986 resultados para Récepteur de cellule T


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Metriti ed endometriti sono le patologie maggiormente responsabili delle perdite economiche negli allevamenti bovini da latte, specialmente nel periodo successivo al parto. Mentre le metriti coinvolgono e si sviluppano in tutto l’utero e sono caratterizzate dalla presenza di sintomi sistemici, le endometriti consistono in una infiammazione che riguarda il solo endometrio, con la presenza di perdite purulente, distruzione della superficie epiteliale, congestione vascolare, edema stromale ed accumulo di linfociti e plasmacellule. Queste patologie, inoltre, possono causare, disfunzione ovarica, con conseguente infertilità e riduzione sia dell’efficienza riproduttiva della vacca sia della produzione stessa di latte. Nonostante queste malattie siano, nella maggior parte dei casi, correlate all’instaurarsi di infezioni batteriche, che possono subentrare nell’utero direttamente durante il parto, il ruolo di alcuni virus nello sviluppo di queste patologie è stato recentemente approfondito e la correlazione tra l’ Herpesvirus Bovino 4 e l’insorgere di metriti ed endometriti è stata dimostrata. L’ Herpesvirus Bovino 4 (BoHV-4) è un gamma-herpesvirus ed il suo genoma è costituito da una molecola lineare di DNA a doppio filamento con una struttura genomica di tipo B, caratterizzata dalla presenza di un’unica lunga sequenza centrale (LUR) fiancheggiata da multiple sequenze poli-ripetute (prDNA). BoHV-4 è stato isolato sia da animali sani sia da animali con differenti patologie, tra cui malattie oculari e respiratorie, ma soprattutto da casi di metriti, endometriti, vaginiti o aborti. Generalmente, il ruolo svolto dal virus in questo tipo di patologie è associato alla compresenza di altri tipi di patogeni, che possono essere virus, come nel caso del Virus Della Diarrea Virale Bovina (BVDV), o più frequentemente batteri. Usualmente, l’iniziale difesa dell’endometrio bovino nei confronti dei microbi si fonda sul sistema immunitario innato e l’attivazione di specifici recettori cellulari determina la sintesi e la produzione di citochine e chemochine pro infiammatorie, che possono essere in grado di modulare la replicazione di BoHV-4. Il genoma di BoHV-4 possiede due principali trascritti per i geni Immediate Early (IE), trai quali ORF50/IE2 è il più importante ed il suo prodotto, Rta/ORF50, è fortemente conservato tra tutti gli Herpesvirus. Esso è responsabile della diretta trans-attivazione di numerosi geni virali e cellulari e può essere modulato da differenti stimoli extracellulari. Precedentemente è stato dimostrato come il TNF-, prodotto dalle cellule stromali e dai macrofagi all’interno dell’endometrio, in conseguenza ad infezione batterica, sia in grado di aumentare la replicazione di BoHV-4 attraverso l’attivazione del pathway di NFkB e direttamente agendo sul promotore di IE2. Per queste ragioni, è risultato di forte interesse investigare quali potessero essere, invece, i fattori limitanti la replicazione di BoHV-4. In questo lavoro è stata studiata la relazione tra cellule endometriali stromali bovine infettate con l’Herpesvirus Bovino 4 e l’interferon gamma (IFN-) ed è stata dimostrata la capacità di questa molecola di restringere la replicazione di BoHV-4 in maniera IDO1 indipendente ed IE2 dipendente. Inoltre, la presenza di alcuni elementi in grado di interagire con l’ IFN-γ, all’interno del promotore di IE2 di BoHV-4, ha confermato questa ipotesi. Basandoci su questi dati, abbiamo potuto supporre l’esistenza di uno stretto vincolo tra l’attivazione dell’asse dell’interferon gamma e la ridotta replicazione di BoHV-4, andando a porre le basi per una nuova efficiente cura e prevenzione per le patologie uterine. Poiché il meccanismo corretto attraverso il quale BoHV-4 infetta l’endometrio bovino non è ancora ben compreso, è stato interessante approfondire in maniera più accurata l’interazione presente tra il virus ed il substrato endometriale, analizzando le differenze esistenti tra cellule infettate e non, in termini di espressione genica. Basandoci su dati preliminari ottenuti attraverso analisi con RNA sequencing (RNAseq), abbiamo visto come numerosi geni risultino over-espressi in seguito ad infezione con BoHV-4 e come, tra questi, la Metalloproteasi 1 sia uno dei più interessanti, a causa delle sue possibili implicazioni nello sviluppo delle patologie dell’endometrio uterino bovino. Successive analisi, effettuate tramite westernblotting e real time PCR, sono state in grado di confermare tale dato, sottolineando l’efficacia di un nuovo approccio sperimentale, basato sul RNAseq, per lo studio dell’insorgenza delle patologie.

