20 resultados para Dogs and cats
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
Ultrasonography (US) is an essential imaging tool for identifying abnormalities of the liver parenchyma, biliary tract and vascular system. US has replaced radiography as the initial imaging procedure in screening for liver disease in small animals. There are few reports of the use of conventional and helical computed tomography (CT) to assess canine or feline parenchymal and neoplastic liver disease and biliary disorders. In human medicine the development of multidetector- row helical computed tomography (MDCT), with its superior spatial and temporal resolution, has resulted in improved detection and characterization of diffuse and focal liver lesions. The increased availability of MDCT in veterinary practice provides incentive to develop MDCT protocols for liver imaging in small animals. The purpose of this study is to assess the rule of MDCT in the characterization of hepatobiliary diseases in small animals; and to compare this method with conventional US. Candidates for this prospective study were 175 consecutive patients (dogs and cats) referred for evaluation of hepatobiliary disease. The patients underwent liver US and MDCT. Percutaneous needle biopsy was performed on all liver lesions or alterations encountered. As for gallbladder, histopatological evaluation was obtained from cholecystectomy specimens. Ultrasonographic findings in this study agreed well with those of previous reports. A protocol for dual-phase liver MDCT in small animals has been described. MDCT findings in parenchymal disorders of the liver, hepatic neoplasia and biliary disorders are here first described in dogs and cats and compared with the corresponding features in human medicine. The ability of MDCT in detection and characterization of hepatobiliary diseases in small animals is overall superior to conventional US. Ultrasonography and MDCT scanning, however, play complementary rules in the evaluation of these diseases. Many conditions have distinctive imaging features that may permit diagnosis. In most instances biopsy is required for definitive diagnosis.
Resumo:
Urine is considered an ideal source of biomarkers, however in veterinary medicine a complete study on the urine proteome is still lacking. The present work aimed to apply proteomic techniques to the separation of the urine proteome in dogs, cats, horses, cows and some non-conventional species. High resolution electrophoresis (HRE) was also validated for the quantification of albuminuria in dogs and cats. In healthy cats, applying SDS-PAGE and 2DE coupled to mass spectrometry (MS), was produced a reference map of the urine proteome. Moreover, 13 differentially represented urine proteins were linked with CKD, suggesting uromodulin, cauxin, CFAD, Apo-H, RBP and CYSM as candidate biomarkers to be investigated further. In dogs, applying SDS-PAGE coupled to MS, was highlighted a specific pattern in healthy animals showing important differences in patients affected by leishmaniasis. In particular, uromodulin could be a putative biomarker of tubular damage while arginine esterase and low MW proteins needs to be investigated further. In cows, applying SDS-PAGE, were highlighted different patterns between heifers and cows showing some interesting changes during pregnancy. In particular, putative alpha-fetoprotein and b-PAP needs to be further investigated. In horses, applying SDS-PAGE, was produced a reference profile characterized by 13±4 protein bands and the most represented one was the putative uromodulin. Proteinuric horses showed the decrease of the putative uromodulin band and the appearance of 2 to 4 protein bands at higher MW and a greater variability in the range of MW between 49 and 17 kDa. In felids and giraffes was quantified proteinuria reporting the first data for UTP and UPC. Moreover, by means of SDS-PAGE, were highlighted species-specific electrophoretic patterns in big felids and giraffes.
