413 resultados para Effetto HallLabVIEWTestCaratterizzazione staticaPCBLayout


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L’oggetto di questo elaborato riguarda lo studio prestazionale di un Solid Rocket Motor mediante l’introduzione del fattore di “Hump”, che va a compensare il discostamento tra il profilo delle pressioni sperimentali e teoriche, cercando di legare tali variazioni a spiegazioni fisiche. In particolare andremo ad investigare, all’interno di due differenti tipologie di colata, quale sia l’effetto predominante all’interno del propellente che genera proprio tali discostamenti della pressione, e quindi della spinta, rispetto alla condizione ideale. Nell’elaborato verranno anzitutto presentate le diverse tipologie di propulsori, i loro singoli componenti, i parametri fondamentali che regolano la meccanica di questa tipologia di motori, le tipologie di grain esistenti e le loro caratteristiche. Successivamente descriveremo le BARIA (Bomb ARIAne), usate per i test del grain nella ditta AVIO s.p.a., e le tipologie di riempimento di questo motore, investigando i fenomeni fisici a cui sarà legato l’effetto di “Hump”. In seguito si descriverà il fattore di “Hump”, evidenziando, per le differenti tipologie di riempimento, i fenomeni fisici a cui sarà legato il discostamento tra le pressioni sperimentali e teoriche. Verranno poi descritti i programmi utilizzati, gli script in Matlab prodotti, al fine di ottenere le mappe relative all’orientazione ed alla concentrazione delle particelle, da introdurre nel simulatore. Infine verranno esposti i risultati ottenuti e confrontati con i dati sperimentali forniti dalla ditta AVIO s.p.a., le conclusioni e gli sviluppi futuri.

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La citofluorimetria è una tecnica applicata per misurare le caratteristiche fisiche, morfologiche e fisiologiche di cellule microbiche ed ha il pregio di generare un dato per ogni singola particella (cellula) analizzata. Poiché è noto che l’assenza di sviluppo in piastra non implica necessariamente l’assenza di forme microbiche vitali, questa tecnica ha un grande potenziale nello studio dei trattamenti termici che mirano alla stabilizzazione ed alla sicurezza igienico-sanitaria dei prodotti alimentari. Infatti, nel contesto industriale la tendenza è quella di ridurre l’entità di questi trattamenti (tempi/temperature). Ciò può avvenire anche grazie all’utilizzo di composti d’aroma, la cui attività antimicrobica è ben documentata, poiché il trattamento termico, incrementando la tensione di vapore di queste sostanze, ne potenzia l’attività antimicrobica. Questa tesi è incentrata su due aspetti: da una parte, l’effetto dell’esposizione di L. monocytogenes a diverse concentrazioni di timolo e carvacrolo (terpenoidi prevalenti in oli essenziali di Labiatae tra cui timo e origano), dall’altra la valutazione degli effetti di trattamenti termici subletali (45, 50, 55°C), anche in presenza di composti d’aroma, sulla disattivazione e sul successivo recupero di L. monocytogenes. I risultati hanno confermato la forte sinergia tra trattamento termico e presenza di sostanze terpeniche. È stato inoltre dimostrato che la presenza di tali composti incide drasticamente sulle potenzialità di recupero degli eventuali sopravvissuti dopo il trattamento termico. I risultati a volte discordanti tra l’analisi citofluorimetrica (focalizzata sull’integrità della membrana) e i conteggi in piastra hanno evidenziato come i due approcci debbano essere utilizzanti in modo complementare. L’utilizzo di altri coloranti legati ad altre funzioni biologiche e metaboliche permetterà l’ottenimento di informazioni aggiuntive circa la risposta fisiologica di questo microrganismo.

