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Resumo:
In questi ultimi anni il tema della sicurezza sismica degli edifici storici in muratura ha assunto particolare rilievo in quanto a partire soprattutto dall’ordinanza 3274 del 2003, emanata in seguito al sisma che colpì il Molise nel 2002, la normativa ha imposto un monitoraggio ed una classificazione degli edifici storici sotto tutela per quanto riguarda la vulnerabilità sismica (nel 2008, quest’anno, scade il termine per attuare quest’opera di classificazione). Si è posto per questo in modo più urgente il problema dello studio del comportamento degli edifici storici (non solo quelli che costituiscono monumento, ma anche e soprattutto quelli minori) e della loro sicurezza. Le Linee Guida di applicazione dell’Ordinanza 3274 nascono con l’intento di fornire strumenti e metodologie semplici ed efficaci per affrontare questo studio nei tempi previsti. Il problema si pone in modo particolare per le chiese, presenti in grande quantità sul territorio italiano e di cui costituiscono gran parte del patrimonio culturale; questi edifici, composti di solito da grandi elementi murari, non presentano comportamento scatolare, mancando orizzontamenti, elementi di collegamento efficace e muri di spina interni e sono particolarmente vulnerabili ad azioni sismiche; presentano inoltre un comportamento strutturale a sollecitazioni orizzontali che non può essere colto con un approccio globale basato, ad esempio, su un’analisi modale lineare: non ci sono modi di vibrare che coinvolgano una sufficiente parte di massa della struttura; si hanno valori dei coefficienti di partecipazione dei varii modi di vibrare minori del 10% (in generale molto più bassi). Per questo motivo l’esperienza e l’osservazione di casi reali suggeriscono un approccio di studio degli edifici storici sacri in muratura attraverso l’analisi della sicurezza sismica dei cosiddetti “macroelementi” in cui si può suddividere un edificio murario, i quali sono elementi che presentano un comportamento strutturale autonomo. Questo lavoro si inserisce in uno studio più ampio iniziato con una tesi di laurea dal titolo “Analisi Limite di Strutture in Muratura. Teoria e Applicazione all'Arco Trionfale” (M. Temprati), che ha studiato il comportamento dell’arco trionfale della chiesa collegiata di Santa Maria del Borgo a San Nicandro Garganico (FG). Suddividere un edificio in muratura in più elementi è il metodo proposto nelle Linee Guida, di cui si parla nel primo capitolo del presente lavoro: la vulnerabilità delle strutture può essere studiata tramite il moltiplicatore di collasso quale parametro in grado di esprimere il livello di sicurezza sismica. Nel secondo capitolo si illustra il calcolo degli indici di vulnerabilità e delle accelerazioni di danno per la chiesa di Santa Maria del Borgo, attraverso la compilazione delle schede dette “di II livello”, secondo quanto indicato nelle Linee Guida. Nel terzo capitolo viene riportato il calcolo del moltiplicatore di collasso a ribaltamento della facciata della chiesa. Su questo elemento si è incentrata l’attenzione nel presente lavoro. A causa della complessità dello schema strutturale della facciata connessa ad altri elementi dell’edificio, si è fatto uso del codice di calcolo agli elementi finiti ABAQUS. Della modellazione del materiale e del settaggio dei parametri del software si è discusso nel quarto capitolo. Nel quinto capitolo si illustra l’analisi condotta tramite ABAQUS sullo stesso schema della facciata utilizzato per il calcolo manuale nel capitolo tre: l’utilizzo combinato dell’analisi cinematica e del metodo agli elementi finiti permette per esempi semplici di convalidare i risultati ottenibili con un’analisi non-lineare agli elementi finiti e di estenderne la validità a schemi più completi e più complessi. Nel sesto capitolo infatti si riportano i risultati delle analisi condotte con ABAQUS su schemi strutturali in cui si considerano anche gli elementi connessi alla facciata. Si riesce in questo modo ad individuare con chiarezza il meccanismo di collasso di più facile attivazione per la facciata e a trarre importanti informazioni sul comportamento strutturale delle varie parti, anche in vista di un intervento di ristrutturazione e miglioramento sismico.
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Máster Universitario en Sistemas Inteligentes y Aplicaciones Numéricas en Ingeniería (SIANI)
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Questo elaborato si pone l'obiettivo di analizzare e valutare la sostenibilità dell'intera filiera dell'olio di palma, che viene importato da paesi del Sud Est asiatico per essere utilizzato in Europa per scopi sia energetici che alimentari. Nell'introduzione è inquadrata la problematica dei biocombustibili e degli strumenti volontari che possono essere utilizzati per garantire ed incentivare la sostenibilità in generale e dei biocombustibili; è presente inoltre un approfondimento sull'olio di palma, sulle sue caratteristiche e sulla crescita che ha subito negli ultimi anni in termini di produzione e compra/vendita. Per questa valutazione sono stati impiegati tre importanti strumenti di analisi e certificazione della sostenibilità, che sono stati applicati ad uno specifico caso di studio: l'azienda Unigrà SpA. La certificazione RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil) è uno strumento volontario per la garanzia della sostenibilità della filiera dell'olio di palma in termini economici (vitalità nel mercato), ambientali (risparmio delle emissioni di gas ad effetto serra o GHG, conservazione delle risorse naturali e della biodiversità) e sociali (preservazione delle comunità locali e miglioramento nella