1000 resultados para PREMIO A LA EXCELENCIA DE MEDICINA INTERNA


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Introduzione:l’interferone (IFN) usato per l’eradicazione del virus dell’Epatite C, induce effetti collaterali anche riferibili alla sfera psichica. I dati sugli eventi avversi di tipo psichiatrico dei nuovi farmaci antivirali (DAA) sono limitati. Lo scopo di questo studio è di valutare lo sviluppo di effetti collaterali di tipo psichiatrico in corso di due distinti schemi di trattamento: IFN-peghilato e ribavirina [terapia duplice (standard o SOC)]; DAA in associazione a IFN-peghilato e ribavirina (terapia triplice). Metodi: pazienti HCV+ consecutivi seguiti presso l’Ambulatorio delle Epatiti Croniche della Semeiotica Medica del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna in procinto di intraprendere un trattamento antivirale a base di IFN, sottoposti ad esame psicodiagnostico composto da intervista clinica semistrutturata e test autosomministrati: BDI, STAXI-2, Hamilton Anxiety Scale, MMPI – 2. Risultati: Sono stati arruolati 84 pazienti, 57/84 (67.9%) nel gruppo in triplice e 27/84 nel gruppo SOC. Quasi tutti i pazienti arruolati hanno eseguito l’intervista clinica iniziale (82/84; 97.6%), mentre scarsa è stata l’aderenza ai test (valori missing>50%). Ad eccezione dell’ansia, la prevalenza di tutti gli altri disturbi (irritabilità, astenia, disfunzioni neurocognitive, dissonnia) aumentava in corso di trattamento. In corso di terapia antivirale 43/84 (51.2%) hanno avuto bisogno di usufruire del servizio di consulenza psichiatrica e 48/84 (57.1%) hanno ricevuto una psicofarmacoterapia di supporto, senza differenze significative fra i due gruppi di trattamento. Conclusioni : uno degli elementi più salienti dello studio è stata la scarsa aderenza ai test psicodiagnostici, nonostante l’elevata prevalenza di sintomi psichiatrici. I risultati di questo studio oltre ad evidenziare l’importanza dei sintomi psichiatrici in corso di trattamento e la rilevanza della consulenza psicologica e psichiatrica per consentire di portare a termine il ciclo terapeutico previsto (migliorandone l’efficacia), ha anche dimostrato che occorre ripensare gli strumenti diagnostici adattandoli probabilmente a questo specifico target.

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La tesi di Dottorato, saldamente ancorata alle Medical Humanities, si è concentrata sul modo in cui la storia della letteratura italiana si intreccia con le altre discipline, per arrivare a configurare quell’ampio panorama di storia delle idee che aiuta a valutare l’evoluzione stessa delle credenze e dei pensieri dell’uomo nel corso del tempo. Essa ha contribuito a portare alla luce l’apporto dato dalla Società Medica Chirurgica di Bologna in Epoca Pontificia alla circolarità del pensiero medico, ricordando con forza che le varie correnti storico-mediche non sono appunto il semplice susseguirsi di teorie più o meno esatte. La tesi rende pienamente visibili non solo la struttura e le dinamiche della comunicazione scientifica, ma documenta attraverso la letteratura (anche quella scientifica) la presenza della medicina e delle sue pratiche all’interno della società, soffermandosi sui meccanismi, sui percorsi che legano i fenomeni tra loro; viene declinato anche il complesso e travagliato processo teso a ridefinire la figura del medico durante l’epoca del dominio pontificio nel suo declino, circondata da diffidenze e ostilità. Il fulcro della tesi è dato dalla dimostrazione inconfutabile che esiste ancora un ruolo per la cultura umanistica nella formazione del medico.

