1000 resultados para Milano,QT8,Triennale,Centro,Civico,Foro,Bottoni,Verde


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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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[ES] foro organizado por la Universidad de Las Palmas de Gran Canaria y la Comisión de Pesca de la Unión Europea celebrado en la Facultad de Ciencias del Mar de la Universidad de Las Palmas de Gran Canaria, el 25 de enero de 2013. Presenta el acto el Rector de la Universidad de Las Palmas de Gran Canaria, don José Regidor García, el Decano de la Facultad de Ciencias del Mar, don Melchor González Dávila, el Presidente de la Comisión de Pesca del Parlamento Europeo, don Gabriel Mato Adrover, el Secretario General de Pesca del Ministerio de Agricultura, Alimentación y Medio Ambiente, don Carlos Domínguez, finalmente el Consejero de Agricultura, Ganadería, Pesca y Aguas del Gobierno Canario, Juan Ramón Hernández. Asimismo, se desarrollaron tres ponencias que recogieron algunos de los aspectos más relevantes en estos momentos, como son la pesca artesanal, en la que José Pascual Fernández, del Instituto Universitario de Ciencias Políticas y Sociales de la Universidad de La Laguna, puso el acento en las experiencias existentes en cogestión y gobernanza. La economía de la pesca en Canarias fue otro de los puntos tratados, a través de la ponencia desarrollada por Javier Macías, representante de la consultoría de pesca, CANAEST, así como la opinión de la Consejería de Agricultura, Ganadería y Pesca del Cabildo de Gran Canaria, a través de la exposición que realizarán Alejandro Báez y María Marrero. La nueva propuesta de gestión pesquera para Gran Canaria, a cargo del Centro de Investigación en Biodiversidad y Gestión Ambiental del Departamento de Biología de la Universidad de Las Palmas de Gran Canaria (Bioges), en la figura de José Juan Castro, fue otro de los puntos abordados.

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Nell'aprile 2009 la città dell'Aquila e le zone limitrofe sono state interessate da uno sciame sismico che ha raggiunto l'apice della sua intensità durante la notte del 6 aprile, facendo registrare ai sismografi il sesto grado della scala Richter. Le conseguenze del sisma sono state devastanti, numerose le vittime e gli sfollati; ingenti i danni alla città. Molti edifici, in particolare nel centro storico, sono stati interessati da numerosi crolli o da danni spesso irreversibili, la situazione post-calamità ha quindi posto il grande problema della ricostruzione di una città consolidata. Partendo da questi presupposti il progetto si pone come obiettivo di fornire una proposta concreta per la ricostruzione dell'area di centro storico compresa fra la zona della ex chiesa di Santa Croce e il viale Duca Degli Abruzzi, tentando di ricostruire e riqualificare il tessuto che si affaccia su via Roma; Decumano della città storica. La necessità di ricostruire una parte così significativa della città ha condotto a delle riflessioni sulla natura stessa del luogo e della sua evoluzione. Si sono così potuti mettere a fuoco un certo numero di problemi urbanistici e architettonici che dal primo dopoguerra ad oggi hanno via via cambiato i caratteri fondamentali dell'area di progetto come dell'intera città; sviluppando quest'ultima in maniera piuttosto inorganica e contaminando la struttura originaria del centro storico. Il progetto vuole quindi cogliere l'occasione per riorganizzare parte del tessuto, rifacendosi ai principi generatori e ai caratteri della forma originaria dell'Aquila. Gli edifici progettati perseguono obiettivi molteplici e a volte discordanti ad esempio l' ottima qualità dell'abitare e l'economicità sono due importanti caratteristiche che si è cercato di unire tramite tecnologie votate all'efficienza energetica, alla semplificazione del cantiere e alla semiprefabbricazione. Tali strumenti tecnologici sono molto utili a razionalizzare e ottimizzare il processo costruttivo, in linea con quelle che sono le esigenze della produzione contemporanea; soprattutto in ambito residenziale.

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Con il presente progetto di tesi si intende proporre la riqualificazione di una porzione della cittadina di Toscanella di Dozza, attraverso la realizzazione di diversi edifici quali: una nuova chiesa parrocchiale corredata di aule e sale per le attività di catechesi ed altri spazi comuni, un centro culturale polivalente, che comprende anche diverse ricettività, un centro sportivo di modeste dimensioni con campo da calcetto all’aperto. Tutto il nuovo complesso si inserisce all’interno di un’area verde che costeggia il rio Sabbioso, e che collega attraverso un sistema di spazi aperti, i vari edifici oggetto di progettazione.