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Background: Acetylation and deacetylation at specific lysine (K) residues is mediated by histone acetylases (HATs) and deacetylases (HDACs), respectively. HATs and HDACs act on both histone and non-histone proteins, regulating various processes, including cardiac impulse propagation. Aim of the present work was to establish whether the function of the Ca2+ ATPase SERCA2, one of the major players in Ca2+ reuptake during excitation-contraction coupling in cardiac myocytes (CMs), could be modulated by direct K acetylation. Materials and methods: HL-1 atrial mouse cells (donated by Prof. Claycomb), zebrafish and Streptozotocin-induced diabetic rat CMs were treated with the pan-inhibitor of class I and II HDACs suberanilohydroxamic acid (SAHA) for 1.5 hour. Evaluation of SERCA2 acetylation was analyzed by co-immunoprecipitation. SERCA2 activity was measured on microsomes by pyruvate/NADH coupled reaction assay. SERCA2 mutants were obtained after cloning wild-type and mutated sequences into the pCDNA3 vector and transfected into HEK cells. Ca2+ transients in CMs (loading with Fluo3-AM, field stimulation, 0.5 Hz) and in transfected HEK cells (loading with FLUO-4, caffeine pulse) were recorded. Results: Co-Immunoprecipitation experiments performed on HL-1 cells demonstrated a significant increase in the acetylation of SERCA2 after SAHA-treatment (2.5 µM, n=3). This was associated with an increase in SERCA2 activity in microsomes obtained from HL-1 cells, after SAHA exposure (n=5). Accordingly, SAHA-treatment significantly shortened the Ca2+ reuptake time of adult zebrafish CMs. Further, SAHA 2.5 nM restored to control values the recovery time of Ca2+ transients decay in diabetic rat CMs. HDAC inhibition also improved contraction parameters, such as fraction of shortening, and increased pump activity in microsomes isolated from diabetic CMs (n=4). Notably, the K464, identified by bioinformatic tools as the most probable acetylation site on human SERCA2a, was mutated into Glutamine (Q) or Arginine (R) mimicking acetylation and deacetylation respectively. Measurements of Ca2+ transients in HEK cells revealed that the substitution of K464 with R significantly delayed the transient recovery time, thus indicating that deacetylation has a negative impact on SERCA2 function. Conclusions: Our results indicate that SERCA2 function can be improved by pro-acetylation interventions and that this mechanism of regulation is conserved among species. Therefore, the present work provides the basis to open the search for novel pharmacological tools able to specifically improve SERCA2 activity in diseases where its expression and/or function is impaired, such as diabetic cardiomyopathy.