Resumo:
Disregolazioni dei recettori tirosinchinasici (RTK) sono di frequente riscontro nei tumori dell’uomo e in molti casi sono indicatori biologici che permettono di definire in maniera più accurata la prognosi dei pazienti. Possono rappresentare inoltre marker predittivi per la risposta a terapie antitumorali con farmaci a bersaglio molecolare. Numerosi inibitori tirosinchinasici (TKI) sono attualmente in corso di studio o già disponibili per l’utilizzo in oncologia umana, e molti di questi hanno dimostrato una significativa efficacia utilizzati singolarmente o in combinazione a terapie convenzionali. Studi recenti indicano che un quadro analogo di disregolazione dei recettori tirosinchinasici è presente anche nelle neoplasie dei piccoli animali, e ne suggeriscono in molti casi un’implicazione prognostica. Gli inibitori tirosinchinasi sono da poco entrati nell’arena dell’oncologia veterinaria, ma i primi risultati lasciano supporre che siano destinati ad essere integrati definitivamente nei protocolli terapeutici standard. La tesi consiste in una parte introduttiva in cui sono trattate le principali funzioni biologiche dei recettori tirosinchinasici, la loro struttura e il loro ruolo nell’oncogenesi e nella progressione tumorale in medicina umana e veterinaria. Si affrontano inoltre le principali metodiche di laboratorio per l’analisi molecolare in oncologia e i meccanismi d’azione dei farmaci inibitori tirosinchinasici, con un cenno ai prodotti maggiormente utilizzati e alle loro indicazioni. Segue la presentazione e la discussione dei risultati di quattro studi relativi alla valutazione delle disregolazioni del recettore tirosinchinasico Kit (espressione aberrante e mutazioni genomiche) nel mastocitoma cutaneo del gatto e del recettore del fattore di crescita epidermico (EGFR) nel carcinoma squamocellulare cutaneo del gatto e nei tumori polmonari primitivi del cane, con particolare attenzione al loro ruolo prognostico.
Resumo:
Il dolore non è solo una conseguenza della malattia ma un fattore patogeno che è di per se stesso in grado di perpetuare il danno all’organismo. Il suo trattamento non è quindi solo un atto di umanità ma un contributo ad arrestare la malattia e restituire la salute al paziente. Tra i farmaci più popolari per la terapia del dolore negli animali da affezione si trova la buprenorfina. Questa molecola viene impiegata con successo da anni nel cane e nel gatto per motivi riconducibili, oltre che alla sua efficacia (la sua potenza è diverse volte quella della morfina), alla lunga durata d’azione e alla scarsità degli effetti collaterali. Nonostante l’ampia diffusione e longevità del suo utilizzo, però, sappiamo poco della farmacocinetica di questa molecola negli animali da affezione; i dosaggi clinicamente impiegati sono di fatto estrapolati dagli studi nell’uomo oppure basati su semplici osservazioni degli effetti; i pochi dati farmacocinetici ottenuti nel cane fanno riferimento a singoli boli di dosi che non sempre corrispondono a quelle clinicamente impiegate. Nonostante la buprenorfina trovi il suo principale impiego nelle somministrazioni protratte a lungo (durante il periodo post-operatorio o la degenza ospedaliera) non è mai stato indagato il profilo farmacocinetico della molecola somministrata a boli ripetuti o come infusione continua. Il nostro studio si pone come obiettivo di indagare la farmacocinetica della buprenorfina somministrata come bolo di carico seguito da un’infusione costante a dosaggi considerati clinici in cani sani nel periodo post operatorio. Lo scopo ultimo è quello di sviluppare un protocollo per la somministrazione di questa molecola in modo prolungato in pazienti degenti ed addolorati per poi, in futuro, confrontare la somministrazione come infusione continua con i tradizionali boli ripetuti. Per lo studio sono state utilizzate giovani cagne adulte di taglia media o grande sottoposte ad intervento di ovariectomia.
Resumo:
Il microbiota intestinale riveste un ruolo importantissimo nell’influenzare la salute dell’ospite. È stato dimostrato come la composizione della dieta possa condizionare lo stato di benessere dell’animale, inducendo importanti cambiamenti tra le popolazioni batteriche che coabitano l’intestino; l’uso di prebiotici rappresenta una delle strategie maggiormente impiegate per modulare positivamente la composizione ed il metabolismo dell’ecosistema gastroenterico. Il presente progetto di dottorato si è proposto di indagare gli effetti sul microbiota intestinale del cane e del gatto di diete a diverso tenore proteico e contenenti proteine di diversa digeribilità in presenza o meno di sostanze prebiotiche. Inoltre, sono stati valutati gli effetti della presenza di un estratto di Yucca schidigera e di tannini sulla microflora intestinale del gatto. In ultima istanza, sono state valutate le conseguenze di dosi crescenti di lattosio sul benessere intestinale del cane. I risultati del presente studio hanno rilevato come le sostanze prebiotiche influiscono sulla composizione e sul metabolismo della microflora del cane e del gatto, e come l’impiego di diete ricche di proteine possa avere conseguenze negative sull’ambiente intestinale. Tuttavia, la presenza di oligosaccaridi non sembra contrastare gli effetti negativi che diete ad alto tenore proteico potrebbero avere sull’ecosistema intestinale dell’animale. Nella successiva prova è stato evidenziato come l’inclusione nella dieta di estratti di Yucca e tannini possa contribuire a mitigare l’emanazione di sostanze maleodoranti dalle deiezioni degli animali da compagnia. Nel corso dell’ultima prova, nonostante non siano state osservate differenze tra le popolazioni microbiche intestinali, la somministrazione di dosi crescenti di lattosio ha indotto una certa riduzione delle fermentazioni proteolitiche microbiche. Ulteriori studi sono necessari per stabilire in che misura la dieta e gli alimenti “funzionali” possano influire sul microbiota intestinale del cane e del gatto e come queste informazioni possono essere utilizzate per migliorare miratamente l’alimentazione e lo stato di salute degli animali da compagnia.
