95 resultados para allungamento osseo monofocale,dispositivo Rekrea,caratterizzazione meccanica morsetti
Resumo:
La ricerca proposta si pone l’obiettivo di definire e sperimentare un metodo per un’articolata e sistematica lettura del territorio rurale, che, oltre ad ampliare la conoscenza del territorio, sia di supporto ai processi di pianificazione paesaggistici ed urbanistici e all’attuazione delle politiche agricole e di sviluppo rurale. Un’approfondita disamina dello stato dell’arte riguardante l’evoluzione del processo di urbanizzazione e le conseguenze dello stesso in Italia e in Europa, oltre che del quadro delle politiche territoriali locali nell’ambito del tema specifico dello spazio rurale e periurbano, hanno reso possibile, insieme a una dettagliata analisi delle principali metodologie di analisi territoriale presenti in letteratura, la determinazione del concept alla base della ricerca condotta. E’ stata sviluppata e testata una metodologia multicriteriale e multilivello per la lettura del territorio rurale sviluppata in ambiente GIS, che si avvale di algoritmi di clustering (quale l’algoritmo IsoCluster) e classificazione a massima verosimiglianza, focalizzando l’attenzione sugli spazi agricoli periurbani. Tale metodo si incentra sulla descrizione del territorio attraverso la lettura di diverse componenti dello stesso, quali quelle agro-ambientali e socio-economiche, ed opera una sintesi avvalendosi di una chiave interpretativa messa a punto allo scopo, l’Impronta Agroambientale (Agro-environmental Footprint - AEF), che si propone di quantificare il potenziale impatto degli spazi rurali sul sistema urbano. In particolare obiettivo di tale strumento è l’identificazione nel territorio extra-urbano di ambiti omogenei per caratteristiche attraverso una lettura del territorio a differenti scale (da quella territoriale a quella aziendale) al fine di giungere ad una sua classificazione e quindi alla definizione delle aree classificabili come “agricole periurbane”. La tesi propone la presentazione dell’architettura complessiva della metodologia e la descrizione dei livelli di analisi che la compongono oltre che la successiva sperimentazione e validazione della stessa attraverso un caso studio rappresentativo posto nella Pianura Padana (Italia).
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L’overespressione dei geni EVI1(3q26) e PRDM16(1p36), è descritta sia in presenza che in assenza di riarrangiamenti 3q26 e 1p36 in specifici sottogruppi citogenetici di LAM, ed è associata ad una prognosi sfavorevole. Lo scopo principale del nostro studio è stato identificare e caratterizzare tramite FISH e RQ-PCR, alterazioni di EVI1 e PRDM16 in pazienti con alterazioni cromosomiche 3q e 1p.Riarrangiamenti di EVI1 si associavano ad alterazioni cromosomiche 3q26, ma, in 6 casi (6/35;17,1%) erano presenti in assenza di coinvolgimenti, in citogenetica convenzionale, della regione 3q26, a causa di meccanismi complessi e/o alterazioni ‘criptiche’. Inoltre, abbiamo identificato quattro nuovi riarrangiamenti di EVI1, tra cui due nuove traslocazioni simili presenti in due fratelli. Riarrangiamenti e/o amplificazioni di PRDM16 erano spesso associate ad alterazioni 1p36 (7/14;50%). L’analisi di EVI1 e PRDM16 è stata estesa ad altri casi con alterazioni -7/7q-, con cariotipo normale, con alterazioni 3q per PRDM16 e con alterazioni 1p per EVI1. L’overespressione di EVI1 era presente solo nel gruppo -7/7q- (10/58;17.2%) ed in un caso si associava ad amplificazione genica, mentre PRDM16 era overespresso in casi di tutti i gruppi analizzati,sia con cariotipi complessi, dove si associava in alcuni casi ad amplificazione genica, sia con cariotipi normali o con singole alterazioni. Il nostro studio dimostra come la FISH permetta di identificare alterazioni dei geni EVI1 e PRDM16, anche in assenza di coinvolgimenti delle regioni 3q26 e 1p36. Riarrangiamenti complessi e/o una scarsa qualità dei preparati citogenetici sono le cause principali per la mancata identificazione di queste alterazioni. La RQ-PCR permette di identificare l’overespressione anche nei casi in cui non sia dovuta ad alterazioni citogenetiche. È importante confermare con FISH e/o RQ-PCR il coinvolgimento di questi due geni, per individuare alla diagnosi pazienti con prognosi sfavorevole e che potranno beneficiare di terapie maggiormente aggressive e/o di trapianto allogenico di cellule staminali.