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Il lavoro di ricerca presentato in questa tesi di dottorato riguarda l'applicazione di studi di modellistica molecolare per l'individuazione di nuovi approcci farmacologici nel campo della neuroprotezione e del controllo della proliferazione di cellule staminali. Durante il mio dottorato di ricerca, mi sono concentrata sullo studio del sistema degli endocannabinoidi come target per lo sviluppo di nuovi trattamenti neuroprotettivi. In particolare, la mia ricerca ha avuto come obiettivo la modulazione dei livelli di 2-arachidonilglicerolo e arachidonil-etanolamide tramite l'inibizione degli enzimi MGL (monoglyceride lipase) e FAAH (fatty acid amide hydrolase). Il mio progetto di ricerca comprende anche studi di modellistica molecolare per l'individuazione di piccole molecole in grado di inibire il complesso proteina-proteina YAP-TEAD. Tale complesso, coinvolto nei sistemi di regolazione della proliferazione cellulare, rappresenta un target di cruciale importanza nel controllo della proliferazione e differenziazione di cellule staminali e, al tempo stesso, nel controllo dell'espansione tumorale

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SUMMARY The Porcine Reproductive and Respiratory Syndrome (PRRS) virus is one of the most spread pathogens in swine herds all over the world and responsible for a reproductive and respiratory syndrome that causes severe heath and economical problems. This virus emerged in late 1980’s but although about 30 years have passed by, the knowledge about some essential facets related to the features of the virus (pathogenesis, immune response, and epidemiology) seems to be still incomplete. Taking into account that the development of modern vaccines is based on how innate and acquire immunity react, a more and more thorough knowledge on the immune system is needed, in terms of molecular modulation/regulation of the inflammatory and immune response upon PRRSV infection. The present doctoral thesis, which is divided into 3 different studies, is aimed to increase the knowledge about the interaction between the immune system and the PRRS virus upon natural infection. The objective of the first study entitled “Coordinated immune response of memory and cytotoxic T cells together with IFN-γ secreting cells after porcine reproductive and respiratory syndrome virus (PRRSV) natural infection in conventional pigs” was to evaluate the activation and modulation of the immune response in pigs naturally infected by PRRSV compared to an uninfected control group. The course of viremia was evaluated by PCR, the antibody titres by ELISA, the number of IFN-γ secreting cells (IFN- SC) by an ELISPOT assay and the immunophenotyping of some lymphocyte subsets (cytotoxic cells, memory T lymphocytes and cytotoxic T lymphocytes) by flow cytometry. The results showed that the activation of the cell-mediated immune response against PRRSV is delayed upon infection and that however the levels of IFN-γ SC and lymphocyte subsets subsequently increase over time. Furthermore, it was observed that the course of the different immune cell subsets is time-associated with the levels of PRRSV-specific IFN-γ SC and this can be interpreted based on the functional role that such lymphocyte subsets could have in the specific production/secretion of the immunostimulatory cytokine IFN-γ. In addition, these data support the hypothesis that the age of the animals upon the onset of infection or the diverse immunobiological features of the field isolate, as typically hypothesized during PRRSV infection, are critical conditions able to influence the qualitative and quantitative course of the cell-mediated immune response during PRRSV natural infection. The second study entitled “Immune response to PCV2 vaccination in PRRSV viremic piglets” was aimed to evaluate whether PRRSV could interfere with the activation of the immune response to PCV2 vaccination in pigs. In this trial, 200 pigs were divided into 2 groups: PCV2-vaccinated (at 4 weeks of age) and PCV2-unvaccinated (control group). Some piglets of both groups got infected by PRRSV, as determined by PRRSV viremia detection, so that 4 groups were defined as follows: PCV2 vaccinated - PRRSV viremic PCV2 vaccinated - PRRSV non viremic PCV2 unvaccinated - PRRSV viremic PCV2 unvaccinated - PRRSV non viremic The following parameters were evaluated in the 4 groups: number of PCV2-specific IFN-γ secreting cells, antibody titres by ELISA and IPMA. Based on the immunological data analysis, it can be deduced that: 1) The low levels of antibodies against PCV2 in the PCV2-vaccinated – PRRSV-viremic group at vaccination (4 weeks of age) could be related to a reduced colostrum intake influenced by PRRSV viremia. 