Resumo:
L’ipertiroidismo felino rappresenta oggi la più comune endocrinopatia della specie. I capitoli 2 e 3 costituiscono una revisione della letteratura in merito agli aspetti clinici, diagnostici e terapeutici della patologia. Il capitolo 4 indaga il ruolo della dimetilarginina simmetrica (SDMA) come marker di funzionalità renale nei gatti ipertiroidei prima e dopo terapia medica. La patologia tiroidea più comune nel cane è l’ipotiroidismo. Nello studio riportato al capitolo 5 sono state indagate le performance diagnostiche di freeT3, freeT4, rT3, 3,3-T2 e 3,5-T2, misurati tramite LC-MS/MS, nel differenziare tra cani ipotiroidei, cani con patologie non-tiroidee e cani sani. La presenza di una possibile correlazione tra la gravità della condizione clinica dei pazienti ipotiroidei, le variabili emato-chimiche e le concentrazioni sieriche di cTSH è stata valutata nel capitolo 6. Il capitolo 7 valuta l’andamento dell’SDMA in cani ipotiroidei prima e dopo supplementazione ormonale. A differenza della Sindrome di Cushing dell’uomo, che è considerata una malattia rara, nel cane l’ipercortisolismo spontaneo (HC) è una delle endocrinopatie più comuni. Gli aspetti epidemiologici dell’HC e la ricerca di un metodo di monitoraggio alternativo al test di stimolazione con ACTH nei cani trattati con Trilostano sono stati approfonditi rispettivamente nei capitoli 8 e 9. A differenza dell'HC, l'ipoadrenocorticismo primario (PH) è una patologia rara nel cane. Lo scopo dello studio riportato nel capitolo 10 consiste nel descrivere le frazioni escretorie degli elettroliti urinari nei cani con PH e di indagare se esse possano rappresentare un utile supporto alla diagnosi e al trattamento del PH canino. Il riscontro accidentale di masse surrenaliche rappresenta una criticità diagnostica. Infatti, può essere difficile distinguere morfologicamente tra lesioni corticali e midollari e tra lesioni maligne e benigne. Nel capitolo 11 vengono descritti i rilievi immunoistochimici dell'incidentaloma surrenalico nel cane e viene valutato il ruolo del Ki-67 PI come indicatore di malignità.