gestione delle aree di interesse). La Global Reporting Initiative è un'organizzazione che prevede la redazione volontaria di un documento chiamato bilancio di sostenibilità secondo delle linee guida standardizzate che permettono alle organizzazioni di misurare e confrontare le loro performance economiche, sociali e ambientali nel tempo. La Direttiva Comunitaria 2009/28/CE (Renewable Energy Directive o RED) è invece uno strumento cogente nel caso in cui le organizzazioni intendano utilizzare risorse rinnovabili per ottenere incentivi finanziari. A seguito di un calcolo delle emissioni di GHG, le organizzazioni devono dimostrare determinate prestazioni ambientali attraverso il confronto con delle soglie presenti nel testo della Direttiva. Parallelamente alla valutazione delle emissioni è richiesto che le organizzazioni aderiscano a dei criteri obbligatori di sostenibilità economica, ambientale e sociale, verificabili grazie a degli schemi di certificazione che rientrano all'interno di politiche di sostenibilità globale. Questi strumenti sono stati applicati ad Unigrà, un'azienda che opera nel settore della trasformazione e della vendita di oli e grassi alimentari, margarine e semilavorati destinati alla produzione alimentare e che ha recentemente costruito una centrale da 58 MWe per la produzione di energia elettrica, alimentata in parte da olio di palma proveniente dal sud-est asiatico ed in parte dallo scarto della lavorazione nello stabilimento. L'adesione alla RSPO garantisce all'azienda la conformità alle richieste dell'organizzazione per la commercializzazione e la vendita di materie prime certificate RSPO, migliorando l'immagine di Unigrà all'interno del suo mercato di riferimento. Questo tipo di certificazione risulta importante per le organizzazioni perché può essere considerato un mezzo per ridurre l'impatto negativo nei confronti dell'ambiente, limitando deforestazione e cambiamenti di uso del suolo, oltre che consentire una valutazione globale, anche in termini di sostenibilità sociale. Unigrà ha visto nella redazione del bilancio di sostenibilità uno strumento fondamentale per la valutazione della sostenibilità a tutto tondo della propria organizzazione, perché viene data uguale rilevanza alle tre sfere della sostenibilità; la validazione esterna di questo documento ha solo lo scopo di controllare che le informazioni inserite siano veritiere e corrette secondo le linee guida del GRI, tuttavia non da giudizi sulle prestazioni assolute di una organizzazione. Il giudizio che viene dato sulle prestazioni delle organizzazioni e di tipo qualitativo ma non quantitativo. Ogni organizzazione può decidere di inserire o meno parte degli indicatori per una descrizione più accurata e puntuale. Unigrà acquisterà olio di palma certificato sostenibile secondo i principi previsti dalla Direttiva RED per l'alimentazione della centrale energetica, inoltre il 10 gennaio 2012 ha ottenuto la certificazione della sostenibilità della filiera secondo lo schema Bureau Veritas approvato dalla Comunità Europea. Il calcolo delle emissioni di tutte le fasi della filiera dell'olio di palma specifico per Unigrà è stato svolto tramite Biograce, uno strumento di calcolo finanziato dalla Comunità Europea che permette alle organizzazioni di misurare le emissioni della propria filiera in maniera semplificata ed adattabile alle specifiche situazioni. Dei fattori critici possono però influenzare il calcolo delle emissioni della filiera dell'olio di palma, tra questi i più rilevanti sono: cambiamento di uso del suolo diretto ed indiretto, perché possono provocare perdita di biodiversità, aumento delle emissioni di gas serra derivanti dai cambiamenti di riserve di carbonio nel suolo e nella biomassa vegetale, combustione delle foreste, malattie respiratorie, cambiamenti nelle caratteristiche dei terreni e conflitti sociali; presenza di un sistema di cattura di metano all'oleificio, perché gli effluenti della lavorazione non trattati potrebbero provocare problemi ambientali; cambiamento del rendimento del terreno, che può influenzare negativamente la resa delle piantagioni di palma da olio; sicurezza del cibo ed aspetti socio-economici, perché, sebbene non inseriti nel calcolo delle emissioni, potrebbero provocare conseguenze indesiderate per le popolazioni locali. Per una valutazione complessiva della filiera presa in esame, è necessario ottenere delle informazioni puntuali provenienti da paesi terzi dove però non sono di sempre facile reperibilità. Alla fine della valutazione delle emissioni, quello che emerge dal foglio di Biograce e un numero che, sebbene possa essere confrontato con delle soglie specifiche che descrivono dei criteri obbligatori di sostenibilità, non fornisce informazioni aggiuntive sulle caratteristiche della filiera considerata. È per questo motivo che accanto a valutazioni di questo tipo è necessario aderire a specifici criteri di sostenibilità aggiuntivi. Il calcolo delle emissioni dell'azienda Unigrà risulta vantaggioso in quasi tutti i casi, anche considerando i fattori critici; la certificazione della sostenibilità della filiera garantisce l'elevato livello di performance anche nei casi provvisti di maggiore incertezza. L'analisi del caso Unigrà ha reso evidente come l'azienda abbia intrapreso la strada della sostenibilità globale, che si traduce in azioni concrete. Gli strumenti di certificazione risultano quindi dei mezzi che consentono di garantire la sostenibilità della filiera dell'olio di palma e diventano parte integrante di programmi per la strategia europea di promozione della sostenibilità globale. L'utilizzo e l'implementazione di sistemi di certificazione della sostenibilità risulta per questo da favorire.