2) Independently of the viremia status, serological data of the PCV2-vaccinated group by ELISA and IPMA does not show statistically different differences. Consequently, it can be be stated that, under the conditions of the study, PRRSV does not interfere with the antibody response induced by the PCV2 vaccine. 3) The cell-mediated immune response in terms of number of PCV2-specific IFN-γ secreting cells in the PCV2-vaccinated – PRRSV-viremic group seems to be compromised, as demonstrated by the reduction of the number of IFN-γ secreting cells after PCV2 vaccination, compared to the PCV2-vaccinated – PRRSV-non-viremic group. The data highlight and further support the inhibitory role of PRRSV on the development and activation of the immune response and highlight how a natural infection at early age can negatively influence the immune response to other pathogens/antigens. The third study entitled “Phenotypic modulation of porcine CD14+ monocytes, natural killer/natural killer T cells and CD8αβ+ T cell subsets by an antibody-derived killer peptide (KP)” was aimed to determine whether and how the killer peptide (KP) could modulate the immune response in terms of activation of specific lymphocyte subsets. This is a preliminary approach also aimed to subsequently evaluate such KP with a potential antivural role or as adjuvant. In this work, pig peripheral blood mononuclear cells (PBMC) were stimulated with three KP concentrations (10, 20 and 40 g/ml) for three time points (24, 48 and 72 hours). TIME POINTS (hours) KP CONCENTRATIONS (g/ml) 24 0-10-20-40 48 0-10-20-40 72 0-10-20-40 By using flow cytometry, the qualitative and quantitative modulation of the following immune subsets was evaluated upon KP stimulation: monocytes, natural killer (NK) cells, natural killer T (NKT) cells, and CD4+ and CD8α/β+ T lymphocyte subsets. Based on the data, it can be deduced that: 1) KP promotes a dose-dependent activation of monocytes, particularly after 24 hours of stimulation, by inducing a monocyte phenotypic and maturation shift mainly involved in sustaining the innate/inflammatory response. 2) KP induces a strong dose-dependent modulation of NK and NKT cells, characterized by an intense increase of the NKT cell fraction compared to NK cells, both subsets involved in the antibody-dependent cell cytotoxicity (ADCC). The increase is observed especially after 24 hours of stimulation. 3) KP promotes a significant activation of the cytotoxic T lymphocyte subset (CTL). 4) KP can modulate both the T helper and T cytotoxic phenotype, by inducing T helper cells to acquire the CD8α thus becoming doube positive cells (CD4+CD8+) and by inducing CTL (CD4-CD8+high) to acquire the double positive phenotype (CD4+CD8α+high). Therefore, KP may induce several effects on different immune cell subsets. For this reason, further research is needed aimed at characterizing each “effect” of KP and thus identifying the best use of the decapeptide for vaccination practice, therapeutic purposes or as vaccine adjuvant. RIASSUNTO Il virus della PRRS (Porcine Reproductive Respiratory Syndrome) è uno dei più diffusi agenti patogeni negli allevamenti suini di tutto il mondo, responsabile di una sindrome riproduttiva e respiratoria causa di gravi danni ad impatto sanitario ed economico. Questo virus è emerso attorno alla fine degli anni ’80 ma nonostante siano passati circa una trentina di anni, le conoscenze su alcuni punti essenziali che riguardano le caratteristiche del virus (patogenesi, risposta immunitaria, epidemiologia) appaiono ancora