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Il recupero dei materiali di scarto è un aspetto di grande attualità in campo stradale, così come negli altri ambiti dell’ingegneria civile. L’attenzione della ricerca e degli esperti del settore è rivolta all’affinamento di tecniche di riciclaggio che riducano l’impatto ambientale senza compromettere le prestazioni meccaniche finali. Tali indagini cercano di far corrispondere le necessità di smaltimento dei rifiuti con quelle dell’industria infrastrutturale, legate al reperimento di materiali da costruzione tecnicamente idonei ed economicamente vantaggiosi. Attualmente sono già diversi i tipi di prodotti rigenerati e riutilizzati nella realizzazione delle pavimentazioni stradali e numerosi sono anche quelli di nuova introduzione in fase di sperimentazione. In particolare, accanto ai materiali derivanti dalle operazioni di recupero della rete viaria, è opportuno considerare anche quelli provenienti dall’esercizio delle attività di trasporto, il quale comporta ogni anno il raggiungimento della fine della vita utile per centinaia di migliaia di tonnellate di pneumatici di gomma. L’obiettivo della presente analisi sperimentale è quello di fornire indicazioni e informazioni in merito alla tecnica di riciclaggio a freddo con emulsione bituminosa e cemento, valutando la possibilità di applicazione di tale metodologia in combinazione con il polverino di gomma, ottenuto dal recupero degli pneumatici fuori uso (PFU). La ricerca si distingue per una duplice valenza: la prima è quella di promuovere ulteriormente la tecnica di riciclaggio a freddo, che si sta imponendo per i suoi numerosi vantaggi economici ed ambientali, legati soprattutto alla temperatura d’esercizio; la seconda è quella di sperimentare l’utilizzo del polverino di gomma, nelle due forme di granulazione tradizionale e criogenica, additivato a miscele costituite interamente da materiale proveniente da scarifica di pavimentazioni esistenti e stabilizzate con diverse percentuali di emulsione di bitume e di legante cementizio.
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L’applicazione della citogenetica convenzionale e molecolare può identificare: Ph-negatività, traslocazioni t(9;22) varianti e alterazioni citogenetiche addizionali (ACA) al cromsoma Ph in pazienti con LMC alla diagnosi. Prima dell’introduzione della terapia con Imatinib, esse mostravano un impatto prognostico negativo o non chiaro. Nel nostro studio, 6 casi di LMC Ph- erano trattati con Imatinib. La FISH identificava 4 casi con riarrangiamento BCR/ABL sul der(9q), 1 sul der(22q) e 1 su entrambi i derivativi. Quattro pazienti (66,7%) raggiungevano la RCgC, 2 fallivano il trattamento e 1 sottoposto a TMO. A causa dello scarso numero di casi, non era possibile nessuna correlazione con la prognosi. Nell’ambito di studi prospettici multicentrici del GIMEMA-WP, abbiamo valutato: traslocazioni varianti e ACA. Dei 559 pazienti arruolati, 30(5%) mostravano traslocazioni varianti, 24 valutabili in FISH: 18(75%) mostravano meccanismo 1-step, 4(16,7%) meccanismo 2-step e 2(8,3%) meccanismo complesso. Abbiamo confermato che le varianti non influenzano la risposta e la sopravvivenza dei pazienti trattati con Imatinib. Dei 378 pazienti valutabili alla diagnosi con citogenetica convenzionale, 21(5,6%) mostravano ACA: 9(43%) avevano la perdita del cromosoma Y, 3(14%) trisomia 8, 2(10%) trisomia 19, 6(28%) altre singole anomalie e 1 cariotipo complesso. La presenza di ACA influenzava la risposta: le RCgC e RMolM erano significativamente più basse rispetto al gruppo senza ACA e le curve di sopravvivenza EFS e FFS non erano significativamente diverse. Le curve di PFS e OS erano sovrapponibili nei due gruppi, per il basso numero di eventi avversi oppure perché alcuni raggiungevano la risposta con TKI di seconda generazione. Le anomalie “major route” mostravano decorso clinico peggiore, ma non è stato possibile determinare l’impatto prognostico in relazione al tipo di alterazione. Pertanto, le ACAs alla diagnosi rivestono un ruolo negativo nella prognosi dei pazienti trattati con Imatinib, che quindi rappresentano una categoria più a rischio per la risposta.