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I processi di separazione sono tra quelli che consumano più energia nelle nazioni maggiormente industrializzate, questo rende necessaria la ricerca continua di tecnologie e materiali che siano in grado di aumentarne l’efficienza. Uno dei principali campi di studio di questa ricerca riguarda la separazione di gas, in cui le membrane polimeriche si candidano come principale alternativa innovativa ai metodi classici. Questo lavoro di tesi mira all’analisi delle variabili che governano il trasposto di gas attraverso membrane polimeriche di tipo vetroso, alla comprensione dei fenomeni destabilizzanti quali aging e plasticizzazione in termini di cause ed effetti e alla primaria rielaborazione dei dati di letteratura relativi agli stessi fenomeni per verificare analiticamente quanto studiato nella parte precedente. Per fare ciò, operativamente, ci si è serviti del supporto di articoli scientifici che trattano il tema, andando ad estrapolare dati e informazioni rilevanti e delle indicazioni del professor Minelli che da anni è impegnato nella ricerca su questi materiali. Dopo una prima parte introduttiva riguardante le tecnologie a membrana e le loro applicazioni, si passa allo studio approfondito della teoria e alla discussione dei due fenomeni, ai quali viene dedicato un capitolo ciascuno per capirne nel dettaglio le implicazioni che comportano nell’utilizzo di tecnologie a membrane polimeriche. Nella rielaborazione ci si sofferma poi sui film sottili, nell’ordine del micron, che corrispondo alle dimensioni tipiche delle membrane utilizzate per la separazione di gas. Ci si focalizza su miscele contenenti anidride carbonica, gas di estremo interesse sia perché è uno dei maggiori contributori al fenomeno del surriscaldamento globale, sia perché è uno dei principali responsabili della plasticizzazione di un polimero, per via della sua buona solubilità. Si conclude l’elaborato con una breve analisi sulle possibili contromisure riguardanti aging e plasticizzazione.

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Negli ultimi anni, è aumentato notevolmente l'interesse per piante e prodotti vegetali, e composti da essi derivati od estratti, in alternativa ai conservanti chimici per prevenire o ritardare lo sviluppo microbico negli alimenti. Questo deriva dalla percezione negativa, ormai diffusa a livello pubblico, nei confronti di sostanze di sintesi che sono ampiamente utilizzate come conservanti nell’industria alimentare. Sono stati effettuati diversi studi sull’attività antimicrobica di questi composti negli alimenti, anche se il loro utilizzo a livello industriale è limitato. Ciò dipende dalla difficile standardizzazione di queste sostanze, dovuta alla variabilità della matrice alimentare che ne può alterarne l’attività antimicrobica. In questa sperimentazione si sono utilizzati l’olio essenziale di Sateureja montana e l’estratto di Cotinus coggygria e sono state fatte delle prove preliminari, determinandone le componenti volatili tramite gas-cromatografia abbinata a microestrazione in fase solida. Sono stati selezionati un ceppo di Listeria monocytogenes (Scott A) e uno di Saccharomyces cerevisiae (SPA), e sono stati utilizzati per realizzare curve di morte termica in sistema modello e in sistema reale. Dai risultati ottenuti si può affermare che Satureja montana e Cotinus coggygria possono essere presi in considerazione come antimicrobici naturali da impiegare per la stabilizzazione di alimenti, nonché per ridurre l’entità dei trattamenti termici atti a salvaguardare le proprietà nutrizionali ed organolettiche di alimenti, come ad esempio succhi di frutta, garantendone la sicurezza e qualità microbiologica.

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In questo studio sono state prodotte 5 diverse tipologie di Squacquerone inoculate con St. thermophilus e con batteri lattici funzionali in forma planctonica o microincapsulata al fine di garantire la loro sopravvivenza, in ambienti caratterizzati da condizioni chimico-fisiche proibitive. Sono stati utilizzati Lb. crispatus BC4 e Lb. paracasei A13 caratterizzati da comprovata attività anti-Candida e battericida o probiotica, rispettivamente. I campioni sono stati caratterizzati a livello microbiologico, chimico-fisico, reologico, proteolitico ed organolettico durante la maturazione/conservazione a 4°C. I dati hanno dimostrato che l’incapsulazione non ha inciso sulla sopravvivenza dei ceppi funzionali in quanto la loro concentrazione è sempre stata costante. La proteolisi ha dimostrato un’evidente relazione tra il ceppo e le modalità della sua immissione nel prodotto: in presenza dei co-starter non incapsulati i processi litici sono accelerati rispetto al campione di controllo, mentre la cinetica di proteolisi viene influenzata negativamente dalle microcapsule. I campioni funzionali, dopo 4 giorni, sono risultati nettamente più apprezzati a livello sensoriale, indipendentemente dal tipo di inclusione dei microrganismi. A fine shelf-life i 5 Squacqueroni sono invece molto più simili tra loro. Di conseguenza, la microincapsulazione può essere vista come uno strumento per modulare le cinetiche di maturazione dello Squacquerone e il momento di immissione di questo sul mercato, per estendere la sua shelf-life ed allargare i mercati. In conclusione sia l’addizione dei co-starter in forma planctonica, che in forma microincapsulata con St. thermophilus, hanno permesso di produrre quattro diversi Squacqueroni identificabili come alimenti funzionali caratterizzati da specifici patterns proteolitici e organolettici. La microincapsulazione e la selezione dei ceppi sono da considerarsi strumenti utili alla innovazione e alla differenziazione dei prodotti lattiero-caseari.