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Negli ultimi anni si è sviluppata una forte sensibilità nei confronti del rischio che il dissesto idrogeologico comporta per il territorio, soprattutto in un paese come il nostro, densamente abitato e geologicamente fragile. Il rischio idrogeologico In Italia infatti è diffuso in modo capillare e si presenta in modo differente a seconda dell’assetto geomorfologico del territorio. Tra i fattori naturali che predispongono il nostro territorio a frane ed alluvioni, rientra la conformazione geologica e geomorfologica, caratterizzata da un’orografia giovane e da rilievi in via di sollevamento. A seguito del verificarsi di una serie di eventi calamitosi (Piemonte 1994, Campania 1998 e 1999, Sovereto 2000, Alpi centrali 2000 e 2002) sono state emanate leggi specifiche finalizzate all’individuazione e all’applicazione di norme, volte a prevenire e contenere i gravi effetti derivanti dai fenomeni di dissesto. Si fa riferimento in particolare, alle leggi n°267 del 3/08/1998 e 365/2000 che hanno integrato la legge 183/1989. In questo modo gli enti territoriali (Regioni, Autorità di bacino) sono stati obbligati a predisporre una adeguata cartografia con perimetrazione delle aree a differente pericolosità e rischio. Parallelamente continuano ad essere intrapresi, promossi e finanziati numerosi studi scientifici volti allo studio dei fenomeni ed alla definizione più puntuale delle condizioni di rischio, oltre alle iniziative volte alla creazione di un efficace sistema di allertamento e di sorveglianza dei fenomeni e alla messa a punto di una pianificazione di emergenza volta a coordinare in modo efficace la risposta delle istituzioni agli eventi. In questo contesto gli studi su validi approcci metodologici per l’analisi e la valutazione del rischio possono fornire un supporto al processo decisionale delle autorità preposte alla gestione del territorio, identificando gli scenari di rischio e le possibili strategie di mitigazione, e individuando la soluzione migliore in termini di accettabilità sociale e convenienza economica. Nel presente elaborato si vuole descrivere i temi relativi alla valutazione della pericolosità, del rischio e della sua gestione, con particolare attenzione ai fenomeni di instabilità dei versanti e nello specifico ai fenomeni di crollo da pareti rocciose che interessano il territorio della Provincia Autonoma di Bolzano. Il fenomeno della caduta massi infatti è comunemente diffuso in tutte le regioni di montagna e lungo le falesie costiere, ed in funzione dell’elevata velocità con cui si manifesta può costituire una costante fonte di pericolo per le vite, i beni e le attività umane in zone generalmente molto attive dal punto di vista del turismo e delle grandi vie di comunicazione. Il territorio della Provincia Autonoma di Bolzano è fortemente interessato da questo problema, sia per la morfologia montuosa della provincia che per le infrastrutture che sempre più occupano zone di territorio un tempo poco urbanizzate. Al fine di pervenire ad una legittima programmazione delle attività di previsione e prevenzione, il Dipartimento dei Lavori Pubblici della Provincia, ha scelto di utilizzare una strategia che prevedesse un insieme di attività dirette allo studio ed alla determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, alla identificazione dei rischi, ed alla determinazione delle zone del territorio soggette ai rischi stessi. E’ nato così, con l’operatività dell’Ufficio Geologia e Prove Materiali, il supporto del Dipartimento Opere Pubbliche e della Ripartizione Protezione Civile e la collaborazione scientifica del DISTART – Università degli Studi di Bologna, Alma Mater Studiorum, il progetto VISO che riguarda i pericoli generati da frane di crollo, ribaltamento, scivolamento di porzioni di pareti rocciose e caduta massi. Il progetto ha come scopo la valutazione del pericolo, della vulnerabilità e del rischio e dell’effettiva funzionalità delle opere di protezione contro la caduta massi lungo la strada statale del Brennero. Il presente elaborato mostra l’iter per l’individuazione del rischio specifico che caratterizza un particolare tratto stradale, così come è stato pensato dalla Provincia Autonoma di Bolzano all’interno di una strategia di previsione e prevenzione, basata su metodi il più possibile oggettivi, ed estesa all’intera rete stradale di competenza provinciale. Si esamina l’uso di metodologie diverse per calcolare l’intensità di un fenomeno franoso che potrebbe potenzialmente svilupparsi su un versante e si osserva in che modo la presenza di opere di protezione passiva influisce sull’analisi di pericolosità. Nel primo capitolo viene presentata una panoramica sui fenomeni di crollo descrivendo i fattori principali che li originano e gli interventi di protezione posti a difesa del versante. Si esaminano brevemente le tipologie di intervento, classificate in opere attive e passive, con particolare attenzione alle barriere paramassi., che si collocano tra gli interventi di difesa passivi e che stanno diventando il tipo di intervento più frequentemente utilizzato. Nel capitolo vengono descritte dal punto di vista progettuale, prendendo in esame anche la normativa di riferimento nonché le nuove linee guida per la certificazione CE delle barriere, nate negli ultimi anni per portare ad una facile comparabilità dei vari prodotti sottoposti ad impatti normalizzati, definendo con chiarezza i livelli energetici ai quali possono essere utilizzati i vari prodotti e, nel contempo, fornendo informazioni assolutamente indispensabili per la buona progettazione degli stessi. Nel capitolo successivo si prendono in esame i temi relativi alla valutazione della pericolosità e del rischio, l’iter procedurale di analisi del rischio adottato dalla Provincia Autonoma di Bolzano in relazione alle frane da crollo che investono le strade della rete provinciale ed in particolare viene descritto il progetto VISO (Viability Information Operating System), nato allo scopo di implementare un catasto informatizzato che raccolga indicazioni sul patrimonio delle opere di protezione contro la caduta massi e di rilevare e valutare il pericolo, la vulnerabilità, il rischio e l’effettiva funzionalità delle opere di protezione contro la caduta massi lungo le strade statali e provinciali. All’interno dello stesso capitolo si espone come, nell’ambito del progetto VISO e grazie alla nascita del progetto europeo Paramount ” (Improved accessibility reliability and safety of Alpine tran sport infrastructure related to mountainous hazard in a changing climate) si è provveduto, con l’aiuto di una collega del corso di laurea, a raccogliere i dati relativi all’installazione delle barriere paramassi sul territorio della Provincia Autonoma di Bolzano. Grazie ad un’analisi di archivio effettuata all’interno delle diverse sedi del servizio strade della Provincia Autonoma di Bolzano, si è presa visione (laddove presenti) delle schede tecniche delle barriere collocate sul territorio, si sono integrati i dettagli costruttivi contattando le principali ditte fornitrici e si è proceduto con una classificazione delle opere, identificando alcuni modelli di “barriere-tipo che sono stati inseriti nel database PARAMOUNT, già creato per il progetto VISO. Si è proseguito associando a tali modelli le barriere provviste di documentazione fotografica rilevate in precedenza dall’istituto di Geologia della Provincia Autonoma di Bolzano e inserite in VISO e si è valutata la corrispondenza dei modelli creati, andando a verificare sul posto che le barriere presenti sul territorio ed inserite nel database (tramite modello), effettivamente coincidessero, nelle misure e per le caratteristiche geometrico-costruttive, ai modelli