997 resultados para Louis I, Emperor, 778-840.
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As an undergraduate sociology major, the only thing I learned about Oklahoman Laud Humphreys's classic, Tearoom Trade (1970) was how it violated standards of informed consent in social science research. As Galliher, Brekhus, and Keys recount in their biography, Laud Humphreys: Prophet of Homosexuality and Sociology, sociology graduate student Laud Humphreys needed to supplement his (quite likely, participant) observational research of men who had sex in public bathrooms (i.e., tearooms) in St. Louis in the mid-1960s with a formal questionnaire. Knowing that these men would never agree if they knew they were selected because of their participation in highly stigmatized and criminal behavior, Humphreys recorded their license plates, got their home addresses, and interviewed them as part of a "community health survey." Herein lies the deception and the major source of the controversy. What I didn't fully appreciate when I was a student, however, and what the authors so deftly illuminate is the importance of this work not only for debates around ethical issues of social science research, but more importantly, perhaps, for the study of sexuality, deviance, and urban life.
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Il presente studio, per ciò che concerne la prima parte della ricerca, si propone di fornire un’analisi che ripercorra il pensiero teorico e la pratica critica di Louis Marin, mettendone in rilievo i caratteri salienti affinché si possa verificare se, nella loro eterogenea interdisciplinarità, non emerga un profilo unitario che consenta di ricomprenderli in un qualche paradigma estetico moderno e/o contemporaneo. Va innanzitutto rilevato che la formazione intellettuale di Marin è avvenuta nell’alveo di quel montante e pervasivo interesse che lo strutturalismo di stampo linguistico seppe suscitare nelle scienze sociali degli anni sessanta. Si è cercato, allora, prima di misurare la distanza che separa l’approccio di Marin ai testi da quello praticato dalla semiotica greimasiana, impostasi in Francia come modello dominante di quella svolta semiotica che ha interessato in quegli anni diverse discipline: dagli studi estetici all’antropologia, dalla psicanalisi alla filosofia. Si è proceduto, quindi, ad un confronto tra l’apparato concettuale elaborato dalla semiotica e alcune celebri analisi del nostro autore – tratte soprattutto da Opacité de la peinture e De la représentation. Seppure Marin non abbia mai articolato sistematicametne i principi teorici che esplicitassero la sua decisa contrapposizione al potente modello greimasiano, tuttavia le reiterate riflessioni intorno ai presupposti epistemologici del proprio modo di interpretare i testi – nonché le analisi di opere pittoriche, narrative e teoriche che ci ha lasciato in centinaia di studi – permettono di definirne una concezione estetica nettamente distinta dalla pratica semio-semantica della scuola di A. J. Greimas. Da questo confronto risulterà, piuttosto, che è il pensiero di un linguista sui generis come E. Benveniste ad avere fecondato le riflessioni di Marin il quale, d’altra parte, ha saputo rielaborare originalmente i contributi fondamentali che Benveniste diede alla costruzione della teoria dell’enunciazione linguistica. Impostando l’equazione: enunciazione linguistica=rappresentazione visiva (in senso lato), Marin diviene l’inventore del dispositivo concettuale e operativo che consentirà di analizzare l’enunciazione visiva: la superficie di rappresentazione, la cornice, lo sguardo, l’iscrizione, il gesto, lo specchio, lo schema prospettico, il trompe-l’oeil, sono solo alcune delle figure in cui Marin vede tradotto – ma in realtà immagina ex novo – quei dispositivi enunciazionali che il linguista aveva individuato alla base della parole come messa in funzione della langue. Marin ha saputo così interpretare, in modo convincente, le opere e i testi della cultura francese del XVII secolo alla quale sono dedicati buona parte dei suoi studi: dai pittori del classicismo (Poussin, Le Brun, de Champaigne, ecc.) agli eruditi della cerchia di Luigi XIV, dai filosofi (soprattutto Pascal), grammatici e logici di Port-Royal alle favole di La Fontaine e Perrault. Ma, come si evince soprattutto da testi come Opacité de la peinture, Marin risulterà anche un grande interprete del rinascimento italiano. In secondo luogo si è cercato di interpretare Le portrait du Roi, il testo forse più celebre dell’autore, sulla scorta dell’ontologia dell’immagine che Gadamer elabora nel suo Verità e metodo, non certo per praticare una riduzione acritica di due concezioni che partono da presupposti divergenti – lo strutturalismo e la critica d’arte da una parte, l’ermeneutica filosofica dall’altra – ma per rilevare che entrambi ricorrono al concetto di rappresentazione intendendolo non tanto come mimesis ma soprattutto, per usare il termine