Resumo:
La presente tesi di dottorato affronta alcune delle più comuni malattie immunomediate del cane e del gatto. Il manoscritto è incentrato sugli aspetti diagnostici e terapeutici in corso di: anemia emolitica immunomediata (Immune-mediated hemolytic anemia, IMHA), trombocitopenia immunomediata (Immune-mediated thrombocytopenia, ITP) e poliartrite immunomediata (Immune-mediated polyarthritis, IMP). Il capitolo 1 costituisce un’introduzione all’argomento delle malattie immunologiche; vengono sottolineati alcuni aspetti patogenetici delle singole malattie immunomediate e riassunte le difficoltà diagnostiche e terapeutiche. Il capitolo 2 riporta uno studio riguardante una popolazione di gatti con diagnosi, o sospetto diagnostico, di IMHA che evidenziava una discrepanza tra i test diagnostici per il virus della leucemia felina (Feline Leukemia Virus, FeLV). La positività FeLV al test point of care, non confermata dalla PCR del DNA provirale, lascia spazio a diverse interpretazioni. Il capitolo 3 mostra i dati relativi al confronto tra tre diversi protocolli immunosoppressivi (glucocorticoidi, glucocorticoidi+ciclosporina, glucocorticoidi+micofenolato mofetile) in una popolazione di cani con IMHA non associativa. Il confronto verteva, principalmente, sulla risposta ematologica dei pazienti, che non si è dimostrata differente tra i tre gruppi terapeutici. Il capitolo 4 riporta una revisione della letteratura riguardante l’ITP del cane e del gatto. Si tratta di una malattia eterogenea in cui le manifestazioni cliniche appaiono variabili: alcuni pazienti sono asintomatici, altri presentano dei sanguinamenti spontanei. La mancanza di criteri diagnostici standardizzati, porta il clinico a considerare l’ITP una diagnosi “ad esclusione”. Le strategie terapeutiche non si basano purtroppo su linee guida condivise, pertanto il target della terapia rimane, ad oggi, sconosciuto. Nel capitolo 5 viene posta l’attenzione su alcuni interrogativi diagnostici e terapeutici che riguardano l’IMP del cane e del gatto. La sintomatologia clinica, caratterizzata da zoppia, febbre e riluttanza al movimento, talvolta può essere subdola. Anche in questa malattia, non vi sono evidenze scientifiche circa il regime immunosoppressivo più corretto ed indicato.
Resumo:
La poliradicoloneurite acuta idiopatica (ACIP) è una patologia infiammatoria che interessa le radici di più nervi spinali, descritta soprattutto nel cane, più raramente nel gatto, caratterizzata da insorgenza acuta di paresi/paralisi flaccida. L’ACIP mostra notevoli similitudini con la sindrome di Guillan-Barrè dell’uomo (GBS), in cui la patogenesi è su base autoimmunitaria ed è stata correlata con la presenza di alcuni fattori scatenanti (trigger). Lo scopo di questo lavoro è stato quello di caratterizzare l’ACIP in 26 cani, descrivendone la sintomatologia, l’evoluzione clinica, i risultati degli esami diagnostici. La diagnosi si è basata sui riscontri dell’anamnesi, della visita neurologica e del decorso confermata, quando possibile, dai rilievi elettrodiagnostici. Su tutti i cani è stata valutata l’esposizione a specifici agenti infettivi (Toxoplasma gondii, Neospora canunim, Ehrlichia canis, Leishmania infantum), o altri fattori (come vaccinazioni) che potrebbero aver agito da “trigger” per l’instaurarsi della patologia; sull’intera popolazione e su 19 cani non neurologici (gruppo di controllo), si è proceduto alla ricerca degli anticorpi anti-gangliosidi. La sintomatologia di più frequente riscontro (25/26) ha coinvolto la funzione motoria (paresi/plegia) con prevalente interessamento dei 4 arti (24/25) . Sei cani hanno ricevuto una terapia farmacologica, che non ne ha influenzato il decorso, favorevole in 24/26 casi. In 9 pazienti è stata rilevata una precedente esposizione a potenziali trigger; in 10 casi si è riscontrato un titolo anticorpale positivo ad almeno un agente infettivo testato. In 17/26 cani si è ottenuto un titolo anticorpale anti-GM2 e anti-GA1; nella popolazione di controllo solo un caso è risultato positivo. Questi risultati hanno contribuito a consolidare le conoscenze di questa patologia, validando l’utilità della ricerca anticorpale anti-gangliosidica per la diagnosi di ACIP e facendo intravedere la possibilità che l’ACIP possa essere assimilate alla GBS anche dal punto di vista patogenetico, per la quale potrebbe essere considerata come modello animale spontaneo.