a cui erano state associate. Inoltre sono stati considerati i danni tipici a cui può essere soggetta una barriera paramassi durante il suo periodo di esercizio poiché tali difetti andranno ad incidere sulla valutazione dell’utilità del sistema di difesa e di conseguenza sulla valutazione della pericolosità del versante(H*). Nel terzo capitolo si è esposta una possibile integrazione, mediante il software di calcolo RocFall, della procedura di valutazione dell’analisi di pericolosità di un versante utilizzata nell’ambito del progetto VISO e già analizzata in dettaglio nel secondo capitolo. Il software RocFall utilizza un metodo lumped mass su schema bidimensionale basato su ipotesi semplificative e consente di effettuare simulazioni probabilistiche di fenomeni di caduta massi, offrendo importanti informazioni sull’energia che si sviluppa durante il crollo, sulle velocità raggiunte e sulle altezze di rimbalzo lungo tutto il versante considerato, nonché sulla distanza di arresto dei singoli massi. Si sono realizzati dei profili-tipo da associare al versante, considerando il pendio suddiviso in tre parti : parete verticale (H = 100 m) lungo la quale si sviluppa il movimento franoso; pendio di altezza H = 100 m e angolo pari ai quattro valori medi della pendenza indicati nella scheda di campagna; strada (L = 10 m). Utilizzando il software Cad si sono realizzati 16 profili associando la pendenza media del versante a 4 morfologie individuate grazie all’esperienza dell’Istituto di Geologia e Prove materiali della Provincia Autonoma di Bolzano; si è proceduto importando tali profili in RocFall dove sono state aggiunte informazioni riguardanti la massa del blocco e l’uso del suolo, ottenendo 256 profili-tipo ai quali è stata associata una sigla definita come segue : morfologia (1, 2, 3, 4) _ pendenza (37, 53, 67, 83 gradi) _ uso del suolo (A, B, C, D) _ massa (a,b,c,d). Fissando i parametri corrispondenti al peso del masso ( inserito al solo scopo di calcolare la velocità rotazionale e l’energia cinetica ) e considerando, per ogni simulazione, un numero di traiettorie possibili pari a 1000, avendo osservato che all’aumentare di tale numero (purchè sufficientemente elevato) non si riscontrano variazioni sostanziali nei risultati dell’analisi, si è valutato come i parametri uso del suolo (A;B;C;D), morfologia (1;2;3;4) e pendenza (37°;53°;67°;83°) incidano sulla variazione di energia cinetica, di altezza di rimbalzo e sulla percentuale di massi che raggiunge la strada, scegliendo come punto di riferimento il punto di intersezione tra il pendio e la strada. Al fine di realizzare un confronto tra un profilo reale e un profilo-tipo, sono stati utilizzati 4 profili posti su un versante situato nel Comune di Laives, noto per le frequenti cadute di massi che hanno raggiunto in molti casi la strada. Tali profili sono stati visionati in sede di sopralluogo dove si è provveduto alla compilazione delle schede di campagna (impiegate per valutare l’intensità del fenomeno che potenzialmente si sviluppa dal versante) e all’individuazione dei profili-tipo corrispondenti. Sono state effettuate analisi di simulazione per entrambe le tipologie di profilo, e sono stati confrontati i risultati ottenuti in termini di Energia cinetica; altezza di rimbalzo e percentuale dei blocchi in corrispondenza della strada. I profili reali sono stati importati in RocFal in seguito ad estrapolazione dal modello digitale del terreno (ottenuto da analisi con Laser Scanner) utilizzando l’ estensione Easy Profiler nel software Arcmap. Infine si è valutata la possibilità di collocare eventuali barriere paramassi su un profilo reale, si è proceduto effettuando una analisi di simulazione di caduta massi in RocFall, importando in excel i valori corrispondenti all’andamento dei massimi dell’Energia cinetica e dell’altezza di rimbalzo lungo il pendio che forniscono una buona indicazione circa l´idonea ubicazione delle opere di protezione.
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Negli ultimi anni la tecnologia ha svolto un ruolo sempre più importante nella formazione degli interpreti. All'interno del corso di Metodi e Tecnologie per l'Interpretazione si è quindi deciso di far conoscere agli studenti il software InterpretBank, programma sviluppato da Claudio Fantinuoli per assistere l'interprete durante tutte le fasi dell'interpretazione, dalla preparazione al lavoro in cabina. Le nuove generazioni di studenti usano quotidianamente le TIC e sono dunque molto recettivi alle innovazioni tecnologiche. Non avendo informazioni sul comportamento degli studenti nell'uso del software, si è deciso di condurre uno studio esplorativo che ha coinvolto un campione di studenti attualmente iscritti al corso di laurea magistrale in interpretazione. Dopo una fase formativa in cui gli studenti hanno imparato a conoscere e usare il software, si è svolta una simulazione finale nel corso della quale è stato osservato l'approccio degli studenti nell'uso di InterpretBank. La percezione del software da parte degli studenti è stata rilevata a mezzo questionario, i cui risultati sono stati confrontati con i dati raccolti durante la simulazione. Quanto emerso da questa analisi è poi stato confrontato con l'opinione di una giovane interprete freelance con esperienza presso le istituzioni europee. Dallo studio sono emersi dati interessanti. L'opinione degli studenti e dell'interprete riguardo al software è stata molto positiva. L'esperienza pratica nell'uso del software si è dimostrata utile per sviluppare negli studenti la consapevolezza del corretto uso del software. Sono emersi anche aspetti problematici. Gli studenti tendono infatti ad affidarsi troppo al software durante l'IS e il programma viene a volte percepito come fonte di distrazione che rende difficile concentrarsi sulla resa nel suo complesso. Si ritiene che un approccio graduale con esercizi mirati e l'esperienza pratica nell'uso del software possano aiutare gli studenti a comprendere come conciliare ricerca della terminologia e atto interpretativo, nonché ad imparare come suddividere l'attenzione durante l'IS.
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La investigación se enmarca desde la visión del desarrollo sostenible que integra aspectos económicos, sociales, ambientales e institucionales ligados, de forma estrecha, con el hombre y los conceptos de solidaridad y equidad intergeneracional. Continuando con el trabajo que el equipo desarrolla desde hace más de una década sobre Patrimonio jesuítico y Turismo, se propone profundizar el estudio del área de las cuatro Misiones jesuíticas del río Uruguay (Concepción, Santos Mártires, San Javier y Santa María La Mayor) para la estructuración de itinerarios turísticos culturales asociados al concepto de territorio- museo abierto expresados a través de propuestas de conjuntos interpretativos, es decir un sistema de presentación que combina materiales impresos, dispositivos de información e interpretación in situ, y a la vez que presenta los distintos componentes patrimoniales ordenados temáticamente y una serie de actividades de dinamización del patrimonio que pueden ir desde la recuperación del bien patrimonial, talleres didácticos hasta programas de eventos y fiestas. Miró, Manel i Alaix. Stoa. Propostes culturales y turístiques. Documentos en la bodega. www.terraincognita.org/tterra_documentos3ct.htm (24/06/2002)) El foco durante este período estará en planificar la creación de itinerarios sostenibles, estableciendo un adecuado equilibrio entre la conservación y el uso del patrimonio, como así también iniciar un proceso de diseño de instrumentos de medición de la sostenibilidad que permita monitorear el desempeño de las dimensiones social, económica y ambiental en el turismo.