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Thrust fault-related folds in carbonate rocks are characterized by deformation accommodated by different structures, such as joints, faults, pressure solution seams, and deformation bands. Defining the development of fracture systems related to the folding process is significant both for theoretical and practical purposes. Fracture systems are useful constrains in order to understand the kinematical evolution of the fold. Furthermore, understanding the relationships between folding and fracturing provides a noteworthy contribution for reconstructing the geodynamic and the structural evolution of the studied area. Moreover, as fold-related fractures influence fluid flow through rocks, fracture systems are relevant for energy production (geothermal studies, methane and CO2 , storage and hydrocarbon exploration), environmental and social issues (pollutant distribution, aquifer characterization). The PhD project shows results of a study carried out in a multilayer carbonate anticline characterized by different mechanical properties. The aim of this study is to understand the factors which influence the fracture formation and to define their temporal sequence during the folding process. The studied are is located in the Cingoli anticline (Northern Apennines), which is characterized by a pelagic multilayer characterized by sequences with different mechanical stratigraphies. A multi-scale analysis has been made in several outcrops located in different structural positions. This project shows that the conceptual sketches proposed in literature and the strain distribution models outline well the geometrical orientation of most of the set of fractures observed in the Cingoli anticline. On the other hand, the present work suggests the relevance of the mechanical stratigraphy in particular controlling the type of fractures formed (e.g. pressure solution seams, joints or shear fractures) and their subsequent evolution. Through a multi-scale analysis, and on the basis of the temporal relationship between fracture sets and their orientation respect layering, I also suggest a conceptual model for fracture systems formation.
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I microRNA sono una classe di piccole molecole di RNA non codificante che controllano la stabilità di numerosi RNA messaggeri, perciò sono considerati come “master regulator” dell’espressione genica. Ogni tumore è caratterizzato da un profilo di espressione alterato dei microRNA. Il miR-101 è un oncosoppressore represso nei tessuti tumorali ed è candidato come biomarcatore del cancro colon-rettale. È regolato da numerosi eventi fisiologici e patologici, come angiogenesi e carcinogenesi. Gli eventi molecolari coinvolti nella regolazione dell’espressione del miR-101 sono scarsamente conosciuti, poiché è trascritto da due loci genici non caratterizzati. L’obiettivo di questo lavoro è di caratterizzare i geni del miR-101 ed individuarne i regolatori molecolari coinvolti nella cancerogenesi colon-rettale.
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La poliradicoloneurite acuta idiopatica (ACIP) è una patologia infiammatoria che interessa le radici di più nervi spinali, descritta soprattutto nel cane, più raramente nel gatto, caratterizzata da insorgenza acuta di paresi/paralisi flaccida. L’ACIP mostra notevoli similitudini con la sindrome di Guillan-Barrè dell’uomo (GBS), in cui la patogenesi è su base autoimmunitaria ed è stata correlata con la presenza di alcuni fattori scatenanti (trigger). Lo scopo di questo lavoro è stato quello di caratterizzare l’ACIP in 26 cani, descrivendone la sintomatologia, l’evoluzione clinica, i risultati degli esami diagnostici. La diagnosi si è basata sui riscontri dell’anamnesi, della visita neurologica e del decorso confermata, quando possibile, dai rilievi elettrodiagnostici. Su tutti i cani è stata valutata l’esposizione a specifici agenti infettivi (Toxoplasma gondii, Neospora canunim, Ehrlichia canis, Leishmania infantum), o altri fattori (come vaccinazioni) che potrebbero aver agito da “trigger” per l’instaurarsi della patologia; sull’intera popolazione e su 19 cani non neurologici (gruppo di controllo), si è proceduto alla ricerca degli anticorpi anti-gangliosidi. La sintomatologia di più frequente riscontro (25/26) ha coinvolto la funzione motoria (paresi/plegia) con prevalente interessamento dei 4 arti (24/25) . Sei cani hanno ricevuto una terapia farmacologica, che non ne ha influenzato il decorso, favorevole in 24/26 casi. In 9 pazienti è stata rilevata una precedente esposizione a potenziali trigger; in 10 casi si è riscontrato un titolo anticorpale positivo ad almeno un agente infettivo testato. In 17/26 cani si è ottenuto un titolo anticorpale anti-GM2 e anti-GA1; nella popolazione di controllo solo un caso è risultato positivo. Questi risultati hanno contribuito a consolidare le conoscenze di questa patologia, validando l’utilità della ricerca anticorpale anti-gangliosidica per la diagnosi di ACIP e facendo intravedere la possibilità che l’ACIP possa essere assimilate alla GBS anche dal punto di vista patogenetico, per la quale potrebbe essere considerata come modello animale spontaneo.
