159 resultados para Ginastica artistica
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Il concetto di contaminazione fra architettura ed arti plastiche e figurative è molto antico. La dicotomia arte-architettura, sancita in via definitiva con il moderno museo di spoliazione napoleonica, non può che essere considerata una variazione neo-tecnicista sulla quale, non sempre giustamente, sono andati assestandosi gli insegnamenti delle scuole politecniche. Non così è sempre stato. Come il tempio greco può essere considerato un’opera plastica nel suo complesso, esempio tra i primi di fusione tra arte e architettura, moltissimi sono gli esempi che hanno guidato la direzione della ricerca che si è intesa perseguire. Molti sono gli esempi del passato che ci presentano figure di architetto-artista: un esempio fra tutti Michelangelo Buonarroti; come per altro non è nuovo, per l’artista puro, cimentarsi nella progettazione dello spazio architettonico o urbano, o per l'architetto essere coinvolto dalle indagini della ricerca artistica a lui contemporanea dalla quale trarre suggestioni culturali. Le rappresentazioni dei linguaggi visivi sono il frutto di contaminazioni che avvengono su diversi livelli e in più direzioni. Spesso le ricerche artistiche più significative hanno anticipato o influenzato il mondo del design, dell’architettura, della comunicazione. L’intenzione della ricerca è stata quindi approfondire, attraverso un viaggio nel Novecento, con particolare attenzione al Secondo Dopoguerra, i fenomeni culturali che hanno prodotto i più significativi sviluppi stilistici nell’ambito della ricerca e del rinnovo del linguaggio architettonico. Il compito, parafrasando Leonardo Benevolo, non è stato quello di elencare le singole battute della discussione ma di riconoscere gli interventi fruttuosi a lunga scadenza. Mutuando gli insegnamenti della scuola del Bauhaus, arte e architettura sono state affiancate perché considerate espressioni strettamente relazionate di coevi fenomeni culturali. L’obiettivo ha puntato all’individuazione dei meccanismi delle interazioni tra discipline, cercando di delineare il profilo della complessità dell’espressione del contemporaneo in architettura.
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Studio di un esercizio dell'entrata alle parallele asimmetriche in ginnastica artistica effettuato mediante le tecniche della biomeccanica, in particolare la rilevazione per mezzo della stereo-fotogrammetria e l'analisi dei dati attraverso SMART Tracker e SMART Analyzer allo scopo di introdurre un nuovo movimento di entrata alle parallele di maggiore difficoltà.
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La tesi è dedicata alla personalità artistica dell’Illustratore, tra i protagonisti della miniatura bolognese degli anni trenta e quaranta del Trecento, così felicemente soprannominato da Roberto Longhi. Dopo un capitolo dedicato alla vicenda critica dell’artista, la tesi affronta il percorso artistico dell’Illustratore nell’ambito della decorazione libraria bolognese del secondo quarto del XIV secolo. Ho trattato le opere attribuite al’Illustratore insieme agli esempi contemporanei della miniatura bolognese, in modo da far emergere il ruolo di questo maestro nelle relazioni con il contesto cittadino. Nella successione cronologica dei manoscritti, emerge un nuovo sconvolgimento caotico che scardina l’ordine spaziale e compositivo delle opere iniziali debitrici del giottismo del Maestro del 1328. Il capitolo si conclude con alcune osservazioni sui rapporti tra il maestro e i suoi aiuti e sul rapporto con Buffalmacco. In questo capitolo sono inoltre presentate due nuove attribuzioni. Gli ultimi due capitoli sono un approfondimento sull’interazione tra il linguaggio figurativo dell’artista e la funzione dell’immagine quale forma di comunicazione visiva in stretta relazione con i testi scritti che accompagnano e sui caratteri della committenza, là dove è possibile definirli. La prima parte del terzo capitolo è dedicata all’illustrazione dei libri legales, mentre nella seconda parte si tratta di un caso particolare, le iniziali istoriate dell’Inferno e del Purgatorio di Dante Alighieri della Biblioteca Riccardiana di Firenze (ms. 1005), per molti aspetti riconducibili all’illustrazione giuridica. La mia intenzione in questo capitolo è di verificare come il caratteristico linguaggio narrativo espressivo e diretto dell’Illustratore abbia risposto alla funzione delle immagini dipinte nei codici giuridici di offrire una struttura materiale alla memorizzazione visiva per via di luoghi e figure dei contenuti di studio del diritto comune. In appendice alla tesi si trova un catalogo dei manoscritti decorati da miniature dell’Illustratore, comprensivo anche di una sezione per le opere di dubbia o erronea attribuzione.