di Gadamer, come repraesentatio. Sia Gadamer che Marin concepiscono la rappresentazione non solo come sostituzione mimetica del rappresentato – cioè nella direzione univoca che dal rappresentato conduce all’immagine – ma anche come originaria duplicazione di esso, la quale conferisce al rappresentato la sua legittimazione, la sua ragione o il suo incremento d’essere. Nella rappresentazione in quanto capace di legittimare il rappresentato – di cui pure è la raffigurazione – abbiamo così rintracciato la cifra comune tra l’estetica di Marin e l’ontologia dell’immagine di Gadamer. Infine, ci è sembrato di poter ricondurre la teoria della rappresentazione di Marin all’interno del paradigma estetico elaborato da Kant nella sua terza Critica. Sebbene manchino in Marin espliciti riferimenti in tal senso, la sua teoria della rappresentazione – in quanto dire che mostra se stesso nel momento in cui dice qualcos’altro – può essere intesa come una riflessione estetica che trova nel sensibile la sua condizione trascendentale di significazione. In particolare, le riflessioni kantiane sul sentimento di sublime – a cui abbiamo dedicato una lunga disamina – ci sono sembrate chiarificatrici della dinamica a cui è sottoposta la relazione tra rappresentazione e rappresentato nella concezione di Marin. L’assolutamente grande e potente come tratti distintivi del sublime discusso da Kant, sono stati da noi considerati solo nella misura in cui ci permettevano di fare emergere la rappresentazione della grandezza e del potere assoluto del monarca (Luigi XIV) come potere conferitogli da una rappresentazione estetico-politica costruita ad arte. Ma sono piuttosto le facoltà in gioco nella nostra più comune esperienza delle grandezze, e che il sublime matematico mette esemplarmente in mostra – la valutazione estetica e l’immaginazione – ad averci fornito la chiave interpretativa per comprendere ciò che Marin ripete in più luoghi citando Pascal: una città, da lontano, è una città ma appena mi avvicino sono case, alberi, erba, insetti, ecc… Così abbiamo applicato i concetti emersi nella discussione sul sublime al rapporto tra la rappresentazione e il visibile rappresentato: rapporto che non smette, per Marin, di riconfigurarsi sempre di nuovo. Nella seconda parte della tesi, quella dedicata all’opera di Bernard Stiegler, il problema della comprensione delle immagini è stato affrontato solo dopo aver posto e discusso la tesi che la tecnica, lungi dall’essere un portato accidentale e sussidiario dell’uomo – solitamente supposto anche da chi ne riconosce la pervasività e ne coglie il cogente condizionamento – deve invece essere compresa proprio come la condizione costitutiva della sua stessa umanità. Tesi che, forse, poteva essere tematizzata in tutta la sua portata solo da un pensatore testimone delle invenzioni tecnico-tecnologiche del nostro tempo e del conseguente e radicale disorientamento a cui esse ci costringono. Per chiarire la propria concezione della tecnica, nel I volume di La technique et le temps – opera alla quale, soprattutto, sarà dedicato il nostro studio – Stiegler decide di riprendere il problema da dove lo aveva lasciato Heidegger con La questione della tecnica: se volgiamo coglierne l’essenza non è più possibile pensarla come un insieme di mezzi prodotti dalla creatività umana secondo un certi fini, cioè strumentalmente, ma come un modo di dis-velamento della verità dell’essere. Posto così il problema, e dopo aver mostrato come i sistemi tecnici tendano ad evolversi in base a tendenze loro proprie che in buona parte prescindono dall’inventività umana (qui il riferimento è ad autori come F. Gille e G. Simondon), Stiegler si impegna a riprendere e discutere i contributi di A. Leroi-Gourhan. È noto come per il paletnologo l’uomo sia cominciato dai piedi, cioè dall’assunzione della posizione eretta, la quale gli avrebbe permesso di liberare le mani prima destinate alla deambulazione e di sviluppare anatomicamente la faccia e la volta cranica quali ondizioni per l’insorgenza di quelle capacità tecniche e linguistiche che lo contraddistinguono. Dei risultati conseguiti da Leroi-Gourhan e consegnati soprattutto in Le geste et la parole, Stiegler accoglie soprattutto l’idea che l’uomo si vada definendo attraverso un processo – ancora in atto – che inizia col primo gesto di esteriorizzazione dell’esperienza umana nell’oggetto tecnico. Col che è già posta, per Stiegler, anche la prima forma di simbolizzazione e di rapporto al tempo che lo caratterizzano ancora oggi. Esteriorità e interiorità dell’uomo sono, per Stiegler, transduttive, cioè si originano ed evolvono insieme. Riprendendo, in seguito, l’anti-antropologia filosofica sviluppata da Heidegger nell’analitica esistenziale di Essere e tempo, Stiegler dimostra che, se si vuole cogliere l’effettività della condizione dell’esistenza umana, è necessaria un’analisi degli oggetti tecnici che però Heidegger relega nella sfera dell’intramondano e dunque