936 resultados para BIOMARKER


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Il BPA è un composto aromatico precursore di materiali plastici e additivi chimici, ed è entrato a far parte della categoria dei contaminanti che alterano il sistema endocrino con molteplici effetti negativi sulla salute umana (azione di mimesi estrogenica, alterazioni della funzione tiroidea e dei sistemi riproduttivo, nervoso ed immunitario). Nella fase produttiva industriale si hanno emissioni accidentali di BPA durante il trattamento e la lavorazione dei monomeri plastici. Piccole frazioni di BPA possono essere ingerite dall’uomo poiché la sostanza migra nel tempo dal contenitore alimentare al contenuto (es. bevanda in lattina o contenitore per microonde) soprattutto se esposto ad alte temperature. Anche il contatto con composti acidi o basici, la presenza di elevati livelli di cloruro di sodio o di oli vegetali, è in grado di provocare un incremento del rilascio di BPA dai materiali polimerici. Il BPA viene rilasciato dai biberon in policarbonato, che in molti Paesi sono stati ritirati dal commercio nel 2011, e da bottiglie di acqua riutilizzabili. Infine, la carta termica degli scontrini e delle fotocopie rilasciano BPA. Nell’adulto la tossicità del BPA sembra modesta, tuttavia l'esposizione nel feto e nel neonato può risultare deleteria. Al di là della tossicità, l'aspetto che al momento preoccupa maggiormente è l'effetto che il BPA ha anche a basse dosi sul metabolismo: diversi studi in tutto il mondo correlano questa sostanza all'incidenza di diabete, ipertensione, obesità e problemi cardiaci. L’attenzione per il BPA è piuttosto recente a livello umano, mentre è assai ridotta per la salute dell’ecosistema. Tuttavia è noto che il BPA è presente anche come contaminante dei suoli, e pur essendo stato documentato il suo bioaccumulo negli organismi vegetali, non sono disponibili informazioni precedenti relativi agli effetti del BPA sugli organismi animali del suolo, in linea con il fatto che il suolo è stato una matrice ambientale molto trascurata. Il presente lavoro di tesi quindi si pone come uno studio pilota per valutare la possibile tossicità del BPA su organismi modello che vivono in questa matrice. In questo studio è stato scelto come bioindicatore “sentinella” il lombrico Eisenia andrei, il comune verme rosso, come suggeriscono le linee guida internazionali (OECD, OCSE). I possibili effetti biologici del Bisfenolo A nei lombrichi sono stati indagati sia attraverso endpoint del ciclo vitale (accrescimento, riproduzione e mortalità), sia attraverso una batteria di biomarker (generali e specifici). Data la mancanza di osservazioni precedenti si è scelto un approccio integrato tra i parametri del ciclo vitale, in genere meno sensibili ma ecologicamente più rilevanti, e i biomarker, risposte più sensibili che possono rappresentare segnali precoci di allarme inerenti l’esposizione a contaminanti ambientali o l’effetto di questi ultimi sugli organismi indagati, ma non necessariamente predittivi sulla salute della comunità. Al momento non esistono batterie di biomarker specifiche per questa sostanza, quindi un ulteriore scopo della ricerca è stato quello di evidenziare biomarker utili ad indagare eventuali alterazioni biochimiche e funzionali nei lombrichi in risposta all’esposizione a dosi crescenti di bisfenolo A. Le risposte biologiche indagate sono: - la diminuzione della stabilità delle membrane lisosomiali, che indica una riduzione dello stato di salute generale degli organismi; - l’alterazione dell’attività degli enzimi catalasi e glutatione-S-trasferasi, indice di stress ossidativo o induzione di meccanismi di detossificazione; - la diminuzione dell’attività dell’enzima acetilcolinesterasi, la quale indica neurotossicità; - l’accumulo di lipofuscine o lipidi neutri, che è sintomo rispettivamente di stress ossidativo o alterazioni del metabolismo; - la variazione della malondialdeide, composto intermedio della perossidazione lipidica, indica un stress ossidativo in corso. Sulla base dei dati ottenuti possiamo dire che il BPA, alle concentrazioni ambientali, non costituisce un elemento di rischio ecologico per gli organismi sentinella Eisenia andrei. Alle concentrazioni più elevate (che superano quelle ambientali di almeno 10 volte) si osservano delle alterazioni sui livelli di lipidi neutri e lipofuscine che pur non essendo preoccupanti dal punto di vista ecologico sono indice di vulnerabilità, dato che si tratta di alterazioni del metabolismo in conseguenza delle quali gli animali accumulano residui normalmente degradati a livello lisosomiale. Questo accumulo nei lisosomi delle cellule del tessuto cloragogeno dei vermi, che rivestono il tubo digerente, sembrano indicare una esposizione attraverso la dieta a seguito della ingestione del terreno. E’interessante il fatto che l’accumulo di lipidi è in linea con le caratteristiche obesogene del BPA, ben manifestate nei mammiferi, uomo compreso. Tuttavia non ci sono ancora conoscenze sufficienti per stabilire se questo accumulo nei vermi sia dovuto ad una specifica alterazione degli enzimi di sintesi dei lipidi oppure più genericamente ad un aumento dello stress ossidativo. Molti studi stanno valutando la capacità del BPA di alterare la sintesi e il rilascio di lipidi in cellule umane e di ratto, ma non ci sono ancora studi di questo tipo per gli organismi edafici. E’ auspicabile che questo aspetto venga approfondito, ed eventualmente venga identificato un nuovo biomarker specifico dell’azione del BPA sull’accumulo di lipidi. Un altro aspetto che sarà interessante approfondire è il bioaccumulo: la valutazione del rischio ecotossicologico di una sostanza si basa anche sul potenziale di BCF che può essere pericoloso per il biota (incluso l’uomo) per trasferimento nella catena trofica. Considerando che non esistono ancora studi specifici del bioaccumulo del BPA in organismi del suolo, ed avendo messo in luce che l’assunzione della sostanza è avvenuta (probabilmente per via alimentare) ci si pone l’obiettivo futuro di valutare questo parametro nei lombrichi, in modo da avere un quadro più ampio degli effetti associati a questo interferente endocrino nei suoli.