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Il mio lavoro di tesi è partito da uno studio approfondito del contesto in cui si trova la Darsena di Ravenna, la mia area di progetto. Tutta la storia dell’evoluzione di Ravenna è legata soprattutto a due fattori principali: la necessità di difendersi dalle incursioni esterne e il continuo adattarsi alle trasformazioni del territorio soprattutto per quanto riguarda la linea di costa e il corso dei due fiumi che la circondano, il Ronco e il Montone. Questi due fattori hanno fatto si che Ravenna sia apparsa, sin dai primi secoli d. C., una città cinta da grandi mura, circondate da fiumi. Il Ronco e il Montone, sono poi diventati, a metà del XVI sec. i protagonisti principali della storia di Ravenna. I diversi progetti che si sono susseguiti nel tempo per cercare di deviarli e allontanarli dalla città, dato che ormai rappresentavano solo un grosso pericolo di alluvione, hanno determinato l’abbandono del primo porto della città, voluto dall’imperatore Augusto e la nascita dell’attuale canale Candiano. Fin dall’inizio il nuovo porto di Ravenna ha presentato una serie di problemi legati alla scarsa profondità del fondale e ai costi di manutenzione, a tal punto che le attività del porto sono sempre state molto limitate. Oggi la Darsena di città è caratterizzata da una moltitudine di edifici di archeologia industriale, risalenti al boom economico degli anni ’50, che risultano per la maggior parte, in uno stato di degrado e abbandono, incominciato con la crisi petrolifera degli anni ’70. A partire dal P.R.G. del 1993, si sono messi in atto una serie di iniziative atte a rivitalizzare e reintegrare quest’area all’interno della città storica, in modo che non sembri più un’entità separata ma che possa diventare un grande potenziale di sviluppo per la città stessa. La politica di riqualificazione del waterfront non riguarda solo Ravenna, ma è una strategia che molte città del modo hanno adottato negli ultimi decenni per ridare lustro alla città stessa e, allo stesso tempo recuperare zone spesso lasciate al loro destino. Fra queste città ho scelto di approfondirne cinque, Baltimora, Barcellona, Genova, Amburgo e Bilbao, evidenziando le diverse situazioni ma soprattutto le diverse motivazioni che le hanno spinte a raggiungere la medesima conclusione, quella che l’area portuale rappresenta un grande fattore di sviluppo. La mia attenzione poi si è spostata su quale attività potesse essere più adatta ad assolvere questo obiettivo. Ho pensato di progettare un museo e una serie di edifici ad esso collegati, come un centro di ricerca con residenze annesse e una torre belvedere, che dessero all’area la possibilità di essere vissuta in tutto l’arco della giornata e per tutto l’anno. Prima di affrontare direttamente la parte progettuale ho cercato di capire quale fosse la tipologia di museo e quali fossero i principali elementi indispensabili che caratterizzano questi edifici. Durante lo studio di questi casi ho classificato i musei secondo 5 categorie diverse, la galleria, la rotonda, la corte, la spirale e la pianta libera, che rispecchiano anche lo sviluppo storico di questa particolare tipologia architettonica. In base a tutte queste considerazioni ho affrontato il mio progetto. L’area presa in esame è caratterizzata da un’ampia superficie su cui insistono tre imponenti edifici di archeologia industriale molto degradati e utilizzati come magazzini dalla società proprietaria dell’area. Due di questi presentano un orientamento parallelo alla tessitura dei campi, il terzo invece segue un orientamento proprio. Oltre a queste due trame nell’area se ne può rilevare una terza legata all’andamento del canale. Queste grandi cattedrali del lavoro mi hanno fatto subito pensare di poterle utilizzare come spazi espositivi per mostre permanenti e temporanee, mantenendo intatta la loro struttura portante. Ho deciso di immergere l’edificio più imponente dei tre, che si trova in asse con la strada veicolare di accesso dalla città, in una grande corte verde delimitata ai lati da due nuovi edifici a L adibiti a veri e propri musei. Se da una parte questi musei costituiscono i limiti della corte, dall’altra rappresentano le quinte sceniche di aree completamenti differenti. Il museo adiacente al canale si affaccia su una grande piazza pavimentata dove troneggia l’edificio di archeologia industriale più simile ad una basilica e che accoglie i visitatori che arrivano tramite la navetta costiera; l’altro invece guarda verso il centro di ricerca e le residenze universitarie legati tra loro da un grande campo lungo completamente verde. A concludere la composizione ho pensato ad una torre belvedere dalla pianta circolare che potesse assorbire tutte le diverse direzioni e che si trova proprio in asse con il terzo edificio di archeologia industriale e a contatto con l’acqua. Per quanto riguarda l’organizzazione interna dei musei ho scelto di proporre due sezioni dello stesso museo con caratteristiche ben distinte. Il primo museo riguarda la storia della civiltà marinara di Ravenna ed è caratterizzato da ambienti conclusi lungo un percorso prestabilito che segue un criterio cronologico, il secondo invece presenta una pianta abbastanza libera dove i visitatori possono scegliere come e su cosa indirizzare la propria visita. Questa decisione è nata dalla volontà di soddisfare le esigenze di tutta l’utenza, pensando soprattutto alla necessità di coinvolgere persone giovani e bambini. Il centro di ricerca è organizzato planimetrica mente come una grande C, dove le due ali più lunghe ospitano i laboratori mentre l’ala più corta rappresenta l’ingresso sottolineato da un portico aggettante sulla corte. Simmetricamente si trovano i sette volumi delle residenze. Ognuno di questi può alloggiare sei studenti in altrettanti monolocali con servizi annessi, e presenta al piano terra aree di relax e sale lettura comuni. La torre belvedere invece riveste un ruolo più commerciale ospitando negozi, uffici per le varie associazioni legate al mare e un ristorante su più livelli, fino ad arrivare alla lanterna, che, come il faro per le navi, diventa un vero segno di riconoscimento e di orientamento dell’area sia dal mare che dalla città.