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Il Sorafenib è l’unica terapia sistemica approvata per l’epatocarcinoma (HCC) avanzato. Tuttavia, molti tumori sviluppano resistenze. La chemioterapia metronomica sembrerebbe avere un effetto antiangiogenetico. La Capecitabina metronomica è potenzialmente efficace nell’HCC avanzato. Lo scopo dello studio è stato valutare il comportamento di un modello murino di HCC sottoposto a Sorafenib, Capecitabina e terapia combinata, per dimostrarne un eventuale effetto sinergico. Il modello è stato creato in topi scid mediante inoculazione sottocutanea di 5 milioni di cellule HuH7. I topi sono stati suddivisi in 4 gruppi: gruppo 1 sottoposto a terapia con placebo (9 topi), gruppo 2 a Sorafenib (7 topi), gruppo 3 a Capecitabina (7 topi) e gruppo 4 a terapia combinata Sorafenib+Capecitabina (10 topi). I topi sono stati studiati al giorno 0 e 14 con ecografia B-mode e con mezzo di contrasto (CEUS). Al giorno 14 sono stati sacrificati e i pezzi tumorali sono stati conservati per l’analisi Western Blot. Un topo del gruppo 1 e 4 topi del gruppo 4 sono morti precocemente e quindi sono stati esclusi. Il delta di crescita tumorale al giorno 14 rispetto al giorno 0 è risultato di +503 %, +158 %, +462 % e +176 % rispettivamente nei 4 gruppi (p<0.05 tra i 4 gruppi, tra il gruppo 1 e 2, tra il gruppo 1 e 4, tra il gruppo 2 e 3, tra il gruppo 3 e 4). Alla CEUS non si sono evidenziate differenze statisticamente significative nei cambiamenti di perfusione tumorale al giorno 14 nei 4 gruppi. L’analisi Western Blot ha mostrato livelli di VEGFR-2 inferiori nel gruppo dei topi trattati con Sorafenib. La terapia di associazione di Sorafenib e Capecitabina non comporta un beneficio, in termini di riduzione della crescita tumorale, in un modello murino di HCC rispetto al solo Sorafenib. Inoltre, può essere sospettato un incremento di tossicità.

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Introduzione e scopo: la rapida diffusione delle malattie dismetaboliche sta modificando l’epidemiologia dell’epatocarcinoma (HCC). Scopo della tesi è, attraverso quattro studi, analizzare l’impatto di questi cambiamenti nella gestione clinica del paziente affetto da HCC. Materiali e metodi: quattro studi di coorte, condotti con analisi retrospettiva del database ITA.LI.CA. Studio 1:3658 pazienti arruolati tra il 01-01-2001 ed il 31-12-2012 suddivisi in base alla data di diagnosi:2001-2004 (954 pazienti), 2005-2008 (1122 pazienti), 2009-2012 (1582 pazienti). Studio 2:analisi comparativa tra 756 pazienti con HCC-NAFLD e 611 pazienti con HCC-HCV. Studio 3:proposta di quattro modelli alternativi al BCLC originale con validazione di una proposta di sottostadiazione dell’intermedio, considerando 2606 pazienti arruolati tra il 01-01-2000 e il 31-12-2012 e riallocati secondo gradi diversi di perfomance status (PS). Studio 4:analisi di 696 pazienti con HCC in stadio intermedio diagnosticato dopo il 1999 stratificati per trattamento. Risultati: studio 1:progressivo aumento dell’età alla diagnosi e delle eziologie dismetaboliche; più frequente esordio dell’HCC in stadio precoce e con funzione epatica più conservata; aumento della sopravvivenza dopo il 2008. Studio 2:i pazienti con HCC-NAFLD mostrano più frequentemente un tumore infiltrativo diagnosticato fuori dai programmi di sorveglianza, con prognosi peggiore rispetto ai pazienti HCC-HCV. Questa differenza di sopravvivenza si elimina rimuovendo i fattori di confondimento attraverso propensity analysis. Studio 3:il PS1 non è un predittore indipendente di sopravvivenza. Il modello 4 (considerando PS1=PS0 e con la sottostadiazione proposta), ha la migliore capacità discriminativa. Studio 4:i trattamenti curativi riducono la mortalità più della TACE, anche dopo propensity analysis. Conclusioni: l’aumento delle patologie dismetaboliche comporterà diagnosi di malattia ad uno stadio più avanzato, quando sintomatica, rendendo necessario stabilire un programma di sorveglianza. Inoltre per una migliore stratificazione e gestione dei pazienti, bisogna riconsiderare il ruolo del PS ed offrire un ventaglio di opzioni terapeutiche anche per il pazienti in stadio intermedio.