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La carbamazepina fu commercializzata a partire dagli anni Sessanta; è un analgesico anticonvulsivante e specifico per la nevralgia del trigemino ed è uno dei principali farmaci usati nel trattamento dell’epilessia. La sua azione più nota a livello del sistema nervoso è quella di rallentare il recupero dei canali al sodio, sebbene abbia anche effetti metabolici importanti interferendo con il ciclo degli inositoli e con la GSK-3 (glicogeno sintasi-chinasi 3). Tale sostanza è sotto la lente d’ingrandimento sia per le sue caratteristiche chimico-fisiche (vedi la sua alta persistenza in ambiente) sia per la sua alta tossicità per la salute umana. Le sue proprietà terapeutiche spesso sono accompagnate da effetti collaterali sia nei pazienti che assumono direttamente il medicinale, sia negli organismi non-bersaglio che vengono a contatto con i residui ed i metaboliti del farmaco in ambiente. Le principali fonti di contaminazione dell’ambiente sono rappresentate dagli scarichi domestici, urbani, ospedalieri ed industriali e dagli effluenti di impianti di depurazione. Inoltre, l’uso irriguo di acque contenenti residui del farmaco oppure fenomeni di esondazione di corpi idrici contaminati contribuiscono ampiamente alla distribuzione di questo composto nei suoli. La matrice suolo ha avuto relativamente poca attenzione per quanto riguarda gli effetti dell’inquinamento sugli organismi in generale, ed in particolare non vi sono studi sui farmaci. Il presupposto di questo studio dunque è stato quello di mettere a punto una metodologia volta a valutare gli effetti all’esposizione del farmaco carbamazepina su organismi bioindicatori, i lombrichi della specie Eisenia andrei. Il seguente progetto è durato da Maggio 2012 a Febbraio 2013, periodo in cui sono stati effettuati saggi sub cronici per valutare l’effetto di suoli sperimentalmente contaminati con il farmaco sui parametri del ciclo vitale del lombrico (accrescimento, mortalità e riproduzione) e su una serie di biomarker cellulari (neutral red retention assay, accumulo lisosomiale di lipofuscine, accumulo lisosomiale di lipidi neutri insaturi, attività dell’enzima acetilcolinsterasi, attività dell’enzima catalasi, attività dell’ enzima glutatione-S-transferasi e concentrazione di malondialdeide). I risultati ottenuti mostrano che la carbamazepina non ha effetti sui parametri del ciclo vitale. Per quanto riguarda i parametri fisiologici si notano tuttavia dei risultati diversi. L’accumulo lisosomiale di lipofuscine e lipidi neutri indica che il metabolismo dei vermi risulta in qualche modo alterato dall’esposizione alla carbamazepina alle concentrazioni saggiate. Queste alterazioni potrebbero essere spiegate da un effetto di tipo ossidante; infatti i due biomarker oltre a rappresentare un segnale di alterazione metabolica rappresentano anche un indicazione di perossidazione lipidica. Queste osservazioni meritano di essere approfondite studiando il bioaccumulo e la degradazione della carbamazepina nei suoli, che potrebbero essere alla base della diversità di risultati rispetto alla tossicità evidenziata negli organismi acquatici. A fronte della consapevolezza dei rischi potenziali dovuti alla presenza di farmaci nelle acque e nel suolo, molto resta da fare per ampliare le conoscenze su questa tipologia di contaminazione, in particolare nei campi del monitoraggio e del comportamento ambientale, degli studi ecotossicologici e delle procedure e tecnologie idonee a limitare la loro immissione nell’ambiente.