spesso incomplete. Considerando che lo sviluppo dei vaccini moderni è basato sui principi dell’immunità innata e acquisita è essenziale una sempre più completa conoscenza del sistema immunitario inteso come modulazione/regolazione molecolare della risposta infiammatoria e immunitaria in corso di tale infezione. Questo lavoro di tesi, suddiviso in tre diversi studi, ha l’intento di contribuire all’aumento delle informazioni riguardo l’interazione del sistema immunitario, con il virus della PRRS in condizioni di infezione naturale. L’obbiettivo del primo studio, intitolato “Associazione di cellule memoria, cellule citotossiche e cellule secernenti IFN- nella risposta immunitaria in corso di infezione naturale da Virus della Sindrome Riproduttiva e Respiratoria del Suino (PRRSV)” è stato di valutare l’attivazione e la modulazione della risposta immunitaria in suini naturalmente infetti da PRRSV rispetto ad un gruppo controllo non infetto. I parametri valutati sono stati la viremia mediante PCR, il titolo anticorpale mediante ELISA, il numero di cellule secernenti IFN- (IFN- SC) mediante tecnica ELISPOT e la fenotipizzazione di alcune sottopopolazioni linfocitarie (Cellule citotossiche, linfociti T memoria e linfociti T citotossici) mediante citofluorimetria a flusso. Dai risultati ottenuti è stato possibile osservare che l’attivazione della risposta immunitaria cellulo-mediata verso PRRSV appare ritardata durante l’infezione e che l’andamento, in termini di IFN- SC e dei cambiamenti delle sottopopolazioni linfocitarie, mostra comunque degli incrementi seppur successivi nel tempo. E’ stato inoltre osservato che gli andamenti delle diverse sottopopolazioni immunitarie cellulari appaiono temporalmente associati ai livelli di IFN- SC PRRSV-specifiche e ciò potrebbe essere interpretato sulla base del ruolo funzionale che tali sottopopolazioni linfocitarie potrebbero avere nella produzione/secrezione specifica della citochina immunoattivatrice IFN-. Questi dati inoltre supportano l’ipotesi che l’età degli animali alla comparsa dell’infezione o, come tipicamente ipotizzato nell’infezione da PRRSV, le differenti caratteristiche immunobiologiche dell’isolato di campo, sia condizioni critiche nell’ influenzare l’andamento qualitativo e quantitativo della risposta cellulo-mediata durante l’infezione naturale da PRRSV. Il secondo studio, dal titolo “Valutazione della risposta immunitaria nei confronti di una vaccinazione contro PCV2 in suini riscontrati PRRSV viremici e non viremici alla vaccinazione” ha avuto lo scopo di valutare se il virus della PRRS potesse andare ad interferire sull’attivazione della risposta immunitaria indotta da vaccinazione contro PCV2 nel suino. In questo lavoro sono stati arruolati 200 animali divisi in due gruppi, PCV2 Vaccinato (a 4 settimane di età) e PCV2 Non Vaccinato (controllo negativo). Alcuni suinetti di entrambi i gruppi, si sono naturalmente infettati con PRRSV, come determinato con l’analisi della viremia da PRRSV, per cui è stato possibile creare quattro sottogruppi, rispettivamente: PCV2 vaccinato - PRRSV viremico PCV2 vaccinato - PRRSV non viremico PCV2 non vaccinato - PRRSV viremico PCV2 non vaccinato - PRRSV non viremico Su questi quattro sottogruppi sono stati valutati i seguenti parametri: numero di cellule secernenti IFN- PCV2 specifiche, ed i titoli anticorpali mediante tecniche ELISA ed IPMA. Dall’analisi dei dati immunologici derivati dalle suddette tecniche è stato possibile dedurre che:  I bassi valori anticorpali nei confronti di PCV2 del gruppo Vaccinato PCV2-PRRSV viremico già al periodo della vaccinazione (4 settimane di età) potrebbero essere messi in relazione ad una ridotta assunzione di colostro legata allo stato di viremia da PRRSV  Indipendentemente dallo stato viremico, i dati sierologici del gruppo vaccinato PCV2 provenienti sia da ELISA sia da IPMA non mostrano differenze statisticamente significative. Di conseguenza è possibile affermare che in questo caso PRRSV non interferisce con la risposta anticorpale promossa dal vaccino PCV2.  