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Nel tumore combinato epatocolangiocellulare (CHC) le componenti epatocitarie e colangiocitarie sono entrambe presenti. Obiettivo: valutare gli aspetti diagnostici radiologici e caratteristiche clinico-demografiche del CHC su cirrosi. Raccolti pazienti con CHC su cirrosi afferenti a due centri del Nord Italia (Bologna, S. Orsola-Malpighi e Milano,IRCCS Ca’ Granda Maggiore Hospital) tra 2003-2013, con diagnosi istologica di CHC. FASE 1:confronto tra ecografia con mdc (CEUS), TC cmdc e RM cmdc nella diagnosi e caratterizzazione dei noduli di CHC. Casistica di 35 pazienti e 37 noduli (due recidive CHC incluse). Mediana delle dimensioni: 25 mm. Non si è identificato un pattern contrastografico patognomonico per CHC. Pattern di enhancement arterioso ad anello periferico, suggestivo per forma colangiocitaria, atipico per HCC, presente nel 26%,50%,29% dei noduli a CEUS,TC,RM. La CEUS avrebbe portato a una errata diagnosi di HCC tipico in un numero maggiore di casi (48%) vs TC(15%,p=0.005), e RM(18%,p=0.080).L’indicazione della malignità del nodulo (presenza di wash-out dopo enhancement arterioso), era fornita con maggiore accuratezza da parte della CEUS(78%), vs TC (24%,p<0.0001) e RM(29%,p=0.002). FASE 2:analisi degli aspetti clinico-laboratoristici e prognostici del CHC e confronto tramite match 1:2 con HCC su cirrosi (36 CHC,72 HCC). Nel CHC correlano positivamente con sopravvivenza le terapie “curative” (trapianto, resezione chirurgica, terapie ablative percutanee a radiofrequenza/ alcolizzazione), stadio precoce alla diagnosi, dimensioni e essere in sorveglianza per diagnosi precoce di HCC. Correlano indipendentemente con sopravvivenza stadio precoce di malattia (unifocale, ≤ 2 cm) e essere in programma di sorveglianza(multivariata). Sopravvivenze del CHC sovrapponibili al gruppo HCC a 1 anno, e lievemente inferiori a 3/5 anni (81%, 39%, 21% vs 83%, 59% e 40%,p=0.78,p=0.080 e p=0.14). Sopravvivenza mediana per CHC (2.36 anni) inferiore vs HCC (4.09 anni) pur senza significatività statistica.

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La idea primaria de esta revista fue dar un canal nuevo de comunicación desde la Facultad de Ciencias Médicas, a las actividades de los investigadores de ciencias básicas y clínicas, e invitar a colaboradores de otras universidades a intercambiar experiencias. El presente número incluye artículos sobre la Historia de la Cirugía, artículos de revisión bibliográfica acerca del hiperparotiroidismo, investigaciones inéditas de diversos temas (neoplasias urinarias, trasplantes, sofocos menopáusicos), análisis de casos clínicos, y un dossier sobre el mejoramiento de la educación médica en la Universidad Nacional de Cuyo.

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La idea primaria de esta revista fue dar un canal nuevo de comunicación desde la Facultad de Ciencias Médicas, a las actividades de los investigadores de ciencias básicas y clínicas, e invitar a colaboradores de otras universidades a intercambiar experiencias. El sentido final de las publicaciones es conectar a la universidad con el mundo científico, y reflejar a los investigadores y profesionales de la salud insertados e interactuando con la Sociedad. El presente número contiene artículos acerca de la historia de la Medicina en la Educación Superior de Argentina, la calidad educativa universitaria, y demás artículos originales acerca de tratornos sanguíneos, dermatología, Síndrome Stewart-Treves, entre otros.

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La Revista Médica Universitaria es un espacio de comunicación. Su finalidad es crear una conexión con el mundo científico, y permitir mostrar a nuestros investigadores a la comunidad como tales, pero también como profesionales de la salud insertados e interactuando con la Sociedad. En el presente número de la Revista se encuentran artículos relacionados con Historia de la Medicina, los fundamentos del ingreso a la carrera de medicia y el régimen de residencias. Además de análisis de casos clínicos y revisiones bibliográficas.