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This thesis presents SEELF (Sustainable EEL fishery) Index, a methodology for evaluation of European eel (Anguilla anguilla) for the implementation of an effective Eel Management Plan, as defined by EU Regulation No.1100/2007. SEELF uses internal and external indices, age and blood parameters, and selects suitable specimen for restocking; it is also a reliable tool for eel stock management. In fact, SEELF Index, was developed in two versions: SEELF A, to be used in field operations (catch&release, eel status monitoring) and SEELF B to be used for quality control (food production) and research (eel status monitoring). Health status was evaluated also by biomarker analysis (ChE), and data were compared with age of eel. Age determination was performed with otolith reading and fish scale reading and a calibration between the two methods was possible. The study area was the Comacchio lagoon, a brackish coastal lagoon in Italy, well known as an example of suitable environment for eel fishery, where the capability to use the local natural resources has long been a key factor for a successful fishery management. Comacchio lagoon is proposed as an area where an effective EMP can be performed, in agreement with the main features (management of basins, reduction of mortality due to predators,etc.) highlighted for designation of European Restocking Area (ERA). The ERA is a new concept, proposed as a pillar of a new strategy on eel management and conservation. Furthermore, the features of ERAs can be useful in the framework of European Scale Eel Management Plan (ESEMP), proposed as a European scale implementation of EMP, providing a more effectiveness of conservation measures for eel management.

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Human Papillomavirus (HPV) is the cause of cervical cancers (among these, adenocarcinoma, AdCa) and is associated to a subgroup of oropharyngeal carcinomas (OPSCCs). Even if the risk for cancer development is linked to the infection by some viral genotypes, mainly HPV16 and 18, viral DNA alone seems not to be sufficient for diagnosis. Moreover, the role of the virus in OPSCCs has not been totally clarified yet. In the first part of the thesis, the performances concerning viral genotyping in clinical cervical samples of a new pyrosequencing-based test and a well-known hybridization-based assay have been compared. Similar results between the methods have been obtained. However, the former showed advantages in detecting intratype variants, higher specificity and a broader spectrum of detectable HPV types. The second part deals with the evaluation of virological markers (genotyping, viral oncoproteins expression, viral load, physical state and CpG methylation of HPV16 genome) in the diagnosis/prognosis of cervical AdCa and HPV-associated OPSCCs. HPV16 has been confirmed the most prevalent genotype in both the populations. Interestingly, the mean methylation frequency of viral DNA at the early promoter showed the tendency to be associated to invasion for cervical AdCa and to a worse prognosis for OPSCCs, suggesting a promising role as diagnostic/prognostic biomarker. The experiments of the third part were performed at the DKFZ in Heidelberg (Germany) and dealt with the analysis of the response to IFN-k transfection in HPV16-positive cervical cancer and head&neck carcinoma cell lines to evaluate its potential role as new treatment. After 24h, we observed increased IFN-b expression which lead to the up-regulation of genes involved in the antigens presentation pathway (MHC class I and immunoproteasome) and antiviral response as well, in particular in cervical cancer cell lines. This fact suggested also the presence of different HPV-mediated carcinogenic pathways between the two anatomical districts.