esclude dalla temporalità autentica dell’esser-ci. Se è vero che l’uomo – o il chi, come lo chiama Stiegler per distinguerlo dal che-cosa tecnico – trova nell’essere-nel-mondo la sua prima e più fattiva possibilità d’essere, è altrettanto verò che questo mondo ereditato da altri è già strutturato tecnicamente, è già saturo della temporalità depositata nelle protesi tecniche nelle quali l’uomo si esteriorizza, e nelle quali soltanto, quindi, può trovare quelle possibilità im-proprie e condivise (perché tramandate e impersonali) a partire dalle quali poter progettare la propria individuazione nel tempo. Nel percorso di lettura che abbiamo seguito per il II e III volume de La technique et le temps, l’autore è impegnato innanzitutto in una polemica serrata con le analisi fenomenologiche che Husserl sviluppa intorno alla coscienza interna del tempo. Questa fenomenologia del tempo, prendendo ad esame un oggetto temporale – ad esempio una melodia – giunge ad opporre ricordo primario (ritenzione) e ricordo secondario (rimemorazione) sulla base dell’apporto percettivo e immaginativo della coscienza nella costituzione del fenomeno temporale. In questo modo Husserl si preclude la possibilità di cogliere il contributo che l’oggetto tecnico – ad esempio la registrazione analogica di una melodia – dà alla costituzione del flusso temporale. Anzi, Husserl esclude esplicitamente che una qualsiasi coscienza d’immagine – termine al quale Stiegler fa corrispondere quello di ricordo terziario: un testo scritto, una registrazione, un’immagine, un’opera, un qualsiasi supporto memonico trascendente la coscienza – possa rientrare nella dimensione origianaria e costitutiva di tempo. In essa può trovar posto solo la coscienza con i suo vissuti temporali percepiti, ritenuti o ricordati (rimemorati). Dopo un’attenta rilettura del testo husserliano, abbiamo seguito Stiegler passo a passo nel percorso di legittimazione dell’oggetto tecnico quale condizione costitutiva dell’esperienza temporale, mostrando come le tecniche di registrazione analogica di un oggetto temporale modifichino, in tutta evidenza, il flusso ritentivo della coscienza – che Husserl aveva supposto automatico e necessitante – e con ciò regolino, conseguente, la reciproca permeabilità tra ricordo primario e secondario. L’interpretazione tecnica di alcuni oggetti temporali – una foto, la sequenza di un film – e delle possibilità dispiegate da alcuni dispositivi tecnologici – la programmazione e la diffusione audiovisiva in diretta, l’immagine analogico-digitale – concludono questo lavoro richiamando l’attenzione sia sull’evidenza prodotta da tali esperienze – evidenza tutta tecnica e trascendente la coscienza – sia sul sapere tecnico dell’uomo quale condizione – trascendentale e fattuale al tempo stesso – per la comprensione delle immagini e di ogni oggetto temporale in generale. Prendendo dunque le mosse da una riflessione, quella di Marin, che si muove all’interno di una sostanziale antropologia filosofica preoccupata di reperire, nell’uomo, le condizioni di possibilità per la comprensione delle immagini come rappresentazioni – condizione che verrà reperità nella sensibilità o nell’aisthesis dello spettatore – il presente lavoro passerà, dunque, a considerare la riflessione tecno-logica di Stiegler trovando nelle immagini in quanto oggetti tecnici esterni all’uomo – cioè nelle protesi della sua sensibilità – le condizioni di possibilità per la comprensione del suo rapporto al tempo.
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Questa tesi nasce con l’obiettivo di valutare la traduzione italiana dei quebecismi nelle cinque ritraduzioni del romanzo di Louis Hémon, Maria Chapdelaine. Récit du Canada français (1924) per poter capire se la lingua et la cultura quebecchesi sono state riportate correttamente in quanto il romanzo preso in esame è considerato un capolavoro della letteratura del Québec. Il lavoro qui presentato verte, nei primi due capitoli, sull’analisi dell’opera nella sua totalità e sul confronto tra le cinque ritraduzioni italiane, mentre nel terzo capitolo avrà luogo la parte più pratica di questo elaborato. Verranno analizzati con attenzione sei quebecismi estratti dai dati forniti dalla banca dati online Qu.It, che presenta, partendo dall’analisi di un corpus rappresentativo della letteratura quebecchese tradotta in italiano, la possibilità di valutare i traducenti proposti secondo un approccio intralinguistico, prima, e contrastivo poi. Con questo elaborato, vogliamo sottolineare l’importanza di una maggiore considerazione delle specificità linguistiche del francese del Québec, non solo per quanto concerne la resa del suo contenuto semantico, ma anche connotativo e culturale. Vogliamo inoltre mostrare che, con la consultazione delle risorse lessicografiche monolingue a disposizione dei traduttori, è possibile realizzare delle traduzioni soddisfacenti che possano ben rendere la ricchezza della lingua francese del Québec.