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Le traduzioni di Luis Cernuda, poeta spagnolo della Generazione del '27, da testi poetici di autori francesi, tedeschi ed inglesi, la cui scelta è dettata da ragioni di coerenza artistica, non hanno valore secondario rispetto alla produzione poetica autoriale. Nel presente studio si delinea l'uniformità del percorso creativo di Luis Cernuda nel ruolo duplice ed apparentemente contraddittorio di poeta-traduttore, attraverso un tracciato spazio-temporale, al contempo realistico e metaforico, che si svolge lungo gran parte della vita del misconosciuto poeta sivigliano. Ad una preliminare presentazione analitica del concetto di traduzione, della funzione che la stessa riveste nel genere letterario specifico della poesia e nell'attività creativa di Cernuda, segue l'analisi comparativa delle traduzioni cernudiane con le rispettive fonti straniere. L'argomento si svolge in tre capitoli successivi, organizzati rispettando lo svolgimento cronologico del percorso traduttorio cernudiano, svolto in parallelo alla produzione poetica personale. Il secondo capitolo verte sulla traduzione da testi poetici in francese. Il terzo capitolo, sul periodo immediatamente successivo agli anni della sperimentazione francese, analizza lo studio della poesia tedesca e della sperimentazione in traduzione. Tale incontro si propone anche come momento di scissione definitiva dalla lirica romanza, piuttosto esornativa, e di accostamento alla più essenziale lirica germanica. Il quarto capitolo raccoglie le versioni poetiche da autori inglesi, che si contraddistinguono per la grande somiglianza alla poesia di Cernuda nelle scelte contenutistico-formali. Le conclusioni vertono sulla coesione perseguita nel tradurre, per cui contenuto e forma acquisiscono pari importanza nella “ricreazione poetica” realizzata da Cernuda.
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Oggetto della ricerca è il museo Wilhelm Lehmbruck di Duisburg, un'opera dell'architetto Manfred Lehmbruck, progettata e realizzata tra il 1957 e il 1964. Questa architettura, che ospita la produzione artistica del noto scultore Wilhelm Lehmbruck, padre di Manfred, è tra i primi musei edificati ex novo nella Repubblica Federale Tedesca dopo la seconda guerra mondiale. Il mito di Wilhelm Lehmbruck, costruito negli anni per donare una identità culturale alla città industriale di Duisburg, si rinvigorì nel secondo dopoguerra in seno ad una più generale tendenza sorta nella Repubblica di Bonn verso la rivalutazione dell'arte moderna, dichiarata “degenerata” dal nazionalsocialismo. Ricollegarsi all'arte e all'architettura moderna degli anni venti era in quel momento funzionale al ridisegno di un volto nuovo e democratico del giovane stato tedesco, che cercava legittimazione proclamandosi erede della mitica e gloriosa Repubblica di Weimar. Dopo anni di dibattiti sulla ricostruzione, l'architettura del neues Bauen sembrava l'unico modo in cui la Repubblica Federale potesse presentarsi al mondo, anche se la realtà del paese era assai più complessa e svelava il “doppio volto” che connotò questo stato a partire dal 1945. Le numerose dicotomie che popolarono presto la tabula rasa nata dalle ceneri del conflitto (memoria/oblio, tradizione/modernità, continuità/discontinuità con il recente e infausto passato) trovano espressione nella storia e nella particolare architettura del museo di Duisburg, che può essere quindi interpretato come un'opera paradigmatica per comprendere la nuova identità della Repubblica Federale, un'identità che la rese capace di risorgere dopo l' “anno zero”, ricercando nel miracolo economico uno strumento di redenzione da un passato vergognoso, che doveva essere taciuto, dimenticato, lasciato alle spalle.
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Lo studio analizza il modo in cui la storia dell’arte e la visual culture vengono utilizzate all’interno delle medical humanities, e cerca di suggerire un metodo più utile rispetto a quelli fin qui proposti. Lo scritto è organizzato in due parti. Nella prima parte sono analizzate alcune teorie e pratiche delle scienze umane in medicina. In particolare, ci concentriamo sulla medicina narrativa e sugli approcci con cui la storia dell’arte viene inclusa nella maggioranza dei programmi di medical humanities. Dopodiché, proponiamo di riconsiderare questi metodi e di implementare il ruolo di un pensiero storico e visivo all’interno di tali insegnamenti. Nella seconda parte, alla luce di quanto emerso nella prima, ci dedichiamo a uno studio di caso: la rappresentazione della melanconia amorosa, o mal d’amore, in una serie di dipinti olandesi del Secolo d’Oro. Colleghiamo queste opere a trattati medico-filosofici dell’epoca che permettano di inquadrare il mal d’amore in un contesto storico; in seguito, analizziamo alcune interpretazioni fornite da studiosi e storici dell’arte a noi contemporanei. In particolare, esaminiamo lo studio pionieristico di Henry Meige, pubblicato sulla “Nouvelle iconographie de la Salpêtrière” nel 1899, da cui emerge la possibilità di un confronto critico sia con le posizioni iconodiagnostiche di Charcot e Richer sia con quelle della prima psicoanalisi.