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La malattia da reflusso gastroesofageo (GERD) si divide in due categorie: malattia non erosiva (NERD) ed erosiva (ERD). Questi due fenotipi di GERD mostrano caratteristiche patofisiologiche e cliniche differenti. NERD è la forma più comune. Anche se ERD e NERD sono difficili da distinguere a livello clinico, la forma NERD possiede caratteristiche fisiologiche, patofisiologiche, anatomiche, e istologiche uniche. La replicazione cellulare dello strato basale si pensa sia una delle cause implicate nella resistenza della mucosa e nella difesa strutturale dell’epitelio. Diversi studi hanno dimostrato che la proliferazione cellulare è ridotta nella mucosa esofagea esposta ad insulti acidi e peptici cronici, in pazienti GERD, in più uno studio recente ha dimostrato che il recettore per i cannabinoidi CB1 era implicato nella riparazione delle ferite nella mucosa del colon. Sulla base di questi dati abbiamo valutato la presenza del recettore CB1 in biopsie della mucosa esofagea, di pazienti ERD, NERD e di controlli sani, tramite analisi Western Blot, Immunoistochimica e Real-Time PCR, dimostrando per la prima volta la presenza di questo recettore nell’epitelio dell’esofago e una riduzione dei suoi livelli di espressione nei pazienti ERD, camparati con i NERD e con i controlli sani. Successivamente, per chiarire meglio i meccanismi molecolari che caratterizzano ERD e NERD, abbiamo effettuato un analisi proteomica con la tecnica shotgun, la quale ha evidenziato un patter proteico di 33 proteine differenzialmente espresse in pazienti NERD vs ERD, sette delle quali confermate in wester Blot, e quattro in immunoistochimica. Concludendo i nostri risultati hanno confermato che ERD e NERD sono due entità distinte a livello proteico, e hanno proposto dei candidati biomarker per la diagnosi differenziale di ERD e NERD.

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I microRNA sono una classe di piccole molecole di RNA non codificante che controllano la stabilità di numerosi RNA messaggeri, perciò sono considerati come “master regulator” dell’espressione genica. Ogni tumore è caratterizzato da un profilo di espressione alterato dei microRNA. Il miR-101 è un oncosoppressore represso nei tessuti tumorali ed è candidato come biomarcatore del cancro colon-rettale. È regolato da numerosi eventi fisiologici e patologici, come angiogenesi e carcinogenesi. Gli eventi molecolari coinvolti nella regolazione dell’espressione del miR-101 sono scarsamente conosciuti, poiché è trascritto da due loci genici non caratterizzati. L’obiettivo di questo lavoro è di caratterizzare i geni del miR-101 ed individuarne i regolatori molecolari coinvolti nella cancerogenesi colon-rettale.

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La poliradicoloneurite acuta idiopatica (ACIP) è una patologia infiammatoria che interessa le radici di più nervi spinali, descritta soprattutto nel cane, più raramente nel gatto, caratterizzata da insorgenza acuta di paresi/paralisi flaccida. L’ACIP mostra notevoli similitudini con la sindrome di Guillan-Barrè dell’uomo (GBS), in cui la patogenesi è su base autoimmunitaria ed è stata correlata con la presenza di alcuni fattori scatenanti (trigger). Lo scopo di questo lavoro è stato quello di caratterizzare l’ACIP in 26 cani, descrivendone la sintomatologia, l’evoluzione clinica, i risultati degli esami diagnostici. La diagnosi si è basata sui riscontri dell’anamnesi, della visita neurologica e del decorso confermata, quando possibile, dai rilievi elettrodiagnostici. Su tutti i cani è stata valutata l’esposizione a specifici agenti infettivi (Toxoplasma gondii, Neospora canunim, Ehrlichia canis, Leishmania infantum), o altri fattori (come vaccinazioni) che potrebbero aver agito da “trigger” per l’instaurarsi della patologia; sull’intera popolazione e su 19 cani non neurologici (gruppo di controllo), si è proceduto alla ricerca degli anticorpi anti-gangliosidi. La sintomatologia di più frequente riscontro (25/26) ha coinvolto la funzione motoria (paresi/plegia) con prevalente interessamento dei 4 arti (24/25) . Sei cani hanno ricevuto una terapia farmacologica, che non ne ha influenzato il decorso, favorevole in 24/26 casi. In 9 pazienti è stata rilevata una precedente esposizione a potenziali trigger; in 10 casi si è riscontrato un titolo anticorpale positivo ad almeno un agente infettivo testato. In 17/26 cani si è ottenuto un titolo anticorpale anti-GM2 e anti-GA1; nella popolazione di controllo solo un caso è risultato positivo. Questi risultati hanno contribuito a consolidare le conoscenze di questa patologia, validando l’utilità della ricerca anticorpale anti-gangliosidica per la diagnosi di ACIP e facendo intravedere la possibilità che l’ACIP possa essere assimilate alla GBS anche dal punto di vista patogenetico, per la quale potrebbe essere considerata come modello animale spontaneo.