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L’obiettivo della tesi è studiare il virus HIV-1 in relazione alle alterazioni sistemiche, riscontrate nel paziente HIV-infetto, in particolare alterazioni a carico del sistema scheletrico, indotte dal virus o dall’azione dei farmaci utilizzati nella terapia antiretrovirale (HAART). L’incidenza dell’osteoporosi nei pazienti HIV-positivi è drammaticamente elevata rispetto alla popolazione sana. Studi clinici hanno evidenziato come alcuni farmaci, ad esempio inibitori della proteasi virale, portino alla compromissione dell’omeostasi ossea, con aumento del rischio fratturativo. Il nostro studio prevede un follow-up di 12 mesi dall’inizio della HAART in una coorte di pazienti naïve, monitorando diversi markers ossei. I risultati ottenuti mostrano un incremento dei markers metabolici del turnover osseo, confermando l’impatto della HAART sull’omeostasi ossea. Successivamente abbiamo focalizzato la nostra attenzione sugli osteoblasti, il citotipo che regola la sintesi di nuova matrice ossea. Gli esperimenti condotti sulla linea HOBIT mettono in evidenza come il trattamento, in particolare con inibitori della proteasi, porti ad apoptosi nel caso in cui vi sia una concentrazione di farmaco maggiore di quella fisiologica. Tuttavia, anche concentrazioni fisiologiche di farmaci possono regolare negativamente alcuni marker ossei, come ALP e osteocalcina. Infine esiste la problematica dell’eradicazione di HIV-1 dai reservoirs virali. La HAART riesce a controllare i livelli viremici, ciononostante diversi studi propongono alcuni citotipi come potenziali reservoir di infezione, vanificando l’effetto della terapia. Abbiamo, perciò, sviluppato un nuovo approccio molecolare all’eradicazione: sfruttare l’enzima virale integrasi per riconoscere in modo selettivo le sequenze LTR virali per colpire il virus integrato. Fondendo integrasi e l’endonucleasi FokI, abbiamo generato diversi cloni. Questi sono stati transfettati stabilmente in cellule Jurkat, suscettibili all’infezione. Una volta infettate, abbiamo ottenuto una significativa riduzione dei markers di infezione. Successivamente la transfezione nella linea linfoblastica 8E5/LAV, che porta integrata nel genoma una copia di HIV, ha dato risultati molto incoraggianti, come la forte riduzione del DNA virale integrato.
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Tra i liposarcomi, il tumore lipomatoso atipico/liposarcoma ben differenziato e il liposarcoma dedifferenziato rappresentano i sottotipi più frequenti. Spesso è difficile distinguere questi tumori da altri con caratteristiche morfologiche simili. Da un punto di vista citogenetico sono caratterizzati dalla presenza di cromosomi soprannumerari giganti e cromosomi ad anello costituiti principalmente da sequenze amplificate della regione 12q13-15. In questa regione mappano numerosi geni tra cui il gene MDM2 (murine double minute-2). La caratterizzazione molecolare di tali sottotipi diventa estremamente importante sia a fini diagnostici sia per un corretto indirizzo terapeutico, soprattutto oggi, dopo l’introduzione nella pratica clinica di terapie biologiche mirate (targeted therapies). Nel presente studio viene analizzato il ruolo dell’analisi FISH per la valutazione dello status di MDM2 nelle neoplasie lipomatose e per stabilire se questo marcatore possa essere utilizzato nella diagnosi differenziale di questi tumori. Sebbene questo studio confermi l’utilità diagnostica dell’amplificazione di MDM2 nella diagnosi del tumore lipomatoso atipico/liposarcoma ben differenziato ed il liposarcoma dedifferenziato, questo marcatore potrebbe avere in futuro anche una più ampia applicazione. Data la recente introduzione degli inibitori selettivi di MDM2 tale ricerca risulta importante non solo a fini diagnostici ma anche per la selezione dei pazienti che potranno in futuro beneficiare del trattamento con tali inibitori. Questo studio è stato effettuato anche per analizzare la rilevanza biologica del percorso che vede coinvolto il gene AKT nel liposarcoma ben differenziato e dedifferenziato e per stabilire se questo percorso possa rappresentare un utile bersaglio terapeutico in questi tumori. I dati ottenuti dimostrano che AKT è espresso ed attivato in tutti i casi di tumore lipomatoso atipico/liposarcoma ben differenziato e liposarcoma dedifferenziato.