La risposta immunitaria cellulo-mediata, intesa come numero di cellule secernenti IFN- PCV2 specifiche nel gruppo PCV2 vaccinato PRRS viremico sembra essere compromessa, come viene infatti dimostrato dalla diminuzione del numero di cellule secernenti IFN- dopo la vaccinazione contro PCV2, comparata con il gruppo PCV2 vaccinato- non viremico. I dati evidenziano ed ulteriormente sostengono il ruolo inibitorio del virus della PRRSV sullo sviluppo ed attivazione della risposta immunitaria e come un infezione naturale ad età precoci possa influenzare negativamente la risposta immunitaria ad altri patogeni/antigeni. Il terzo studio, intitolato “Modulazione fenotipica di: monociti CD14+, cellule natural killer (NK), T natural killer (NKT) e sottopopolazioni linfocitarie T CD4+ e CD8+ durante stimolazione con killer peptide (KP) nella specie suina” ha avuto come scopo quello di stabilire se e come il Peptide Killer (KP) potesse modulare la risposta immunitaria in termini di attivazione di specifiche sottopopolazioni linfocitarie. Si tratta di un approccio preliminare anche ai fini di successivamente valutare tale KP in un potenziale ruolo antivirale o come adiuvante. In questo lavoro, periferal blood mononuclear cells (PBMC) suine sono state stimolate con KP a tre diverse concentrazioni (10, 20 e 40 g/ml) per tre diversi tempi (24, 48 e 72 ore). TEMPI DI STIMOLAZIONE (ore) CONCENTRAZIONE DI KP (g/ml) 24 0-10-20-40 48 0-10-20-40 72 0-10-20-40 Mediante la citometria a flusso è stato dunque possibile analizzare il comportamento qualitativo e quantitativo di alcune sottopopolazioni linfocitarie sotto lo stimolo del KP, tra cui: monociti, cellule Natural Killer (NK), cellule T Natural Killer (NKT) e linfociti T CD4 e CD8+. Dai dati ottenuti è stato possibile dedurre che: 1) KP promuove un’attivazione dei monociti dose-dipendente in particolare dopo 24 ore di stimolazione, inducendo uno “shift” fenotipico e di maturazione monocitaria maggiormente coinvolto nel sostegno della risposta innata/infiammatoria. 2) KP induce una forte modulazione dose-dipendente di cellule NK e NKT con un forte aumento della frazione delle cellule NKT rispetto alle NK, sottopopolazioni entrambe coinvolte nella citotossicità cellulare mediata da anticorpi (ADCC). L’aumento è riscontrabile soprattutto dopo 24 ore di stimolazione. 3) KP promuove una significativa attivazione della sottopopolazione del linfociti T citotossici (CTL). 4) Per quanto riguarda la marcatura CD4+/CD8+ è stato dimostrato che KP ha la capacità di modulare sia il fenotipo T helper che T citotossico, inducendo le cellule T helper ad acquisire CD8 diventando quindi doppio positive (CD4+CD8+) ed inducendo il fenotipo CTL (CD4-CD8+high) ad acquisire il fenotipo doppio positivo (CD4+CD8α+high). Molti dunque potrebbero essere gli effetti che il decapeptide KP potrebbe esercitare sulle diverse sottopopolazioni del sistema immunitario, per questo motivo va evidenziata la necessità di impostare e attuare nuove ricerche che portino alla caratterizzazione di ciascuna “abilità” di KP e che conducano successivamente alla scoperta del migliore utilizzo che si possa fare del decapeptide sia dal punto di vista vaccinale, terapeutico oppure sotto forma di adiuvante vaccinale.

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Riassunto Il linfoma è una delle neoplasie più diffuse nel gatto. Questa neoplasia è stata classificata in base alla localizzazione anatomica nella forma Mediastinica (che interessa il timo e/o i linfonodi mediastinici), Alimentare, Multicentrica (che interessa diversi linfonodi e/o la milza e/o il fegato, Extranodale (che coinvolge i reni, SNC o la cute). Le cellule neoplastiche sono caratterizzate da diverse sottopopolazioni, che sono definite tramite immunofenotipizzazione ottenuta mediante tecniche immunoistochimiche (IHC), così che possano essere classificate come cellule B o T o non B/non T. I gatti infetti dal virus della leucemia felina (FeLV, Gammaretrovirus) presentano elevata incidenza di linfomi rispetto ai gatti non infetti. I meccanismi proposti di sviluppo neoplastico sono mutagenesi inserzionali o stimolazione persistente delle cellule immunitarie dell’ospite da parte di antigeni virali, i quali possono promuovere la trasformazione in