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Il progetto di tesi, inizialmente, è stato concentrato sull’approfondimento, e studio, delle problematiche relative alla costruzione delle linee ad Alta Velocità, che hanno recentemente segnato il territorio italiano, da nord a sud e da ovest ad est. Proseguendo l’analisi sul sistema ferroviario, tramite il confronto con le altre realtà europee, ho compreso quali fossero le principali criticità e doti del trasporto su ferro in Italia, che è ancora molto lontano dalla sua miglior ottimizzazione, ma che comunque, ci tengo a dire, in rapporto a ciò che succede negli altri paesi d’Europa, non è così deficitario come si è portati a pensare. L’entrata in funzione delle linee ad Alta Velocità, infatti, ha cambiato lo scenario di relazioni tra infrastruttura, città e territorio, proprio in questo ambito nasce la volontà di proporre un modello di sviluppo urbano che comprenda, nella sua pianificazione originale, città, infrastruttura ed architettura, e che anzi rivendichi l’importanza di quest’ultima nelle scelte urbanistiche, al contrario di quanto purtroppo avviene oggi. Dopo uno studio dei contesti possibili in cui inserire un progetto di questa portata, è stata individuata la zona che meglio si adatta alle premesse iniziali, ad ovest di Milano tra Novara e l’aeroporto di Milano Malpensa. Qui la scarsa razionalizzazione dei trasporti pregiudica lo sfruttamento delle potenzialità dell’aeroporto da una parte, e della nuova linea ad Alta Velocità dell’altra, così aggiungendo una nuova tratta di ferrovia ad alte prestazioni e riorganizzando trasporti e territorio, ho tentato di dare risposta alle mancanze del sistema della mobilità. In questo quadro si inserisce la città lineare studiata per dimostrare la possibile integrazione tra trasporti, città ed architettura, il modello, partendo dallo studio del blocco milanese giunge a definire un piano di tipo composto, con un asse principale in cui sono concentrate le vie di trasporto, ed una serie di assi ortogonali secondari che individuano le emergenze architettoniche, punti notevoli che devono fungere da catalizzatori. In uno di questi punti, posto in posizione baricentrica è stato collocato il centro di ricerca avanzata, in particolare è stato inserito in una zona difficilmente raggiungibile, questo per enfatizzare l’isolamento e la riservatezza che sono necessarie alla funzione. Il campus avrebbe potuto trovarsi anche in un altro punto del piano e questo non avrebbe inficiato le premesse iniziali, il progetto dell’università è solo un pretesto per dimostrare l’ipotesi prima dichiarata, l’architettura può e deve svolgere un ruolo importante nella pianificazione anche infrastrutturale.

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Questa tesi affronta il progetto di riqualificazione energetica, riorganizzazione funzionale ed ampliamento del plesso scolastico a Villa Romiti a Forlì, costituito da tre istituti scolastici (scuola dell'infanzia "Le Api", scuola primaria "P. Squadrani" e scuola secondaria inferiore "G. Mercuriali") inseriti in un comparto su cui insistono anche il palazzetto dello sport "Pala-Romiti" e la torre piezometrica dell'acquedotto, a servizio dell'omonimo quartiere. Al fine di comprendere meglio le dinamiche che intercorrono tra il plesso scolastico, il quartiere in cui è collocato e la città , è stata inizialmente effettuata un'analisi dell'area, del territorio circostante e del sistema scolastico forlivese, che ne ha evidenziato alcuni dei tratti salienti. Il comparto è una superficie pianeggiante di forma rettangolare, con un'estensione di 34000 mq, collocata a ovest del centro storico di Forlì, in prossimità  del fiume Montone e a contatto diretto con il territorio agricolo periurbano, delimitata su due lati dalla rete viaria urbana e sui restanti due dai campi circostanti. Questa particolare collocazione dispone l'area nel punto di incontro tra due diverse trame del territorio: quella urbana definita dall'allineamento dei corpi di fabbrica del quartiere Romiti, ripreso dall'orientamento degli edifici all'interno del plesso scolastico, e la trama agricola derivante dalla centuriazione romana, che segna l'intero territorio circostante in relazione al tracciato dell'antica via Emilia. In seguito, l'attenzione si è focalizzata sulle relazioni tra i vari elementi che occupano l'area e sugli elementi di criticità  che le condizionano. Sulla scorta dei programmi fissati dall'Amministrazione comunale, un ulteriore approfondimento ha permesso di individuare le criticità  a livello del singolo edificio e di delineare le strategie di intervento per la riqualificazione del comparto. Rispetto al sistema scolastico forlivese, che si è sviluppato invece seguendo le direttrici di espansione della città storica verso est, l'area appare come un nucleo isolato, in cui gli indirizzi dell'Amministrazione prevedono di mantenere ed intensificare la presenza di più istituti scolastici, in modo da rafforzarne il carattere di polo di formazione, a servizio di un bacino di utenza molto vasto, che dall'insediamento urbano più prossimo si estende fino alle frazioni presenti sui colli circostanti. La presenza