951 resultados para Uremia - Fisiopatologia
Resumo:
Scopo dello studio: la cardiomiopatia aritmogena (CA) è conosciuta come causa di morte improvvisa, la sua relazione con lo scompenso cardiaco (SC) è stata scarsamente indagata. Scopo dello studio è la definizione della prevalenza e incidenza dello SC, nonché della fisiopatologia e delle basi morfologiche che conducono i pazienti con CA a SC e trapianto di cuore. Metodi: abbiamo analizzato retrospettivamente 64 pazienti con diagnosi di CA e confrontato i dati clinici e strumentali dei pazienti con e senza SC (NYHA III-IV). Abbiamo analizzato i cuori espiantati dei pazienti sottoposti a trapianto presso i centri di Bologna e Padova. Risultati: la prevalenza dello SC alla prima osservazione era del 14% e l’incidenza del 2,3% anno-persona. Sedici pazienti (23%) sono stati sottoposti a trapianto. I pazienti con SC erano più giovani all’esordio dei sintomi (46±16 versus 37±12 anni, p=0.04); il ventricolo destro (VD) era più dilatato e ipocinetico all’ecocardiogramma (RVOT 41±6 versus 37±7 mm, p=0.03; diametro telediastolico VD 38±11 versus 28±8 mm, p=0.0001; frazione di accorciamento 23%±7 versus 32%±11, p= 0.002). Il ventricolo sinistro (VS) era lievemente più dilatato (75±29 ml/m2 versus 60±19, p= 0.0017) e globalmente più ipocinetico (frazione di eiezione = 35%±14 versus 57%±12, p= 0.001). Il profilo emodinamico dei pazienti sottoposti a trapianto era caratterizzato da un basso indice cardiaco (1.8±0.2 l/min/m2) con pressione capillare e polmonare tendenzialmente normale (12±8 mmHg e 26±10 mmHg). L’analisi dettagliata dei 36 cuori dei pazienti trapiantati ha mostrato sostituzione fibro-adiposa transmurale nel VD e aree di fibrosi nel VS. Conclusioni: Nella CA lo SC può essere l’unico sintomo alla presentazione e condurre a trapianto un rilevante sottogruppo di pazienti. Chi sviluppa SC è più giovane, ha un interessamento del VD più severo accanto a un costante interessamento del VS, solo lievemente dilatato e ipocinetico, con sostituzione prevalentemente fibrosa.
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La risonanza magnetica cardiaca è una tecnica di imaging non invasiva, in quanto non necessita l’uso di radiazioni ionizzanti, caratterizzata da un’elevata risoluzione spaziale e che permette acquisizioni in 4-D senza vincoli di orientazione. Grazie a queste peculiarità, la metodica della risonanza magnetica ha mostrato la sua superiorità nei confronti delle altre tecniche diagnostiche ed è riconosciuta come il gold standard per lo studio della fisiologia e fisiopatologia della pompa cardiaca. Nonostante la potenza di questi vantaggi, esistono ancora varie problematiche che, se superate, potrebbero probabilmente migliorare ulteriormente la qualità delle indagini diagnostiche. I software attualmente utilizzati nella pratica clinica per le misure del volume e della massa ventricolare richiedono un tracciamento manuale dei contorni dell’endocardio e dell’epicardio per ciascuna fetta, per ogni frame temporale del ciclo cardiaco. Analogamente avviene per il tracciamento dei contorni del tessuto non vitale. In questo modo l’analisi è spesso qualitativa. Di fatti, la necessità dell’intervento attivo dell’operatore rende questa procedura soggettiva e dipendente dall’esperienza, provocando un’elevata variabilità e difficile ripetibilità delle misure intra e inter operatore, oltre ad essere estremamente dispendiosa in termini di tempo, a causa dell’elevato numero di immagini da analizzare. La disponibilità di una tecnica affidabile per il tracciamento automatico dei contorni dell’endocardio e dell’epicardio consente di superare queste limitazioni ed aumentare l’accuratezza e la ripetibilità delle misure di interesse clinico, quali dimensione, massa e curve di volume ventricolari. Lo scopo di questa tesi è di sviluppare e validare una tecnica di segmentazione automatica che consenta l’identificazione e la quantificazione di cicatrici nel miocardio, a seguito di infarto cardiaco. Il lavoro è composto da due tappe principali. Inizialmente, è presentato un metodo innovativo che permette, in via totalmente automatica, di tracciare in modo accurato e rapido i contorni dell’endocardio e dell’epicardio nel corso dell’intero ciclo cardiaco. Successivamente, l’informazione sulla morfologia cardiaca ricavata nella prima fase è utilizzata per circoscrivere il miocardio e quantificare la transmuralità dell’infarto presente in pazienti ischemici.