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Este proyecto se ha planteado una investigación básica-aplicada de tres años de desarrollo en el campo de la gramática y sus articulaciones con otras disciplinas colindantes (semiótica, análisis del discurso, retórica, alfabetización, sociolingüística, psicolingüística, pedagogía, estudios literarios, etc.). La primera etapa propuso actividades tendientes a actualizar el estado del arte y a configurar un marco conceptual consistente de los avances teóricos en relación con los problemas gramaticales para fortalecer la formación de docentes investigadores especialistas en esta disciplina y encaminar los resultados a una segunda etapa de transferencia a las cátedras universitarias de gramática en las carreras de letras y portugués (en tanto contenido teórico disciplinar y como aplicaciones al campo de la enseñanza), a seminarios especializados y a talleres de extensión para docentes. La inscripción del proyecto en el Programa de Semiótica, postula un abordaje transdisciplinar flexible y abierto a indagaciones que focalicen -desde las dimensiones de análisis e interpretación del campo gramatical- las características de la gramática en uso del dialecto misionero y sus particulares modos de operacionalización según los contactos con las lenguas vecinales y los sentidos que se entremezclan, hibridan o mestizan en las dinámicas socioculturales de la región.
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Ante la realidad de la cada vez más aguda escasez de agua en el oasis norte mendocino durante la primavera, que dificulta el manejo racional de los cultivos existentes, surge la necesidad -en el ámbito de la producción forrajera- de una especie de reducido requerimiento hídrico y que compita lo menos posible con los cultivos tradicionales, en particular en la época más crítica. Se ha experimentado con el pasto llorón para averiguar su respuesta a la aplicación de riegos limitados durante el período invernal. Se presentan los resultados de producción de materia seca así como las observaciones de la dinámica vegetacional. Se concluye que para el oasis norte de Mendoza la aplicación de riegos durante el período invernal que completen 200 mm, permite la supervivencia del cultivo con una densidad de aproximadamente 60 plantas por m2 y una producción entre 3 200 y 4 000 kg de materia seca por ha y por año.
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El presente informe es el resultado de la investigación prospectiva realizada en mujeres infectadas por VIH/SIDA como tema de tesis de Magíster Políticas Sociales y Gestión Local defendida el 25 de noviembre de 2002 en el aula magna de la Facultad de Ciencias Políticas y Sociales, UNC. El SIDA no es sólo una enfermedad biológica sino que tiene una fuerte incidencia en lo social. La intención de este trabajo es despertar la inquietud para que las personas se movilicen a trabajar en la prevención y la asistencia, buscando respuestas alternativas que le faciliten al ser humano la posibilidad de tener una vida más digna. Las estadísticas nacionales demuestran una marcada feminización de esta epidemia. Las formas que asume la sexualidad son muy variadas y están determinadas por el tiempo y lugar donde vivimos. Las mujeres sufren una falta de contención de sus parejas sexuales con escasa toma de conciencia de la posibilidad de progresión de la enfermedad si no se utilizan métodos de barrera, que está íntimamente relacionado con la falta de educación sexual, también en el varón. Como conclusión, podemos decir que el 63,9% de las mujeres no utilizan métodos anticonceptivos debido a temores y prejuicios provocados por la falta de educación sexual. El 75,3% proviene de la negativa del varón a usar preservativo y el 100 % de las mujeres, a pedir el uso del preservativo por vergüenza o miedo. Todo esto nos está demostrando el poco diálogo con sus parejas sexuales y, por parte del hombre, la no protección de la mujer como madre, compañera y miembro útil de la sociedad.
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Se describe y explica el proceso de deforestación del área ocupada por los bosques de algarrobo en el oeste de La Rioja y Catamarca, a partir de mediados de siglo XIX hasta la actualidad. Este proceso estuvo asociado al desmonte del bosque nativo y a los cambios de uso del suelo originados por diferentes y sucesivos procesos socio– económicos, que tuvieron como actividades emergentes la minería, el ferrocarril y la demanda de productos forestales, generada principalmente por actividades productivas y de consumo desarrolladas en otras regiones. A partir del análisis de fuentes históricas y de imágenes satelitales (en gabinete), sumado al muestreo del bosque nativo y entrevistas en profundidad (en trabajo campo), fue calculado el volumen y la distribución espacial del bosque afectado por las actividades descriptas. Se estudiaron además las modalidades de aprovechamiento social del recurso forestal y algunas características del mundo del trabajo asociado a estas actividades, así como también, el rol gubernamental en la política forestal, especialmente después de 1930. Entre los principales resultados se destaca que la explotación forestal, intensificada desde 1850, nunca mermó considerablemente. Las miles de hectáreas desmontadas y la cantidad de forestales talados representaron un importante impacto ambiental principalmente, y en primer lugar, en Pipanaco y Chilecito, trasladándose posteriormente al resto de los valles.