all'interno del comparto del Palazzetto dello sport accentua le difficoltà  di gestione e l'utilizzo promiscuo degli spazi connettivi e di pertinenza, già  complesse a causa della convivenza di diverse scuole. La necessità  di assicurare l'accesso al Palazzetto anche da parte degli utenti esterni alle scuole ha generato una confusa rete di percorsi di accesso all'area; in cui percorrenze carrabili e pedonali si sovrappongono, con conseguenti problemi sia di funzionalità  che di sicurezza, soprattutto per gli alunni degli istituti. Elemento positivo su cui innestare una riqualificazione del plesso è la presenza di estese aree verdi, in parte di pertinenza esclusiva, che ospitano le attività  ludiche degli studenti ma che attualmente soffrono di incuria e di scarsa manutenzione, aggravate dalla mancanza di un efficiente sistema perimetrale di controllo. Il palazzetto dello sport e la torre piezometrica, servizi di quartiere utili alla collettività , rappresentano due emergenze architettoniche che, nell'ottica di una sistemazione planivolumetrica dell'area, necessitano di un'attenzione particolare, al fine di integrarle all'interno di un unico disegno generale di un "campus" scolastico. Approfondendo l'analisi alla scala dei singoli edifici, di ciascuno di essi sono state evidenziate le principali criticità , in termini architettonici, funzionali ed energetici. La scuola primaria "P. Squadrani", costruita alla fine degli anni "40, è un edificio a corte, con un regolare disegno di facciata scandito da aperture ad arco, che gli conferiscono un'identità  architettonica, molto più debole invece negli altri edifici del comparto. Per questo edificio, che presenta problemi legati alla fruizione e all'orientamento delle aule per la didattica, il programma dell'Amministrazione comunale prevede un ampliamento in grado di ospitare un'ulteriore sezione. L'Amministrazione non prevede prossimi interventi, invece, per scuola secondaria inferiore "G. Mercuriali", che però, nonostante la sua costruzione risalga agli anni '80, appare in cattivo stato di conservazione e manca sia di un'adeguata area verde di pertinenza, che di una palestra a uso esclusivo. Infine, la scuola dell'infanzia "Le Api", di recente costruzione, è dotata di un'area verde di grande estensione, ma collocata in posizione sfavorevole, a causa dell'ombra proiettata dall'edificio "Pala-Romiti". Per questo istituto, l'Amministrazione prevede il raddoppio della capienza, per raggiungere il numero di sei unità  pedagogiche complessive. Le analisi effettuate sul comportamento energetico evidenziano che le prestazioni di tutti e tre gli edifici sono inadeguate e devono essere sensibilmente migliorate per allinearsi agli standard della recente normativa regionale (DAL 156/2008 Regione Emilia-Romagna). Sulla base degli elementi emersi dalle analisi preliminari e degli obiettivi fissati dall'Amministrazione comunale, la strategia di progetto adottata si è focalizzata su sette principali obiettivi: riorganizzare il sistema di accessi e percorsi, separando l'uso carrabile da quello pedonale: si è previsto di declassare e riservare ai soli mezzi pubblici il tratto di strada comunale antistante il lato sud del comparto e di innestarvi un asse principale di accesso all'area scolastica, ad uso esclusivo degli utenti delle scuole; attestare sul nuovo asse principale di percorrenza i cinque diversi nuclei funzionali presenti nell'area: le tre scuole, il palazzetto dello sport, il nuovo parco pubblico e infine l'area riservata alla torre piezometrica e ai parcheggi; progettare un'unica nuova scuola per l'infanzia, dimensionata per ospitare tutte le sei sezioni previste, collocata a diretto contatto con il verde agricolo circostante, caratterizzata da una separazione netta -funzionale e volumetrica- tra gli spazi dedicati ai bambini e quelli dedicati al personale e organizzata in due blocchi indipendenti di unità pedagogiche, da tre aule ciascuno, dotate di un ampio spazio esterno di gioco e attività all'aperto; riqualificare energeticamente e funzionalmente la scuola primaria e ampliarla con l'aggiunta di un adiacente corpo di fabbrica di nuova costruzione, in continuità planimetrica e volumetrica con l'edificio esistente, a cui il nuovo volume si collega tramite una corte coperta; sottoporre il "Pala-Romiti" ad un "restyling" delle facciate e riorganizzarne i sistemi di collegamento verticale esterni; riconfigurare l'area di pertinenza esclusiva della scuola secondaria inferiore, raccordandola con il nuovo parco pubblico progettato sull'area liberata dalla demolizione della precedente scuola dell'infanzia, collocato nelle vicinanze dell'attuale parco di quartiere, cosi da rinforzare la presenza di verde urbano nel comparto; dotare la torre piezometrica di una propria via di accesso indipendente, sulla quale vengono concentrati i parcheggi necessari alle esigenze dell'intera area. In sintesi, l'obiettivo da raggiungere attraverso questa tesi è quello di proporre un intervento che analizzi e ponga rimedio alle criticità  e contemporaneamente valorizzi i punti di forza già presenti, cercando di progettare uno spazio a misura di bambino, un'isola pedonale immersa nel verde.

