1000 resultados para HPH, probiotici, alta pressione di omogeneizzazione
Resumo:
L’obiettivo di questa tesi è stato quello di valutare gli effetti delle alte pressioni di omogeneizzazione sulla vitalità, idrofobicità e stato fisiologico generale di Lactobacillus paracasei A13 quando sottoposto a trattamenti ad alta pressione di omogeneizzazione compresi tra 50 e 200 MPa. Per valutare l’effetto del trattamento sulle cellule e la capacità di recupero dopo lo stress subito, sono state utilizzate le tecniche di microscopia a fluorescenza e di citometria di flusso. La citometria di flusso ha permesso misurare i cambiamenti fisiologici e morfologici delle cellule probiotiche oggetto di studio in rapporto al trattamento iperbarico applicato attraverso l’utilizzo di sonde quali SYBr green (SG) e Propidio Ioduro (PI). Queste modificazioni della cellula sono state rilevate anche in microscopia a fluorescenza, anche se l’utilizzo di questa tecnica non permette di quantificare la percentuale di cellule vive da quelle danneggiate. I dati ottenuti nella sperimentazione hanno dimostrato che la vitalità di Lb. paracasei non diminuisce all’aumentare della pressione e anche a 200 MPa non si assiste ad alcun calo significativo del carico cellulare. Dall’analisi dell’idrofobicità, effettuata subito dopo il trattamento, si è visto che il ceppo tende ad aumentare il suo livello di idrofobicità all’aumentare della pressione applicata e i massimi livelli sono stati registrati a 150 MPa. La citometria di flusso ha evidenziato che all’aumentare della pressione applicata si assiste ad una riduzione volumetrica delle cellule e ad un aumento del numero delle cellule morte e parzialmente danneggiate; tuttavia, quest’ultime hanno dimostrato una buona capacità di recupero in terreno MRS. I risultati ottenuti hanno permesso di individuare il livello di pressione ottimale in grado di massimizzare la velocità di recupero delle cellule e conseguentemente la loro funzionalità nei sistemi alimentari.
Resumo:
L’obiettivo della mia tesi è stato quello di valutare gli effetti delle alte pressioni di omogeneizzazione sulla vitalità, idrofobicità, modulazione degli acidi grassi di membrana e la risposta genica, legata soprattutto alla biosintesi di acidi grassi, di Lactobacillus paracasei A13 quando sottoposto a trattamenti ad alta pressione di omogeneizzazione compresi tra 50 e 200 MPa. I dati di carico cellulare, registrati anche dopo trattamento a 200 MPa, hanno dimostrato che Lb. paracasei A13 è fortemente baro tollerante. Inoltre, il trattamento iperbarico induce un incremento di idrofobicità del ceppo, soprattutto quando trattato a 150 MPa, influenzando potenzialmente in modo positivo l’interazione tra il microrganismo oggetto di studio e l’intestino dell’ospite. I dati riguardanti gli acidi grassi hanno dimostrato che la membrana cellulare, ritenuta uno dei bersagli più suscettibili alla pressione, è in grado di rispondere agli stress sub letali provocati dal trattamento iperbarico. In particolare, all’aumentare della pressione, aumenta il grado d’insaturazione della membrana, accompagnato anche da un incremento degli acidi grassi ciclici, da una riduzione della catena carboniosa degli acidi grassi C12, 13, 14 e da una diminuzione degli idrossiacidi, giustificata con la ben nota capacità di molti batteri lattici di trasformarli, in condizioni di stress, in molecole quorum sensing quali ad esempio i furanoni. I dati relativi allo studio di specifici geni, indicano chiaramente una iperespressione dei geni fabH e fabD, responsabili delle prime fasi di biosintesi degli acidi grassi. Pertanto, la loro significativa iperespressione a 150 e 200 MPa rende ragione del significativo incremento di acidi grassi a corta catena registrato in tali condizioni. Anche il significativo aumento degli acidi grassi insaturi può essere spiegato attraverso l’incremento di espressione di fabF e fabZ responsabili dell’introduzione di doppi legami nella catena carboniosa.