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Con el fin de conocer las últimas interpretaciones acerca de nuestro pasado regional, los videos de la serie "Mendoza, crónica de nuestra identidad", pretenden llevar adelante la tarea constante de construir y reconstruir una identidad que se mantenga abierta a los valores del pasado, pero también a la inevitable reformulación crítica de los mismos principios. La propuesta es generar un proceso de actualización y perfeccionamiento en el campo de la historia regional. En el documental EL APROVECHAMIENTO HISTÓRICO DEL AGUA, se describe como este recurso ha sido explotado en Mendoza, desde antes de la llegada de los españoles, por los Huarpes, hasta la actualidad. Hace más de cuatrocientos años, antes que llegaran los españoles a estos lugares, los primitivos habitantes cultivaban la tierra con riego y derivaban el agua por medio del canal Zanjón, que luego se llamó Guaymallén. Hoy, luego del tiempo pasado se sigue usando la misma infraestructura con algunos agregados. El desafío que nos impone el futuro, con una población infinitamente superior a la de la etapa inicial y con el mismo volumen que disponían los huarpes, es hacer un uso equilibrado y sustentable del recurso. De esta forma, las futuras generaciones no sólo tendrán agua pura sino que además podrán gozar de los adelantos de la vida moderna sin restricciones ambientales. Los temas que aborda el video son: - Los huarpes y el aprovechamiento del agua. - Las primeras instituciones referidas al uso del agua. - Los molinos de agua para la producción de harinas. - La ley de aguas de 1884. - El embalse El Nihuil y el embalse Agua del Toro.
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Introducción: La utilización de regímenes de tratamiento más individualizados requiere de mejores sistemas de estratificación temprana en Linfoma Hodgkin (LH). El estudio Tomografía por Emisión de Positrones utilizando 2-[18F] fluoro-2-deoxi-Dglucosa (FDG-PET) intra-tratamiento podría jugar un rol muy importante en esta evaluación. Objetivo: Determinar el valor pronóstico del FDG-PET intra-tratamiento en pacientes con LH para predecir sobrevida libre de progresión y sobrevida global. Material y método: El estudio fue llevado a cabo en el Servicio de Hematología del Hospital Central de Mendoza incluyendo pacientes con diagnóstico de LH confirmados por histología. De acuerdo al estadio y sitio de presentación, los pacientes recibieron quimioterapia sola o la combinación de radioterapia y quimioterapia, con el uso del esquema ABVD (adriamicina, bleomicina, vinblastina y dacarbazina) como protocolo estándar. Los estudios FDG-PET fueron practicados como parte de la evaluación intra-tratamiento y a la finalización. Resultados: En total fueron evaluados 8 pacientes, Sexo: F/M: 4/4, Edad: 18-58 años (Mediana: 29 años), Estadios: IIB:1, IIIA:2, IIIB:1, IVA:1, IVB:3, regiones nodales: 2-10 (Mediana:4), compromiso extranodal: 4/8, síntomas B: 5/8, enfermedad bulky 2/8 . Subtipos: Escleronodular: 6/8, Celularidad mixta: 1/8, Depleción linfocítica: 1/8. IPS: 1: 3/8 2: 3/8 3: 1/8 4: 0/8 ≥ 5: 1/8. Tratamientos: ABVD x 6: 6/8, ABVD x 6 + Radioterapia: 2/8. PET intermedio: 8/8 negativos (6/8 PET 3, 2/8 PET 2). PET final: 7/8 PET negativo, 1/8 PET positivo. Recaída: 1/8 (10° mes). Seguimiento: 11-37 meses (mediana de 24 meses). Discusión y Conclusiones: Al momento actual el FDG-PET intra-tratamiento demostró tener un importante valor predictivo negativo dado que todos los pacientes, menos uno, se encuentran en remisión completa sin progresión de enfermedad. Resta aún determinar el rol que esta herramienta pueda tener en el futuro en la terapia adaptada al riesgo de pacientes con LH.
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El suelo es un recurso vital que está sometido en la actualidad a una presión cada vez mayor. Cuando el ser humano aparece sobre la superficie terrestre modifica las condiciones que el medio le ofrece ante la necesidad de adaptarse y utilizar las mismas. Esa transformación del espacio geográfico se da mediante la práctica de actividades económicas consistentes en la explotación de los recursos naturales. Prácticas inadecuadas en el manejo de los mismos que han provocado alteraciones desmedidas en la naturaleza con consecuencias irreparables en los ecosistemas. Cuando las tierras de uso pastoril son utilizadas mediante explotaciones extensivas, en campos abiertos o grandes potreros, el control del impacto del pastoreo es limitado. Frecuentemente los impactos de apacentamiento intenso y continuo producen alteraciones o degradaciones importantes tanto en la composición botánica y en la productividad de la vegetación, como en la estabilidad y protección de los suelos. La propuesta de esta investigación es caracterizar dos formas muy preocupantes de deterioro de los suelos, en la subcuenca del río Las Juntas, en el faldeo oriental de la sierra Ambato – Manchao, en la provincia de Catamarca. Buena parte del territorio está afectado en alguna medida por degradación física que se evidencia en dos formas: la primera y más aguda, es la remoción en masa de terrenos con la consecuente formación de cárcavas, y la segunda ‐ menos evidente y de tipo crónico ‐ es la erosión del tipo “terraceta por pisoteo", que se genera por el tránsito permanente del ganado en las laderas.
Resumo:
El área de regadío de la cuenca del río Tunuyán Superior está ubicada en Mendoza - Argentina, a los 33° 34´ de latitud Sur y 69° 00´ de longitud Oeste, está conformada por los departamentos de Tupungato, Tunuyán y San Carlos y cuenta con una superficie de 51.484 ha con derechos de riego superficial (DGI, 2004)., siendo indispensable el desarrollo de indicadores que permitan conocer la eficiencia del uso del agua para riego, detectando los principales problemas y soluciones para un desarrollo sustentable de la cuenca. El objetivo general del estudio es conocer el grado de aprovechamiento del agua de riego en el interior de las propiedades agrícolas del área de influencia del río Tunuyán en su tramo superior y estimar las eficiencias potenciales factibles de alcanzar considerando los posibles cambios operativos y el balance salino. En la cuenca predominan los métodos de riego por escurrimiento superficial con desagüe al pie. Se utilizó la metodología de Walker & Skogerboe (1987) y los estándares de ASAE (2000). Para la cuantificación de los parámetros desempeño, que califican los métodos de riego, se utiliza la metodología definida por la ASCE (American Society of Civil Engineers, Burt et al 1997). Los resultados indican que predomina el método de riego por surcos con desagüe, texturas de suelo franco arenosas, pendientes del 0,87%, salinidad de suelo de 0-100 cm: 1,12 dS m-1, salinidad del agua de riego: 0,70 dS m-1; caudales de manejo y unitario de 53 L s-1 y 1,24 L s-1m-1 respectivamente, longitud de la parcela de riego 123 m, tiempo de aplicación de 7 hs y la infiltración básica de los suelos es de 5,3 mm h-1. Resultó una eficiencia de riego en finca baja (39%), con eficiencias de conducción, aplicación, almacenaje y distribución de 91%, 43%, 99% y 91% respectivamente. La eficiencia potencial a alcanzar en la zona, mejorando el manejo del riego en finca sería del 68 % y considerando el balance salino del suelo, sería del 90 %. La principal causa de las bajas eficiencias observadas a campo para la zona bajo estudio es el excesivo tiempo de aplicación o corte. Para cada zona de manejo las principales causas son: a) zona norte: bajos caudales unitarios, b) zona centro norte: deficiente nivelación c) zona centro sur: excesivos caudales unitarios y d) zona sur: deficiente nivelación. Los modelos de simulación utilizados resultaron de utilidad para interpretar las evaluaciones de riego realizadas a campo en cada caso en particular, como así también para el planteo de escenarios de optimización de los sistemas de riego evaluados.