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Superconduttori bulk in MgB2, ottenuti con tecnologia Mg-RLI brevettata da Edison Spa, sono stati oggetto di un'approfondita analisi in termini di forze di levitazione. Questo studio è stato preliminare per la progettazione di un innovativo sistema di levitazione lineare. I risultati ottenuti sperimentalmente sono stati validati attraverso modelli numerici sviluppati ad hoc. I campioni oggetto dello studio sono tre bulk in MgB2 rappresentativi delle tipiche forme usate nelle applicazioni reali: un disco, un cilindro, una piastra. I bulk sono stati misurati con un sistema di misura per le forze di levitazione realizzato a tale scopo. Un protocollo sperimentale è stato seguito per la caratterizzazione di base, sia in condizioni Field Cooling sia Zero Field Cooling, al quale sono state affiancate prove specifiche come la possibilità di mantenere inalterate le proprietà superconduttive attraverso la giunzione di più campioni con la tecnologia Mg-RLI. Un modello numerico è stato sviluppato per convalidare i risultati sperimentali e per studiare l'elettrodinamica della levitazione. Diverse configurazioni di rotori magnetici sono state accoppiate con un cilindro in MgB2 con lo scopo di valutare la soluzione ottimale; questo tema è stato apporofondito attraverso lo sviluppo di un software di simulazione che può tenere conto sia del numero di magneti sia della presenza di anelli in materiale magneti intercalati fra di essi. Studi analoghi sono stati portati avanti su una piastra di MgB2 per simulare il comportamento di una geometria piana. Un sistema di raffreddamento innovativo basato sull'azoto solido è stato studiato per poterlo accoppiare con un sistema di levitazione. Il criostato progettato è costituito da due dewar, uno dentro l'altro; quello interno ha lo scopo di raffreddare l'MgB2 mentre quello esterno di limitare delle perdite verso l'esterno. Il criopattino così ottenuto è accoppiato in condizioni FC ad una rotaia formata da magneti permanenti in NdFeB.
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Il trigono della vescica urinaria (UBT) è un'area limitata attraverso la quale penetrano nella vescica la maggior parte dei vasi e fibre e in cui le fibre nervose e neuroni intramurali sono più concentrati. Mediante l’utilizzo combinato di un tracciante retrogrado(FB) e dell’immunoistochimica sono stati valutati il fenotipo e l’area del soma dei neuroni dei gangli spinali (DRG), dei neuroni post-gangliari, il fenotipo dei gangli della catena simpatica (STG) e i gangli mesenterici caudali (CMG) innervanti l’UBT. - Caratterizzazione dei neuroni dei DRG con: peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP)(30±3%, 29±3%, rispettivamente), sostanza P(SP)(26±8%, 27±12%), ossido nitrico sintasi neuronale (nNOS)(21±4%; 26±7%), neurofilamento 200kDa (NF200)(75±14%, 81±7% ) , transient receptor potential vanilloid1 (TRPV1)(48±13%, 43±6%) e isolectina-B4-positivi (IB4) (56±6%;43±10%). I neuroni sensoriali, distribuiti da L2 a Ca1 (DRG), hanno presentato una localizzazione segmentale, mostrando maggior densità nei DRG L4-L5 e S2-S4. I neuroni sensoriali lombari sono risultati significativamente più grandi di quelle sacrali (1.112±624μm2 vs716±421μm2). Complessivamente, questi dati indicano che le vie lombari e sacrali probabilmente svolgono ruoli diversi nella trasmissione sensitiva del trigono della vescica urinaria. -I neuroni FB+ della STG e dei CMG sono risultati immunoreattivi per la tirosina idrossilasi (TH)(66±10,1%, 53±8,2%, rispettivamente), la dopamina beta-idrossilasi (DβH)(62±6,2%, 52±6,2%), neuropeptideY (NPY)(59±8%; 66±7%), CGRP(24±3%, 22±3%), SP(22±2%; 38±8%), polipeptide intestinale vasoattivo (VIP)(19±2%; 35±4%), nNOS(15±2%; 33±8%), trasportatore vescicolare dell'acetilcolina (VAChT)(15±2%; 35±5%), leu-encefalina (LENK)(14±7%; 26±9%), e somatostatina (SOM)(12±3%;32±7%).Il numero medio di neuroni FB+ (1845,1±259,3) era nella STG in L1-S3, con i pirenofori più piccoli (465,6±82.7μm2). Un gran numero (4287,5±1450,6) di neuroni FB+ di piccole dimensioni (476,1±103,9μm2) sono stati localizzati lungo il margine dei CMG. Il maggior numero (4793,3±1990,8) di neuroni FB + è stato osservato nel plesso pelvico, dove i neuroni marcati erano raggruppati in micro-gangli e con pirenoforo ancora più piccolo (374,9±85,4 μm2).
