512 resultados para Ylitalo, Essi
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Kirjallisuusarvostelu
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per Moisé Soave de Venezia
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MTSD 0300.
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"Prefazione alla seconda edizione" dated 1901.
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Microfilm copy of the original in Vatican. Biblioteca vaticana.
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pp. 9-30
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La Tesi è incentrata sulle figure di D. Dinis e Isabel d’Aragona, reali del Portogallo (fine del XIII-prima metà del XIV secolo), e si focalizza sul processo di creazione e trasmissione della memoria, elaborato e messo in atto dai sovrani nel corso della loro esistenza. L’atto finale di questo annoso processo fu la realizzazione dei loro monumenti funebri creati per essere conservati nella chiesa del monastero cistercense di São Bernardo e São Dinis di Odivelas, la tomba del re, e nella chiesa del monastero di Santa Clara e Santa Isabel di Coimbra, quella della regina. Infatti, in modo del tutto inedito rispetto alla tradizione precedente, i re commissionarono e videro in vita realizzati i sepolcri che avrebbero dovuto preservare la loro memoria per l’Eternità. Essi furono concepiti a priori come parte integrante del progetto monumentale più vasto costituito dagli edifici monastici che li avrebbero dovuti custodire. In tale prospettiva, è stata rivolta particolare attenzione alla storia del monastero di Odivelas, assurto a pantheon della Monarchia, seppure per breve tempo, e al monastero di Coimbra, ultima dimora della regina Isabel una volta fallito il progetto del pantheon reale a causa della guerra civile che sconvolse il regno del Portogallo tra il 1319 e il 1324. Oltre ai sepolcri reali, sono state prese in esame alcune opere di architettura e di scultura legate alla committenza regia – in coppia o individualmente –, in particolare tre tombe coeve, due delle quali destinate ad altrettanti membri della famiglia reale. All’interno di questa Tesi, i monumenti funebri esaminati sono stati considerati non solo come strumento privilegiato per la commemorazione del defunto, ma anche come forieri di un preciso messaggio indirizzato a tutti coloro che avrebbero fruito della loro visione. Così, l’iconografia dei sepolcri è stata analizzata alla luce della spiritualità e della religiosità dei sovrani, oltre che dal punto di vista stilistico e formale. Come premessa allo studio prettamente storico-artistico, inizialmente sono stati approfonditi i rapporti tra il regno del Portogallo e la Sede Apostolica al momento dell’ascesa al trono di D. Dinis e, successivamente, il tema della guerra civile che vide contrapporsi il re e il principe, il futuro Alfonso IV. A questo scopo, integra la Tesi un’Appendice documentaria che presenta 64 documenti, la maggior parte dei quali inediti. Questo studio intende dimostrare come il Portogallo dionisino si collochi pienamente nell’orbita culturale mediterranea e proporre nuove affermazioni, considerazioni ed ipotesi rispetto ai re Dinis e Isabel, alle loro vicende storiche e personali e alla memoria di sé che vollero trasmettere ai posteri.
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Copiato nell'Italia del Nord verso il 1350, il manoscritto Ferrell 5 è oggi il solo testimone della "Continuation du Roman de Meliadus" che racconta le avventure di Artù, di Meliadus il padre di Tristano, e del Buon Cavaliere senza Paura padre di Dinadan, partiti alla ricerca di Morholt, prigioniero su di un'isola lontana. Ora, questa inchiesta è solo un pretesto: al centro dell'interesse dei tre re non sta tanto l'avventura promessa quanto i racconti che essi collezionano in occasione dei diversi scali di questo viaggio per mare, durante il quale non succede quasi niente. La ricerca di Morholt agisce quale racconto-cornice che non solo mette in scena le condizioni della presa di parola da parte dei cavalieri-narratori e organizza i racconti, anzi li drammatizza, ma funziona anche da matrice che informa, feconda e rigenera questi stessi racconti. Quanto all'isolamento, imposto dalla navigazione, esso permette lo sbocciare di una piccola ma prestigiosa società di narratori che non ha nulla da invidiare a quella delle raccolte di novelle. Così, un racconto dopo l'altro, si definisce un'arte di narrare che espone ed esplora i legami tra valore del racconto e bontà della cavalleria: la perfezione poetica, fonte del piacere estetico, è solo l'altra faccia della perfezione cavalleresca.