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Questa tesi di laurea nasce da una collaborazione con il Centro Studi Vitruviani di Fano, un’associazione nata il 30 Settembre 2010 nella mia città. Le note vicende riguardanti la Basilica vitruviana di Fano fanno della città adriatica il luogo più autorevole per accogliere un Centro Studi Internazionale dedicato all’opera di Vitruvio. Questa associazione è nata come contenitore di riferimento per eventi e iniziative legate al mondo della classicità intesa come momento storico, ma anche come più ampio fenomeno non solo artistico che interessa trasversalmente tutta la cultura occidentale. La creazione di un’istituzione culturale, di fondazione pubblico-privata, con l'obiettivo di porsi a riferimento internazionale per il proprio ambito di ricerca, è notizia comunque rilevante in un periodo in cui lo Stato vara l’articolo 7 comma 22 di una legge che ribadisce la fine dei finanziamenti agli enti, agli istituti, e alle fondazioni culturali. Il Centro Studi Vitruviani dovrà diventare presto sede di momenti scientifici alta, borse di studio, occasioni divulgative, mostre, iniziative didattiche. L’alto livello scientifico mi si è presentato subito chiaro durante questi mesi di collaborazione con il Centro, quando ho avuto l’occasione di incontrare e conoscere e contattare personalità quali i Professori Salvatore Settis, Pierre Gros, Howard Burns, Antonio Corso, Antonio Monterroso e Piernicola Pagliara. Attualmente nella mia città il Centro Studi ha una sede non adeguato, non è fruibile al pubblico (per problemi accessi in comune con altri Enti) e non è riconoscibile dall’esterno. L’attuale sede è all’interno del complesso conventuale del S.Agostino. Il Centro Studi mi ha proposto di valutare la possibilità di un ampliamento dell’associazione in questo edificio storico. Nel mio progetto è stato previsto un processo di acquisizione totale del complesso, con un ripensamento dell’accesso riconoscibile dall’esterno, e un progetto di rifunzionalizzazione degli spazi interni. È stata inserita un’aula per la presentazione di libri, incontri e congressi, mostre ed esposizioni, pubblicazioni culturali e specialistiche. Il fatto interessante di questa sede è che l’edificio vive sulle rovine di un tempio romano, già visitabile e inserite nelle visite della città sotterranea. Fano, infatti, è una città di mare, di luce e nello stesso tempo di architetture romane sotterranee. L’identità culturale e artistica della città è incisa nelle pieghe dei suoi resti archeologici. Le mura augustee fanesi costituiscono il tratto più lungo di mura romane conservate nelle città medio-adriatiche. Degli originari 1750 metri, ne rimangono circa 550. Di grande suggestione sono le imponenti strutture murarie rinvenute sotto il complesso del Sant’Agostino che hanno stimolato per secoli la fantasia e suscitato l'interesse di studiosi ed appassionati. Dopo la prima proposta il Centro Studi Vitruviani mi ha lanciato una sfida interessante: l’allargamento dell’area di progetto provando a ripensare ad una musealizzazione delle rovine del teatro romano dell’area adiacente. Nel 2001 l’importante rinvenimento archeologico dell’edificio teatrale ha donato ulteriori informazioni alle ricostruzione di una pianta archeologica della città romana. Questa rovine tutte da scoprire e da ripensare mi si sono presentate come un’occasione unica per il mio progetto di tesi ed, inoltre, estremamente attuali. Nonostante siano passati dieci anni dal rinvenimento del teatro, dell’area mancava un rilievo planimetrico aggiornato, un’ipotesi ricostruttiva delle strutture. Io con questo lavoro di Tesi provo a colmare queste mancanze. La cosa che ritengo più grave è la mancanca di un progetto di musealizzazione per inserire la rovina nelle visite della Fano romana sotteranea. Spero con questa tesi di aver donato materiale e suggestioni alla mia città, per far comprendere la potenzialità dell’area archeologica. Per affrontare questo progetto di Tesi sono risultate fondamentali tre esperienze maturate durante il mio percorso formativo: prima fra tutte la partecipazione nel 2009 al Seminario Internazionale di Museografia di Villa Adriana Premio di Archeologia e Architettura “Giambattista Piranesi” organizzato nella nostra facoltà dal Prof. Arch. Sandro Pittini. A noi studenti è stata data la possibilità di esercitarci in un progetto di installazioni rigorosamente temporanee all’interno del sedime archeologico di Villa Adriana, grande paradigma per l’architettura antica così come per l’architettura contemporanea. Nel corso del quarto anno della facoltà di Architettura ho avuto l’occasione di seguire il corso di Laboratorio di Restauro con i professori Emanuele Fidone e Bruno Messina. Il laboratorio aveva come obiettivo principale quello di sviluppare un approccio progettuale verso la preesistenza storica che vede l'inserimento del nuovo sull'antico non come un problema di opposizione o di imitazione, ma come fertile terreno di confronto creativo. Durante il quinto anno, ho scelto come percorso conclusivo universitario il Laboratorio di Sintesi Finale L’architettura del Museo, avendo già in mente un progetto di tesi che si rivolgesse ad un esercizio teorico di progettazione di un vero e proprio polo culturale. Il percorso intrapreso con il Professor Francesco Saverio Fera mi ha fatto comprendere come l’architettura dell'edificio collettivo, o più semplicemente dell’edificio pubblico si lega indissolubilmente alla vita civile e al suo sviluppo. È per questo che nei primi capitoli di questa Tesi ho cercato di restituire una seria e attenta analisi urbana della mia città. Nel progetto di Tesi prevedo uno spostamento dell’attuale Sezione Archeologica del Museo Civico di Fano nell’area di progetto. Attualmente la statuaria e le iscrizioni romane sono sistemate in sei piccole sale al piano terra del Palazzo Malatestiano: nel portico adiacente sono esposti mosaici e anfore sottoposte all’azione continua di volatili. Anche la Direttrice del Museo, la Dott.ssa Raffaella Pozzi è convinta del necessario e urgente spostamento. Non è possibile lasciare la sezione archeologica della città all’interno degli insufficienti spazi del Palazzo Malatestiano con centinaia di reperti e materiali vari (armi e uniformi, pesi e misure, ceramiche, staturia, marmi, anfore e arredi) chiusi e ammassati all’interno di inadeguati depositi. Il tutto è stato opportunamente motivato in un capitolo di questa Tesi. Credo fortemente che debbano essere le associazioni quali il CSV assieme al già attivissimo Archeclub di Fano e il Museo Archeologico, i veri punti di riferimento per questa rinascita culturale locale e territoriale, per promuovere studi ed iniziative per la memoria, la tutela e la conservazione delle fabbriche classiche e del locale patrimonio monumentale. Questo lavoro di Tesi vuole essere un esercizio teorico che possa segnare l’inizio di un nuovo periodo culturale per la mia città, già iniziato con l’istituzione del Centro Studi Vitruviani. L’evento folkloristico della Fano dei Cesari, una manifestazione sicuramente importante, non può essere l’unico progetto culturale della città! La “Fano dei Cesari” può continuare ad esistere, ma deve essere accompagnata da grandi idee, grandi mostre ed eventi accademici.