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Bioplastics are polymers (such as polyesters) produced from bacterial fermentations that are biodegradable and nonhazardous. They are produced by a wide variety of bacteria and are made only when stress conditions allow, such as when nutrient levels are low, more specifically levels of nitrogen and oxygen. These stress conditions cause certain bacteria to build up excess carbon deposits as energy reserves in the form of polyhydroxyalkanoates (PHAs). PHAs can be extracted and formed into actual plastic with the same strength of conventional, synthetic-based plastics without the need to rely on foreign petroleum. The overall goal of this project was to select for a bacteria that could grow on sugars found in the lignocellulosic biomass, and get the bacteria to produce PHAs and peptidoglycan. Once this was accomplished the goal was to extract PHAs and peptidoglycan in order to make a stronger more rigid plastic, by combing them into a co-polymer. The individual goals of this project were to: (1) Select and screen bacteria that are capable of producing PHAs by utilizing the carbon/energy sources found in lignocellulosic biomass; (2) Maximize the utilization of those sugars present in woody biomass in order to produce optimal levels of PHAs. (3) Use room temperature ionic liquids (RTILs) in order to separate the cell membrane and peptidoglycan, allowing for better extraction of PHAs and more intact peptidoglycan. B. megaterium a Gram-positive PHA-producing bacterium was selected for study in this project. It was grown on a variety of different substrates in order to maximize both its growth and production of PHAs. The optimal conditions were found to be 30°C, pH 6.0 and sugar concentration of either 30g/L glucose or xylose. After optimal growth was obtained, both RTILs and enzymatic treatments were used to break the cell wall, in order to extract the PHAs, and peptidoglycan. PHAs and peptidoglycan were successfully extracted from the cell, and will be used in the future to create a new stronger co-polymer. Peptidoglycan recovery yield was 16% of the cells’ dry weight.
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Presented here, is the work done with a series of binucleating ligands based on phosphine and phosphine oxide appended p-hydroquinones and their reactions towards various metals sources. The long term goal of the project was to produce coordination polymers that would have novel electronic, magnetic, and optical properties which would be of use in the field of molecular electronics. Binucleating ligands contained a p-hydroquinone motif in which various phosphine- and phosphine oxide substituents have been placed in the ortho position relative to each of the hydroxy position were synthesized. A previously published synthetic method for such lugands utilized n-BuLi to form a phenyl lithium intermediate which was quenched with chlorodiphenylphosphine. This technique was also used to produce a ligand with diisopropylphosphine groups. Phosphine ligands, containing the same structural motif, were also generated using LDA as the lithiating agent. This technique was found to be higher yielding. Phosphine chalcogenide ligands were accessed by further oxidizing the low valent phosphorous centers with either hydrogen peroxide or with elemental sulfur. These ligands were characterized using multinuclear NMR, low and high resolution mass spectroscopy, FTIR, and single crystal X-ray diffraction. Their electrochemical properties were explored with cyclic voltammetry. The phosphine appended ligands were used in the synthesis of a several bimetallic complexes. It was found that the ligands readily reacted with NiCp2 and NiCp*2, displacing one of the cyclopentadiene (Cp) or pentamethylcyclopentadiene (Cp*) rings. A cyclopentadiene complexes, containing diisopropylphine, was readily oxidized by[FeCp2]PF6 to give a NMR silent mixed valence complex. Cyclic voltammetry of these complexes showed a number of reversible waves with a large potential separation. The mixed valence compounds also showed a large absorbance band in the NIR region which was assigned to be an intervalence charge transfer. The cyclic voltammetry and NIR spectroscopy suggest that these systems are very capable of efficient metal-to-metal charge transfer. These complexes were characterized by multinuclear NMR, single crystal X-ray diffraction, UV/VIS-NIR spectroscopy and elemental analysis. The phosphine oxide ligands were reacted with a variety of different metal sources but limited success was gained in obtaining single crystals, allowing structural characterization of these compounds. Single crystals were obtained from products generated by reacting the diphenylphosphine oxide ligand with (Bipy)Cu(NO3)2 and Cu(NO3)2. In all cases the ligand had been further oxidized to a 2,5-dihydroxy-1,4-benzoquinone motif. In the reaction between the diphenylphosphine oxide ligand and (Bipy)Cu(NO3)2 it was found that the phosphine oxide moiety was involved with intermolecular coordination leading to the formation of a one-dimensional polymer composed of a series of bimetallic complexes tethered together. When NaSbF6 was present in the reaction with (Bipy)Cu(NO3)2 a unique tetrametallic complex was formed. Here the phospine oxide moiety was oriented so that two bimetallic complexes were bound together. If only Cu(NO3)2 was present, a two-dimensional polymeric sheet was formed where the ligand was present in two different coordination modes. The electronic properties of these complexes remained to be assessed.