senso maligno dei linfociti. Lo scopo di questo lavoro è stato esaminare i rilievi patologici, l’espressione di FeLV e l’immonofenotipo (B, T, nonB/nonT) nei reni felini affetti da linfoma. Abbiamo effettuato colorazione Ematossilina- Eosina ed Immunoistochimica per FeLV gp70, CD3 e CD79. Nello studio sono stati inclusi i tessuti di 49 gatti presentati all’Unità Operativa di Anatomia Patologica e Patologia Generale del Dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università degli studi di Parma. Il 39% dei casi (19/49) sono caratterizzati dalla presenza di lesioni linfomatose a livello renale. Questa popolazione è costituita dal 52,6% 3 (10/19) maschi e dal 47,4% (9/19) femmine. L’età è compresa tra 8 mesi e 17 anni ed in particolare 26,6% (5/19) sono giovani (0-2 anni), 47,4% (9/19) sono adulti (2-10 anni) e 26,3% (5/19) sono anziani (>10 anni). Per quanto riguarda la classificazione anatomica la forma renale appare primitiva in 5 casi (25%), in 8 casi (42%) appare secondaria a linfomi multicentrici, in 3 casi (15,7%) a linfomi mediastinici e in altri 3 casi (15,7%) a linfomi gastrici e intestinali. Per quanto riguarda l’immunofenotipizzazione sono risultati CD3 positivi il 73,7% (14/19) e CD3 negativi il 27,3% (5/19); CD79 alpha positivi il 26,3% (5/19) e CD79 alpha negativi il 73,7% (14/19); l’espressione della proteina gp70 è stata individuata nel 78,9% (15/19) delle neoplasie renali, mentre il 21,1% (4/19) non presentava espressione della proteina. Nei 4 anni presi in considerazione nello studio si evince un’elevata incidenza della localizzazione anatomica renale sul totale di linfomi osservati. Non si è notata correlazione statistica tra linfomi renali, età e sesso dei soggetti presi in esame ma vi è un’elevata percentuale di animali adulti ed anziani affetti dalla patologia. Nella valutazione fenotipica dell’infiltrato neoplastico si è osservata l’elevata espressione di CD3, caratterizzando i linfociti come appartenenti alla sottopopolazione T. Inoltre si è evidenziato come un elevato numero di cellule neoplastiche esprimano gp70; ciò permette di affermare che i linfociti neoplastici sono infettati dal virus FeLV, il quale inoltre è in attiva replicazione. I marker CD3 e gp70 sono risultati fortemente correlati statisticamente; si può affermare perciò che l’espansione clonale dei linfociti T è correlata alla presenza e replicazione del virus.

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CysK, uno degli isoenzimi di O-acetilserina sulfidrilasi (OASS) presenti in piante e batteri, è un enzima studiato da molto tempo ed il suo ruolo fisiologico nella sintesi della cisteina è stato ben definito. Recentemente sono state scoperte altre funzioni apparentemente non collegate alla sua funzione enzimatica (moonlighting). Una di queste è l’attivazione di una tossina ad attività tRNAsica, CdiA-CT, coinvolta nel sistema di inibizione della crescita da contatto (CDI) di ceppi patogeni di E. coli. In questo progetto abbiamo studiato il ruolo di CysK nel sistema CDI e la formazione di complessi con due differenti partner proteici: CdiA-CT e CysE (serina acetiltransferasi, l’enzima che catalizza la reazione precedente nella biosintesi della cisteina). I due complessi hanno le stesse caratteristiche spettrofluorimetriche e affinità molto simili, ma la cinetica di raggiungimento dell’equilibrio per il complesso tossina:CysK è più lenta che per il complesso CysE:CysK (cisteina sintasi). In entrambi i casi la formazione veloce di un complesso d’incontro è seguita da un riarrangiamento conformazionale che porta alla formazione di un complesso ad alta affinità. L’efficienza di formazione del complesso cisteina sintasi è circa 200 volte maggiore rispetto al complesso CysK:tossina. Una differenza importante, oltre alla cinetica di formazione dei complessi, è la stechiometria di legame. Infatti mentre CysE riesce a legare solo uno dei due siti attivi del dimero di CysK, nel complesso con CdiA-CT entrambi i siti attivi dell’enzima risultano essere occupati. Le cellule isogeniche esprimono un peptide inibitore della tossina (CdiI), e sono quindi resistenti all’azione tRNAsica. Tuttavia, siccome