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Questo progetto nasce dalla volontà di creare un oasi verde, dove poter studiare, fare ricerca e anche rilassarsi, distogliendo l’attenzione dalla distesa di fabbriche ceramiche che si stagliano per chilometri quadrati su tutto il territorio del comparto ceramico reggiano-modenese. Lo scenario che si presenta a chi fruisce di questi luoghi è, infatti, di straniamento. Si è pervasi da un forte senso di alienazione ed inadeguatezza a causa delle dimensioni di alcuni fabbricati e dalla bicromia che ne caratterizzano gli spazi. Tali caratteristiche ambientali cozzano prepotentemente con la presenza di verde molto intenso, quasi boschivo, che compone il parco delle Salse di Nirano e gli spazi circostanti il Castello di Spezzano, distante solo qualche centinaia di metri dal complesso fioranese della Ferrari e quindi dal sito in esame. Fra gli obiettivi progettuali non è mai stato prioritario salvaguardare le strutture industriali presenti sull’area, non tanto a causa dello scarso interesse architettonico dei manufatti, quanto conseguentemente alla considerazione che la tipicità di tali strutture è ben rappresentata anche dalle fabbriche dell’intorno. L’obiettivo prefissato è proprio quello di infrangere questa monotonia, di organizzare spazi e, soprattutto, servizi, fino ad ora, totalmente assenti. Questa mancanza può essere spiegata ricordando l’indirizzo prettamente industriale dell’area, ma, analizzando attentamente le emergenze limitrofe all’area in questione, è facile notare come la cittadella Ferrari, ad esempio, abbia cominciato a dare al problema una risposta molto forte dal punto di vista architettonico. Nonostante questa parziale risignificazione del territorio, la separazione fra topos urbano - residenziale e industriale all’interno del Distretto è fin troppo marcata. Va detto anche che la totale carenza di luoghi per poter camminare, magari riflettendo sui temi oggetto di ricerca, e per poter vivere all’aria aperta, induce a progettare una soluzione destinata a ovviare al problema. Ne consegue quindi una forte deficienza di infrastrutture, come i parcheggi, di luoghi dedicati al divertimento o anche solo al tempo libero. Proprio per questo motivo, fra i propositi c’è anche quello di integrare il progetto con qualche soluzione in favore di questa problematica, come un polo sportivo che comprenda palestre e piscine. Il contesto, caratterizzato dalla presenza del circuito, che ha risonanza internazionale, suggerisce di optare per una struttura planimetrica lineare: ciò va a massimizzare il contatto fra superficie degli edifici e l’intorno. Sviluppando questa linearità, prende corpo la problematica di creare una rotazione circa a metà della linea d’asse; in primo luogo per assecondare la morfologia dell’area e del contesto, mantenendo inalterati gli edifici situati a nord, e, non meno importante, assegnare il giusto orientamento all’ambito residenziale, che per la sua architettura dovrà essere rivolto perfettamente verso sud. Spostando poi lo sguardo verso gli stabilimenti della Rossa, la via Giardini offre numerosi spunti progettuali. Porta a essere ripensata, lungo i suoi margini, per rapportarla meglio al contesto Ferrari, che è, a sua volta, legato indissolubilmente a quello che si trova al di là di tale asse viario; il Circuito di Fiorano e il progetto del centro ricerca. Per questo motivo risulta una priorità anche la progettazione di percorsi pedonali che colleghino il centro degli stabilimenti Ferrari con l’area del circuito, in modo da favorire la fruibilità di questo luogo di indubbio fascino e carico di storia. In conclusione, il progetto dovrà sviluppare un articolazione che consenta di percepire l’architettura in movimento. La volontà progettuale è chiaramente scenografica e si occuperà anche del rapporto fra tecnica e uomo (macchina/natura). La necessità percepita è quella, dunque, di creare un impianto di forte espressività per sanare una situazione urbana lacerata e caotica. La vastità dell’area in esame permette di incrementare la presenza di entità naturali ad esempio con l’aggiunta dell’enorme vasca d’acqua che può essere utilizzata direttamente anche per scopi funzionali al centro ricerca. L’articolazione progettuale si rivela perciò molto sfaccettata e ricca di spunti.

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Città natale del famoso compositore Gioacchino Rossini, Pesaro ospita e celebra le tracce della sua vita e della sua opera. L’appellativo di Pesaro “Città rossiniana”richiede alla città stessa la presenza di molte sedi tecniche e amministrative per tutti gli enti che si occupano della celebrazione e del mantenimento in vita della tradizione rossiniana. Questo è il motivo per cui si propone l’idea di un Centro Rossiniano che possa racchiudere in sé tutte le funzioni che stanno “dietro le quinte” delle manifestazioni, delle rappresentazioni, dello studio, della conservazione del materiale e della didattica riguardanti Gioacchino Rossini. Attualmente le consistenze storiche e artistiche che lo riguardano hanno diversi proprietari e altrettante numerose sedi, senza appartenere ad una collezione unica con univoca ed ordinata collocazione. Alla funzione museale si propone di affiancare quella di studio e approfondimento sulla vita del compositore e sul materiale conservato, prevedendo un Centro Studi con laboratori, aule studio e per la didattica. Ulteriormente, si propone di dare sede amministrativa al Rossini Opera Festival e alla Fondazione Rossini, liberando così il Teatro ed il Conservatorio dalle funzioni che non sono loro prettamente coerenti. Il progetto prevede inoltre di dotare il Centro Rossiniano di un auditorium-sala conferenze, che possa alleggerire il carico di attività del Teatro Rossini e della Sala Pedrotti. L’area di cui il progetto si interessa è racchiusa all’interno di un bastione che apparteneva alla cinta muraria cinquecentesca e che attualmente ospita l’Istituto Ospedaliero San Salvatore. In accordo con gli uffici competenti dell’amministrazione comunale, si prevede il decentramento della sede dell’Ospedale e la liberazione dell’area del bastione dalle preesistenze che oggi ne opprimono il valore storico ed il carattere esclusivo. Lo scopo di tale disimpegno dell’area è inoltre quello di destinarla a verde pubblico, nel rispetto della preesistenza storica e di collegare la zona di interesse al sistema dei percorsi ciclopedonali che si diramano in tutta la città di Pesaro. Il progetto propone ancora, l’inserimento nell’area di una quota di residenze e prevede l’alleggerimento del carico di traffico all’interno del centro storico, dirottandone gran parte lungo i viali alberati che ne percorrono il perimetro.