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The human p53 tumor suppressor, known as the “guardian of the genome”, is one of the most important molecules in human cancers. One mechanism for suppressing p53 uses its negative regulator, MDM2, which modulates p53 by binding directly to and decreasing p53 stability. In testing novel therapeutic approaches activating p53, we investigated the preclinical activity of the MDM2 antagonist, Nutlin-3a, in Philadelphia positive (Ph+) and negative (Ph-) leukemic cell line models, and primary B-Acute lymphoblastic leukemia (ALL) patient samples. In this study we demonstrated that treatment with Nutlin-3a induced grow arrest and apoptosis mediated by p53 pathway in ALL cells with wild-type p53, in time and dose-dependent manner. Consequently, MDM2 inhibitor caused an increase of pro-apoptotic proteins and key regulators of cell cycle arrest. The dose-dependent reduction in cell viability was confirmed in primary blast cells from Ph+ ALL patients with the T315I Bcr-Abl kinase domain mutation. In order to better elucidate the implications of p53 activation and to identify biomarkers of clinical activity, gene expression profiling analysis in sensitive cell lines was performed. A total of 621 genes were differentially expressed (p < 0.05). We found a strong down-regulation of GAS41 (growth-arrest specific 1 gene) and BMI1 (a polycomb ring-finger oncogene) (fold-change -1.35 and -1.11, respectively; p-value 0.02 and 0.03, respectively) after in vitro treatment as compared to control cells. Both genes are repressors of INK4/ARF and p21. Given the importance of BMI in the control of apoptosis, we investigated its pattern in treated and untreated cells, confirming a marked decrease after exposure to MDM2 inhibitor in ALL cells. Noteworthy, the BMI-1 levels remained constant in resistant cells. Therefore, BMI-1 may be used as a biomarker of response. Our findings provide a strong rational for further clinical investigation of Nutlin-3a in Ph+ and Ph-ALL.

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The evaluation of chronic activity of the hypothalamic-pituitary-adrenal (HPA) axis is critical for determining the impact of chronic stressful situations. The potential use of hair glucocorticoids as a non-invasive, retrospective, biomarker of long term HPA activity is of great interest, and it is gaining acceptance in humans and animals. However, there are still no studies in literature examining hair cortisol concentration in pigs and corticosterone concentration in laboratory rodents. Therefore, we developed and validated, for the first time, a method for measuring hair glucocorticoids concentration in commercial sows and in Sprague-Dawley rats. Our preliminary data demonstrated: 1) a validated and specific washing protocol and extraction assay method with a good sensitivity in both species; 2) the effect of the reproductive phase, housing conditions and seasonality on hair cortisol concentration in sows; 3) similar hair corticosterone concentration in male and female rats; 4) elevated hair corticosterone concentration in response to chronic stress manipulations and chronic ACTH administration, demonstrating that hair provides a good direct index of HPA activity over long periods than other indirect parameters, such adrenal or thymus weight. From these results we believe that this new non-invasive tool needs to be applied to better characterize the overall impact in livestock animals and in laboratory rodents of chronic stressful situations that negatively affect animals welfare. Nevertheless, further studies are needed to improve this methodology and maybe to develop animal models for chronic stress of high interest and translational value in human medicine.

