994 resultados para MICI,Nutrizione,Dieta,Crohn,RCU,Gastroenterite eosinofila
Resumo:
Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI o MICI, dall’acrostico inglese di “Inflammatory bowel diseases”) costituiscono un insieme di disturbi autoimmuni, in cui è l’attivazione anormale del sistema immunitario, a stimoli altrimenti normali, a procurare danno al corpo stesso. In soggetti geneticamente predisposti si innesca difatti una risposta immunitaria abnorme, la quale produce uno stato infiammatorio cronico all’interno dell’apparato digerente che, nel tempo, genera un danno tissutale con perdita progressiva della funzionalità d’organo. L’obiettivo di questo lavoro di tesi è stato svolgere un’analisi attenta e il più possibile approfondita delle malattie infiammatorie croniche del tratto gastrointestinale, cercando di fornirne una panoramica generale dal punto di vista clinico, per poi addentrarsi nell’ambito della terapia nutrizionale ad esse associata, tema che in questi ultimi anni sta acquisendo progressivamente maggior rilevanza negli standard di cura alla persona.
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La malattia oncologica è caratterizzata da una complessa rete di processi di alterazioni replicative, infiammatorie e metaboliche che, se non adeguatamente corrette, possono compromettere lo stato nutrizionale del paziente, aumentando esponenzialmente il rischio di incorrere in una condizione di malnutrizione. L’equilibrio tra energia, composizione corporea e funzioni dell’organismo può essere ripristinato soltanto con un corretto intervento nutrizionale: è il dietista che, adoperando il Nutrition Care Process, interverrà per garantire al paziente un corretto supporto nutrizionale, ricorrendo al counseling per fornirgli le strategie necessarie a superare le cause di scarso apporto nutrizionale o, qualora le misure dietetiche fossero insufficienti, tramite l’uso di Supplementi Nutrizionali Orali. In questo contesto, la ricerca scientifica ha introdotto l’immunonutrizione, una modalità di nutrire il paziente e allo stesso tempo di modulare l’attività immunitaria a favore del processo di guarigione. Le evidenze si mostrano a favore anche della fornitura extra di amminoacidi a catena ramificata che, oltre a colmare il deficit proteico-energetico, forniscono precursori per ridurre il catabolismo muscolare, promuovendo l’anabolismo. Come terapia adiuvante nel trattamento del cancro sta emergendo in letteratura anche la Dieta Chetogenica, la cui efficacia risiederebbe nella capacità di instaurare un ambiente sfavorevole alla sopravvivenza delle cellule neoplastiche deprivandole del loro unico nutrimento, il glucosio. Alla fine di educare la popolazione ad una corretta prevenzione, risulta necessario diffidare da qualsiasi dieta “miracolosa” e “antitumorale” che, per quanto accattivanti, non fanno altro che generare falsa informazione. Quindi cosa dice la scienza? La nutrizione non ha il potere di guarire dalle malattie oncologiche, ma uno stile di vita sano e un’alimentazione di impronta Mediterranea rappresentano sicuramente la chiave per una corretta prevenzione.
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Conselho Nacional de Desenvolvimento Científico e Tecnológico (CNPq)
Resumo:
I comportamenti nutrizionali stanno assumendo sempre maggiore rilievo all’interno delle politiche comunitarie e questo sottolinea che la dieta sta avendo, negli ultimi anni, una maggiore importanza come fattore di causa e allo stesso tempo prevenzione nella diffusione di malattie croniche come il cancro, malattie cardiovascolari, diabete, osteoporosi e disturbi dentali. Numerosi studi mostrano infatti che i tassi di obesità sono triplicati nelle ultime due decadi e si è stimato che, se i livelli di obesità continueranno a crescere allo stesso tasso del 1990, nel 2010 il numero di persone obese raggiungerà i 150 milioni tra gli adulti e i 15 milioni tra bambini e adolescenti. I governi nazionali stanno quindi cercando di risolvere questo problema, a cui sono inoltre legati alti costi nazionali, tramite l’implementazione di politiche nutrizionali. Analisi di tipo cross-section sono già state evidenziate da studiosi come Schmidhuber e Traill (2006), i quali hanno effettuato un’analisi di convergenza a livello europeo per esaminare la distanza tra le calorie immesse da 426 prodotti diversi. In quest’analisi hanno così dimostrato la presenza di una similarità distinta e crescente tra i paesi europei per quanto riguarda la composizione della dieta. Srinivasan et al. invece hanno osservato la relazione esistente tra ogni singolo prodotto alimentare consumato e le norme nutrizionali dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization, WHO) Lo scopo di questa tesi è quello di evidenziare il problema a