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Objetivos: Evaluar parámetros clínicos, bacteriológicos y morbimortalidad en pacientes mayores de 65 años con bacteriemia (Grupo A) y compararlos con aquellas ocurridas en menores de 65 años (grupo B) hospitalizados en un servicio de clínica médica. Material y métodos: Estudio protocolizado, descriptivo y observacional, desde 1989-2006. Criterios de inclusión: dos o más hemocultivos positivos. Análisis estadístico con Epi Info 6.4 . Resultados: Se identificaron 668 bacteriemias: 258 (38,6%) en A y 410 (61,4%) en B. La edad media fue de 74,2 años (DS±7.01) y de 47,2 años (DS±13.7) respectivamente. No hubo diferencias en la permanencia media: 19,1 días (DS±17.07) en A y 19,9 (DS±18,1) en B, ni en el origen nosocomial (40,7 vs 44%). Los focos pulmonar (31 vs 21,2%)(p<0,008) y urinario (27 vs 18,8%)(p=0.017) fue más frecuentes en A. La fiebre >de 38 ºC fue menos frecuente en A (83,8 vs 90,9%)(p=0.0068), mientras que la hipotensión arterial (40,8 vs 32,2%)(p=0.03), oliguria (41,7 vs 30,9%)(p=0.005) y encefalopaa (54,5 vs 39,4%)(p=0.00014) fueron mas comunes en A. Los bacilos gram negativos predominaron en A (46 vs 37%)(p<0.01) con diferencias entre A.baumani (9,16 vs 4,6%) y E.coli (54,1 vs 42,7%)(p<0.05) y en B fueron más frecuentes por S.aureus MS (34.39 vs 24,63)(p=0.01). El shock séptico (33,9 vs 22,4%) y nuevas insuficiencias de órganos (31,1 vs 20,1%) prevalecieron en A (p<0,001). La mortalidad fue de 34,49% para A y de 23,41% para B (p=0,018) Conclusiones: Las bacteriemias en pacientes internados mayores de 65 años comparadas con las ocurridas en pacientes. de menor edad, se caracterizaron significativamente por tener predominio del foco pulmonar y urinario, de hipotensión arterial, oliguria y encefalopaa, de bacteriemia por BGN, principalmente A. baumanii y E. coli; mayor desarrollo de shock séptico, menor frecuencia de fiebre >38°C y de bacteriemia por MSS A, y significativa mayor mortalidad.

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Objetivo: Identificar abuso, dependencia, adicciones (tabaquismo, problemas con alcohol y alimentación) y automedicación en el personal de la salud de un Hospital de agudos.- Material y Métodos: Estudio protocolizado y observacional mediante. encuesta estructurada, autoadministrada y anónima. Se realizó el análisis en 4 grupos: Médicos (M) (MS: Staff y MF: en formación), NO M: enfermeros (E) y otros (O: administración, laboratorio, farmacia, servicios generales). Se realizó un estudio comparativo con una población encuestada en el año 2004. Resultados: Se incluyeron 373 personas: 195 M (73 MS y 122 MF), 83 E y 92 O; 225 mujeres (60,3%); edad promedio grupal: 36.1 años (DS± 9.98). El 77.5% con pareja estable, el 98.1% heterosexuales y 67,3% universitarios. El 67.3% se automedicaba, el 35.1% eran tabaquistas activos; el 28.4% presentaba problemas con el alcohol y el 36.2% con la alimentación. El tabaquismo fue más frecuente entre 40-50 años (42,5%) y en E: 56.6%; MS: 21,9%; MF: 27% y O: 36.9%(p<0.05). Se incrementó la intención de abandonar el cigarrillo comparado con el año 2004 (74.6 vs 56.3%)(p<0.05). Los problemas con el alcohol fueron frecuentes entre 20 y 30 años (47.2%), en personas con pareja inestable (73.6%), sin diferencias entre los grupos y en 51.8% coexistía con tabaquismo. Los problemas de alimentación ocurrieron significativamente en MF (46,9%) comparados con MS (22.5%) (p<0.05). Se detectó automedicación en el 68.3 del Grupo O y en 48.1% del Grupo M (p<0.05). Al comparar la automedicación en las encuestas del año 2004 y 2007, se comprobó una reducción en E (87.8 vs 52.4%) y en O (77.5 vs 48.1%)(p<0.05).- Conclusiones: Se detectó elevada prevalencia de tabaquismo, problemas con el alcohol, alimentación y automedicación en todo el personal hospitalario. El tabaquismo predominó en enfermeros, los trastornos alimentarios en médicos en formación y el alcoholismo en solteros con pareja inestable.