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L’elevata presenza dei residui dei farmaci nell’ambiente acquatico desta preoccupazione per la salute della fauna acquatica e per un eventuale rischio per l’uomo. Dopo l’assunzione, i farmaci vengono escreti come tali o come metaboliti attivi, risultando spesso resistenti ai processi di trattamento delle acque. Per questo motivo alcuni di essi sono pseudo-persistenti raggiungendo concentrazioni di ng-µg/L. I farmaci sono molecole disegnate per essere biologicamente attive a basse concentrazioni su bersagli specifici, per questo motivo possono indurre effetti anche su specie non target con bersagli molecolari simili all’uomo a concentrazioni ambientali. A tal proposito il presente lavoro intende investigare gli effetti della caffeina, ampiamente usata come costituente di bevande e come farmaco, presente nelle acque superficiali a concentrazioni di ng-µg/L. Come organismo di studio è stato scelto il Mytilus galloprovincialis, sfruttando le conoscenze disponibili in letteratura circa le sue risposte ai contaminanti ambientali. I mitili sono stati esposti in acquario a caffeina (5, 50 e 500 ng/L) per 7 giorni e poi analizzati attraverso una batteria di otto biomarker, alterazioni fisiologiche o biochimiche che forniscono informazioni circa lo stato di salute degli animali. I metodi utilizzati sono stati diversi a seconda dei biomarker (analisi citochimiche e saggi enzimatici). Le concentrazioni sono state scelte nel range ambientale. L’esposizione ha prodotto alterazioni della stabilità della membrana lisosomiale negli emociti e l’instaurarsi di processi di detossificazione nella ghiandola digestiva, evidenziati dall’aumento dell’attività della glutatione S-transferasi. Gli altri biomarker non mettono in evidenza che la caffeina, in queste condizioni sperimentali, possa indurre alterazioni della funzionalità lisosomiale, effetti ossidativi o neurotossici. I dati ottenuti sui mitili, quindi, suggeriscono che la caffeina, anche nel range di concentrazioni ambientali più elevato, possa essere considerata un contaminante che desta bassa preoccupazione.

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Introduction. Glycomic analysis allows investigating on the global glycome within body fluids (as serum/plasma), this could eventually lead to identify new types of disease biomarkers, or as in this study, biomarkers of human aging studying specific aging models. Recent studies demonstrated that the plasma N-glycome is modified during human aging, suggesting that measurements of log-ratio of two serum/plasma N-glycans (NGA2F and NA2F), named GlycoAge test could provide a non-invasive biomarker of aging. Down syndrome (DS) is a genetic disorder in which multiple major aspects of senescent phenotype occur much earlier than in healthy age-matched subjects and has been often defined as an accelerated aging syndrome. The aim of this study was to compare plasma N-glycome of patients affected by DS with age- and sex matched non-affected controls, represented by their siblings (DSS), in order to assess if DS is characterized by a specific N-glycomic pattern. Therefore, in order to investigate if N-glycans changes that occur in DS were able to reveal an accelerated aging in DS patients, we enrolled the mothers (DSM) of the DS and DSS, representing the non-affected control group with a different chronological age respect to DS. We applied two different N-glycomics approaches on the same samples: first, in order to study the complete plasma N-glycome we applied a new high-sensitive protocol based on a MALDI-TOF-MS approach, second, we used DSA-FACE technology. Results: MALDI-TOF/MS analysis detected a specific N-glycomics signature for DS, characterized by an increase of fucosylated and bisecting species. Moreover, in DS the abundance of agalactosylated (as NA2F) species was similar or higher than their mothers. The measurement of GlycoAge test with DSA-FACE, validated also by MALDI-TOF, demonstrated a strongly association with age, moreover in DS, it’s value was similar to their mothers, and significantly higher than their age- and sex matched not-affected siblings