livello di aggregati nutritivi e di specifiche componenti nutrizionali come zucchero, frutta e verdura e non relativamente ad ogni singolo prodotto consumato. A questo proposito ci si è basati sulla costruzione di un indicatore (Recommendation Compliance Index) in modo da poter misurare le distanze tra la dieta media e le raccomandazioni del WHO. Lo scopo è quindi quello di riuscire a quantificare il fenomeno del peggioramento della dieta in diverse aree del mondo negli ultimi quattro decenni, tramite un’analisi panel, basandosi sui dati sui nutrienti consumati, provenienti dal database della FAO (e precisamente dal dataset Food Balance Sheets – FBS). Nella prima fase si introduce il problema dell’obesità e delle malattie croniche correlate, evidenziando dati statistici in diversi paesi europei e mondiali. Si sottolineano inoltre le diverse azioni dei governi e del WHO, tramite l’attuazione di campagne contro l’obesità e in favore di una vita più salutare e di una maggiore attività fisica. Nella seconda fase si è costruito un indicatore aggregato (Recommendation Compliance Index) in modo da analizzare le caratteristiche nella dieta dei diversi Paesi a livello mondiale rispetto alle norme del WHO. L’indicatore si basa sui dati ottenuti da FAOSTAT ed è calcolato per 149 paesi del database dell’FBS per il periodo 1961-2002. Nell’analisi si sono utilizzati i dati sulle percentuali di energia prodotta dalle varie componenti nutritive, quali grassi, grassi saturi e transaturi, zuccheri, carboidrati, proteine e le quantità di frutta e verdura consumate. Inoltre si è applicato un test statistico per testare se il valore del RCI è significativamente cambiato nel tempo, prendendo in considerazione gruppi di Paesi (Paesi OECD, Paesi in via di sviluppo e sottosviluppati). Si è voluto poi valutare la presenza o meno di un processo di convergenza, applicando l’analisi di σ-convergenza per osservare ad esempio se la variabilità è diminuita nel tempo in modo significativo. Infine si è applicato l’indicatore ad un livello micro, utilizzando il database del National Diet and Nutrition Survey, che raccoglie dati di macrocomponenti nutritive e misure antropometriche della popolazione inglese dai 16 ai 64 anni per il periodo 2000-2001. Si sono quindi effettuate analisi descrittive nonché analisi di correlazione, regressione lineare e ordinale per osservare le relazioni tra l’indicatore, i macronutrienti, il reddito e le misure antropometriche dell’ Indice di Massa Corporea (Body Mass Index, BMI) e del rapporto vita-fianchi (Waist-hip ratio, WHR).
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In questa tesi sono illustrate alcune sperimentazioni finalizzate alla standardizzazione del ciclo produttivo della sogliola comune (Solea solea) in cattività. E’ stato creato un parco di riproduttori selvatici ed è stata standardizzata la riproduzione ad un livello compatibile con la realtà produttiva del settore. Indagini genetiche di assegnazione parentale hanno evidenziato come alcuni esemplari siano stati predominanti negli accoppiamenti e nel conseguente contributo alla generazione della prole. Ciò ha determinato una diminuzione della variabilità genetica dei discendenti. La composizione quali-quantitativa degli acidi grassi delle uova è stata correlata con la sopravvivenza larvale nel corso di un’intera stagione riproduttiva. Tale composizione non ha subito importanti variazioni su scala temporale e sembra essere stata influenzata dall’alimentazione somministrata ai riproduttori nel periodo precedente alla riproduzione. Le analisi di interazione tra momento riproduttivo e qualità delle uova hanno confermato che è stato possibile ottenere uova di buona qualità in termini di sopravvivenza larvale nel corso di tutta la stagione riproduttiva. Larve di sogliola sono state svezzate precocemente 13 giorni dopo la schiusa riducendo l’impiego di cibo vivo a favore di micro diete commerciali. Tale svezzamento ha ridotto le performance di accrescimento, ma non la sopravvivenza e lo sviluppo della metamorfosi quando comparati ad un trattamento standard. La riduzione del cibo vivo ha ottimizzato i costi di produzione e migliorato l’igiene in vasca. L’ontogenesi di precursori di enzimi digestivi è stata determinata tramite PCR quantitativa. I risultati di espressione di tripsinogeno, chimotripsinogeno e amilasi hanno mostrato come tali enzimi rivestano un ruolo chiave nei processi digestivi delle prime fasi larvali. Esemplari giovanili hanno ottenuto un significativo maggiore indice di accrescimento e migliore indice di conversione quando alimentati con diete sperimentali contenenti un elevato tenore proteico. Un aumento dell’incidenza di vacuoli lipidici a livello epatico è stato osservato all’aumentare del tenore proteico della dieta.