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Nella mia sperimentazione ho studiato i meccanismi di risposta, in termini di modificazione a livello delle membrane citoplasmatiche e in termini di rilascio di molecole volatili, messi in atto da Listeria. monocytogenes (Scott A) quando sottoposta in fase stazionaria a diversi trattamenti ad alta pressioni di omogeneizzazione compresi tra 0.1 e 200 MPa. I dati della mia tesi hanno consentito di evidenziare i meccanismi di risposta di un importante patogeno alimentare quando sottoposto ad una tecnologia proposta in alternativa al trattamento termico al fine di ridurre il danno termico degli alimenti preservandone le caratteristiche nutrizionali, funzionali ed organolettiche, senza effetti negativi sulla loro sicurezza e shelf-life. Inoltre, hanno dimostrato che L. monocytogenes risponde al trattamento iperbarico modificando in prima istanza la composizione in acidi grassi e producendo delle ossilipine al crescere dello stress. Alle condizioni di stress più stringenti adottate diventano fondamentali in L. monocytogenes anche la produzione di molecole volatili quali alcoli ed esteri sia per bilanciare il potenziale redox cellulare sia per eliminare molecole estremamente tossiche quali gli acidi grassi rilasciati dai meccanismi messi in atto alle condizioni meno stressanti di pressione
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Il continuo sviluppo dei sistemi di iniezione, rispondente ad aumento di performance unito alla riduzione delle emissioni inquinanti, evidenzia sempre più la necessità di studiare i fenomeni cavitanti che si instaurano all’interno degli iniettori. La cavitazione, infatti, se particolarmente intensa e prolungata nel tempo porta all’erosione del materiale con la conseguente rottura dell’organo elettromeccanico. Attraverso un confronto tra le diverse tipologie di fori iniettore, si è messa a punto una metodologia di analisi per prevedere quali siano le zone dell’iniettore a maggior rischio di danneggiamento per erosione da cavitazione e quale sia l’influenza della geometria su queste. Lo studio è stato effettuato con il software commerciale FLUENT, codice di simulazione fluidodinamica di ANSYS.
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I materiali compositi, grazie alla combinazione delle proprietà dei singoli componenti di cui sono costituiti, in particolare la coesistenza di elevate caratteristiche meccaniche e pesi ridotti, rivestono da tempo un ruolo fondamentale nell’industria aeronautica e nel settore delle competizioni automobilistiche e motociclistiche. La possibilità di progettare i materiali in funzione della loro applicazione, unita alla riduzione dei costi di produzione, permette una crescente diffusione del loro utilizzo e l’ampliamento delle applicazioni a moltissimi altri settori, sia per componenti di tipo strutturale, sia di tipo estetico. L’obiettivo della presente tesi è analizzare, attraverso una campagna sperimentale, il comportamento di diversi materiali realizzati con la tecnica di produzione HP-RTM, tramite prove di taglio interlaminare e flessione, al fine di verificare l’applicabilità di tale processo a prodotti strutturali, in modo da velocizzare i tempi di produzione e quindi di abbassare i costi, mantenendo al tempo stesso elevate proprietà meccaniche. Lo scopo di questa campagna quindi è fornire, attraverso lo studio di 30 serie di provini, il materiale migliore in termini di resistenza a flessione e taglio interlaminare; inoltre per ogni tipologia di materiale vengono descritte le diverse distribuzioni dei valori di rottura riscontrati, in modo da lasciare al progettista più libertà possibile nella scelta del materiale in base alle specifiche richieste per una determinata applicazione. Questo studio permette di analizzare l’influenza di ogni singolo componente (tipo di fibra, tipo di binder, presenza o assenza di IMR), all’interno della stessa resina.