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La Risonanza Magnetica (RM) è una tecnica affidabile, avanzata e molto diffusa per lo studio di tutti gli organi del corpo umano. Essa ha reso possibile la valutazione completa del cuore dando la possibilità di studiare in modo estremamente preciso la morfologia, la funzione e la fisiopatologia del cuore portando ad una diagnosi completa e sensibile a molte patologie cardiache. Una di queste, che oggigiorno necessita di una combinazione diagnostica che solo la risonanza magnetica può dare, è la miocardite.
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Il lavoro che ho sviluppato presso l'unità di RM funzionale del Policlinico S.Orsola-Malpighi, DIBINEM, è incentrato sull'analisi dati di resting state - functional Magnetic Resonance Imaging (rs-fMRI) mediante l'utilizzo della graph theory, con lo scopo di valutare eventuali differenze in termini di connettività cerebrale funzionale tra un campione di pazienti affetti da Nocturnal Frontal Lobe Epilepsy (NFLE) ed uno di controlli sani. L'epilessia frontale notturna è una peculiare forma di epilessia caratterizzata da crisi che si verificano quasi esclusivamente durante il sonno notturno. Queste sono contraddistinte da comportamenti motori, prevalentemente distonici, spesso complessi, e talora a semiologia bizzarra. L'fMRI è una metodica di neuroimaging avanzata che permette di misurare indirettamente l'attività neuronale. Tutti i soggetti sono stati studiati in condizioni di resting-state, ossia di veglia rilassata. In particolare mi sono occupato di analizzare i dati fMRI con un approccio innovativo in campo clinico-neurologico, rappresentato dalla graph theory. I grafi sono definiti come strutture matematiche costituite da nodi e links, che trovano applicazione in molti campi di studio per la modellizzazione di strutture di diverso tipo. La costruzione di un grafo cerebrale per ogni partecipante allo studio ha rappresentato la parte centrale di questo lavoro. L'obiettivo è stato quello di definire le connessioni funzionali tra le diverse aree del cervello mediante l'utilizzo di un network. Il processo di modellizzazione ha permesso di valutare i grafi neurali mediante il calcolo di parametri topologici che ne caratterizzano struttura ed organizzazione. Le misure calcolate in questa analisi preliminare non hanno evidenziato differenze nelle proprietà globali tra i grafi dei pazienti e quelli dei controlli. Alterazioni locali sono state invece riscontrate nei pazienti, rispetto ai controlli, in aree della sostanza grigia profonda, del sistema limbico e delle regioni frontali, le quali rientrano tra quelle ipotizzate essere coinvolte nella fisiopatologia di questa peculiare forma di epilessia.
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Hemodialysis (HD) is a renal replacement therapy that can enable recovery of patients in acute kidney failure and prolong survival for patients with end-stage kidney failure. HD is also uniquely suited for management of refractory volume overload and removal of certain toxins from the bloodstream. Over the last decade, veterinary experience with HD has deepened and refined and its geographic availability has increased. As awareness of the usefulness and availability of dialytic therapy increases among veterinarians and pet owners and the number of veterinary dialysis facilities increases, dialytic management will become the standard of advanced care for animals with severe intractable uremia.