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Questa ricerca ha l’obiettivo di dare nuovi contributi alla conoscenza della pittura di paesaggio francese nell’Ottocento attraverso lo studio dell’opera di Paul Flandrin (1811-1902). Flandrin si colloca al crocevia di esperienze fondamentali nella ricerca artistica di metà Ottocento: l’eredità di Camille Corot, l’insegnamento di Jean-Auguste Dominique Ingres, la pratica del lavoro en plein air, la tradizione del paesaggio neoclassico. Il corpus di opere del pittore lionese Paul Flandrin (1811-1902) ricostruito in questa tesi è frutto di una sistematica operazione di ricerca sul campo e viene in seguito analizzato alla luce dei recenti studi sulla pittura di paesaggio neoclassico in Francia nel XIX secolo. La ricerca si fonda su una grande quantità di materiale inedito: dipinti, disegni, taccuini di studio en plein air, corrispondenza con colleghi e amici. Da questa ricerca la fisionomia artistica di Paul Flandrin emerge ben individuata singolarmente e al tempo stesso ancorata al contesto storico-artistico attraverso le relazioni con i colleghi, l’utilizzo di determinate tecniche, la frequentazione di mete comuni ai paesaggisti suoi contemporanei, la decisa presa di posizione a favore del paesaggio neoclassico.
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Il primo passo verso un progetto di restauro è costituito dal riconoscimento dell’opera d’arte, che è ciò che spinge al desiderio di trasmetterla al futuro. Nel momento in cui ad un oggetto si riconosce una valenza storica e artistica, questo assume per la collettività un valore che va conservato e potenziato. Attraverso una approfondita conoscenza delle vicende che hanno interessato la villa dal momento della sua edificazione fino ai giorni nostri, è stato possibile realizzare un progetto che mira alla sua conservazione e alla valorizzazione.
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Tra il V ed il VI secolo, la città di Ravenna, per tre volte capitale, emerge fra i più significativi centri dell’impero, fungendo da cerniera tra Oriente e Occidente, soprattutto grazie ai mosaici parietali degli edifici di culto, perfettamente inseriti in una koinè culturale e artistica che ha come comune denominatore il Mar Mediterraneo, nel contesto di parallele vicende storiche e politiche. Rispetto ai ben noti e splendidi mosaici ravennati, che insieme costituiscono senza dubbio un unicum nel panorama artistico dell’età tardoantica e altomedievale, nelle decorazioni musive parietali dei coevi edifici di culto dei diversi centri dell’impero d’Occidente e d’Oriente, e in particolare in quelli localizzati nelle aree costiere, si possono cogliere divergenze, ma anche simmetrie dal punto di vista iconografico, iconologico e stilistico. Sulla base della letteratura scientifica e attraverso un poliedrico esame delle superfici musive parietali, basato su una metodologia interdisciplinare, si è cercato di chiarire l’articolato quadro di relazioni culturali, ideologiche ed artistiche che hanno interessato e interessano tuttora Ravenna e i vari centri della tarda antichità, insistendo sulla pluralità, sulla complessità e sulla confluenza di diverse esperienze artistiche sui mosaici di Ravenna. A tale scopo, i dati archeologici e artistici sono stati integrati con quelli storici, agiografici ed epigrafici, con opportuni collegamenti all’architettura, alla scultura, alle arti decorative e alle miniature, a testimonianza dell’unità di intenti di differenti media artistici, orientati, pur nella diversità, verso le medesime finalità dogmatiche, politiche e celebrative. Si tratta dunque di uno studio di revisione e di sintesi sui mosaici parietali mediterranei di V e VI secolo, allo scopo di aggiungere un nuovo tassello alla già pur vasta letteratura dedicata all’argomento.