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Le alte pressioni di omogeneizzazione sono considerate una tecnologia non termica basata sull’applicazione di pressioni comprese tra 60 e 400 MPa ad alimenti fluidi o fluidificabili, con un tempo di trattamento di pochi millisecondi. Questa tecnologia permette di ottenere una serie di effetti sull’alimento che variano in rapporto all’entità del trattamento applicato e alla matrice fluida considerata. Pertanto, le alte pressioni di omogeneizzazione rappresentano una delle tecnologie maggiormente studiate in ragione delle loro buone opportunità applicative a livello industriale. Tale tecnologia viene comunemente applicata per modificare le proprietà funzionali di alcune macromolecole caratteristiche degli alimenti ed ha permesso l’ottenimento di prodotti di origine lattiero-casearia ed anche succhi di frutta caratterizzati da migliore texture, gusto, flavour e aumentata shelf-life. L’omogeneizzazione ad alta pressione, considerata come trattamento di sanitizzazione a freddo, è in grado di disattivare sia microrganismi patogeni che degradativi presenti in un determinato sistema, contribuendo a ridurre o contenere quindi lo sviluppo microbico nei prodotti alimentari. L’effetto di tale tecnologia, quando applicata a livelli compresi tra 60-200 MPa bar è stato valutato nei confronti di diversi patogeni quali Escherichia coli, Listeria monocytogenes, Yersinia enterocolitica, Staphylococcus aureus, Salmonella typhimurium microrganismi degradativi, come Bacillus subtilis e lieviti, deliberatamente inoculati in prodotti diversi.
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Il presente lavoro di tesi, svolto in collaborazione con una azienda del settore automotive, tratta lo studio di impatto di sprays combustibili su pareti calde adottando un approccio numerico CFD-3D. Viene effettuata la validazione di alcuni tra i più utilizzati modelli di interazione goccia-parete implementati nel software commerciale STAR-CD. Lo scopo principale del lavoro svolto è quello di indirizzare il lettore verso una corretta implementazione della simulazione di uno spray impattante, comprendere pregi e limiti dei modelli applicati e fornire dei criteri per effettuare la scelta tra uno di essi in funzione di condizioni di interesse motoristico.
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Una delle principali sfide odierne è la volontà di ridurre l’impatto ambientale, causato dalle attività umane, riducendo le emissioni inquinanti. Per questo motivo, negli ultimi anni, i requisiti di omologazione dei motori a combustione interna sono diventati sempre più selettivi, evidenziando la necessità di utilizzare nuove e più avanzate tecnologie. Tra le possibili alternative, le nuove tecnologie che forniscono i risultati più promettenti sono le cosiddette Low Temperature Combustions (LTC). Una di esse è la Gasoline Compression Ignition (GCI) che è caratterizzata da una combustione mediante il processo di auto-accensione di un carburante tipo benzina ed è in grado di ottenere un’elevata efficienza con ridotte emissioni inquinanti. Per poter controllare correttamente una combustione GCI, è necessario realizzare un pattern di iniezioni consecutive al fine di raggiungere le condizioni termodinamiche nel cilindro per garantire l’auto-accensione della benzina. I principali problemi dovuti alla realizzazione di un’iniezione multipla sono la generazione di onde di alta pressione nel condotto di iniezione e, nel caso di iniettori Gasoline Direct Injection (GDI) solenoidali, la magnetizzazione residua dei coil dello stesso. Sia le onde di pressione che la magnetizzazione residua comportano una variazione di massa iniettata rispetto al valore previsto. In questo elaborato è presentato un modello matematico realizzato per compensare le variazioni di massa che avvengono durante un pattern di due iniezioni consecutive in un iniettore GDI benzina ad alta pressione. Con tale modello, è possibile correggere i parametri che caratterizzano le iniezioni per introdurre il quantitativo desiderato di benzina indipendentemente dal pattern selezionato.
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Sono state realizzate prove per verificare l'influenza della pressione di compattazione usata in autoclave sulle proprietà meccaniche di un laminato in fibra di carbonio e resina epossidica. Sono stati analizzati spessori e ILSS di rottura e, tramite un modello FEM, sono stati determinati i moduli di elasticità del laminato per i vari livelli di pressione indagati; inoltre sono state verificate le ILSS del modello con quelle risultate dalle prove realizzate.