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Objetivo: Comunicar un caso de cetoacidosis inducida por corticoides y gatifloxacina y discutir los mecanismos de esta inusual y seria complicación. Caso clínico: Mujer de 32 años, ingresa por neumonía adquirida en la comunidad de 5 días de evolución. Antecedentes: AR probable diagnosticada 4 meses antes tratada con metotrexate y corticoides intermitente. Examen físico: regular estado general, IMC 21, Tº 38ºC, FR 32/min, derrame pleural derecho, FC 96/min, PA 110/70, artralgias sin artritis. Exámenes complementarios: Hto 23%, GB 16300/mm3, VSG 96mm/1ºh, glucemia 0.90mg/dl, función hepática y amilasa normales, uremia 1.19g/l, creatinina 19mg/l. Hemocultivos (2) y esputo positivos para Neumococo penicilina-sensible. La neumonía responde a gatifloxacina. Deteriora la función renal hasta la anuria con acidosis metabólica. Se interpreta como glomerulonefritis lúpica rápidamente progresiva por proteinuria de 2g/24hs, FR (+) 1/1280, FAN (+) 1/320 homogéneo, Anti ADN (+) , complemento bajo: C3 29.4mg/dl y C4 10mg/dl, Ac anti Ro, La, Scl70, RNP y anticardiolipinas positivos. Se indica metilprednisolona EV (3 bolos 1g), complicándose con hiperglucemias de >6 g/l y cetoacidosis con cetonuria (+); Ac anti ICA y antiGAD negativos con HbA1C 5.2%. Es tratada en UTI (insulina y hemodiálisis). La paciente mejora, se desciende la dosis de corticoides, con normalización de la glucemia sin tratamiento hipoglucemiante. Comentarios 1) La presencia de HbA1C nomal, Ac anti ICA y GAD negativos permite descartar con razonable grado de certeza una diabetes tipo1 asociada al lupus. 2) El desarrollo de la cetoacidosis durante el tratamiento con corticoides y gatifloxacina y su resolución posterior avalan el rol etiológico de los mismos. 3) La cetoacidosis puede explicarse por estimulación de la gluconeogénesis y la insulinoresistencia a nivel de receptor y post-receptor generada por los fármacos potenciado por el estado inflamatorio relacionado con el lupus y la sepsis.
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Objetivo: Determinar la significación clínica y pronóstica de la disfunción renal en pacientes con Endocarditis Infecciosa (EI) Material y método: Estudio protocolizado, descriptivo, observacional y transversal de pacientes con EI diagnosticados según criterios de Duke. Se realizó un análisis comparativo entre los pacientes con EI sin (Grupo Sin) y con Disfunción Renal (Grupo DR), que se definió en base a uremia > 0.60 g/l y/o creatininemia > 1.5 mg/dl y/o hematuria o proteinuria. Fueron analizados en EPI info 6.04. Resultados: De un total de 110 EI incluidas, 58 (52.7%) presentaron DR principalmente secundaria a glomerulonefritis (n 22), sepsis (n 14), insuficiencia renal crónica (n 5), insuficiencia cardíaca, nefropatía diabética y nefrotoxicidad (n 4 cada una) y embólica (n 1). No hubo diferencias en la permanencia media hospitalaria (32 DS±23.3 vs 26.32 DS±17.28 días), el sexo (masculino: 60.3 vs 71.25%) y la demora diagnóstica (5.5 (DS±7.23) vs. 5.4 (DS±7.64 días)(pNS). La edad media fue mayor en el grupo DR en el LS (49.62 DS±15.71 vs 43.53 DS±17.94 años). El Grupo DR tuvo mas frecuentemente EI Definida (87.9 vs 67.3%) (p=0.0089) y no hubo diferencias en la localización Mitral (48.3 vs 48.1%) y Aórtica (44.8 vs 34.6%). La valvulopatía degenerativa se presentó en el LS en DR (34.5 VS 19.6%)(p=0.07). No hubo diferencias en la presencia de comórbidas (62.1 vs 71.2%) (pNS) pero la enfermedad últimamente fatal ocurrió mas frecuentemente en DR (51.4 vs 21.6%)(p=0.05). Al ingreso sólo la presencia de rales pulmonares (53.4 vs 32.7%) y púrpura cutánea (27.6 vs 13.5%) fueron más frecuentes en DR (p=0.05). La sepsis no controlada (34.5 vs 15.7%), insuficiencia cardíaca (51.7 vs 32.7%), encefalopatía (50 vs 27.5%), shock séptico (24.1 vs 7.8%) y fallo multiorgánico (34.5 vs 3.9%) fueron complicaciones más frecuentes en DR (p<0.05). La fiebre persistente se encontró en el LS en el grupo de DR (48.3 vs 32.7%)(p=0.09). No hubo diferencias en el