Resumo:
El sector riego representa en Argentina el 70% de todas las extracciones para uso del agua y tiene una eficiencia promedio del 40%, que resulta baja. Entre otros motivos, esto se debe principalmente al predominio de los métodos de riego por escurrimiento superficial sobre aquellos más modernos. Un síntoma de esta ineficiencia generalizada se manifiesta en el hecho de que de los 1,6 millones de hectáreas bajo riego que hay en el país, un tercio tiene problemas de salinización de suelo y/o de drenaje. El área regadía del río Mendoza es -sin dudas- la más importante de la provincia y sobre ella está asentada gran parte de la población provincial. Cuenta con un gran desarrollo industrial y con actividades que involucran a los distintos usos del agua. La reciente construcción sobre el río Mendoza, del dique Potrerillos, permitirá la regulación del mismo posibilitando una entrega programada a los usuarios a través de las 6 zonas de riego que la operan. El objetivo general del estudio es conocer el grado de aprovechamiento del agua de riego en el interior de las propiedades agrícolas pertenecientes al área de influencia del río Mendoza y estimar las eficiencias potenciales factibles de alcanzar considerando los posibles cambios operativos y el balance salino asegurando así un adecuado nivel productivo. Se plantean como objetivos específicos: conocer las láminas de riego, las eficiencias actuales y potenciales, la salinidad del suelo en la rizósfera y del agua de riego superficial, conocer los parámetros físicos (velocidad de infiltración, ecuaciones de avance del frente de agua y caracterizar la geometría de los surcos de la zona) y operativos (caudal de manejo y unitario). La unidad de análisis es la propiedad o finca. El tamaño de la muestra fue de 101 propiedades. La selección de las fincas fue realizada teniendo en cuenta principalmente dos criterios: primero, que las mismas se distribuyeran aproximadamente en igual cantidad en las 6 zonas de riego y sobre los canales más representativos de cada una de ellas para que las comparaciones fueran equivalentes y segundo, evaluar aquella propiedad, con derecho de riego superficial, que estuviera recibiendo el turno de riego habitual. Dentro de estos grupos las propiedades se seleccionaron en forma aleatoria. Para el estudio de la eficiencia de riego se ha utilizado la metodología de Chambouleyron y Morábito (1982) al tratar los casos de riego sin desagüe al pie y la metodología de Walker & Skogerboe (1987) para los casos de riego con desagüe al pie. El equipamiento utilizado comprendió aforadores portátiles, minimolinetes, anillos infiltrómetros, cintas métricas, nivel óptico, etc. Para conocer la salinidad de los suelos se extrajeron en cada propiedad evaluada seis muestras de suelo en los surcos o melgas (cabeza, medio y pie) a dos profundidades por cada ubicación (cultivos perennes: 0 a 50 y 50 a 100 cm y cultivos hortícolas: 0 a 25 y 25 a 50 cm) y en laboratorio se midió la conductividad eléctrica del extracto de saturación (CEes) expresándola en dS m-1 a 25ºC. También se realizaron los análisis de salinidad del agua en muestras tomadas en la bocatoma de la propiedad, expresada en dS m-1 a 25ºC. Se evaluó la respuesta de la salinidad del suelo a diferentes factores mediante un análisis de varianza unifactorial. Se consideraron los siguientes factores: zona de riego, cultivo, ubicación dentro de la parcela (cabeza, medio y pie), estrato de suelo (primero y segundo) y método de riego (surcos con/sin desagüe y melgas sin desagüe). La comparación de medias de los niveles de cada uno de los factores se realizó utilizando la prueba de Scheffé. Como la producción está vinculada a la disponibilidad de agua y al nivel de salinidad del suelo, se analizó también la relación que existe entre la salinidad del suelo (CEes) y las eficiencias de riego, para ello se consideró el coeficiente de variación (CV) de la CEes de los dos estratos de suelo (primer y segundo) y las tres ubicaciones dentro de cada parcela respecto de las eficiencias de distribución (EDI) y de almacenaje (EAL), según cultivos y método de riego. Para la relación EAL y CEes del perfil del suelo se realizó una discriminación de datos en tres estratos: EAL = 100%, 80% < EAL < 100% y EAL < 80%. Se analizó además la variación de la salinidad del agua de riego superficial en las distintas zonas. El estudio incluyó la estimación del valor de la Eficiencia de riego potencial (EAPp) utilizando dos metodologías: (a) una según el manejo del método de riego (EAPM) definida como aquella factible de alcanzar cuando se han optimizado las variables de riego (caudal unitario, tiempo de aplicación, pendiente, oportunidad de riego, etc.) y que indica el grado de eficiencia que puede alcanzar el método si el manejo es óptimo. Los valores EAPM fueron obtenidos con el modelo matemático SIRMOD (Walker, 1993); (b) otra considerando el balance salino del suelo (EAPS) y la relación entre la lámina media infiltrada y almacenada en la zona radical y la lámina media aplicada en el riego, considerando el requerimiento de lixiviación. Los componentes del balance salino que afectan la eficiencia de aplicación potencial utilizados fueron: evapotranspiración de los cultivos; probabilidad de ocurrencia de Etr; zona de riego y textura del suelo. Se realizó también un análisis de sensibilidad de las variables mencionadas, a fin de ordenarlas por su importancia. En todos los casos se calcularon las medidas de posición y dispersión de los parámetros sobre todas las combinaciones posibles entre niveles de todas las variables. La lámina percolada que asegure la EAPS se calculó con la ecuación de van der Molen (1983). Se