Resumo:
The enteric nervous system (ENS) modulates a number of digestive functions including well known ones, i.e. motility, secretion, absorption and blood flow, along with other critically relevant processes, i.e. immune responses of the gastrointestinal (GI) tract, gut microbiota and epithelial barrier . The characterization of the anatomical aspects of the ENS in large mammals and the identification of differences and similarities existing between species may represent a fundamental basis to decipher several digestive GI diseases in humans and animals. In this perspective, the aim of the present thesis is to highlight the ENS anatomical basis and pathological aspects in different mammalian species, such as horses, dogs and humans. Firstly, I designed two anatomical studies in horses: “Excitatory and inhibitory enteric innervation of horse lower esophageal sphincter”. “Localization of 5-hydroxytryptamine 4 receptor (5-HT4R) in the equine enteric nervous system”. Then I focused on the enteric dysfunctions, including: A primary enteric aganglionosis in horses: “Extrinsic innervation of the ileum and pelvic flexure of foals with ileocolonic aganglionosis”. A diabetic enteric neuropathy in dogs: “Quantification of nitrergic neurons in the myenteric plexus of gastric antrum and ileum of healthy and diabetic dogs”. An enteric neuropathy in human neurological patients: “Functional and neurochemical abnormalities in patients with Parkinson's disease and chronic constipation”. The physiology of the GI tract is characterized by a high complexity and it is mainly dependent on the control of the intrinsic nervous system. ENS is critical to preserve body homeostasis as reflect by its derangement occurring in pathological conditions that can be lethal or seriously disabling to humans and animals. The knowledge of the anatomy and the pathology of the ENS represents a new important and fascinating topic, which deserves more attention in the veterinary medicine field.
Resumo:
Nel periodo compreso tra il 2019 e il 2022 sono state testate differenti matrici biologiche di carnivori domestici e selvatici provenienti dall’Italia e da altri Paesi europei (Norvegia, Romania). Diversi saggi molecolari, tra cui real-time PCR, end-point PCR, semi-nested PCR, retrotrascrizione e rolling circle amplification, sono stati utilizzati per ricercare il DNA o l’RNA genomico di virus e batteri. Il sequenziamento dell’intero genoma o di geni informativi dei patogeni identificati ne ha inoltre consentito la caratterizzazione genetica e l’analisi filogenetica. Gli studi, svolti presso il Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Bologna, erano focalizzati nei confronti di alcuni virus a DNA, come Carnivore protoparvovirus 1 in lupi dall’appennino italiano e cani dalla Romania, adenovirus canino di tipo 1 e 2 in cani e lupi provenienti dal territorio nazionale, circovirus canino in cani e lupi italiani e volpi rosse e artiche della Norvegia; virus a RNA, come il canine distemper virus in faine recuperate nel territorio italiano e il calicivirus felino in gatti con diagnosi di poliartrite; e batteri appartenenti alla specie Anaplasma phagocytophilum in gatti deceduti e sottoposti a necroscopia in Italia. Dai risultati ottenuti è emerso che gli agenti infettivi indagati circolano nelle popolazioni di carnivori domestici e selvatici in forma asintomatica o determinando talvolta sintomatologia clinica. In alcuni animali testati è stata rilevata la coinfezione con diversi agenti patogeni, condizione che può predisporre ad un aggravamento della sintomatologia clinica. Dall’analisi filogenetica sono emerse relazioni tra gli agenti infettivi rilevati nelle differenti specie animali suggerendone la trasmissione tra ospiti domestici e selvatici e confermando il ruolo epidemiologico svolto dei carnivori selvatici nel mantenimento dei patogeni nel territorio. Alla luce dei dati ottenuti, è importante sottolineare l’importanza delle misure di profilassi, in particolare la vaccinazione degli animali da compagnia, per ridurre la trasmissione e la diffusione degli agenti infettivi.