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Questo elaborato ha come obiettivo il rilevamento geologico di dettaglio di alcuni affioramenti del basamento polimetamorfico della Falda del Tonale, nella zona del Passo Val Clapa (Alta Val di Non, TN), e di verificare l’attribuzione delle litologie all’Unità d’Ultimo, di alto grado metamorfico, o a quella del Tonale, di più basso grado. In due affioramenti nelle immediate vicinanze del Passo Val Clapa sono stati rinvenuti principalmente gneiss e gneiss migmatitici a granato e cianite, anfiboliti e miloniti, mentre in un affioramento a E del passo gneiss migmatitici a granato e cianite, migmatiti (stromatiti e nebuliti) e ultramafiti. Le foliazioni, definite dall’orientazione preferenziale dei minerali, indicano due direzioni principali: un’orientazione NNE-SSW, immergente verso ESE, rilevata nelle rocce milonitiche, che è stata correlata alla presenza della linea della Val Clapa; un’orientazione NW-SE, immergente verso NE, insieme ad una blanda piega con asse orientato NNE-SSW, rilevata nelle ultramafiti e nelle loro rocce incassanti. Sono state inoltre misurate le giaciture dei principali set di fratture che interessano gli ammassi ed è stata documentata la presenza di pseudotachiliti all’interno delle miloniti. Il corpo ultramafico è stato cartografato al contatto fra stromatiti e nebuliti e quindi all’interno dell’Unità d’Ultimo. Le miloniti, invece, rimangono di attribuzione incerta, anche se il loro ritrovamento in associazione con anfiboliti retrocesse in facies scisti verdi e di pegmatiti faccia propendere per un’assegnazione all’Unità del Tonale. Un’analisi di dettaglio degli gneiss affioranti nelle vicinanze delle miloniti permetterebbe di classificarli come paragneiss a sillimanite, caratteristici dell’Unità del Tonale, o come paragneiss a granato e cianite, diagnostici dell’Unità d’Ultimo, contribuendo alla corretta attribuzione geologica di questi terreni.
Analisi petrografica delle ultramafiti del Passo Val Clapa (Austroalpino superiore, Alta Val di Non)
Resumo:
Questo elaborato ha come obiettivo l'analisi petrografica di rocce ultramafiche facenti parte del basamento metamorfico cristallino affiorante in Alta Val di Non (Provincia autonoma di Trento). Tali rocce appartengono all'Unità di Ultimo (Falda del Tonale, Austroalpino superiore), caratterizzata da corpi ultramafici che affiorano al contatto tra i sottostanti paragneiss a granato e cianite e le soprastanti migmatiti. Il metamorfismo e l'anatessi registrati dalle rocce dell'Unità di Ultimo hanno età Ercinica (Carbonifero Sup.). Lo studio si è concentrato su un corpo ultramafico situato in Alta Val di Bresimo, in località Passo Val Clapa, costituito da una lente di harzburgite a granato attraversato da livelli di olivin-websterite a granato e anfibolo. L'harzburgite è costituita al 65% da olivina, al 20% da serpentino (cresciuto a spese dell'olivina) e al 15% da ortopirosseno; sono presenti spinelli e clinopirosseni accessori. Nel campione analizzato, il granato è sostituito da aggregati policristallini costituiti da kelifite e da anfibolo secondario. La websterite è costituita al 40% da pirosseni (orto e clinopirosseni in uguale quantità), al 25% da anfibolo primario, al 25% da granato, al 5% da olivina e al 5% da minerali opachi. Sono presenti strutture coronitiche attorno ai granati (costituite da kelifite e anfibolo); si nota clorite cresciuta a spese di anfibolo e pirosseni e hyddingsite cresciuta a spese dell'olivina. L'olivin-websterite mostra gli stessi minerali indice riscontrati nell'harzburgite ospitante, segno che entrambi i corpi hanno seguito la medesima evoluzione P-T. In una prima fase la pirossenite si trovava, come la peridotite, in facies a spinello: ciò è confermato dalla presenza di spinelli relitti al nucleo dei granati. Questi ultimi si sono formati a spese dello spinello durante l'aumento di P, una volta superata la soglia di transizione tra le due facies. Le corone kelifitiche, presenti sia nella harzburgite che nella olivin-websterite, rappresentano un'evidenza di metamorfismo retrogrado.