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To nie przypadek, że wyrażenie „wieczna kobiecość" ukute przez Goethego zbiega się w czasie z pierwszymi zachodnimi próbami emancypacji kobiet. W chwili, kiedy model kobiety istniejącej tylko w zależności od mężczyzny zaczyna być kwestionowany, kategoria wiecznej kobiecości pozwala ponownie potwierdzić ten model, wypełniając go pozytywnymi wartościami. Naturą kobiety jest być uległą i oddaną, a te cechy sprawiają, że kobieta jest depozytariuszem wszelkiej potencjalnej zbawczej łaski. Tak w Fauście Goethego, przypada Małgorzacie, dziewczynie naiwniej, niewinnej, niewykształconej i bez własnej woli, wykupić Fausta siłą swojej miłości. Wszystko dzieje się tak, jakby pozytywna kodyfikacja właściwości kobiet dzięki kategorii wiecznej kobiecości służyła tylko lepszemu ukryciu rzeczywistości ich ucisku; feministki jednak nie dają się zwieść: ideały popierane przez kategorię wiecznej kobiecości są a priori niezgodne z emancypacją kobiet. Karolina Světlá, jedna z najważniejszych postaci w walce o zrównanie praw między mężczyznami i kobietami w Czechach w XIX wieku, wykorzystywała przecież intensywnie w swojej literackiej twórczości ten model kobiety, która poświęca się dla kochanego mężczyzny i tym samym udaje się jej go "podciągnąć do góry" ("hinan zu ziehen", Goethe) oraz dać mu dostęp do "nieskończoności", "nieśmiertelności" i "wieczności". Czy jej teoretyczne pisma i jej działalność na rzecz emancypacji kobiet zaprzeczałyby jej tekstom literackim, na pierwszy rzut oka tak konwencjonalnym? W tym wykładzie podejmuję próbę odpowiedzi na to pytanie uważną lekturą jednego z jej najbardziej faustowskich opowiadań, mianowice "Czarna dziewanna".
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As is well know, the long-lasting influence in Poland of Hoffmanowa’s conservative pedagogical treatise « Keepsake of a Good Mother » (1819) was criticized by more progressive Polish women writers of the 19th century, such as Narcyza Żmichowska and Eliza Orzeszkowa. But the unexpected success of that book in other Slav countries later in the 19th century, especially in Bohemia, is less well known. Honorata z Wiśniowskich Zapová (1825-1856), a member of the Galician Polish szlachta who moved to Prague after her marriage in 1841 to the Czech writer K. V. Zap, has been recently exhumed as a Czech writer by Czech and Polish literary criticism: apart from her essays in Czech journals on her native country, much emphasis has been laid on the value of her most important work, Nezabudky, dar našim pannám (Forget-me-not: A Gift to Our Young Ladies, published in 1859), which was the first book of pedagogy dedicated to the instruction of young women in Bohemia. In her preface to this book, Zapová mentions Hoffmanowa as being one of her many sources of inspiration. Wishing to know more about what exactly Zapová owes to Hoffmanowa, in this article I compare Hoffmanowa’s book of pedagogy with Zapová’s. I am astonished to discover that Zapová’s book is in fact an almost literal translation from Polish to Czech of „Keepsake of a Good Mother” – in other words, that it is a plagiarism of Hoffmanowa’s book. The main question I ask here is : why did no one until now, either in 19th-century criticism or in our contemporary criticism, mention this literary fraud before?
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Aus: Breslauer Jüd. Volksblatt ; 1901.1902
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Débat avec l'écrivain Louis-Philippe Dalembert, invité dans le cadre de la chaire de professeur invité pour la littérature mondiale Friedrich Dürrenmatt. Université de Berne et ONO – Das Kulturlokal, 12 mai 2015.