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I semiconduttori organici sono alla base dell'elettronica organica, un campo di ricerca che negli ultimi anni ha coinvolto diversi gruppi di lavoro, sia a livello accademico che industriale. Diversi studi hanno portato all'idea di impiegare materiali di questo tipo come detector di raggi X, sfruttando la loro flessibilità meccanica, la facile fabbricazione di dispositivi su larga area e tramite tecniche a basso costo (es. stampa a getto di inchiostro) e le basse tensioni operative. In questa tesi in particolare si utilizzeranno degli OFET (Organic Field-Effect Transistor) a questo scopo, dimostrando la possibilità amplificare la sensibilità alla radiazione X e di pilotare le prestazioni del detector mediante l'applicazione della tensione all'elettrodo di gate. Presenteremo quindi uno studio sperimentale atto a caratterizzare elettricamente dei transistor realizzati con differenti semiconduttori organici, prima, durante e dopo l'esposizione a raggi X, in maniera da stimarne la sensibilità, le proprietà di conduzione intrinseche e la resistenza all'invecchiamento.

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Le zone costiere appartengono alle aree con alta densità di popolazione, nonostante queste regioni siano le più vulnerabili al rischio di onde violente da tempesta e alla tracimazione di esse. In aggiunta, a causa del cambiamento climatico e all’innalzamento del livello del mare, si prevede un incremento nel numero e nell’intensità di tempeste violente. Come risultato, un grande quantitativo di acqua può tracimare, ciò porta all’instabilità e all’allagamento dell’eventuale opera atta alla protezione della costa, un disastro per la sicurezza della popolazione e per l’economia della zona. Per risolvere queste problematiche si è scelta una geometria tipica di difesa della costa e si è compiuta un’analisi di sensitività del modello, analizzando se al variare dei parametri caratteristici del muro paraonde e del relativo parapetto, il modello avverte una variazione della portata di tracimazione. Attraverso questo studio si vuole scoprire qual è la configurazione di cresta che da un punto di vista progettuale è il compromesso migliore tra efficacia della riduzione della portata e sollecitazioni accettabili.

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Nella mia sperimentazione ho studiato i meccanismi di risposta, in termini di modificazione a livello delle membrane citoplasmatiche e in termini di rilascio di molecole volatili, messi in atto da Listeria. monocytogenes (Scott A) quando sottoposta in fase stazionaria a diversi trattamenti ad alta pressioni di omogeneizzazione compresi tra 0.1 e 200 MPa. I dati della mia tesi hanno consentito di evidenziare i meccanismi di risposta di un importante patogeno alimentare quando sottoposto ad una tecnologia proposta in alternativa al trattamento termico al fine di ridurre il danno termico degli alimenti preservandone le caratteristiche nutrizionali, funzionali ed organolettiche, senza effetti negativi sulla loro sicurezza e shelf-life. Inoltre, hanno dimostrato che L. monocytogenes risponde al trattamento iperbarico modificando in prima istanza la composizione in acidi grassi e producendo delle ossilipine al crescere dello stress. Alle condizioni di stress più stringenti adottate diventano fondamentali in L. monocytogenes anche la produzione di molecole volatili quali alcoli ed esteri sia per bilanciare il potenziale redox cellulare sia per eliminare molecole estremamente tossiche quali gli acidi grassi rilasciati dai meccanismi messi in atto alle condizioni meno stressanti di pressione

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L’obiettivo di questa tesi è stato quello di valutare gli effetti delle alte pressioni di omogeneizzazione sulla vitalità, idrofobicità e stato fisiologico generale di Lactobacillus paracasei A13 quando sottoposto a trattamenti ad alta pressione di omogeneizzazione compresi tra 50 e 200 MPa. Per valutare l’effetto del trattamento sulle cellule e la capacità di recupero dopo lo stress subito, sono state utilizzate le tecniche di microscopia a fluorescenza e di citometria di flusso. La citometria di flusso ha permesso misurare i cambiamenti fisiologici e morfologici delle cellule probiotiche oggetto di studio in rapporto al trattamento iperbarico applicato attraverso l’utilizzo di sonde quali SYBr green (SG) e Propidio Ioduro (PI). Queste modificazioni della cellula sono state rilevate anche in microscopia a fluorescenza, anche se l’utilizzo di questa tecnica non permette di quantificare la percentuale di cellule vive da quelle danneggiate. I dati ottenuti nella sperimentazione hanno dimostrato che la vitalità di Lb. paracasei non diminuisce all’aumentare della pressione e anche a 200 MPa non si assiste ad alcun calo significativo del carico cellulare. Dall’analisi dell’idrofobicità, effettuata subito dopo il trattamento, si è visto che il ceppo tende ad aumentare il suo livello di idrofobicità all’aumentare della pressione applicata e i massimi livelli sono stati registrati a 150 MPa. La citometria di flusso ha evidenziato che all’aumentare della pressione applicata si assiste ad una riduzione volumetrica delle cellule e ad un aumento del numero delle cellule morte e parzialmente danneggiate; tuttavia, quest’ultime hanno dimostrato una buona capacità di recupero in terreno MRS. I risultati ottenuti hanno permesso di individuare il livello di pressione ottimale in grado di massimizzare la velocità di recupero delle cellule e conseguentemente la loro funzionalità nei sistemi alimentari.