Resumo:
Leishmaniasis is a complex parasitic disease caused by intracellular protozoans of the genus Leishmania mainly transmitted by the bite of sand flies. In Italy, leishmaniasis is caused by Leishmania infantum, responsible for the human visceral and canine leishmaniases (HVL and CanL, respectively). Within Emilia-Romagna region, Italy, recent molecular studies indicated that L. infantum strains circulating in dogs and humans are different. This suggests that an animal reservoir other than dog should be evaluated in the epidemiology of HVL in Emilia-Romagna. Therefore, the main aim of this PhD project was to investigate the role of wild and peridomestic mammals as potential animal reservoirs of L. infantum in the regional zones where HVL foci are still active, also evaluating the possible role of arthropod vectors other than phlebotomine sandflies as vectors of Leishmania spp. in the sylvatic cycle of the protozoa. Overall, 206 specimens of different animal species (roe deer, rats, mice, badgers, hares, polecats, foxes, beech martens, bank voles, hedgehogs, and shrews), collected in Emilia-Romagna were screened for Leishmania with a real-time PCR, revealing a prevalence of 33% for roe deer (first report in this species). Positivity was also found in brown rats (10.6%), black rats (13.1%), mice (10%), badgers (25%), hedgehogs (80%) and bank voles (11%). To distinguish the two strains of L. infantum circulating in Emilia-Romagna, a nested PCR protocol optimized for animal tissues was developed, demonstrating that over 90% of L. infantum infections in roe deer were due to the strain isolated from humans and suggesting their possible role as reservoirs in the study area. Furthermore, the presence of Leishmania kDNA was detected in unfed larvae, nymphs and males of questing Ixodes ricinus ticks collected in regional parks of Emilia-Romagna suggesting their possible role in the transmission of L. infantum in a sylvatic or rural cycle.
Resumo:
Matrix metalloproteinases (MMP) are a large family of proteinases that remodel extracellular matrix (ECM) component. Recent data suggest a role for MMPs in a number of renal pathophysiologies, associated with an imbalance of ECM syntesis and degradation, which may result in an accumulation of ECM molecules and renal fibrosis. The aim of this study is to elucidate the role of pro and activated MMP-2 and 9 in urine and renal tissue of healty and nephropatic dogs. Renal tissue of 8 healty dogs and either renal tissue and urine of 9 nephropatic dogs was collected and analize using zimographic method, which is been validated in this study. Either MMPs zimographic bands were present in almost all samples. In particular, pro and activated MMP-9 zimographic bands were poorly represent in renal tissue of healty dogs, whereas were very represent in nephropatic dogs. Pro and activated MMP-2 was present in either tissue of healty and nephropatic dogs. In urine of nephropatic dogs, pro and activated MMP-9 was more evident than MMP-2, but there was not correlaction with renal tissue levels, therefore urine levels of MMPs have poorly usefulness in diagnostic pratice. The values of Pro and activated MMP-9 in nephropatic dogs were significantly higher compared with normal dogs (p < 0,05), whereas there was not statistically meaningful for Pro and activated MMP-2. In conclusion, in this study we have validated a zimographic method for renal tissue of dogs and we have illustrated the changes in nephropatic dogs, which may be useful for further study.
Resumo:
INTRODUCTION – In human medicine, diabetes mellitus (DM), hypertension, proteinuria and nephropathy are often associated although it is still not clear whether hypertension is the consequence or the cause of nephropathy and albuminuria. Microalbuminuria, in humans, is an early and sensitive marker which permits timely and effective therapy in the early phase of renal damage. Conversely, in dogs, these relationships were not fully investigated, even though hypertension has been associated with many diseases (Bodey and Michell, 1996). In a previous study, 20% of diabetic dogs were found proteinuric based on a U:P/C > 1 and 46% were hypertensive; this latter finding is similar to the prevalence of hypertension in diabetic people (40-80%) (Struble et al., 1998). In the same canine study, hypertension was also positively correlated with the duration of the disease, as is the case in human beings. Hypertension was also found to be a common complication of hypercortisolism (HC) in dogs, with a prevalence which varies from 50 (Goy-Thollot et al., 2002) to 80% (Danese and Aron, 1994).The aim of our study was to evaluate the urinary albumin to creatinine ratio (U:A/C) in dogs affected by Diabetes Mellitus and HC in order to ascertain if, as in human beings, it could represent an early and more sensitive marker of renal damage than U:P/C. Furthermore, the relationship between proteinuria and hypertension in DM and HC was also investigated. MATERIALS AND METHODS – Twenty dogs with DM, 14 with HC and 21 healthy dogs (control group) were included in the prospective case-control study. Inclusion criteria were hyperglycaemia, glicosuria and serum fructosamine above the reference range for DM dogs and a positive ACTH stimulation test and/or low-dose dexamethasone test and consistent findings of HC on abdominal ultrasonography in HC dogs. Dogs were excluded if affected by urinary tract infections and if the serum creatinine or urea values were above the reference range. At the moment of inclusion, an appropriate therapy had already been instituted less than 1 month earlier in 12 diabetic dogs. The control dogs were considered healthy based on clinical exam and clinicopathological findings. All dogs underwent urine sample collection by cystocentesis and systemic blood pressure measurement by means of either an oscillometric device (BP-88 Next, Colin Corporation, Japan) or by Doppler ultrasonic traducer (Minidop ES-100VX, Hadeco, Japan). The choice of method depended on the dog’s body weight: Doppler ultrasonography was employed in dogs < 20 kg of body weight and the oscillometric method in the other subjects. Dogs were considered hypertensive whenever systemic blood pressure was found ≥ 160 mmHg. The urine was assayed for U:P/C and U:A/C (Gentilini et al., 2005). The data between groups were compared using the Mann-Whitney U test. The reference ranges for U:P/C and U:A/C had already been established by our laboratory as 0.6 and 0.05, respectively. U:P/C and U:A/C findings were correlated to systemic blood pressure and Spearman R correlation coefficients were calculated. In all cases, p < 0.05 was considered statistically significant. RESULTS – The mean ± sd urinary albumin concentration in the three groups was 1.79 mg/dl ± 2.18; 20.02 mg/dl ± 43.25; 52.02 mg/dl ± 98.27, in healthy, diabetic and hypercortisolemic dogs, respectively. The urine albumin concentration differed significantly between healthy and diabetic dogs (p = 0.008) and between healthy and HC dogs (p = 0.011). U:A/C values ranged from 0.00 to 0.34 (mean ± sd 0.02 ± 0.07), 0.00 to 6.72 (mean ± sd 0.62 ± 1.52) and 0.00 to 5.52 (mean ± sd 1.27 ± 1.70) in the control, DM and HC groups, respectively; U:P/C values ranged from 0.1 to 0.6 (mean ± sd 0.17 ± 0.15) 0.1 to 6.6 (mean ± sd 0.93 ± 1.15) and 0.2 to 7.1 (mean ± sd 1.90 ± 2.11) in the control, DM and HC groups, respectively. In diabetic dogs, U:A/C was above the reference range in 11 out of 20 dogs (55%). Among these, 5/20 (25%) showed an increase only in the U:A/C ratio while, in 6/20 (30%), both the U:P/C and the U:A/C were abnormal. Among the latter, 4 dogs had already undergone therapy. In subjects affected with HC, U:P/C and U:A/C were both increased in 10/14 (71%) while in 2/14 (14%) only U:A/C was above the reference range. Overall, by comparing U:P/C and U:A/C in the various groups, a significant increase in protein excretion in disease-affected animals compared to healthy dogs was found. Blood pressure (BP) in diabetic subjects ranged from 88 to 203 mmHg (mean ± sd 143 ± 33 mmHg) and 7/20 (35%) dogs were found to be hypertensive. In HC dogs, BP ranged from 116 to 200 mmHg (mean ± sd 167 ± 26 mmHg) and 9/14 (64%) dogs were hypertensive. Blood pressure and proteinuria were not significantly correlated. Furthermore, in the DM group, U:P/C and U:A/C were both increased in 3 hypertensive dogs and 2 normotensive dogs while the only increase of U:A/C was observed in 2 hypertensive and 3 normotensive dogs. In the HC group, the U:P/C and the U:A/C were both increased in 6 hypertensive and 2 normotensive dogs; the U:A/C was the sole increased parameter in 1 hypertensive dog and in 1 dog with normal pressure. DISCUSSION AND CONCLUSION- The findings of this study suggest that, in dogs affected by DM and HC, an increase in U:P/C, U:A/C and systemic hypertension is frequently present. Remarkably, some dogs affected by both DM and HC showed an U:A/C but not U:P/C above the reference range. In diabetic dogs, albuminuria was observed in 25% of the subjects, suggesting the possibility that this parameter could be employed for detecting renal damage at an early phase when common semiquantiative tests and even U:P/C fall inside the reference range. In HC dogs, a higher number of subjects with overt proteinuria was found while only 14% presented an increase only in the U:A/C. This fact, associated with a greater number of hypertensive dogs having HC rather than DM, could suggest a greater influence on renal function by the mechanisms involved in hypertension secondary to hypercortisolemia. Furthermore, it is possible that, in HC dogs, the diagnosis was more delayed than in DM dogs. However, the lack of a statistically significant correlation between hypertension and increased protein excretion as well as the apparently random distribution of proteinuric subjects in normotensive and hypertensive cases, imply that other factors besides hypertension are involved in causing proteinuria. Longitudinal studies are needed to further investigate the relationship between hypertension and proteinuria.