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Crohn's disease (CD) is associated with complex pathogenic pathways involving defects in apoptosis mechanisms. Recently, mesenteric adipose tissue (MAT) has been associated with CD ethiopathology, since adipose thickening is detected close to the affected intestinal area. However, the potential role of altered apoptosis in MAT of CD has not been addressed. To evaluate apoptosis in the intestinal mucosa and MAT of patients with CD. Samples of intestinal mucosa and MAT from patients with ileocecal CD and from non-inflammatory bowel diseases patients (controls) were studied. Apoptosis was assessed by TUNEL assay and correlated with the adipocytes histological morphometric analysis. The transcriptional and protein analysis of selected genes and proteins related to apoptosis were determined. TUNEL assay showed fewer apoptotic cells in CD, when compared to the control groups, both in the intestinal mucosa and in MAT. In addition, the number of apoptotic cells (TUNEL) correlated significantly with the area and perimeter of the adipose cells in MAT. Transcriptomic and proteomic analysis reveal a significantly lower transcript and protein levels of Bax in the intestinal mucosa of CD, compared to the controls; low protein levels of Bax were found localized in the lamina propria and not in the epithelium of this tissue. Furthermore, higher level of Bcl-2 and low level of Caspase 3 were seen in the MAT of CD patients. The defective apoptosis in MAT may explain the singular morphological characteristics of this tissue in CD, which may be implicated in the pathophysiology of the disease.
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Perianal fistulizing Crohn's disease is one of the most severe phenotypes of inflammatory bowel diseases. Combined therapy with seton placement and anti-TNF therapy is the most common strategy for this condition. The aim of this study was to analyze the rates of complete perianal remission after combined therapy for perianal fistulizing Crohn's disease. This was a retrospective observational study with perianal fistulizing Crohn's disease patients submitted to combined therapy from four inflammatory bowel diseases referral centers. We analyzed patients' demographic characteristics, Montreal classification, concomitant medication, classification of the fistulae, occurrence of perianal complete remission and recurrence after remission. Complete perianal remission was defined as absence of drainage from the fistulae associated with seton removal. A total of 78 patients were included, 44 (55.8%) females with a mean age of 33.8 (±15) years. Most patients were treated with Infliximab, 66.2%, than with Adalimumab, 33.8%. Complex fistulae were found in 52/78 patients (66.7%). After a medium follow-up of 48.2 months, 41/78 patients (52.6%) had complete perianal remission (95% CI: 43.5%-63.6%). Recurrence occurred in four (9.8%) patients (95% CI: 0.7%-18.8%) in an average period of 74.8 months. Combined therapy lead to favorable and durable results in perianal fistulizing Crohn's disease.
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Crohn´s disease (CD) is a chronic transmural inflammation of the gastrointestinal tract of unknown cause. Malnutrition associated with active CD has been reduced although obesity has increased. Dietary strategies such as those with high-protein have been proposed to reduce body fat. This study compares the effects of two supplements on the nutritional status of CD patients. 68 CD patients were randomized in two groups: whey protein group (WP) and soy protein group (SP). Using bioimpedance analysis, anthropometry and albumin and pre-albumin dosages the nutritional status was measured before starting the intervention and after 8 and 16 weeks. The disease activity was determined by Crohn's Disease Activity Index and serum C-reactive protein dosage and dietary intake by 24h dietary recalls. Forty-one patients concluded the study and both supplements changed body composition similarly. Triceps skin fold thickness (p< 0.001) and body fat percentage (p=0.001) decreased, whereas mid-arm muscle circumference (p=0.004), corrected arm muscle area (p=0.005) and body lean percentage (p=0.001) increased. For Crohn's disease patients undergoing anti TNF-alpha and azatioprine therapies, supplementation with whey and soy proteins changes body composition through reduction of body fat and thus contributes to control inflammation.