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Il presente lavoro di Tesi Magistrale nasce dall’esigenza di trovare soluzioni alle problematiche legate alla produzione e smaltimento delle plastiche, prevalentemente provenienti dal packaging alimentare. Una delle strategie maggiormente utilizzate in alternativa all’accumulo in discarica, è il riciclo. Questa soluzione ha però alcuni limiti: basse performance rispetto al materiale vergine e costi di processo troppo elevati a causa dei problemi di contaminazione e delle strutture multistrato. Alla luce di ciò, la ricerca scientifica si è orientata verso nuovi approcci come la sintesi di bioplastiche compostabili. Il poli(butilene furanoato) (PBF), è un buon candidato come materiale plastico per il packaging alimentare, ma possiede scarse caratteristiche di biodegradabilità e proprietà meccaniche non adeguate all’imballaggio flessibile. Per superare tali limitazioni, è stata messa a punto la sintesi di un nuovo poliestere, il poli(dietilene furanoato) (PDEF), un polimero biobased che si differenzia dal PBF per la presenza di un atomo di ossigeno etereo nella sub-unità glicolica. I due polimeri sono stati sottoposti ad una completa caratterizzazione chimico-fisica, con lo scopo di valutare l’effetto dell’introduzione di ossigeni eterei lungo la catena polimerica sulle proprietà finali del materiale. Oltre alla caratterizzazione molecolare e strutturale, è stato studiato anche il comportamento termico, la risposta meccanica e la permeabilità a diversi tipi di gas oltre che le caratteristiche di compostabilità. I risultati ottenuti hanno mostrato come nel PDEF vi sia un netto miglioramento delle proprietà non idonee per applicazioni nel packaging flessibile del PBF, in particolare quelle meccaniche, insieme a un ulteriore potenziamento delle già buone proprietà barriera. Inoltre, aspetto di fondamentale importanza nell’ottica della realizzazione di un materiale ecosostenibile, il PDEF mostra una velocità di degradazione in compost eccezionalmente elevata.

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Questo lavoro di tesi ha avuto come scopo la preparazione di film dei semiconduttori organici Indaco e Chinacridone con metodi da soluzione, che sono i preferiti per la fabbricazione di dispositivi. Per la caratterizzazione dei film si è utilizzata la microscopia Raman nell’intervallo dei numeri d’onda delle vibrazioni reticolari, per identificare la natura della fase cristallina presente. Indaco e Chinacridone sono pigmenti fortemente insolubili in tutti i solventi organici, a causa della presenza dei forti legami a ponte di idrogeno intermolecolari che ne influenzano notevolmente le proprietà di stato solido. Questo rende difficile l’ottenimento di film omogenei per deposizione diretta di loro soluzioni. Per ovviare al problema, si è utilizzata una strategia di letteratura, che passa attraverso la preparazione di loro derivati solubili, con una reazione di protezione dei gruppi amminici presenti sulle molecole con gruppi termolabili (tBoc). Una volta depositato su substrato, il pigmento originale può essere rigenerato per riscaldamento del film. L’analisi Raman ha permesso di caratterizzare strutturalmente per la prima volta i film preparati con questa procedura. In particolare si è verificato che sui film di Indaco è sempre presente il polimorfo B, in accordo con quanto trovato nei film preparati con metodi di deposizione da vapore. Per quanto riguarda il Chinacridone invece dell’attesa β, la fase ottenuta è la metastabile α’, ottenibile in fase bulk solo in condizioni drastiche. In entrambi in casi si conferma la selettività del substrato verso un polimorfo specifico.