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9 Briefe und Beilage zwischen Alfred Sohn-Rethel und Max Horkheimer, 1936-1940 sowie Briefwechsel mit Joan M. Levi; 6 Briefe zwischen Joan M. Levi und Max Horkheimer, 1940; 1 Brief von Max Horkheimer an Assistac Westcent, 25.06.1937; 1 Brief von John MacMurray an Walter Adams, 19.05.1937; 1 Brief von Walter Adams an Theodor W. Adorno, 01.06.1937; 2 Briefe zwischen Charles Somlo & Co und Max Horkheimer, 06.06.1939, 12.09.139; 1 Brief von Martin Sommerfeld an Max Horkheimer, 29.05.1934; 3 Briefe von Josef Sondek an Max Horkheimer, 1937, 1942; 3 Briefe zwischen Elsa Sontheimer, Max Sontheimer und Max Horkheimer, Februar 1940, 07.03.1940; 1 Drucksache von der The Southard School an Max Horkheimer; 1 Brief von der Soziologischen Verlagsanstalt an Gertrud Janosi, 20.07.1931; 9 Briefe zwsichen Maurice J. Speiser und Max Horkheimer, 1936-1948; 2 Briefe zwischen de Spengler und Max Horkheimer, 30.11.1936, 27.01.1937; 5 Briefe zwischen Sterling D. Spero und Max Horkheimer, 1936-1937; 1 Lebenslauf von Herbert Spielberg; 1 Brief und 2 Beilagen von René A. Spitz an Max Horkheimer, 23.06.1938; 2 Briefe von Elsa Spriesterbach an Max Horkheimer, Juli 1949; 1 Brief von Ida M. Stadie an Max Horkheimer, 21.05.1937; 20 Rechnungen von A. L. Stamm & Co an Max Horkheimer, 1938-1939; 1 Brief von Rose Horkheimer an A. L. Stamm und Co, 28.09.1938; 1 Betriebsanleitung und 1 Auslieferugnsschein für Max Horkheimer vom Standard Air Conditioning, 03.03.1936; 1 Brief von Max Horkheimer an Standard Air Conditioning, 28.03.1936; 5 Briefe zwischen Taylor Starck und Max Horkheimer, 1943; 8 Briefe zwischen Hans Staudinger und Max Horkheimer, 1937, 1943; 1 Briefauszug und Beilage von Paul Stefan, 1940 sowie Briefwechsel mit Samuel R. Wachtell; 1 Brief von Samuel R. Wachtell an Gertrude Blitz, 23.10.1940; 3 Briefe zwischen Leo Löwenthal und Samuel R. Wachtell, September 1940, 23.10.1940; 1 Brief von Loe Löwenthal an Hermann Kesten, 01.10.1940; 7 Briefe und Beilage zwischen George Stefansky und Max Horkheimer, 1939-1940; 2 Briefe zwischen dem Refugee Section of the American Friends Service Committee und Max Horkheimer, 16.05.1940, 28.05.1940; 3 Briefe zwischen dem Institute of International Education und Max Horkheimer, 09.04.1940, April 1940; 1 Brief von Max Horkheimer an Friess, 01.03.1940; 1 Brief vom Institute of Sociology Malvern und Max Horkheimer, 31.01.1940; 3 Briefe zwischen Stein und Max Horkheimer, 30.11.1934, 1936, 1937; 7 Briefe von Estell A. Stein an Max Horkheimer, 1929, 1937; 1 Brief von Franz Stein an Max Horkheimer; 1 Brief von Friedrich Pollock an Gertrude R. Stein, 22.03.1939; 1 Brief von Leo Stein an Max Horkheimer, 25.07.1944; 1 Brief von Max Horkheimer an Emilia Steinacher, 20.07.1937; 4 Briefe zwischen Friedrich Steinfeld und Max Horkheimer, 1941, 1945; 1 Brief und Beilage von Eugene G. Steinhof an Max Horkheimer; 3 Briefe zwischen Ernst Steinitz und Max Horkheimer, 25.04.1938, April 1938; 2 Briefe zwischen Theodor Steltzer und Eric E. Warburg, 07.03.1948; 4 Brief zwischen Hermine Sterler und Max Horkheimer, 11.09.1939, 1939, 1941; 4 Briefe zwischen Alfred K. Stern und Max Horkheimer, 1938, 1940 sowie 1 Brief und 1 Beilage von Max Gottschalk; 1 Brief von Max Gottschalk an Max Horkheimer; 2 Briefe und 1 Beilage zwischen Erich Stern und Max Horkheimer, 26.02.1937, 17.03.1937; 2 Briefe und Beilage von Eugene I. Stern an Max Horkheimer, 1938; 2 Briefe zwischen Joseph M. Weidberg und Max Horkheimer, 15.07.1938, 29.07.1938; 1 Brief von Max Horkheimer an das Cooperative Bureau for Teachers, 03.02.1938; 12 Briefe zwischen Günther Stern und Max Horkheimer, 1936, 1938 sowie Briefwechsel mit John Guggenheim Memorial Foundation; 3 Briefe und 1 Beilage zwischen der John Simon Guggenheim Memorial Foundation und Max Horkheimer, 1937; 1 Brief vom Social Research Quarterly an Max Horkheimer, 03.01.1937; 3 Briefe zwischen Hugo Stern und Max Horkheimer, 06.12.1937, Dezember 1937;