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Objetivo: Comunicar un caso de cetoacidosis inducida por corticoides y gatifloxacina y discutir los mecanismos de esta inusual y seria complicación. Caso clínico: Mujer de 32 años, ingresa por neumonía adquirida en la comunidad de 5 días de evolución. Antecedentes: AR probable diagnosticada 4 meses antes tratada con metotrexate y corticoides intermitente. Examen físico: regular estado general, IMC 21, Tº 38ºC, FR 32/min, derrame pleural derecho, FC 96/min, PA 110/70, artralgias sin artritis. Exámenes complementarios: Hto 23%, GB 16300/mm3, VSG 96mm/1ºh, glucemia 0.90mg/dl, función hepática y amilasa normales, uremia 1.19g/l, creatinina 19mg/l. Hemocultivos (2) y esputo positivos para Neumococo penicilina-sensible. La neumonía responde a gatifloxacina. Deteriora la función renal hasta la anuria con acidosis metabólica. Se interpreta como glomerulonefritis lúpica rápidamente progresiva por proteinuria de 2g/24hs, FR (+) 1/1280, FAN (+) 1/320 homogéneo, Anti ADN (+) , complemento bajo: C3 29.4mg/dl y C4 10mg/dl, Ac anti Ro, La, Scl70, RNP y anticardiolipinas positivos. Se indica metilprednisolona EV (3 bolos 1g), complicándose con hiperglucemias de >6 g/l y cetoacidosis con cetonuria (+); Ac anti ICA y antiGAD negativos con HbA1C 5.2%. Es tratada en UTI (insulina y hemodiálisis). La paciente mejora, se desciende la dosis de corticoides, con normalización de la glucemia sin tratamiento hipoglucemiante. Comentarios 1) La presencia de HbA1C nomal, Ac anti ICA y GAD negativos permite descartar con razonable grado de certeza una diabetes tipo1 asociada al lupus. 2) El desarrollo de la cetoacidosis durante el tratamiento con corticoides y gatifloxacina y su resolución posterior avalan el rol etiológico de los mismos. 3) La cetoacidosis puede explicarse por estimulación de la gluconeogénesis y la insulinoresistencia a nivel de receptor y post-receptor generada por los fármacos potenciado por el estado inflamatorio relacionado con el lupus y la sepsis.

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Objetivos: Determinar las características clínicas y morbilidad de los pacientes (pac.) adictos ingresados a un Servicio de Clínica Médica. Material y métodos: Estudio protocolizado, observacional, descriptivo y transversal. Criterio de inclusión: pac. adicto con consumo de sustancias ilícitas. Informe preliminar: Periodo: 24 meses. Datos analizados en Epi info 6.4 Resultados: Se incluyeron 40 pac. Prevalencia: 0.2/1000 egresos. El 82.5% eran hombres. Edad media: 31.5 años (DS±9.65). Permanencia media: 11 días (DS±13.98) vs 7.12 (DS±10.1) del Servicio (p=0.016). Consumían cocaína el 82.5% (IC95%67.22-92.66) marihuana el 77.5% (IC95% 61.65- 89.16), tolueno el 10% (IC95%2.79-23.66), floripondio y hachis el 2.5% (IC95% 0.06-13.16) cada uno. En el 2.5% laa de administración era endovenosa y el 60% eran poliadictos. Solo el 10% recibió tratamiento para abandonar la adicción (100% tratamiento psicológico y 5.13% farmacológico). De clase social pobre el 75%. El 62.5% de los pac. estaban desocupados, tenían antecedentes judiciales el 10% y el 7.5% haa estado en prisión. El 92.5% (IC95% 76.34-97.21) era heterosexual, 2.5% hombres que tenían sexo con hombres y bisexuales 5% (IC95% 0.61-16.92). Solo el 10% tenían secundaria completa. El 80% ingreso por Emergencias y por causa infecciosa el 45%. El 12.5% ingreso por complicaciones de la adicción. Las manifestaciones relacionadas con la adicción fueron: manifestaciones del sistema nervioso central: 12.5% (IC95%4.19-26.80); síndrome de abstinencia y temblor 7.5% cada uno y excitación psicomotriz, delirium, signo de foco neurológico y rigidez 5% cada uno. El 100% presentaba alguna comórbida; tabaquismo 80%, depresión 12.8% Y alcoholismo 57.5%, entre otras. Presentaban enfermedades de transmisión sexual 5 pac. (4 HIV, 2 VHC y 1 pediculus pubis). No hubo mortalidad hospitalaria. Conclusión: El paciente adicto internado se caracteriza por ser joven, pertenecer a un grupo social desprotegido, sin trabajo y sin educación, tener poliadicción, con alta carga de comórbidas y de internación, principalmente por complicaciones infecciosas.