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BACKGROUND: Strictureplasty is an alternative surgical procedure for Crohn?s disease, particulary in patients with previous resections or many intestinal stenosis. AIM: To analyze surgical complications and clinical follow-up in patients submitted to strictureplasty secondary to Crohn?s disease. METHODS: Twenty-eight patients (57.1% male, mean age 33.3 years, range 16-54 years) with Crohn?s disease and intestinal stenosis (small bowel, ileocecal region and ileocolic anastomosis) were submitted to strictureplasty, at one institution, between September 1991 and May 2004. Thirteen patients had previous intestinal resections. The mean follow-up was 58.1 months. A total of 116 strictureplasties were done (94 Heineke-Mikulicz - 81%, 15 Finney - 13%, seven side-to-side ileocolic strictureplasty - 6%). Three patients were submitted to strictureplasty at two different surgical procedures and two in three procedures. RESULTS: Regarding to strictureplasty, postoperative complication rate was 25% and mortality was 3.6%. Early local complication rate was 57.1%, with three suture leaks (10.7%) and late complication was present in two patients, both with incisional hernial and enterocutaneous fistulas (28.6%). Patients remained hospitalized during a medium time of 12.4 days. Clinical and surgical recurrence rates were 63% and 41%, respectively. Among the patients submitted to another surgery, two patients had two more operations and one had three. Recurrence rate at strictureplasty site was observed in 3.5%, being Finney technique the commonest one. Presently, 19 patients had been asymptomatic with the majority of them under medical therapy. CONCLUSION: Strictureplasties have low complication rates, in spite of having been done at compromised site, with long term pain relief. Considering the clinical course of Crohn?s disease, with many patients being submitted to intestinal resections, strictureplasties should be considered as an effective surgical treatment to spare long intestinal resections.
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BACKGROUND: Total rectocolectomy and ileal pouch-anal anastomosis is the choice surgical procedure for patients with ulcerative colitis. In cases of Crohn's disease post-operative diagnosis, it can be followed by pouch failure. AIM: To evaluate ileal pouch-anal anastomosis long-term outcome in patients with Crohn's disease. METHODS: Between February 1983 and March 2007, 151 patients were submitted to ileal pouch-anal anastomosis by Campinas State University Colorectal Unit, Campinas, SP, Brazil, 76 had pre-operative ulcerative colitis diagnosis and 11 had post-operative Crohn's disease diagnosis. Crohn's disease diagnosis was made by histopathological biopsies in nine cases, being one in surgical specimen, two cases in rectal stump, small bowel in two cases, ileal pouch in three and in perianal abscess in one of them. The median age was 30.6 years and eight (72.7%) were female. RESULTS: All patients had previous ulcerative colitis diagnosis and in five cases emergency colectomy was done by toxic megacolon. The mean time until of Crohn's disease diagnosis was 30.6 (6-80) months after ileal pouch-anal anastomosis. Ileostomy closure was possible in 10 cases except in one that had ileal pouch fistula, perianal disease and small bowel involvement. In the long-term follow-up, three patients had perineal fistulas and one had also a pouch-vaginal fistula. All of them were submitted to a new ileostomy and one had the pouch excised. Another patient presented pouch-vaginal fistula which was successfully treated by mucosal flap. Three patients had small bowel involvement and three others, pouch involvement. All improved with medical treatment. Presently, the mean follow-up is 76.5 months and all patients are in clinical remission, and four have fecal diversion. The remaining patients have good functional results with 6-10 bowel movements/day. CONCLUSION: Crohn's disease diagnosis after ileal pouch-anal anastomosis for ulcerative colitis may be usual and later complications such fistulas and stenosis are common. However, when left in situ ileal pouch is associated with good function.
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INTRODUCTION: Data is scarce regarding adverse events (AE) of biological therapy used in the management of Crohn's Disease (CD) among Brazilian patients. OBJECTIVES: To analyse AE prevalence and profile in patients with CD treated with Infliximab (IFX) or Adalimumab (ADA) and to verify whether there are differences between the two drugs. METHOD: Retrospective observational single-centre study of CD patients on biological therapy. Variables analysed: Demographic data, Montreal classification, biological agent administered, treatment duration, presence and type of AE and the need for treatment interruption. RESULTS: Forty-nine patients were analysed, 25 treated with ADA and 24 with IFX. The groups were homogeneous in relation to the variables studied. The average follow-up period for the group treated with ADA was 19.3 months and 21.8 months for the IFX group (p = 0.585). Overall, 40% (n = 10) of patients taking ADA had AE compared with 50% (n = 12) of IFX users (p = 0.571). There was a tendency towards higher incidence of cutaneous and infusion reactions in the IFX group and higher incidence of infections in the ADA treated group, although without significant difference. CONCLUSIONS: No difference was found in the AE prevalence and profile between ADA and IFX CD patients in the population studied.