utilizaron tres niveles diferentes del factor conductividad eléctrica del extracto de saturación final “CEesf" (después de un ciclo de riego), que fueron combinados con todos los demás niveles de los otros factores. Los resultados muestran que las láminas brutas de riego aplicadas con surcos s/D (76 mm) son significativamente menores (α = 0,05) que las registradas con surcos c/D (152 mm) y que ambas láminas anteriores no difieren significativamente de las aplicadas con melgas (117 mm). Con respecto a las láminas infiltradas (dinf) el resultado indica que hay diferencias significativas (α = 0,05) en las láminas infiltradas con los diferentes métodos: surcos c/D (36 mm), surcos s/D (76 mm) y melgas (113 mm) y que las melgas producen las mayores láminas percoladas: 47 mm respecto a 34 mm en los surcos s/D y a 8 mm en los surcos c/D, solo hay diferencias significativas (α = 0,05) entre melgas y surcos c/D. Con respecto a las velocidades de infiltración representativas de las series de suelos del río Mendoza se observa que son bajas con valores extremos de infiltración básica de 1,3 y 7,3 mm/h. Se han obtenido ecuaciones de avance del frente de agua que caracterizan los tres métodos de riego evaluados, ya sea en función del tiempo como en función del tiempo y el caudal unitario. Se ha caracterizado la geometría de los distintos tamaños o categorías de surcos locales disponiendo de información para mejorar el diseño. Hay diferencias significativas (α = 0,05) entre los caudales de manejo de surcos c/D (19 L s-1) y melgas (114 L s-1). Este último valor resulta alto -pero dentro de valores razonables- no obstante ello debería reducirse la variabilidad observada para mejorar las eficiencias. Con respecto a los caudales unitarios hay diferencias significativas (α = 0,05) entre surcos c/D (0,50 L s-1) respecto de surcos s/D (2,22 L s-1) y melgas (1,99 L s-1 m-1). La eficiencia de aplicación (EAP) media del área es de 59% correspondiéndole la calificación de desempeño “Mala". Dicho valor no es significativamente diferente en las distintas zonas de riego ni en las distintos estaciones del año. Hay diferencias significativas (α = 0,05) cuando se comparan: los métodos de riego s/D (surcos: 67% y melgas: 69%) respecto a aquellos métodos c/D (39%) y los cultivos: frutales (62%) y hortalizas (47%). Con respecto a EAL hay diferencias significativas (α = 0,05) de la zona 4 respecto a las zonas 1, 2 y 3; también son significativamente diferentes (α =0,05) los valores de EAL entre surcos c/D (71%) respecto a los métodos sin desagüe (86%). Para la eficiencia de distribución (EDI) resultan diferencias significativas (α = 0,05) entre melgas s/D (79%) y los surcos que presentan valores más altos (88 y 96%). Se observa que para el tamaño de muestra utilizado (n =101) corresponde una precisión en porcentaje respecto a la media para EAP = 10%, EAL = 6% y EDI = 5 %, para una confiabilidad del 95%. En cuanto a la salinidad del suelo en la rizósfera, la 4ta. zona de riego presenta los valores más altos (3,8 dS m-1), con diferencias significativas (α=0,05) del resto. Si bien la zona 3 tiene una salinidad media (2,1 dS m-1) más alta que el resto, las diferencias no son significativas. También se observa -sólo en el caso de los métodos de riego s/D- mayor salinidad (α=0,05) en la cabecera de la unidad de riego respecto al medio y al pie por alteración del patrón de infiltración y mayor cantidad de sales acumuladas (α=0,05) en el estrato superior (primero) que en el estrato inferior (segundo). La precisión del muestreo realizado para determinar la salinidad del suelo alcanza un valor de 6% del valor de la media para el tamaño de muestra utilizado (n = 537) y para una confiabilidad del 95%. El agua de riego posee un nivel de sales significativamente mayor en las zonas 4 (α = 0,05) y 5 (α = 0,1), resultando la zona 4 con una conductividad eléctrica 75% mayor (1,624 dS.m-1) y la zona 5 con una CE 25% mayor (1,161 dS.m-1) que la zona 2 (0,926 dS.m-1). Se observa que para el tamaño de muestra utilizado (n = 20 en zona 1 y n = 16 en zona 4) corresponde una precisión para CEagua menor al 5% del valor de la media (zona 1) y menor al 13% del valor de la media (zona 4) para una confiabilidad del 95%. El factor que más influye en la variación de la EAPS es la “zona de riego" definida por las variables “salinidad del suelo" y “salinidad del agua". Para el oasis del río Mendoza la eficiencia de aplicación factible de alcanzar en la parcela (considerando la salinidad medida en el agua de riego) si se propone como objetivo mantener el nivel salino actual del suelo, es del 61%. Este valor resulta muy próximo al medido a campo (59%) y al que asegura obtener el máximo rendimiento de los cultivos (según Maas-Hoffman) del 58%. Si -en cambio- se planteara como objetivo un 90% de la producción máxima debida a la salinidad del suelo, sería factible aumentar la eficiencia de aplicación al 71%, mientras que aquella factible de alcanzar optimizando los factores de manejo del riego sería del 79%. Las recomendaciones para mejorar las actuales eficiencias de riego se presentan en función del método de riego. Para el caso de riego con desagüe -cuya causa de ineficiencia es consecuencia de las excesivas pérdidas por escurrimiento al pie- se aconseja disminuir el volumen de agua escurrido al pie y asegurar el mojado del suelo en la rizósfera. Con respecto a los métodos de riego sin desagüe, las causas de ineficiencia más importantes son la excesiva percolación y los problemas de pendiente longitudinal que afecta la uniformidad de distribución del agua. Por ello, la estrategia deberá ser reducir las láminas de riego y corregir la pendiente de la unidad de riego.