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Die Entstehung der Atherosklerose ist ein komplexer Vorgang, der sich durch Ablagerung von Lipiden an der Gefäßwand sowie durch immunologische und inflammatorische Prozesse auszeichnet. Neben konventionellen Risikofaktoren wie Alter, Geschlecht, Rauchen, HDL-Cholesterin, Diabetes mellitus und einer positiven Familienanamnese werden zur Bestimmung des atherosklerotischen Risikos neue Biomarker der inflammatorischen Reaktion untersucht. Ziel dieser Arbeit war die Entwicklung einer Methode zur Diagnostik des Atheroskleroserisikos. Es wurde eine neuartige Chip-Technologie eingesetzt, um das Risiko für eine potentiell drohende atherosklerotische Erkrankung abzuschätzen. Dabei wurde ausgenutzt, dass molekulare Veränderungen in Genen bestimmte Krankheitsbilder auslösen können. rnEs wurde ein molekularbiologischer Test entwickelt, welcher die Untersuchung von genetischen Variationen aus genomischer DNA ermöglicht. Dafür fand die Entwicklung einer Multiplex-PCR statt, deren Produkt mit der Chip-Technologie untersucht werden kann. Dazu wurden auf einem Mikroarray Sonden immobilisiert, mit deren Hilfe genspezifische Mutationen nachgewiesen werden können. So wurden mehrere Gene mit einem geringen Aufwand gleichzeitig getestet. rnDie Auswahl der entsprechenden Marker erfolgte anhand einer Literaturrecherche von randomisierten und kontrollierten klinischen Studien. Der Mikroarray konnte für zwölf Variationen in den acht Genen Prostaglandinsynthase-1 (PTGS1), Endotheliale NO-Synthase (eNOS), Faktor V (F5), 5,10-Methylentetrahydrofolsäure-Reduktase (MTHFR), Cholesterinester-Transferprotein (CETP), Apolipoprotein E (ApoE), Prothrombin (F2) und Lipoproteinlipase (LPL) erfolgreich etabliert werden. Die Präzision des Biochips wurde anhand der Echtzeit-PCR und der Sequenzierung nachgewiesen. rnDer innovative Mikroarray ermöglicht eine einfache, schnelle und kosteneffektive Genotypisierung von wichtigen Allelen. Viele klinisch relevante Variationen für Atherosklerose können nun in nur einem Test überprüft werden. Zukünftige Studien müssen zeigen, ob die Methode eine Vorhersage über den Ausbruch der Erkrankung und eine gezielte Therapie ermöglicht. Dies wäre ein erster Schritt in Richtung präventive und personalisierter Medizin für Atherosklerose.rn

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Im Rahmen dieser Arbeit wurde der Einfluss zweier möglicher Biomarker auf die Atherosklerose untersucht.rnMilk fat globule-EGF factor 8 (MFG-E8, Lactadherin) ist ein Glycoprotein, das vornehmlich von Makrophagen, glatten Muskelzellen und Endothelzellen sezerniert wird. MFG-E8-/--Mäuse zeigen vermehrt apoptotische Zellen in der atherosklerotischen Plaque, verstärkte Inflammationszeichen und vergrößerte Läsionen. In situ-Hybridisierung und Immunfluoreszenz zeigen eine starke Lactadherin-Expression in den Schaumzellen atherosklerotischer Plaques von Apo E-/-, Apo E-/-/GPx 1-/-und LDLR-/- Mäusen, vor allem in der Nähe des Lipid Core. Dort kolokalisiert Lactadherin mit dem Makrophagenmarker CD 68 und dem Chemokin Fraktalkin, das die MFG-E8 Sekretion stimuliert und so die Phagocytose forciert. Untersuchungen mittels RTD-PCR ergaben, dass Peritonealmakrophagen der Genotypen Apo E-/-, Apo E-/-/GPx 1-/- und GPx 1-/-, deren Gemeinsamkeit eine höhere Empfindlichkeit gegenüberrnoxidativem Stress ist, mehr Lactadherin exprimieren als andere Genotypen (B6, LDLR-/-). Die Inkubation muriner oder humaner Makrophagen mit oxLDL und eLDL hat keinen Einfluss auf die Expression der MFG-E8 mRNA. Der Kontakt mit apoptotischer Zellen hingegen erhöht die Expression signifikant. Lactadherin ist entscheidend für die effektive Phagozytose apoptotischer Zellen in der atherosklerotischen Läsion. Seine Expression wird vermutlich durch die Apoptose in der Nähe liegender Zellen und das verstärkte Vorkommen von ROS reguliert. Macrophage stimulating protein (MSP) übt Einfluss auf Migration, Proliferation und Phagocytose von Makrophagen aus. Seine Beteiligung an inflammatorischen Vorgängen und der Karzinogenese ist intensiv untersucht worden, nicht jedoch der Einfluss auf die Atherosklerose. Es ist bekannt, dass der SNP rs3197999 mit chronisch entzündlichen Darmerkrankungen (CED) assoziiert ist. Zudem geht er vermutlich mit einem erniedrigten Atheroskleroserisiko einher. Der Polymorphismus c2078t hat den Aminosäureaustausch R689C zur Folge. Rekombinant erzeugtes, mutantes und wildtypisches MSP induziert Migration und Proliferation bei THP-1-Makrophagen. MSPmut vermittelt dies jedoch wesentliche effektiver als MSPwt. Apoptose hingegen wird durch keine der Formen induziert. R689C führt zu einem “gain of function” des MSP-Proteins in Bezug auf die Proliferations- und Migrationsfähigkeit von Makrophagen und verändert vermutlich deren Cytokinfreisetzung. Dies führt möglicherweise zu einer erhöhten Phagocytoseeffizienz in der atherosklerotischen Läsion (erniedrigtes Atherosklerose-Risiko), und zu einer aberranten immunologischen Reaktion im Rahmen der CED (erhöhtes CED-Risiko).