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Gender-related differences in gastric emptying are still controversial. The aims of this study were: to confirm the sex-related difference in gastric emptying of a solid meal and to investigate its association with different patterns of meal distribution between the proximal and distal gastric compartments. Eighteen healthy volunteers (nine males, mean age 35 ± 9 years; nine females, mean age: 41 ± 11 years) were studied in the morning, after ingestion of the solid test-meal (an omelette labeled with 185MBq of 99mTc-sulfur colloid). Simultaneous anterior and posterior images of the stomach were acquired immediately after ingestion of the meal and every 10 minutes for 120 minutes. Time versus activity curves were obtained for the whole, proximal and distal stomach. Gastric T½ was longer in women (96.1 ± 17.2 min) than in men (79.9 ± 17.8 min; P = 0.02). The analysis of the meal distribution inside the stomach showed no differences between males and females in proximal gastric emptying, but the meal retention in the distal compartment was significantly increased among women (P = 0.04). In conclusion, gastric emptying of a solid meal is slower in pre-menopausal women than in age-matched men, probably due to an increased retention of the meal in the distal compartment. This should be taken into consideration to avoid misleading diagnosis of gastroparesis for female patients.
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Um experimento foi conduzido com o objetivo de avaliar os efeitos da inclusão de ácido benzoico (Vevovitall®) na dieta sobre o desempenho e a morfologia intestinal do duodeno de leitões de 28 a 70 dias de idade. Foram utilizados 160 leitões Dalland × Penarlan desmamados aos 21 dias de idade, separados por sexo. O experimento foi dividido em fases pré-inicial 1 (28 a 35 dias de idade), pré-inicial 2 (36 a 46 dias de idade) e fase inicial (47 a 70 dias idade). Utilizou-se o delineamento experimental tipo blocos ao acaso com 5 tratamentos, cada um com 8 repetições de 4 animais, totalizando 40 unidades experimentais. Foram utilizados quatro níveis de ácido benzoico (0; 0,25; 0,50 e 0,75%) e um tratamento testemunha com ácido fumárico. Abateram-se, aos 70 dias de idade, dois animais por repetição para coleta de amostras do duodeno e estudo da morfologia intestinal e um animal por repetição para estudo de lesões gástricas. Foram avaliadas as características de desempenho (ganho de peso, consumo de ração e conversão alimentar) para cada fase e para o período total. Como características morfológicas, foram avaliadas a altura das vilosidades, a profundidade de criptas e a relação altura de vilosidades/profundidade de criptas. Avaliou-se ainda a incidência de diarreia. No período de 28 a 70 dias, o uso de ácido benzoico influencia o desempenho de suínos, que neste estudo foi melhor os níveis de 0,50 e 0,75%, e reduz a incidência de diarreia. Animais alimentados com dietas contendo ácido benzoico apresentam maior altura de vilosidade e profundidade de criptas.
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Avaliaram-se os efeitos do fornecimento da dieta pré-inicial (DPI) e do peso ao alojamento sobre o desempenho e as características de carcaça de frangos de corte. Utilizaram-se 960 frangos machos, linhagem comercial Cobb-500, alojados em 32 boxes, em um delineamento inteiramente casualizado em esquema fatorial 2 x 4, composto de dois pesos ao alojamento (42 e 46 g) e quatro períodos de fornecimento da dieta pré-inicial (0, 1 a 7, 1 a 10 e 1 a 14 dias de idade), durante 49 dias. Os programas alimentares compreenderam três ou quatro fases (pré-inicial e/ou inicial; engorda; final) e as dietas fornecidas eram à base de milho e farelo de soja. De modo geral, aves mais pesadas ao alojamento apresentaram, ao longo de todo o período experimental, maior consumo de ração (CR) e ganho de peso (GP). Não foram observadas diferenças significativas na conversão alimentar (CA) dos animais. Considerando todo o período experimental, as aves alimentadas com a dieta pré-inicial durante sete dias apresentaram maior consumo de ração e ganho de peso, porém, menor rendimento de carcaça. O peso ao alojamento determina o desempenho e o oferecimento da dieta pré-inicial durante sete dias beneficia o desempenho das aves.