hallazgo de vegetaciones por ecocardiografía (83.3 vs 75.6%). La anemia (Hb<9 mg/dl) (31.86 DS±53.41 vs 35.21 DS±7.85)(p=0.009), hipergammaglobulinemia (58.5 vs 29.8)(p=0.006) e hiperglucemia (36.1 vs 18.5)(p=0.03) se asociaron a DR. En el grupo con DR fue mas común la EI con cultivos negativos (31.5 vs 0%)(p=0.001) y el predominio de las infecciones por S. aureus Meticilino Resistente (MRSA)(21.6 vs 2.7%) (p=0.02). No hubo diferencias en la indicación de cirugía (31 vs 36.5%). La mortalidad hospitalaria fue significativamente mayor en DR (51.7 vs 25%)(p=0.0041)(OR 3.2, IC95%1.42-7.24). Conclusión: En los pacientes con EI la disfunción renal resultó ser un indicador de desarrollo de complicaciones infecciosas y cardíacas, de infección por MRSA y de mortalidad cruda hospitalaria.-
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Dislexia é uma condição neurológica associada a deficiências na aquisição e processamento da linguagem. Variando em graus de gravidade, que se manifesta por dificuldades na linguagem receptiva e expressiva, incluindo processamento fonológico, na leitura, escrita, ortografia, caligrafia, e por vezes em aritmética. Dislexia é uma condição hereditária associada a diversas anormalidades neurológicas em áreas corticais visuais e auditivas. Uma das mais influentes teorias para explicar os sintomas disléxicos é a chamada hipótese magnocelular. Segundo esta hipótese, a dislexia resulta de processamento de informações visuais anormais, devido principalmente a disfunção no sistema magnocelular. Esta dissertação explora esta hipótese comparando quinze indivíduos com dislexia e quinze controles, com idades compreendidas entre os 18 e os 30 anos através de dois testes visuais de atenção. Ambos os experimentos avaliam tempo de reação a estímulos que apareciam em toda tela do computador, enquanto os indivíduos permaneciam instalados, com a cabeça apoiada por um chin rest e com os olhos fixos em um alvo central. O experimento I consistiu de estímulos (pequenos círculos) brancos apresentados em um fundo preto. No experimento II, a mesma metodologia foi utilizada, mas agora com os estímulos (pequenos círculos) verdes sobre um fundo vermelho. Os resultados foram analisados levando em consideração os quadrantes onde os estímulos foram apresentados. Pacientes e controles não diferiram em relação ao tempo de reação a estímulos apresentados no campo visual inferior, em comparação ao quadrante superior de um mesmo indivíduo. Considerando todos os quadrantes, disléxicos tiveram tempo de reação mais lento no experimento I, mas apresentaram tempos de reação semelhantes aos controles no experimento II. Estes resultados são compatíveis com anormalidades no sistema magnocelular. As implicações destes achados para a fisiopatologia da dislexia, bem como para o seu tratamento devem ser mais discutidos.(AU)
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Dislexia é uma condição neurológica associada a deficiências na aquisição e processamento da linguagem. Variando em graus de gravidade, que se manifesta por dificuldades na linguagem receptiva e expressiva, incluindo processamento fonológico, na leitura, escrita, ortografia, caligrafia, e por vezes em aritmética. Dislexia é uma condição hereditária associada a diversas anormalidades neurológicas em áreas corticais visuais e auditivas. Uma das mais influentes teorias para explicar os sintomas disléxicos é a chamada hipótese magnocelular. Segundo esta hipótese, a dislexia resulta de processamento de informações visuais anormais, devido principalmente a disfunção no sistema magnocelular. Esta dissertação explora esta hipótese comparando quinze indivíduos com dislexia e quinze controles, com idades compreendidas entre os 18 e os 30 anos através de dois testes visuais de atenção. Ambos os experimentos avaliam tempo de reação a estímulos que apareciam em toda tela do computador, enquanto os indivíduos permaneciam instalados, com a cabeça apoiada por um chin rest e com os olhos fixos em um alvo central. O experimento I consistiu de estímulos (pequenos círculos) brancos apresentados em um fundo preto. No experimento II, a mesma metodologia foi utilizada, mas agora com os estímulos (pequenos círculos) verdes sobre um fundo vermelho. Os resultados foram analisados levando em consideração os quadrantes onde os estímulos foram apresentados. Pacientes e controles não diferiram em relação ao tempo de reação a estímulos apresentados no campo visual inferior, em comparação ao quadrante superior de um mesmo indivíduo. Considerando todos os quadrantes, disléxicos tiveram tempo de reação mais lento no experimento I, mas apresentaram tempos de reação semelhantes aos controles no experimento II. Estes resultados são compatíveis com anormalidades no sistema magnocelular. As implicações destes achados para a fisiopatologia da dislexia, bem como para o seu tratamento devem ser mais discutidos.(AU)
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The aging myopathy manifests itself with diastolic dysfunction and preserved ejection fraction. However, the difficulty in defining myocardial aging and the mechanisms involved complicates the recognition of the cellular processes underlying impaired diastolic relaxation. We raised the possibility that, in a mouse model of physiological aging, defects in the electromechanical properties of cardiomyocytes are important determinants of the diastolic properties of the myocardium, independently from changes in the structural composition of the muscle and collagen framework. Here we show that an increase in the late Na+ current (INaL) in aging cardiomyocytes prolongs the action potential (AP) and influences the temporal kinetics of Ca2+ cycling and cell shortening. These alterations increase force development and passive tension. Inhibition of INaL shortens the AP and corrects the dynamics of Ca2+ transient, cell contraction and relaxation. Similarly, repolarization and diastolic tension of the senescent myocardium are partly restored. INaL offers inotropic support, but negatively interferes with cellular and ventricular compliance, providing a new perspective of the biology of myocardial aging and the etiology of the defective cardiac performance in the elderly.
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Tumour progression is a complex process that frequently brings to cancer metastasis, the first cause of poor prognosis of cancer affected patients. Metastasis are generated by cells escaped from a primary mass and able to enter in the circulation, survive and proliferate in a new, distant site of the organism. To reach all these goal, many different phenomena had occur within both the cancer cells and the surrounding microenvironment. In the first part of this thesis, the focus was pointed on the metastatic potential of a leiomyosarcoma cell model. The studied cancer cells demonstrated a strong invasive capacity of the ECM in vitro, principally by production of matrix metalloproteinases 2 and 9, and robust pro-angiogenic activity in the chick CAM model, that facilitate its dissemination through same chick embryo internal organs. This study, with the title “MMPs and angiogenesis affect the metastatic potential of a human vulvar leiomyosarcoma cell line”, is presented in the published form. In the second part of this work, the emphasis was given to the microvascular element of the tumour microenvironment and specifically to the perivascular pericytes. These are intriguing cells due to their uncertain involvement in the biology of cancer. It is not clear how pericytes change within the tumour microenvironment and which is their contribute during the tumour dissemination. After the characterization of the chosen pericytic cell model, an in vitro study of the interaction between pericytes and different cancer cell lines where performed. Indirect and direct cell-cell interaction as well as movement of cancer cells in presence of pericytes conditioned media was analysed, in order to investigate the reciprocal influence of pericytes and tumour cells in the context of cancer progression.
