linguistic landscape. Linguistic Landscape research pays critical attention to language, words, and images displayed and exposed in public spaces. The field of Linguistic Landscapes has only recently begun to include graffiti texts in analyses of text and space to fully comprehend the semiotics of the street. In the case of Germany’s capital, graffiti writing enters into a critical dialogue with the environment and provides a readable text to understand the city.
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"Psychological Real Estate: Fractured Female Identity in the Victorian Novel" examines the use of domestic space in three Victorian novels, Charlotte Bronte's Jane Eyre (1847), Mary Elizabeth Braddon's Lady Audley's Secret (1862), and George Eliot's Middlemarch (1871-2). Because Victorian gender identity was conceived of in spatial terms, this thesis explores how the three female authors use complicated domestic environments to engage the problem of conventional Victorian femininity. In the Victorian mindset, a woman's place is confined to the home, or private sphere; however, even the private sphere is intruded upon by public spaces. Expected to conform to the Victorian formulation of femininity in public spaces within the home, women had only their private spaces to cultivate the unique, individualistic aspects of their selves. This thesis explores the ways in which the female protagonists negotiate these gender encoded spaces to argue that because Victorian women had to maintain separate and often disparate identities within domestic space, their identities became problematically fractured. Additionally, in each of these texts, the authors use the failure or loss of the estate, the structure which rigidly upholds the gendered binaries, to expose the harm such fracturing identity formulation caused for Victorian society as a whole. This thesis concludes by examining the final residences of the female characters and arguing that the authors use these final private spaces to assert more feminist re-envisionings of their society's construction of femininity.
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Digital technologies have profoundly changed not only the ways we create, distribute, access, use and re-use information but also many of the governance structures we had in place. Overall, "older" institutions at all governance levels have grappled and often failed to master the multi-faceted and multi-directional issues of the Internet. Regulatory entrepreneurs have yet to discover and fully mobilize the potential of digital technologies as an influential factor impacting upon the regulability of the environment and as a potential regulatory tool in themselves. At the same time, we have seen a deterioration of some public spaces and lower prioritization of public objectives, when strong private commercial interests are at play, such as most tellingly in the field of copyright. Less tangibly, private ordering has taken hold and captured through contracts spaces, previously regulated by public law. Code embedded in technology often replaces law. Non-state action has in general proliferated and put serious pressure upon conventional state-centered, command-and-control models. Under the conditions of this "messy" governance, the provision of key public goods, such as freedom of information, has been made difficult or is indeed jeopardized.The grand question is how can we navigate this complex multi-actor, multi-issue space and secure the attainment of fundamental public interest objectives. This is also the question that Ian Brown and Chris Marsden seek to answer with their book, Regulating Code, as recently published under the "Information Revolution and Global Politics" series of MIT Press. This book review critically assesses the bold effort by Brown and Marsden.
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Se destacan los cambios del paisaje urbano, los que se plasman en el espacio público, los que fueron estructurantes de las ciudades: calles y plazas hoy en abandono ante el auge de los espacios públicos privados . Conceptualiza espacio y lugar para luego recorrer las características de los espacios públicos predominantes en cada período histórico de la humanidad. El siglo XX es analizado en detalle para determinar los factores que más han influido en la transformación; como las comunicaciones , que transmiten imágenes conocidas por todos, aunque logran una identidad más global que local. Se analizan los principales espacios públicos del Gran Mendoza, si han sido renovados o no, en asociación con el consumo y cultura de la imagen, su vinculación con las líneas estructurantes de la ciudad y espacios verdes más relevantes. Se tiene en cuenta el crecimiento poblacional y uso del suelo. A través de relevamiento y encuestas se detectan problemas que permiten determinar algunas áreas periféricas desvinculadas del tejido urbano de la metrópolis, motivo de diversas propuestas.
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La ciudad de Córdoba no ha sido ajena a los procesos económicos-sociales de la “globalización", que implican una fuerte expansión y concentración del capital, con impactos en la esfera social y aumento de las desigualdades. La salida de la convertibilidad a fines del año 2001 y el consecuente incremento de la apertura externa del país impactó en algunos sectores económicos, agro-exportadores principalmente, que insertos en la dinámica comercial internacional logran obtener amplios márgenes de ganancias. Las ganancias se transfieren a otros sectores de la economía que continúan aumentando la rentabilidad de los agentes involucrados. Desde entonces se observa una marcada expansión de la actividad inmobiliaria y de la construcción, en barrios centrales de la misma y hacia la periferia, con la construcción de barrios privados. Esto exacerba el valor del suelo urbano y produce una revalorización inmobiliaria en las áreas mencionadas, que es demandada por grandes inversores. La configuración territorial de la ciudad de Córdoba en los últimos años ha estado comandada por el capital privado. Sin un proyecto urbano que garantice el ordenamiento de la ciudad; ha desembocado en altas densidades edificadas en detrimento de espacios públicos; en especial plazas, áreas recreativas y deportivas. A su vez se produce mayor densidad de habitantes por Km2 que demandan la utilización de estos espacios. Los vacíos urbanos que contiene la ciudad aún pueden revertir parte de esta situación y re-valorizar el “espacio verde público" como espacio de producción y reproducción socio-espacial.