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Ammettere l'eterogeneità di Villa Lugano e Villa Riachuelo significa riconoscere nella totalità di questa zona una serie di realtà differenti, ciascuna delle quali a suo modo ne definisce l'identità. Si possono riconoscere gli interventi di edilizia popolare del secondo dopoguerra, come il Barrio General Belgrano per citare il più vistoso, un tessuto omogeneo di residenze di massimo cinque piani, il grande parco dell'autodromo e quello del campo da golf, la ferrovia in disuso, l'autostrada che taglia in due il quartiere e separa nettamente la parte "civile" da quella considerata illegale: le villas miserias. Rispettare le diverse realtà che convivono all'interno del quartiere è un primo passo per capire la complessità del territorio su cui si opera, e capire come riuscire a farle comunicare e relazionarsi in maniera più diretta ed efficace può essere un modo per risolvere quelle situazioni di isolamento sociale ed economico che si stanno subendo in entrambe le parti. L'idea progettuale è quella di rimediare a questa frattura e di ridare spazio vitale al denso tessuto urbano connettendo con una fascia verde il parco fino a Ciudad Oculta, situata alla parte opposta del barrio.

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Il disagio e le conflittualità sociali presenti nelle nostre città in molteplici casi hanno come teatro le aree verdi e gli spazi non costruiti presenti sul territorio urbano, percepiti spesso da un lato come luoghi non controllati e quindi conquistabili, dall’altro lato, come luoghi trascurati e quindi non sicuri, infrequentabili. Uno sguardo complessivo a queste aree che ne ribalti la prospettiva valorizzandone le potenzialità, può portare ad un progetto coordinato in cui si cerchi di incrementare e sostenere alcune funzioni ritenute capaci di superare le criticità presenti. In quest’ottica un progetto complessivo di paesaggio che non consideri il non costruito come una spazio residuale, ma come un elemento capace di una relazione attiva con il contesto urbano, può contribuire alla coesione sociale, alla sensibilizzazione ai temi ambientali, al miglioramento dell’offerta di luoghi di ritrovo, all’aumento della sicurezza urbana. Negli ultimi anni, la sensibilizzazione nei confronti dei problemi connessi con la salvaguardia dell’ambiente ha portato a un considerevole incremento delle aree protette e delle zone destinate a verde all’interno delle aree urbanizzate. Spesso però si considerano queste zone, in particolare i parchi e le riserve, come luoghi non totalmente fruibili dalla popolazione, anche al di là delle specifiche e corrette esigenze di conservazione. Questa impostazione rischia di mettere in crisi anche attività economiche orientate alla gestione sostenibile del territorio come nel caso dell’agricoltura. In realtà, uno degli errori che si commette più di frequente è quello di considerare le aree verdi e quelle antropizzate come entità fini a sé stesse mentre una positiva coesistenza può essere realizzata solo se si consente una loro positiva interazione dinamica, coniugando esigenze di conservazione e salvaguardia delle attività sociali ed economiche e fornendo stimoli alla riconversione delle attività non compatibili con l’ambiente. Un mezzo per perseguire tale scopo è, sicuramente, quello di proporre ai comuni forme alternative di difesa e gestione dell’ambiente, valorizzando la naturale vocazione del territorio. Vista la notevole incidenza percentuale sulla superficie complessiva, risulta di particolare importanza la tutela e la rivalutazione delle realtà rurali che, ormai da lungo tempo, subiscono l’inarrestabile fenomeno dell’espansione edilizia e sono costrette ad una difficile convivenza con la periferia urbana.

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La ricerca ha per oggetto il progetto del Foro Bonaparte a Milano redatto da Giovanni Antonio Antolini a seguito del decreto del 23 giugno 1800 che stabiliva l’abbattimento delle mura del Castello Sforzesco. Si affronta il tema dell’architettura avendo come obiettivo una lettura critica di tale progetto servendosi dell’analisi compositiva come strumento in grado di stabilire i rapporti che intercorrono tra la città, l’architettura e il tipo. Attraverso lo studio del progetto urbano la ricerca conferma l’ipotesi per la quale la grande forma totalizzante, perentoria e assoluta è capace di mutare la struttura urbana, offrendo un nuovo modello con cui rinnovare la città. L’ambizione di Antolini di veder realizzata l’opera è destinata a svanire nell’arco di pochi anni, ma il progetto per il Foro Bonaparte continuerà per lungo tempo ad evocare la sua idea innovativa fino ai giorni nostri. Sebbene l’opera sia destinata a rimanere un’architettura solo disegnata, le varie pubblicazioni continuano a circolare nelle accademie prima e nelle università successivamente, costituendo un importante patrimonio di studio e di ricerca per generazioni di architetti, fino alla riscoperta avvenuta con Aldo Rossi e Manfredo Tafuri negli anni sessanta del secolo scorso. Dalle lezioni formulate nelle architetture del passato è possibile avanzare nuove ipotesi e alimentare riflessioni e dibattiti sul ruolo dell’architettura nella città contemporanea. La ricerca si occupa del progetto d’architettura per offrire un ulteriore contributo al tema, attraverso una lettura di carattere compositivo, supportata da una serie di schemi e disegni di studio necessari per completare il testo e per verificare i concetti esposti. Dopo aver raccolto, catalogato ed analizzato il materiale iconografico relativo al progetto per il Foro Bonaparte si è scelto di basare il ridisegno sulla raccolta di disegni conservati presso la Biblioteca Nazionale di Francia.