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In Medicina Veterinaria l'avvelenamento da rodenticidi anticoagulanti è conosciuto e studiato ormai da anni, essendo una delle intossicazioni più comunemente riscontrate nelle specie non target. In letteratura si rinvengono numerose pubblicazioni ma alcuni aspetti sono rimasti ancora inesplorati.Questo studio si propone di valutare il processo infiammatorio, mediante le proteine di fase acuta (APPs), in corso di fenomeni emorragici, prendendo come modello reale un gruppo di soggetti accidentalmente avvelenati da rodenticidi anticoagulanti. I 102 soggetti avvelenati presentano un valore più elevato di proteina C reattiva (CRP)con una mediana di 4.77 mg/dl statisticamente significativo rispetto alla mediana delle due popolazioni di controllo di pari entità numerica create con cross match di sesso, razza ed età; rispettivamente 0.02 mg/dl dei soggetti sani e 0.37 mg/dl dei soggetti malati di altre patologie. Inoltre all'interno del gruppo dei soggetti avvelenati un valore di CRP elevato all'ammissione può predisporre al decesso. La proteina C reattiva assume quindi un ruolo diagnostico e prognostico in questo avvelenamento. Un'altra finalità, di non inferiore importanza, è quella di definire una linea guida terapeutica con l'ausilio di biomarker coagulativi e di valutare la sicurezza della vitamina K per via endovenosa: in 73 cani, non in terapia con vitamina k, intossicati da rodenticidi anticoagulanti, i tempi della coagulazione (PT ed aPTT) ritornano nel range di normalità dopo 4 ore dalla prima somministrazione di 5 mg/kg di vitamina k per via endovenosa e nessun soggetto durante e dopo il trattamento ha manifestato reazioni anafilattiche, nessuno dei pazienti ha necessitato trasfusione ematica e tutti sono sopravvissuti. Infine si è valutata l'epidemiologia dell'ingestione dei prodotti rodenticidi nella specie oggetto di studio e la determinazione dei principi attivi mediante cromatografia liquida abbinata a spettrofotometria di massa (UPLC-MS/MS).

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Urine is considered an ideal source of biomarkers, however in veterinary medicine a complete study on the urine proteome is still lacking. The present work aimed to apply proteomic techniques to the separation of the urine proteome in dogs, cats, horses, cows and some non-conventional species. High resolution electrophoresis (HRE) was also validated for the quantification of albuminuria in dogs and cats. In healthy cats, applying SDS-PAGE and 2DE coupled to mass spectrometry (MS), was produced a reference map of the urine proteome. Moreover, 13 differentially represented urine proteins were linked with CKD, suggesting uromodulin, cauxin, CFAD, Apo-H, RBP and CYSM as candidate biomarkers to be investigated further. In dogs, applying SDS-PAGE coupled to MS, was highlighted a specific pattern in healthy animals showing important differences in patients affected by leishmaniasis. In particular, uromodulin could be a putative biomarker of tubular damage while arginine esterase and low MW proteins needs to be investigated further. In cows, applying SDS-PAGE, were highlighted different patterns between heifers and cows showing some interesting changes during pregnancy. In particular, putative alpha-fetoprotein and b-PAP needs to be further investigated. In horses, applying SDS-PAGE, was produced a reference profile characterized by 13±4 protein bands and the most represented one was the putative uromodulin. Proteinuric horses showed the decrease of the putative uromodulin band and the appearance of 2 to 4 protein bands at higher MW and a greater variability in the range of MW between 49 and 17 kDa. In felids and giraffes was quantified proteinuria reporting the first data for UTP and UPC. Moreover, by means of SDS-PAGE, were highlighted species-specific electrophoretic patterns in big felids and giraffes.