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La tesi esplora le possibilità di rinnovamento e di riconfigurazione del ruolo del docente di lingua e letteratura italiana e, più in generale, del ruolo stesso della letteratura all'interno dei sistemi educativi, si colloca necessariamente all'intersezione tra diversi settori di studio: ? la didattica della letteratura italiana, una disciplina giovane, i cui inizi si possono far risalire agli anni Sessanta-Settanta del secolo scorso, situata all'incrocio tra linguistica, italianistica e teoria della letteratura, che ha contribuito alla messa a punto di metodi e di strumenti per l'insegnamento della letteratura soprattutto nel contesto scolastico; ? l'informatica umanistica, la disciplina che si occupa dell'interazione tra la tecnologia e il sapere umanistico, sia dal punto di vista dell'utilizzo dei mezzi digitali per la ricerca (la produzione, la ricerca, la rappresentazione e la conservazione delle informazioni), sia da quello del ruolo dei saperi umanistici nella struttura epistemologica e nella storia della digitalizzazione; ? la tecnologia dell'educazione, che a partire dai primi mezzi di comunicazione elettrici e, poi, dall'invenzione del computer, ha sviluppato concetti e metodi per un approccio critico alle tecnologie utilizzate intenzionalmente con finalità didattiche, sia nelle attività di istruzione in aula, sia nelle attività cosiddette a distanza. A contatto con concetti e strumenti elaborati in questi ambiti, quindi, lo studioso di letteratura italiana dovrebbe mettere in discussione concetti e strumenti tipici della propria disciplina, riflettere sul proprio ruolo di ricercatore e di docente nella produzione e distribuzione di contenuti disciplinari per la formazione degli studenti e, infine, individuare strumenti operativi che gli consentano di assumere il controllo sui processi di apprendimento e sul complesso rapporto che essi intrattengono con l'insegnamento.
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Tutkin opinnäytetyössäni syksyllä 2005 järjestettyä Vantaan Peltolan koulun yhteismusisointiprojektia opettamisen näkökulmasta. Musiikkiluokkien oppilaista muodostettiin pieniä kamarimusiikkiryhmiä, joita jokaista ohjasi vähintään kaksi opettajaa, poikkeuksena puhaltajien ryhmä. Vastaavanlaista yhdessä opettamista on aiemmin kokeiltu opetusharjoitteluryhmässäni, ja Peltolan koulun projektin myötä kiinnostuin tutkimaan opettajien tiimityöskentelyä tarkemmin. Olen valinnut projektista kolme ryhmää, joiden toimintaa, tavoitteita ja toimintatavan vaikutusta musiikin oppimiseen olen tutkinut. Yritän työssäni selvittää, miten yhdessä opettaminen onnistui ja miten se vaikutti ryhmän oppimiseen. Tutkimusaineistona on videomateriaali, joka saatiin kuvaamalla kaikki opetuskerrat, muutamaa poikkeusta lukuun ottamatta. Oppilaille ja opettajille tehtiin projektin jälkeen kyselyt. Yhdessä opettaminen toteutui eri ryhmissä eri tavoin. Joissain ryhmissä opettajat ohjasivat tuntia vuorotellen, ja joissain ryhmissä opettajien keskinäinen työskentely oli nivoutunut tiiviimmin yhteen. Ratkaisevaa ryhmän työskentelyn kannalta oli kuitenkin se, minkälaista sekä opettajien keskinäinen ja koko ryhmän välinen yhteistyö ja vuorovaikutus oli. Työtä tehdessäni esille nousi muutamia kehitysehdotuksia. Videointia voitaisiin käyttää tiiviimmin opetuksen tukena siten, että kunkin ryhmän opettajat katsoisivat videon aina ennen seuraavaa opetuskertaa. Opettajat voisivat myös yhdessä ryhmänsä kanssa kehittää ja suunnitella opetustaan videolta tehtyjen havaintojen perusteella. Jotta oppilaat innostuisivat musisoimaan, opettajat voisivat itse olla osana yhtyettä ja soittaa mukana konsertissakin. Näin oppilaat väkisinkin tempautuisivat musisointiin vahvemmin mukaan ja saisivat siihen hyvän kosketuksen.