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66 Briefe zwischen Célestin Bouglé, C. Bouglé, Jeanne Bouglé und Max Horkheimer, 1933-1940; 2 Briefe von Henri Bergson an Célestin Bouglé, 1933, 1935; 1 Brief von Bouvier & Beale an Max Horkheimer, 19.08.1936; 8 Briefe zwischen C. M. Bowra und Max Horkheimer, 1936-1937; 13 Briefe zwischen Ralph Raoul Boyer und Max Horkheimer, 1943-1946; 1 Brief von Max Horkheimer an Justice Louis Brandeis, 18.06.1940; 1 Brief von Karl Brandt von der Notgemeinschaft Deutscher Wissenschaftler im Ausland New York an Max Horkheimer, 27.11.1935; 4 Briefe zwischen Alfred Braunthal und Max Horkheimer, 03.08.1938, 1936-1938; 1 Brief von Trude Briess an Max Horkheimer, 07.06.1938; 4 Briefe zwsichen Lilly Brill und Max Horkheimer, 1947-1948; 1 Brief von Max Horkheimer an Chandis H. Brauchler, 03.09.1949; 1 Brief von Max Horkheimer an Lilian Broadwin, 07.03.1939; 4 Briefe zwischen Lola Bronstein und Max Horkheimer, 1940; 1 Brief von Ferdinand Bruckner an Max Horkheimer, 02.02.1938; 6 Briefe zwischen Paul Bruell udn Max Horkheimer, 1939; 1 Brief von H. Brungs an Max Horkheimer, 20.07.1949; 2 Briefe zwischen Fritz Brupbacher und Max Horkheimer, 31.03.1940, 17.04.1940; 4 Briefe zwischen Gerhard Bry und Max Horkheimer, 1937-1940, 26.01.1940; 1 Brief von Max Horkheimer an Richard Büchner, 29.06.1937; 2 Briefe zwischen Erika Buhlmann und Max Horkheimer, 1949; 13 Briefe zwischen Else Buki und Max Horkheimer, 1940-1941; 1 Brief von Max Horkheimer an Hans Buki, 14.07.1943; 1 Brief von Max Horkheimer an Friedrich Burschell, 29.08.1938; 7 Briefe und 5 Entwürfe zwischen dem Präsident der Columbia University Nicholas Murray Butler und Max Horkheimer, 1938-1941; 1 Brief von Max Horkheimer an Pierce Butler, 03.05.1938;
Resumo:
24 Briefe zwischen Richard Bach und Max Horkheimer, 1938-1940; 2 Briefe zwischen Alfred Chalk und Max Horkheimer, 17.10.1939, 14.11.1939; 3 Briefe von Morduch Lexandrowitsch und der American Consulate General, 1939; 4 Briefe von der American Consulate General und Max Horkheimer, 1938-1939; 1 Brief von Max Horkheimer an das Amtstgericht Berlin, 15.03.1939; 1 Brief von Max Horkheimer an Stiedry, 05.12.1938; 1 Brief von Max Horkheimer an den Collector of Custom, 26.10.1938; 2 Briefe zwischen Josef Maier und Carson Alexandrowitsch, 28.06.1938, 29.06.1938; 1 Brief von Margarete Baruch an Alice Maier, 11.04.1938; 1 Brief von Emanuel List an Carson Alexandrowitsch, 23.02.1938; 1 Abschrift des Briefes von der Metropolitan Opera Association New York an Morduch Lexandrowitsch, 22.02.1938; 1 Brief von Jacques Barzun an Max Horkheimer, 09.07.1947; 4 Briefe zwischen K. Baschwitz und Max Horkheimer, 1938-1946; 2 Briefe zwischen E. Bauer und Max Horkheimer, 08.04.1935, 27.05.1935; 4 Briefe zwischen Fritz Bauer und Max Horkheimer, 1937-1938; 2 Briefe zwischen Lina Bauer und Max Horkheimer, 20.07.1942, 16,08,1942; 4 Briefe zwsichen Rudolf Bauer und Max Horkheimer, 1937; 15 Briefe zwischen Gertrud Bauer und Max Horkheimer, 1938-1941; 1 Brief von Max Horkheimer an den Collector of Customs, 15.03.1940; 2 Briefe zwischen I. Hannah Davidson vom Jewish Community Center San Francisco und Max Horkheimer, 19.09.1938, 29.09.1938; 2 Briefe zwsichen I. Bauer und Max Horkheimer, 25.09.1938, 29.09.1938; 1 Brief von Max Horkheimer an Klopfer, 27.09.1938; 3 Briefe zwischen Y.M.H.A. - Y.W.H.A The Jewish Center of Saint Louis und Max Horkheimer, 19.09.1938, 1938; 1 Brief von Max Horkheimer an Julius Rosenberg, 17.09.1938; 1 Brief von Max Horkheimer an das Jwish Center Salt