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La ricerca si è focalizzata su due degli aspetti di interesse odontoiatrico più diffusi: la carie dentaria e la parodontite cronica. Il problema della carie dentaria è stato studiato in una popolazione di 39 soggetti affetti da cardiopatia congenita in cui la scarsa igiene orale è fattore di rischio per problematiche di salute generale e soprattutto per lo sviluppo di endocardite infettiva. I dati osservati e confrontati con quelli di un omogeneo gruppo di controllo dimostrano che nella dentatura decidua questi bambini hanno più denti cariati, come dimostrato dalla significativa differenza dell'indice dmft. Nella dentatura permanente non si osservano differenze tra i due gruppi. La carica microbica totale rilevata nella saliva e la presenza di Streptococcus mutans non mostrano differenze tra i due gruppi. I problemi di parodontite cronica sono stati studiati in un gruppo di 352 soggetti italiani adulti in cui si è definita la prevalenza dei 6 più importanti patogeni parodontali e la possibile correlazione con parametri clinici (pus, sanguinamento al sondaggio - BOP, profondità di sondaggio della tasca parodontale – PPD). Tra le 6 specie batteriche ricercate, quello di più frequente riscontro è stato Fusobacterium nucleatum (95%), mentre quello con carica batterica più alta è stato Tannerella forsythia. La carica batterica di Porphyromonas gingivalis, Treponema denticola, Tannerella forsythia e Fusobacterium nucleatum ha mostrato una correlazione diretta con il BOP e la presenza di pus. Inoltre, si è riscontrato che la carica batterica di tutte le specie (tranne Aggregatibacterium actinomycetemcomitans) aumenta all'aumentare del PPD. Tra le variabili studiate, PPD rappresenta il più importante fattore di rischio per la presenza di parodontopatogeni, mentre BOP è un indicatore di rischio per la ricerca del complesso rosso.
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La mia tesi offre uno studio sistematico di tutti i cambiamenti fonetici classificabili come 'Allungamento di Compenso' (AC) nella storia del greco antico. L'importanza di tali allungamenti vocalici nella fonologia storica e nella dialettologia del greco è, naturalmente, ben nota, ma diversi sviluppi individuali sono ancora discussi o poco chiari. Particolare attenzione è stata riservata all'odierno dibattito sull'AC nell'àmbito della fonologia teorica, e ad applicare correttamente i principi della linguistica generale ai fatti greci. Per ciascuna istanza di AC in greco, ho cercato di proporre una soluzione che sia coerente tanto con altri sviluppi noti del greco, sia con le tendenze attestate interlinguisticamente. Il greco risulta confermare la recente visione secondo cui non c'è un'unica regola o meccanismo responsabile dell'AC, ma esistono diverse tipologie, che in parte operano direttamente a livello della struttura fonologica astratta, in parte risultano dalla fonologizzazione di cambiamenti graduali e foneticamente condizionati. Entrambi i tipi risultano ben rappresentati in greco. Tuttavia, una tipologia di AC che è stata spesso postulata per il greco (l'AC da degeminazione) non è mai esistita in questa lingua. L'ultima parte di questo studio è dedicata a quattro casi separati di apparenti irregolarità nella distribuzione dell'AC o nel timbro della vocale lunga risultante. Dopo un'analisi filologica ed etimologica di tutto il materiale rilevante, si propongono delle spiegazioni per queste irregolarità.