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Ferrara è tra le città con le quali Piero Bottoni (1903-1973) ha istaurato un rapporto proficuo e duraturo che gli permise di elaborare molti progetti e che fu costante lungo quasi tutta la parabola professionale dell’autore milanese. Giunto nella città estense nei primi anni Trenta, vi lavorò nei tre decenni successivi elaborando progetti che spaziavano dalla scala dell’arredamento d’interni fino a quella urbana; i diciannove progetti studiati, tutti situati all’interno del centro storico della città, hanno come tema comune la relazione tra nuova architettura e città esistente. Osservando un ampio spettro di interventi che abbracciava la progettazione sull'esistente come quella del nuovo, Bottoni propone una visione dell'architettura senza suddivisioni disciplinari intendendo il restauro e la costruzione del nuovo come parti di un processo progettuale unitario. Sullo sfondo di questa vicenda, la cultura ferrarese tra le due guerre e nel Dopoguerra si caratterizza per il continuo tentativo di rendere attuale la propria storia rinascimentale effettuando operazioni di riscoperta che con continuità, a discapito dei cambiamenti politici, contraddistinguono le esperienze culturali condotte nel corso del Novecento. Con la contemporanea presenza durante gli anni Cinquanta e Sessanta di Bottoni, Zevi, Pane, Michelucci, Piccinato, Samonà, Bassani e Ragghianti, tutti impegnati nella costruzione dell’immagine storiografica della Ferrara rinascimentale, i caratteri di questa stagione culturale si fondono con i temi centrali del dibattito architettonico italiano e con quello per la salvaguardia dei centri storici. L’analisi dell’opera ferrarese di Piero Bottoni è così l’occasione per mostrare da un lato un carattere peculiare della sua architettura e, dall’altro, di studiare un contesto cultuale provinciale al fine di mostrare i punti di contatto tra le personalità presenti a Ferrara in quegli anni, di osservarne le reciproche influenze e di distinguere gli scambi avvenuti tra i principali centri della cultura architettonica italiana e un ambito geografico solo apparentemente secondario.

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Il progetto per il nuovo centro sportivo di Mirandola nasce prima di tutto dalla volontà di dare alla città un nuovo fronte e un nuovo ingresso. Lo studio generale del masterplan della città, prevede la creazione di tre grandi assi. Il primo a creare un mercato a cielo aperto lungo l’esistente parco, attraverso piccoli padiglioni dislocati lungo il percorso pedonale; il secondo che si sviluppa lungo il grande asse storico con l’accesso diretto al centro storico; il terzo, perpendicolare rispetto agli altri, che attraversa Mirandola da est a ovest e infine l’ultimo asse che dalle mura storiche arriva fino all’accesso principale del nuovo campo sportivo passando per l’ospedale. Partendo da questa idea quindi, si può subito notare come questo nuovo spazio vuole essere un collante tra il centro storico e la campagna, cosi importante in questa zona. Il nuovo centro sportivo vuole rivalorizzare un’area di Mirandola ora priva di servizi. Gli edifici si sviluppano li dove era già presente un campo da calcio. La prima scelta è stata quella di creare una struttura che non si imponesse troppo sul nuovo fronte e quindi sulla nuova arteria, per questo è stato scelto di interrare di quattro metri i campi da gioco. Il centro sportivo cosi facendo non si eleva troppo e l’unico elemento che supera i cinque metri è la copertura delle tribune. La struttura del campo sportivo è circondata dal verde, in modo da creare, come è stato fatto in grande scala per il masterplan generale, un filtro che potesse separare ma anche aprirsi al resto della città e della campagna. Oltre al grande spazio interrato dedicato allo sport è presente anche un’altra zona verde, in parte interrata, che rappresenta una arena a cielo aperto. L’arena è fornita di un’ampia tributa e di una rampa verde che svetta di due metri dal livello del terreno. L’arena è stata progettata per permettere a questo spazio di non essere solo un luogo adibito allo sport ma anche un luogo di incontri dove si possano fare concerti altre attività culturali o semplicemente come un’area verde di incontro. Proprio questo spazio movimenta ancora di più il fronte stradale, grazie anche all’aiuto dell’alberatura. Un altro asse fondamentale è il grande percorso pedonale perpendicolare agli altri tre percorsi verdi che si sviluppa accanto alla nuova infrastruttura. Esso parte proprio dall’accesso principale al campo sportivo fino a collegarsi con il grande parco/mercato. Al di la della strada il percorso viene arricchito con alcuni setti formati dai resti del terremoto e inglobati nel verde cosi da schermare gli edifici che a breve si affacceranno sulla grande arteria stradale.