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Agostino Mitelli (1609-1660) è una figura centrale nella vicenda artistica bolognese. Rinnova profondamente la quadratura, genere in cui opera maggiormente, e diventa il principale riferimento per le generazioni successive. Infatti ha un grande numero di allievi che si fanno interpreti del suo stile e le sue opere continuano ad essere studiate fino a Settecento inoltrato. Nel suo lavoro accorda una grande importanza al mezzo grafico, in cui eccelle e che considera strumento di verifica ed esercizio. Questa predilezione influenza anche i suoi seguaci: dopo la sua morte i suoi disegni diventano molto ricercati e vengono impiegati come repertori di soluzioni di quadratura ed elementi decorativi. Sono essi stessi strumento di studio e infatti ci è pervenuto un grande numero di copie ed esercizi in stile mitelliano. L'analisi sistematica di questo materiale anonimo e poco studiato mi ha permesso di individuare alcune delle personalità di maggiore spicco tra i suoi seguaci, quali Domenico Santi, Giacomo Antonio Mannini e Marc'Antonio Chiarini. Per valutare l'influenza dell'opera di Agostino presso le generazioni successive è centrale anche la produzione calcografica che analizzo a partire dalle quattro serie di elementi di ornato che egli stesso dà alle stampe e che riscuotono molto successo, come provano le numerose ristampe, anche francesi. Dopo la sua morte vengono incise diverse imprese che si riallacciano al suo operato: la prima è quella del figlio Giuseppe Maria Mitelli che pubblica alcuni suoi disegni. Seguono le serie di Santi, Buffagnotti, Mannini, Chiarini e diversi altri che comprendono anche quadratura e veduta e che spesso sono state riassemblate da editori e collezionisti. Anche le fonti affrontano la questione della dipendenza delle successive generazioni dagli stilemi di Agostino Mitelli, oltre a quelle a stampa ho studiato approfonditamente i manoscritti inediti dell'altro figlio di Agostino, Giovanni Mitelli, che forniscono molte nuove notizie.
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Il presente elaborato consiste nella traduzione dalla lingua araba alla lingua italiana di alcuni brani poetici dell'autore siriano Nizar Qabbani. Si tratta in particolare dei testi Aurāq Isbāniya, (Diari spagnoli), Ahzān fi-l-Andalus (Tristezze in Al-Andalus), Gharnāṭa (Granada). I temi principali di queste poesie sono delle suggestioni della Spagna e soprattutto la nostalgia sentita dall'autore, nel suo nazionalismo arabo, per l'antico califfato di Al-Andalus. L'elaborato è diviso in cinque sezioni: 1. Introduzione: spiegazione del tema centrale dei brani tradotti. 2. L'autore. Breve biografia e opera: un'introduzione sulla vita e la produzione artistica di Nizar Qabbani. 3. Traduzione e testo originale: parte centrale dell'elaborato, la traduzione dei poemi con testo originale arabo a fronte. 4. Commento di traduzione: esposizione di scelte e strategie traduttive che sono state seguite per la realizzazione del lavoro. 5. Bibliografia. Tutti i testi consultati per la stesura dell'elaborato.
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Tra le plurime conseguenze dell’avvento del digitale, la riarticolazione dei rapporti tra immagine statica e immagine in movimento è certamente una delle più profonde. Sintomatica dei cambiamenti in atto sia nei film studies sia nella storia dell’arte, tale riarticolazione richiede un ripensamento dei confini disciplinari tradizionali entro cui il cinema e la fotografia sono stati affrontati come oggetti di studio separati e distinti. Nell’adottare un approccio molteplice, volto a comprendere prospettive provenienti dalla New Film History e dalla media archaeology, dalla teoria dell’arte e dagli studi visuali, questo lavoro esplora l’esistenza di una relazione dialettica tra il cinema e la fotografia intesa in modo duplice: come tensione costitutiva tra due media indissolubilmente connessi – non tanto in considerazione di un medesimo principio realistico di rappresentazione quanto, piuttosto, in virtù di uno scambio incessante nella modellizzazione di categorie quali il tempo, il movimento, l’immobilità, l’istante, la durata; come istanza peculiare della pratica artistica contemporanea, paradigma di riferimento nella produzione estetica di immagini. La tesi si suddivide in tre capitoli. Il primo si concentra sul rapporto tra l’immobilità e il movimento dell’immagine come cifra in grado di connettere l’estetica delle attrazioni e la cronofotografia a una serie di esperienze filmiche e artistiche prodotte nei territori delle avanguardie. Il secondo capitolo considera l’emergenza, dagli anni Novanta, di pratiche artistiche in cui l’incontro intermediale tra film e fotografia fornisce modelli di analisi volti all’indagine dell’attuale condizione estetica e tecnologica. Il terzo offre una panoramica critica su un caso di studio, la GIF art. La GIF è un formato digitale obsoleto che consente di produrre immagini che appaiono, simultaneamente, come fisse e animate; nel presente lavoro, la GIF è discussa come un medium capace di contraddire i confini attraverso cui concepiamo l’immagine fissa e in movimento, suggerendo, inoltre, un possibile modello di pensiero storico-cronologico anti-lineare.