Resumo:
“Naturally occurring cancers in pet dogs and humans share many features, including histological appearance, tumour genetics, molecular targets, biological behaviour and response to conventional therapies. Studying dogs with cancer is likely to provide a valuable perspective that is distinct from that generated by the study of human or rodent cancers alone. The value of this opportunity has been increasingly recognized in the field of cancer research for the identification of cancer-associated genes, the study of environmental risk factors, understanding tumour biology and progression, and, perhaps most importantly, the evaluation and development of novel cancer therapeutics”.(Paoloni and Khanna, 2008) In last years, the author has investigated some molecular features of cancer in dogs. The Thesis is articulated in two main sections. In section 1, the preliminary results of a research project aimed at investigating the role of somatic mutations of Ataxia-Telangiectasia mutated (ATM) gene in predisposing to cancer in boxer dogs, are presented. The canine boxer breed may be considered an unique opportunity to disclose the role of ATM somatic mutation since boxer dogs are known to be dramatically susceptible to cancer and since they may be considered a closed gene pool. Furthermore, dogs share with human the some environment. Overall, the abovementioned features could be considered extremely useful for our purposes. In the section 2, the results of our studies aimed at setting up accurate and sensitive molecular assays for diagnosing and assessing minimal residual disease in lymphoproliferative disorders of dogs, are presented. The results of those molecular assay may be directly translated in the field of Veterinary practice as well as the may be used to improve our objective evaluation of new investigational drugs effectiveness in canine cancer trials.
Resumo:
In questo lavoro ci siamo posti come obiettivo lo studio della disfunzione atrio-ventricolare mediante tecniche ecocardiografiche avanzate (come il Tissue Doppler Imaging - TDI) in cani affetti da malattia mitralica cronica (MVD). Una prima parte è volta alla valutazione della funzionalità diastolica del ventricolo destro. Ci siamo proposti di analizzare la funzione del ventricolo destro in cani affetti da malattia del cuore sinistro per comprendere se quest’ultima possa condizionare direttamente la performance del settore cardiaco controlaterale. I risultati più importanti che abbiamo riscontrato sono: l’assenza di differenze significative nella disfunzione sisto-diastolica del ventricolo destro in cani con MVD a diverso stadio; la diretta correlazione tra le variabili TDI di funzionalità del ventricolo destro con il grado di disfunzione del ventricolo sinistro, come indicatori di interdipendenza ventricolare; ed infine il riscontro di una maggior tendenza ad alterazioni diastoliche del ventricolo sinistro in cani con ipertensione polmonare. A quest’ultimo proposito, per quanto riguarda le variabili TDI, il rapporto E/e’ dell’anulus mitralico laterale e settale è risultato avere una differenza significativa tra i cani con ipertensione polmonare e quelli privi di ipertensione polmonare (P<0,01). Nel secondo studio abbiamo applicato il TDI per l’analisi della funzione sisto-diastolica dell’atrio sinistro. Il lavoro è stato articolato in una parte di validazione della metodica su cani normali ed una su animali affetti da MDV. I risultati ottenuti mostrano che la valutazione ecocardiografica delle proprietà di deformazione dell’atrio sinistro basata sul TDI è attuabile e riproducibile nel cane. Abbiamo fornito dei valori di normalità per questa specie e confrontato questi dati con quelli ricavati in cani portatori di MVD. Le differenza tra le varie classi di malattia, nei diversi gradi di dilatazione atriale, sono risultate limitate, ma abbiamo individuato delle correlazioni tra i parametri TDI ed alcune variabili di funzionalità atriale.