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Las irradiaciones médicas constituyen la contribución más importante a la exposición humana a radiaciones ionizantes de origen artificial. Las estadísticas mundiales indican una tendencia creciente en el número anual de estas prácticas en función del desarrollo de nuevas técnicas de diagnóstico por imágenes, de la aplicación de nuevos fármacos marcados con diversos isótopos y de avances en los tratamientos antineoplásicos. Debido a esta amplia difusión, la Protección Radiológica (PR) se ha convertido en un tema relevante para las sociedades científicas y los organismos reguladores. En este sentido, la mayor parte de los países europeos ha implementado planes de acción para la protección radiológica del paciente. Un ejemplo de ello lo constituye la guía PR/116 elaborada por la Comisión Europea en el año 2000, que recomienda la implementación de un curso en PR en las escuelas de Medicina y Odontología. En consecuencia, el propósito general de esta investigación fue describir y analizar críticamente la situación actual de la enseñanza de contenidos referidos al uso de las radiaciones ionizantes en la carrera de Medicina de la Facultad de Ciencias Médicas de la Universidad Nacional de Cuyo. Los principales resultados muestran que no existe una obligación curricular que presente entre sus contenidos mínimos la enseñanza de la PR, como tampoco de conocimientos básicos de Física de la radiación. Además, tanto la PR como los temas ambientales relativos al uso de radiaciones ionizantes en Medicina no se desarrollan según lo recomendado por Organismos Internacionales especializados. Teniendo en cuenta que muchos métodos de diagnóstico por imágenes utilizan radiaciones ionizantes, se sugiere la inclusión de esta temática en el plan de estudio de la carrera de Medicina. El objetivo es incorporar la cultura de la radioprotección en la formación del futuro profesional y, en consecuencia, reducir la ejecución de prácticas injustificadas que atentan contra la salud individual y ambiental.