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Résumé II lavoro verte sui volgarizzamenti quattro-cinquecenteschi di Luciano di Samosata, importante capitolo nella fortuna dell'autore greco, che diede l'avvio a quel vasto fenomeno chiamato "lucianesimo", esteso in Europa fino al XIX sec. In particolare fornisco l'edizione critica e commentata delle Storie vere volgarizzate, contenute nella prima, assai ampia (41 opuscoli), e per molto tempo unica, silloge lucianea in volgare, che ho datato a poco prima del 1480. Essa ci è giunta tramite un unico manoscritto, il Vaticano Chigiano L.VI.215, confezionato a Ferrara per Ercole I d'Este, nonché in almeno otto edizioni veneziane apparse fra il 1525 e il 1551. La princeps, da cui dipendono in vario modo tutte le edizioni successive, è pubblicata da Niccolò Zoppino. I1 ms. e le prime due edizioni (1525; 1527 Bindoni e Pasini) tacciono il nome del traduttore, che compare solo nell'edizione del 1529 (Zoppino): Niccolò Leoniceno (1428-1524), medico umanista e valente grecista, attivo a Ferrara dal 1464 al 1524, studioso e traduttore di Ippocrate e Galeno, editore di Aristotele e volgarizzatore di storici per Ercole d'Este. L'edizione ha richiesto uno studio preliminare sulle numerose traduzioni in latino e in volgare di Luciano, per valutare meglio le modalità della sua fortuna umanistica. Confrontando ms. e stampe, per le Storie vere si hanno due volgarizzamenti totalmente diversi, fin dal titolo: La vera historia nel ms., Le vere narrazioni nelle cinquecentine. Ma per l'ultimo quarto di testo, ms. e stampe in sostanza coincidono. La collazione ha coinvolto anche il testo greco (con gli apparati delle edizioni critiche) e la versione latina dell'umanista umbro Lilio Tifernate (1417/18-1486) risalente al 1439-43 ca., intitolata De veris narrationibus, di cui si hanno almeno tre redazioni d'autore; una quarta è invece dovuta probabilmente a Benedetto Bordon, che la inserì nella sua silloge latina di Luciano del 1494. Ho cosa stabilito che il volgarizzamento del ms. Chigiano, La vera historia, è stato eseguito direttamente dal greco, fatto eccezionale nel panorama delle traduzioni umanistiche, mentre quello a stampa, Le vere narrazioni, deriva dalla redazione Bordon del De veris narrationibus. La diversità dei titoli dipende dalle varianti dei codici greci utilizzati dai traduttori: il Vat. gr. 1323, o una sua copia, è utilizzato sia dal volgarizzatore del Chigiano, sia da Bordon, indipendentemente l'uno dall'altro; il Marc. gr. 434, o una sua copia, dal Tifernate. Il titolo latino mantenuto da Bordon risale al Tifernate. Per quanto riguarda l'attribuzione dei due volgarizzamenti, come già per altri due testi della silloge da me studiati (Lucio 01 Asino e Timone), anche per La vera historia del Chigiano è accettabile il nome di Niccolò Leoniceno, poiché: 1) essa è tradotta direttamente dal greco, correttamente e con buona resa in volgare, 2) Paolo Giovio -che conobbe di persona il Leoniceno -, negli Elogia veris clarorum virorum imaginibus apposita ricorda che i volgarizzamenti di Luciano e di Dione eseguiti dal Leoniceno piacquero molto ad Ercole d'Este, 3) nessuno nella prima metà del sec. XVI rivendica, per sé o per un suo maestro, il volgarizzamento di Luciano. Le vere narrazioni a stampa, tradotte dal latino del Bordon, dopo il 1494 e prima del 1525, per la parte che diverge dalla Vera historia rimangono invece anonime. Dato che si tratta di due volgarizzamenti distinti, ho allestito l'edizione a fronte dei due testi fin dove essi divergono, seguendo per l'uno il ms., per l'altro la princeps; per la parte finale, in cui confluiscono, mi baso invece sul manoscritto e relego in apparato le varianti più vistose della princeps (non è emerso un chiaro rapporto di dipendenza fra i due testimoni). Oltre all'apparato critico con le lezioni rifiutate, fornisco un commento con la giustificazione delle scelte e il confronto con i corrispondenti passi greci e latini.