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Background: Acetylation and deacetylation at specific lysine (K) residues is mediated by histone acetylases (HATs) and deacetylases (HDACs), respectively. HATs and HDACs act on both histone and non-histone proteins, regulating various processes, including cardiac impulse propagation. Aim of the present work was to establish whether the function of the Ca2+ ATPase SERCA2, one of the major players in Ca2+ reuptake during excitation-contraction coupling in cardiac myocytes (CMs), could be modulated by direct K acetylation. Materials and methods: HL-1 atrial mouse cells (donated by Prof. Claycomb), zebrafish and Streptozotocin-induced diabetic rat CMs were treated with the pan-inhibitor of class I and II HDACs suberanilohydroxamic acid (SAHA) for 1.5 hour. Evaluation of SERCA2 acetylation was analyzed by co-immunoprecipitation. SERCA2 activity was measured on microsomes by pyruvate/NADH coupled reaction assay. SERCA2 mutants were obtained after cloning wild-type and mutated sequences into the pCDNA3 vector and transfected into HEK cells. Ca2+ transients in CMs (loading with Fluo3-AM, field stimulation, 0.5 Hz) and in transfected HEK cells (loading with FLUO-4, caffeine pulse) were recorded. Results: Co-Immunoprecipitation experiments performed on HL-1 cells demonstrated a significant increase in the acetylation of SERCA2 after SAHA-treatment (2.5 µM, n=3). This was associated with an increase in SERCA2 activity in microsomes obtained from HL-1 cells, after SAHA exposure (n=5). Accordingly, SAHA-treatment significantly shortened the Ca2+ reuptake time of adult zebrafish CMs. Further, SAHA 2.5 nM restored to control values the recovery time of Ca2+ transients decay in diabetic rat CMs. HDAC inhibition also improved contraction parameters, such as fraction of shortening, and increased pump activity in microsomes isolated from diabetic CMs (n=4). Notably, the K464, identified by bioinformatic tools as the most probable acetylation site on human SERCA2a, was mutated into Glutamine (Q) or Arginine (R) mimicking acetylation and deacetylation respectively. Measurements of Ca2+ transients in HEK cells revealed that the substitution of K464 with R significantly delayed the transient recovery time, thus indicating that deacetylation has a negative impact on SERCA2 function. Conclusions: Our results indicate that SERCA2 function can be improved by pro-acetylation interventions and that this mechanism of regulation is conserved among species. Therefore, the present work provides the basis to open the search for novel pharmacological tools able to specifically improve SERCA2 activity in diseases where its expression and/or function is impaired, such as diabetic cardiomyopathy.
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The eukaryotic translation initiation factor 2 alpha (eIF2α) is part of the initiation complex that drives the initiator amino acid methionine to the ribosome, a crucial step in protein translation. In stress conditions such as virus infection, endoplasmic reticulum (ER) stress, amino acid or heme deficiency eIF2α can be phosphorylated and thereby inhibit global protein synthesis. This adaptive mechanism prevents protein accumulation and consequent cytotoxic effects. Heme-regulated eIF2α kinase (HRI) is a member of the eIF2α kinase family that regulates protein translation in heme deficiency conditions. Although present in all tissues, HRI is predominantly expressed in erythroid cells where it remains inactive in the presence of normal heme concentrations. In response to heme deficiency, HRI is activated and phosphorylates eIF2α decreasing globin synthesis. This mechanism is important to prevent accumulation of heme-free globin chains which cause ER stress and apoptosis. RNA sequencing data from our group showed that in human islets and in primary rat beta cells HRI is the most expressed eIF2α kinase compared to the other family members. Despite its high expression levels, little is known about HRI function in beta cells. The aim of this project is to identify the role of HRI in pancreatic beta cells. This was investigated taking a loss-of-function approach. HRI knock down (KD) by RNA interference induced beta cell apoptosis in basal condition. HRI KD potentiated the apoptotic effects of palmitate or proinflammatory cytokines, two in vitro models for type 2 and type 1 diabetes, respectively. Increased cytokine-induced apoptosis was also observed in HRI-deficient primary rat beta cells. Unexpectedly, we observed a mild increase in eIF2α phosphorylation in HRI-deficient cells. The levels of mRNA or protein expression of C/EBP homologous protein (CHOP) and activating transcription factor 4 (ATF4) were not modified. HRI KD cells have decreased spliced X-box binding protein 1 (XBP1s), an important branch of the ER stress response. However, overexpression of XBP1s by adenovirus in HRI KD cells did not protect from HRI siRNA-induced apoptosis. HRI deficiency decreased phosphorylation of Akt and its downstream targets glycogen synthase kinase 3 (GSK3), forkhead box protein O1 (FOXO1) and Bcl-2-associated death promoter (BAD). Overexpression of a constitutively active form of Akt by adenovirus in HRI-deficient beta cells partially decreased HRI KD-mediated apoptosis. Interestingly, BAD silencing protected from apoptosis caused by HRI deficiency. HRI silencing in beta cells also induced JNK activation. These results suggest an important role of HRI in beta cell survival through modulation of the Akt/BAD pathway. Thus, HRI may be an interesting target to modulate beta cell fate in diabetic conditions.