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Objetivos: Analizar el estado funcional y su relación con morbimortalidad en pacientes con neoplasias internados en Cínica Médica. Material y métodos: Estudio descriptivo, protocolizado y observacional. Se analizaron variables clínicas, estado funcional, situación anímica y morbimortalidad en pacientes oncológicos hospitalizados y se compararon pacientes con Índice de Karnofsky <40 puntos (grupo A) y >40 puntos (grupo B). Los datos fueron analizados en EPI Info 6.04. Informe de los primeros 3 meses. Resultados: En el período de estudio, ingresaron 66 pacientes con neoplasias, 21 (31.8%) en A, con Karnofsky promedio de 25 puntos (DS±12.09) y 45 (68.2%) en B, con Karnofsky promedio de 77 puntos (DS±16.65). El 77.3% presentó tumores sólidos y el 22.7% hematológicos y las neoplasias más frecuentes fueron del tracto gastrointestinal (19.6%), mama (12.1%), pulmón (9.1%) y primario oculto (7.6%). El estadio tumoral IV fue el más frecuente en ambos grupos (89.5% de A y 88.9% de B)(pNS). La edad media en A fue de 59.57 (DS±13.71) y 52.48 años (DS±15.65) en B (pNS) y el género masculino fue más frecuente en A (66.7 y 44.4% respectivamente) (p<0.05). La permanencia media fue de 17.57 en A (DS±20.84) y de 13.53 días (DS±16.29) en B (pNS). La evaluación de Actividades Básicas de la Vida Diaria [0.81 (DS±1.25) vs 4.57 puntos (DS±1.15)] y Actividades Instrumentales [0.57 (DS±0.74) vs 4 puntos (DS±1.37)] fue superior en B (p<0.05) y no hubo diferencias en la comorbilidad (85.7 vs 82.2%)(pNS). Las infecciones (52.4 vs 26.7%), causa social (38.1 vs 4.4%), complicaciones neoplásicas (81 vs 51.1%) y dolor (81 vs 51.1%) fueron los motivos de internación más frecuentes en A (p<0.05). Los pacientes de A recibieron con mayor frecuencia cuidados paliativos (90.5 vs46.7%) y quimioterapia (90.5 vs 46.7%)(p<0.05), sin diferencias en radioterapia (23.8 vs 13.3%) y cirugía (33.3 vs 33.3%)(pNS). No hubo diferencias entre ambos grupos en la presencia de depresión clínica (69.9 vs 53.3%) y pérdida de peso (86.4 vs 84.2%)(pNS). El síndrome confusional (85.7 vs 11.1%), postración (61.9 vs 6.7%) y escaras (23.8 vs 4.4%) fueron más frecuentes en A (p<0.05). La mortalidad hospitalaria fue 52.4% en A y 8.9% en B (p<0.05). Conclusiones: El grado de estado funcional evaluado por Karnofsky menor de 40 puntos se asoció significativamente a: mayor mortalidad, uso de quimioterapia, cuidados paliativos, internación por infecciones, dolor y complicaciones neoplásicas y presencia de síndrome confusional, postración y escaras de decúbito (p<0.05).

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Objetivos: Analizar características clínicas y morbimortalidad de las bacteriemias por Pseudomonas aeruginosa comparadas con Klebsiella spp en pacientes hospitalizados en un Servicio de Clínica Médica de adultos. Material y métodos: Estudio protocolizado, descriptivo, observacional de 15 años de duración. Criterio de inclusión: 2 o más hemocultivos positivos para el germen. Los datos fueron procesados en EPI Info 6.04. El criterio de significación se estableció para un error alfa menor del 5%. Resultados: Se detectaron en el período de estudio 282 bacteriemias por bacilos gram negativos de las cuales 19 fueron por Pseudomonas aeruginosa (6.7%) y 76 por Klebsiella (26.9%). No se encontraron diferencias significativas entre ambas en cuanto a edad media [53.9 años (DS±17.9 ) vs 58.7 años (DS±15.2)], sexo (femenino: 26.3 vs 38.2%) ni complicaciones (77.8 vs 77.3%). La presencia de neutropenia (52.6 vs 9.2%)(p<0.0001), comorbilidad mayor (94.7 vs 68.4%)(p<0.05), neoplasias (47.4 vs 22.4%)(p<0.05), uso de corticoides (21.1 vs 3.9%)(p<0.05), e inmunosupresores (31.6 vs 7.9%)(p<0.01), trombocitopenia (77.7 vs 49.3%) (p<0.05) y leucopenia (52.6 vs 21.3%)(p<0.01) fueron más frecuentes en las bacteriemias por P. aeruginosa. Resultó más frecuente la hipoalbuminemia (88.5 vs 37.5%)(p<0.001) en las bacteriemias por Klebsiella spp. No se encontraron diferencias significativas en cuanto a puerta de entrada conocida (78.9 vs 77.6%), anemia (84.2 vs 71.2%), complicaciones infecciosas (84.2 vs 73.7%), descompensación de comórbidas (55.6 vs 51.3%) y encefalopaa (36.8 vs 57.9%)(pNS). La mortalidad precoz (dentro de los 7 días) fue significativamente mayor en el grupo de las bacteriemias por P.aeruginosa (57.1 vs 12%) (p<0.01), sin diferencias en la mortalidad global (36.8 vs 32.9%) (pNS). Conclusiones: Las bacteriemias por P.aeruginosa comparadas con las producidas por Klebsiella spp. se asociaron significativamente a mayor frecuencia de neoplasias, leucopenia, trombocitopenia y neutropenia, comorbilidad mayor, uso de corticoides e inmunosupresores, y a mortalidad precoz.