Lake City, Utah, 07.09.1938; 1 Brief von Max Horkheimer an das Jewish Community Center San Fransisco, 07.09.1938; 3 Briefe zwischen dem New York Section of the National Council of Jewish Women und Max Horkheimer, 07.04.1938, 1938; 2 Briefe zwischen Baum und Max Horkheimer, 12.03.1946, 25.05.1946; 1 Brief von Max Horkheimer an Charles A. Beard , 12.12.1934; 1 Brief von Charles A. Beard an C. A. Beard; 5 Briefe von Friedrich Pollock an Charles A. Beard, 1940-1941; 5 Briefe zwischen Lilo Beck und Max Horkheimer, 1940-1941; 7 Briefe zwischen Maximilian Beck und Max Horkheimer, 1939-1940; 1 Brief von Paul Tillich an Max Horkheimer , 01.10.1940; 1 Brief von dem Emergency Committee in Aid of Displaced Foreign Scholars New York an Max Horkheimer, 19.04.1940; 5 Briefe zwischen Konrad Bekker und Max Horkheimer, 1936-1939; 2 Briefe von Max Horkheimer an Ludwig Bendix, 1921, 1937; 1 Brief von Peter Bendmann an Max Horkheimer; 1 Brief von Max Horkheimer an Ruth Benedict, 30.07.1937; 1 Brief von Eric Russel Bentley an Max Horkheimer, 30.01.1945; 1 Brief von George Berg an Max Horkheimer, 12.07.1945; 2 Briefe zwischen Egon Bergel und Max Horkheimer, 18.08.1938, 22.08.1938; 1 Brief von Marie Jahoda an Max Horkheimer, 14.07.1928; 1 Brief von Theodor W. Adorno an Kurt Bergel, 09.09.1939; 15 Briefe zwischen Klaus Berger und Max Horkheimer, 1936-1943; 1 Brief von Frederick Pollock an Philip M. Hayden von der Columbia University New York, 05.03.1942; 1 Brief von Hans Venedey an Max Horkheimer, 05.03.1938; 1 Brief von Max Horkheimer an Ida Berger-Chevant, 18.02.1939;
Resumo:
1 Brief von Max Horkheimer an Weiss, 18.07.1937; 27 Briefe und Beilagen zwischen Hilde Weiss und Max Horkheimer, 1934-1936, 1945 sowie Briefwechsel mit der Commission on Community Interrelations of the American Jewish Congress; 3 Briefe zwischen der Commission on Community Interrelations of the American Jewish Congress und Max Horkheimer, 02.10.1945, 1945; 2 Briefe und Beilage zwischen dem Social Science Research Council und Max Horkheimer, 04.02.1943, 18.03.1943; 1 Brief und 1 Beilage von Leo Löwenthal an Margot von Mendelssohn, 01.03.1943; 2 Briefe zwischen Ernst Weissmann und Max Horkheimer, 07.09.1945; 11 Briefe zwischen Leo H. Weissmann und Max Horkheimer, 1938-1939; 1 Brief von Max Horkheimer an Chaim Weizmann, 06.05.1941; 8 Briefe und 1 Beilage zwischen Karl Georg Wendriner, Anna Wendriner und Max Horkheimer, 1935-1938; 1 Brief von Max Horkheimer an Frederic Wertham, 18.11.1941; 2 Briefe zwischen Wertheimer und Max Horkheimer, 07.11.1934; 2 Briefe von Abr. F. Westermann an Max Horkheimer, 1932, 1934; 1 Brief von Max Horkheimer an die Western Service Corporation, 06.04.1941; 30 Briefe zwischen Wetzel und Max Horkheimer, 1937-1939; 3 Briefe zwischen Helen B. White und Max Horkheimer, 16.03.1939, 1939; 3 Briefe zwischen John Whyte und Max Horkheimer, 01.03.1941, 12.03.1941; 3 Briefe und 1 Beilage zwischen Philip Paul Wiener und Max Horkheimer, 08.12.1938, 1938; 7 Briefe zwischen Maria Wiesengrund und Max Horkheimer, 1942, 1945, 1948; 1 Lebenslauf und 2 Zeugnisse von Ilse Wiesenthal; 1 Brief vom Comité International Pour Le Placement Des Intellectuels Réfugiés an Max Horkheimer in Verbindung mit Ilse Wiesenthal, Dezember 1935; 1 Brief von Max Horkheimer an Willen; 1 Brief vom The Wimbledon Co Master Tailors an Max Horkheimer, 15.06.1937; 5 Briefe zwischen Josef Winternitz und Max Horkheimer, 1938-1939; 7 Briefe zwischen Louis Wirth und Max Horkheimer, 1937-1941; 22 Briefe zwischen Egon Wissing und Max Horkheimer, 1936-1941 sowie Briefwechsel mit dem Georg Washington Hotel, New York; 1 Brief von Lieselotte Karplen an Maidon Horkheimer, 25.04.1940; 2 Briefe zwischen dem Georg Washington Hotel und Max Horkheimer, 07.05.1936, 12.05.1936;