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Background e scopi dello studio. Il carcinoma renale rappresenta circa il 3% delle neoplasie e la sua incidenza è in aumento nel mondo. Il principale approccio terapeutico alla malattia in stadio precoce è rappresentato dalla chirurgia (nefrectomia parziale o radicale), sebbene circa il 30-40% dei pazienti vada incontro a recidiva di malattia dopo tale trattamento. La probabilità di recidivare può essere stimata per mezzo di alcuni noti modelli prognostici sviluppati integrando sia parametri clinici che anatomo-patologici. Il limite principale all’impiego nella pratica clinica di questi modelli è legata alla loro complessità di calcolo che li rende di difficile fruizione. Inoltre la stratificazione prognostica dei pazienti in questo ambito ha un ruolo rilevante nella pianificazione ed interpretazione dei risultati degli studi di terapia adiuvante dopo il trattamento chirurgico del carcinoma renale in stadio iniziale. Da un' analisi non pre-pianificata condotta nell’ambito di uno studio prospettico e randomizzato multicentrico italiano di recente pubblicazione, è stato sviluppato un nuovo modello predittivo e prognostico (“score”) che utilizza quattro semplici parametri: l’età del paziente, il grading istologico, lo stadio patologico del tumore (pT) e della componente linfonodale (pN). Lo scopo del presente studio era quello di validare esternamente tale score. Pazienti e Metodi. La validazione è stata condotta su due coorti retrospettive italiane (141 e 246 pazienti) e su una prospettica americana (1943 pazienti). Lo score testato prevedeva il confronto tra due gruppi di pazienti, uno a prognosi favorevole (pazienti con almeno due parametri positivi tra i seguenti: età < 60 anni, pT1-T3a, pN0, grading 1-2) e uno a prognosi sfavorevole (pazienti con meno di due fattori positivi). La statistica descrittiva è stata utilizzata per mostrare la distribuzione dei diversi parametri. Le analisi di sopravvivenza [recurrence free survival (RFS) e overall survival (OS)] sono state eseguite il metodo di Kaplan-Meier e le comparazioni tra i vari gruppi di pazienti sono state condotte utilizzando il Mantel-Haenszel log-rank test e il modello di regressione di Cox. Il metodo di Greenwood è stato utilizzato per stimare la varianza e la costruzione degli intervalli di confidenza al 95% (95% CI), la “C-statistic” è stata utilizzata per descrivere l’ accuratezza dello score. Risultati. I risultati della validazione dello score condotta sulle due casistiche retrospettive italiane, seppur non mostrando una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi di pazienti (gruppo favorevole versus sfavorevole), sono stati ritenuti incoraggianti e meritevoli di ulteriore validazione sulla casistica prospettica americana. Lo score ha dimostrato di performare bene sia nel determinare la prognosi in termini di RFS [hazard ratio (HR) 1.85, 95% CI 1.57-2.17, p < 0.001] che di OS [HR 2.58, 95% CI 1.98-3.35, p < 0.001]. Inoltre in questa casistica lo score ha realizzato risultati sovrapponibili a quelli dello University of California Los Angeles Integrated Staging System. Conclusioni. Questo nuovo e semplice score ha dimostrato la sua validità in altre casistiche, sia retrospettive che prospettiche, in termini di impatto prognostico su RFS e OS. Ulteriori validazioni su casistiche internazionali sono in corso per confermare i risultati qui presentati e per testare l’eventuale ruolo predittivo di questo nuovo score.