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La PKCε e la PKCδ, chinasi ubiquitariamente distribuite e ad azione pleiotropica, sono implicate del differenziamento, sopravvivenza e proliferazione cellulare. Esse sono coinvolte nel processo differenziativo delle cellule staminali ematopoietiche e in fenomeni patologici associati al compartimento sanguigno. In questa tesi sono presentati i risultati riguardanti lo studio in vitro del ruolo di PKCε e PKCδ nel contesto del differenziamento megacariocitario, in particolare si caratterizza l’espressione e la funzione di queste chinasi nel modello umano e nel modello murino di Megacariocitopoiesi, normale e patologica. Confrontando le cinetiche dei due modelli presi in analisi nello studio è stato possibile osservare come in entrambi PKCε e PKCδ dimostrino avere una chiara e specifica modulazione nel progredire del processo differenziativo. Questi dati, se confrontati, permettono di affermare che PKCε e PKCδ presentano un pattern di espressione opposto e, nel modello umano rispetto a quello murino, reciproco: nell’uomo i livelli di PKCε devono essere down-modulati, mentre nel topo, al contrario, i livelli della chinasi risultano up-modulati durante lo stesso processo. Analogamente, le CD34+ in differenziazione presentano una costante e maggiore espressione di PKCδ durante la maturazione MK, mentre nel modello murino tale proteina risulta down-modulata nella fase più tardiva di formazione della piastrina. Le chinasi mostrano in oltre di agire, nei due modelli, attraverso pathways distinti e cioè RhoA nel topo e Bcl-xL nell’uomo. È stato inoltre verificato che l’aberrante differenziamento MK osservato nella mielofibrosi primaria (PMF), è associato a difetti di espressione di PKCε e di Bcl-xL e che una forzata down-modulazione di PKCε porta ad un ripristino di un normale livello di espressione di Bcl-xL così come della popolazione di megacariociti formanti propiastrine. I dati ottenuti indicano quindi che PKCε e PKCδ svolgono un ruolo importante nel corretto differenziamento MK e che PKCε potrebbe essere un potenziale nuovo target terapeutico nelle PMF.
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Lo stretch film è una diffusa applicazione per imballaggio dei film in polietilene (PE), utilizzato per proteggere diversi prodotti di vari dimensioni e pesi. Una caratteristica fondamentale del film è la sua proprietà adesiva in virtù della quale il film può essere facilmente chiuso su se stesso. Tipicamente vengono scelti gradi lineari a bassa densità (LLDPE) con valori relativamente bassi di densità a causa delle loro buone prestazioni. Il mercato basa la scelta del materiale adesivo per tentativi piuttosto che in base alla conoscenza delle caratteristiche strutturali ottimali per l’applicazione. Come per i pressure sensitive adhesives, le proprietà adesive di film stretch in PE possono essere misurati mediante "peel testing". Esistono molti metodi standard internazionali ma i risultati di tali prove sono fortemente dipendenti dalla geometria di prova, sulla possibile deformazione plastica che si verificano nel peel arm(s), e la velocità e temperatura. Lo scopo del presente lavoro è quello di misurare l'energia di adesione Gc di film stretch di PE, su se stessi e su substrati diversi, sfruttando l'interpretazione della meccanica della frattura per tener conto dell'elevata flessibilità e deformabilità di tali film. Quindi, la dipendenza velocità/temperatura di Gc sarà studiata con riferimento diretto al comportamento viscoelastico lineare dei materiali utilizzati negli strati adesivi, per esplorare le relazioni struttura-proprietà che possono mettere in luce i meccanismi molecolari coinvolti nei processi di adesione e distacco. Nella presente caso, l’adesivo non è direttamente disponibile come materiale separato che può essere messo tra due superfici di prova e misurato per la determinazione delle sue proprietà. Il presupposto principale è che una parte, o fase, della complessa struttura semi-cristallina del PE possa funzionare come adesivo, e un importante risultato di questo studio può essere una migliore identificazione e caratterizzazione di questo "fase adesiva".