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Le normative europee sempre più stringenti in termini di emissioni di inquinanti obbligano le case automobilistiche a ricercare sempre nuove soluzioni per produrre veicoli meno inquinanti e allo stesso tempo più efficienti. Tra gli obiettivi principali per i motori ad accensione comandata, vi è quello di raffreddare la carica all'interno del cilindro per operare su tutta la mappa motore in regime stechiometrico. Molte sono le soluzioni studiate, tra cui si pensa siano efficaci l'applicazione di cicli di sovraespansione e l'iniezione di acqua. Il presente elaborato di tesi si prefigge l'obiettivo di verificare tali ipotesi applicando queste tecnologie ad un motore volto alla ricerca dell'efficienza, sul quale si è applicato un incremento del rapporto corsa- alesaggio. Tale studio è svolto tramite simulazioni tridimensionali CFD. Una valutazione preliminare permetterà di identificare quali parametri possano essere variati per aumentare efficacemente il rapporto C/D. Successivamente si passerà alle simulazioni che si dividono in tre serie per valutare. Il primo gruppo permetterà di determinare quale sia la miglior configurazione tra quelle adottate con la variazione della corsa. Successivamente, ad essa saranno applicate diverse fasature Miller e Atkinson per valutare l'effetto di questi ultimi sul raffreddamento della carica. Infine si applicherà l'iniezione indiretta di acqua ai migliori risultati per confrontare quale tecnologia sia più efficiente. I risultati proposti mirano a migliorare la conoscenza di tali tecnologie, sottolineandone gli aspetti positivi e quelli critici di ognuna di esse.

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L’introduzione di normative antinquinamento sempre più stringenti ha costretto le case automobilistiche a progettare motori sempre più efficienti e puliti, sviluppando propulsori downsized sovralimentati sottoposti a notevoli sollecitazioni termomeccaniche. L’iniezione di acqua è una tecnologia innovativa che sfrutta il calore latente di evaporazione dell’acqua per raffreddare la carica, allontanando il rischio di detonazione nei motori ad accensione comandata. Essa punta a sostituire l’attuale arricchimento della miscela nei punti di funzionamento critici, in modo da diminuire i consumi di carburante e contenere le emissioni di CO, sottoposte nel prossimo futuro a limitazioni più stringenti nei cicli di omologazione RDE. Il presente lavoro di tesi ha voluto indagare, tramite simulazioni CFD, gli effetti dell’iniezione diretta di acqua su un motore GDI sovralimentato, modellato virtualmente. Le simulazioni hanno coinvolto dapprima le fasi di aspirazione e compressione, valutando l’effetto di raffreddamento sulla carica, la dinamica di evaporazione dell’acqua immessa e l’interazione sia con la dinamica dell’aria all’interno del cilindro, sia con la miscelazione aria-combustibile. Presi come riferimento i casi con λ1 e λ0,75 senz’acqua, l’analisi è iniziata quindi valutando quale fosse la fasatura di iniezione ottimale ed è proseguita analizzando gli effetti di due sistemi di iniezione a 50 bar e 150 bar al variare della quantità di acqua immessa. Una volta trovati i casi migliori nelle due configurazioni, si è proceduto a simulare la combustione, verificando che i benefici ottenuti fossero sfruttati in questa importante fase. Il raffreddamento della miscela permette di aumentare gli anticipi di accensione e quindi avere sia un maggior margine alla detonazione, sia un aumento di lavoro indicato. L’acqua però, comportandosi da inerte, inibisce la propagazione della fiamma, generando combustioni molto lunghe, che influiscono negativamente sulle temperature di scarico.

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Negli ultimi anni, i cambiamenti nella raccolta dei rifiuti domestici e nei sistemi di gestione dello smaltimento hanno aumentato la quantità di compost prodotto nelle città italiane. L'applicazione di compost ai terreni agricoli permette il sequestro di forme stabili di C ed N. Data l’estesa superficie a vite che copre circa 660.000 ettari (ISTAT 2021), risulta interessante valutare l'utilizzo di compost su questa coltura. L’esperimento ha come scopo quello di studiare gli effetti di alcuni composti organici sulla fertilità chimica del suolo, sulla crescita della pianta e sulla qualità dell’uva. La prova è stata condotta a Cadriano, Bologna, su un vigneto di Sangiovese innestato su portinnesto 110 Richter, messo a dimora nel 2019 e allevato a cordone speronato. Nello specifico, sono stati utilizzati i seguenti fertilizzanti: 1) ammendante compostato misto (ACM), 2) gesso di defecazione (GDD) e 3) concime minerale. Dai risultati è emerso come il trattamento GDD abbia determinato un aumento della concentrazione di azoto minerale nel suolo, che si è manifestato principalmente con elevati livelli di azoto nelle foglie e una minor produzione. Al contrario l’ACM ha presentato un effetto simile al concime minerale e ha indotto, allo stesso tempo, una maggior produzione, senza effetti negativi sulla qualità dell’uva.