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Introdução: A microbiota intestinal possui grande diversidade de bactérias, predominantemente dos filos Bacteroidetes e Firmicutes, com múltiplas funções. A alimentação pode alterar sua composição e função. Alto teor de gordura saturada altera a permeabilidade intestinal, eleva os lipopolissacarídeos e predispõe à inflamação subclínica crônica. Dieta rica em fibras, como a vegetariana, induz elevação de ácidos graxos de cadeia curta e benefícios metabólicos. Objetivos: Para analisar a composição da microbiota intestinal de adventistas com diferentes hábitos alimentares e associá-los à inflamação subclínica e resistência à insulina, esta tese incluiu: 1) revisão dos mecanismos que associam a alimentação à microbiota intestinal e ao risco cardiometabólico; 2) verificação da composição da microbiota intestinal segundo diferentes hábitos alimentares e de associações com biomarcadores de doenças cardiometabólicas; 3) avaliação da associação entre a abundância de Akkermansia muciniphila e o metabolismo da glicose; 4) análise da presença de enterótipos e de associações com características clínicas. Métodos: Este estudo transversal incluiu 295 adventistas estratificados segundo hábitos alimentares (vegetariano estrito, ovo-lacto-vegetariano e onívoro). Foram avaliadas associações com dados clínicos, bioquímicos e inflamatórios. O perfil da microbiota foi obtido por sequenciamento do gene 16S rRNA (Illumina® Miseq). Resultados: 1) Há evidências de que as relações entre dieta, inflamação, resistência à insulina e risco cardiometabólico são em parte mediadas pela composição da microbiota intestinal. 2) Vegetarianos apresentaram melhor perfil clínico quando comparados aos onívoros. Confirmou-se maior abundância de Firmicutes e Bacteroidetes, que não diferiram segundo a adiposidade corporal. Entretanto, vegetarianos estritos apresentaram mais Bacteroidetes, menos Firmicutes e maior abundância do gênero Prevotella quando comparados aos outros dois grupos de hábitos alimentares. Entre os ovo-lactovegetarianos verificou-se maior proporção de Firmicutes especialmente do gênero Faecalibacterium. Nos onívoros, houve super-representação do filo Proteobacteria (Succinivibrio e Halomonas) comparados aos vegetarianos. 3) Indivíduos normoglicêmicos apresentaram maior abundância de Akkermansia muciniphila que aqueles com glicemia alterada. A abundância desta bactéria correlacionou-se inversamente à glicemia e hemoglobina glicosilada. 4) Foram identificados três enterótipos (Bacteroides, Prevotella e Ruminococcaceae), similares àqueles previamente descritos. As concentrações de LDL-C foram menores no enterótipo 2, no qual houve maior frequência de vegetarianos estritos. Discussão: 1) Conhecimentos sobre participação da microbiota na fisiopatologia de doenças poderão reverter em estratégias para manipulá-la para promover saúde. 2) Apoia-se a hipótese de que hábitos alimentares se associam favorável ou desfavoravelmente a características metabólicas e inflamatórias do hospedeiro via alterações na composição da microbiota intestinal. Sugerimos que a exposição a alimentos de origem animal possa impactar negativamente nas proporções de comunidades bacterianas. 3) Sugerimos que a abundância da Akkermansia muciniphila possa participar do metabolismo da glicose. 4) Reforçamos que a existência de três enterótipos não deva ser específica de certas populações/continentes. Apesar de desconhecido o significado biológico destes agrupamentos, as correlações com o perfil lipídico podem sugerir sua utilidade na avaliação do risco cardiometabólico. Conclusões: Nossos achados fortalecem a ideia de que a composição da microbiota intestinal se altera mediante diferentes hábitos alimentares, que, por sua vez, estão associados a alterações nos perfis metabólicos e inflamatórios. Estudos prospectivos deverão investigar o potencial da dieta na prevenção de distúrbios cardiometabólicos mediados pela microbiota.