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El proyecto se propone estudiar los procesos de identificación y ejercicio de la memoria colectiva involucrados en la práctica del teatro comunitario contemporáneo. En esta perspectiva se examinarán las lógicas de producción artística en cuatro experiencias de teatro comunitario: Patricios Unidos de Pie /del pueblo de Patricios), Teatro Popular Sansinena (del pueblo de Sansinena), Los Dardos de Rocha (de la ciudad de La Plata) y el Grupo Catalinas Sur (del barrio de La Boca). analizando especialmente los procesos de resignificación del espacio público y el pasado compartido puestos en juego por dichos colectivos artísticos. Por otra parte, la investigación buscará indagar en las tensiones que se pueden presentar tanto en la producción y armado de las obras, como en las relaciones que los grupos mantienen entre sí, a raíz de su funcionamiento en forma de red. Para el desarrollo de esta investigación se tomarán dos campos de estudio a modo de que los mismos proporcionen miradas divergentes en torno al fenómeno: autores del campo de la memoria y del campo del teatro. El teatro comunitario, al ser una práctica inédita y reciente en la Argentina, cuenta con muy pocos trabajos teóricos que lo analicen, por lo tanto es una actividad en constante construcción, que se va resignificando y armando con la práctica a medida en que los grupos se van multiplicando. Para llevar adelante este proyecto de investigación se tendrá en cuenta la relación existente entre teoría, objetivos y metodología. Las instancias de trabajo son: revisar la bibliografía existente sobre el tema a investigar (estado del arte), confeccionar un marco teórico sobre el cuál basarse para el trabajo cualitativo, construir una metodología para el análisis, realizar el trabajo de campo, sistematizar la información, elaborar el análisis y finalmente las conclusiones. El análisis se realizará sobre los cuatro grupos de teatro comunitario elegidos por sus características poblacionales, el nivel socio-económico de los habitantes y la particularidad de su historia.
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Haiti, conocida en la época colonial como 'la Perla de las Antillas', su economía se organizó entorno a la producción de azúcar que proveían a través de Francia al resto de Europa. De este modo 70de la producción de azúcar era consumido en Europa y más del 60del café. Con una lógica que perseguía obtener los máximos rindes, buscaron mano de obra esclava en el África Subsahariana, población que directamente reemplazó a la originaria. Así comienza a plantearse el desarrollo de un tipo de economía en Haiti, que traería graves consecuencias ambientales hasta la actualidad. Hoy es el país más pobre de América, con una esperanza de vida de alrededor de 60 años, y la tasa de analfabetismo del 52. Ubicado en un área tropical, es frecuente que sufra el impacto de las tormentas tropicales y ciclones que, como consecuencia de una tala desmedida de laforestación originaria, las inundaciones acentúan los problemas, a lo que se suman los problemas sanitarios inherentes a un nivel de vida con tantas carencias; y a la preponderancia de minifundios en el área rural, llevan a conformar un escenario de enorme vulnerabilidad. En el año 2010, una triste noticia pondría a Haïti en el centro de la escena mundial: el terremoto de marzo de ese año que afectara el área de Puerto Príncipe dejando alrededor de 300.000 muertos y más de un millón de damnificados. En la actualidad la presencia debarrios enteros viviendo en carpas en espacios públicos, son una expresión de la vigencia de dicho evento. Sin embargo, desde mediados de la década pasada tienen lugar proyectos que intentan territorializar una experiencia argentina de reconocido impacto en procura de atender las necesidades de la población con mayor vulnerabilidad que habita en los espacios rurales. Se trata del Programa Pro Huerta, que desde hace más de veinte años se desarrolla en Argentina y se propuso en el ámbito de este país desde la perspectiva de la cooperación internacional. De este modo, en distintos departamentos de Haiti con el trabajo en conjunto de diversos países ponen en marcha un proyecto social de seguridad alimentaria. La finalidad es el análisis de la territorialización de la experiencia Pro Huerta Haiti a partir del enfoque de cooperación internacional del cual Argentina participa junto con Canadá y Haiti. Entre los resultados y aportes de esta investigación, se pudo constatar que en Haïtí se fortalecen las redes sociales, la familia, el trabajo solidario, la salud y en conjunto contribuyen a fortalecer la soberanía alimentaria, en un país con grandes carencias y gran vulnerabilidad. Asimismo, es interesante resaltar que el modelo de Cooperación Sur-Sur que la Argentina desarrolla, desde una visión horizontal donde nuestro país camina junto a Haití y Canadá en el aprendizaje cotidiano del crecimiento conjunto, donde cada país tiene mucho por seguir aprendiendo