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Il lavoro si propone come un’indagine sulla letteratura italiana del primo decennio del XXI secolo, in una prospettiva non di semplice ricognizione ma di individuazione di linee interpretative capaci di ripercorrere un archivio di materiali molto vasto e non ancora chiuso. La prima parte affronta questioni relative a condizioni produttive, ricezione e valutazione critica della letteratura contemporanea. Il primo capitolo è dedicato alla discussione di problemi relativi allo studio della narrativa italiana del XXI secolo a partire dalla definizione utilizzata per riferirsi ad essa, quella di “anni zero”. Il secondo capitolo situa la narrativa contemporanea nelle linee di sviluppo della letteratura italiana degli ultimi trent’anni, a partire da un mutamento del rapporto dello scrittore con la tradizione umanistica che risale all’inizio degli anni ottanta. Il terzo capitolo approfondisce uno dei generi maggiormente praticati: il romanzo storico. Considerato negli anni ottanta e novanta un genere d'evasione e intrattenimento, negli anni zero è divenuto veicolo di punti di vista critici nei confronti delle narrazioni dominanti. La seconda parte è dedicata all’approfondimento di romanzi che raccontano, da un’ottica non testimoniale, gli anni settanta italiani, periodo complesso non solo sul piano evenemenziale, ma anche su quello della rielaborazione artistica. I romanzi su cui si concentra l’indagine offrono un racconto degli anni settanta italiani a partire da un’idea di storia plurale, ricostruita attraverso una molteplicità di voci, che muta a seconda della prospettiva da cui viene affrontata. Le storie false dei romanzi sugli anni settanta non chiedono di essere lette come vere, ma dicono comunque qualcosa di vero sulle modalità attraverso le quali si va costruendo il rapporto con il passato recente, nel più ampio contesto dei percorsi della letteratura italiana di inizio millennio, tra spinte che vanno nella direzione del mantenimento dell’autonomia da parte degli autori e pressioni del mercato editoriale.
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Il presente elaborato consiste in una proposta di traduzione di poesie selezionate dall’opera della poetessa Vera Pavlova, un’autrice ormai affermata in Russia ma ancora poco conosciuta all’estero, soprattutto in Italia. Proprio per questo motivo si è deciso di presentarla al lettore italiano dal punto di vista biografico e artistico. Nel primo capitolo di questo elaborato ripercorreremo infatti la sua vita, sia privata che artistica, citandone gli eventi più importanti. A questa seguirà un’introduzione alla poesia di Vera Pavlova, affrontandone sinteticamente la dichiarazione di poetica analizzando alcuni dei suoi versi. Seguirà il commento in cui verranno spiegate le principali problematiche contro le quali ci si è scontrati durante il processo traduttivo. Infine concluderemo con una riflessione che cercherà di riassumere l’essenza dell’opera di Vera Pavlova. Infine verrà la traduzione delle poesie scelte , corredate da testo originale a fronte.
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Questa tesi è un tentativo di analizzare il percorso artistico di Etta James, prendendo in considerazione le varie influenze che hanno contribuito a formare la sua personalità artistica a livello canoro ed interpretativo. Si parte da uno spaccato sull’importanza del gospel come genere propedeutico ad un’interpretazione efficace per l’artista afroamericano. Successivamente si passa all’immagine che Etta James si costruisce per sé e come questa influenza la sua vita, quali sono le canzoni che non le paiono in linea con la sua immagine e come mentre tenta di districarsi attraverso diversi altri generi, come blues, rock, funk. Poi viene analizzata la figura della madre biologica di James e come questa venga collegata indissolubilmente alla figura di Billie Holiday, e come trovare la maturità di affrontare quest’ultima farà in modo che anche il rapporto con la figura materna cambi. Viene analizzato uno dei più grandi successi della cantante, “At Last”, di cui lei è interprete ma non autrice, ma attraverso una grande abilità stilistica riesce a formare quello che sarà uno standard per gli artisti contemporanei. Ed infine si tirano le somme guardando al retaggio artistico che ha lasciato dietro di sé l’artista.