CdiI non altera la formazione del complesso CdiA-CT:CysK, CdiA-CT può esercitare comunque un ruolo nel metabolismo della cisteina e quindi nella fitness dei batteri isogenici, attraverso il legame e l'inibizione di CysK e la competizione con CysE. La via biosintetica della cisteina, un precursore di molecole riducenti, risulta essere molto importante per i batteri soprattutto in condizioni avverse come all’interno dei macrofagi nelle infezioni persistenti. Perciò questa via metabolica è di interesse per lo sviluppo di nuovi antibiotici, e in particolare le due isoforme dell’OASS negli enterobatteri, CysK e CysM, sono potenziali target per lo sviluppo di nuove molecole ad azione antibatterica. Partendo dall’analisi delle modalità di interazione con CysK del suo partner ed inibitore fisiologico, CysE, si è studiato dapprima l’interazione di pentapeptidi che mimassero la regione C-terminale di quest'ultimo, e in base ai dati ottenuti sono stati sviluppati piccoli ligandi sintetici. La struttura generale di questi composti è costituita da un gruppo acido ed un gruppo lipofilo, separati da un linker ciclopropanico che mantiene questi due gruppi in conformazione trans, ottimale per l’interazione col sito attivo dell’enzima. Sulla base di queste considerazioni, di docking in silico e di dati sperimentali ottenuti con la tecnica dell’STD-NMR e con saggi di binding spettrofluorimetrici, si è potuta realizzare una analisi di relazione struttura-attività che ha portato via via all’ottimizzazione dei ligandi. Il composto più affine che è stato finora ottenuto ha una costante di dissociazione nel range del nanomolare per entrambe le isoforme, ed è un ottimo punto di partenza per lo sviluppo di nuovi farmaci.

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Helicobacter pylori è un batterio Gram-negativo in grado di colonizzare la mucosa gastrica umana e persistere per l'intero arco della vita dell'ospite. E' associato a patologie gastrointestinali, quali gastrite cronica, ulcere gastriche e duodenali, adenocarcinomi e linfomi gastrici. Si tratta di uno dei patogeni più diffusi, presente in circa metà della popolazione mondiale, e il solo che si è adattato a vivere nell'ambiente ostile dello stomaco umano. Molteplici sono i fattori di virulenza che permettono al batterio la colonizzazione della nicchia gastrica e contribuiscono, anche attraverso l' induzione di una risposta infiammatoria, a profonde modificazioni dell' omeostasi gastrica. Queste ultime si associano, ad esempio, all'iperproduzione di fattori proinfiammatori, ad alterazioni sia della regolazione della secrezione acida gastrica sia del ciclo cellulare e della morte cellulare programmata (apoptosi) delle cellule epiteliali gastriche, a disordini nel metabolismo del ferro e a carenze di elementi essenziali. Studi sulla diversità genetica di H. pylori osservata in ceppi isolati da varie regioni del mondo, dimostrano che tale batterio ha avuto una coevoluzione col genere umano attraverso la storia, ed è verosimile che H. pylori sia stato un costituente del microbiota gastrico per almeno 50.000 anni. Scopo della tesi è stato quello di identificare e caratterizzare proteine importanti per la colonizzazione e l'adattamento di H. pylori alla nicchia gastrica. In particolare gli sforzi si sono concentrati su due proteine periplasmatiche, la prima coinvolta nella difesa antiossidante (l'enzima catalasi-like, HP0485), e la seconda nel trasporto di nutrienti presenti nell'ambiente dello stomaco all'interno della cellula (la componente solubile di un ABC transporter, HP0298). La strategia utilizzata prevede un'analisi bioinformatica preliminare, l'ottenimento del gene per amplificazione, mediante PCR, dal genoma dell'organismo, la costruzione di un vettore per il clonaggio, l'espressione eterologa in E. coli e la successiva purificazione. La proteina così ottenuta viene caratterizzata mediante diverse tecniche, quali spettroscopia UV, dicroismo circolare, gel filtrazione analitica, spettrometria di massa. Il capitolo 1 contiene un'introduzione generale sul batterio, il capitolo 2 e il capitolo 3 descrivono gli studi relativi alle due proteine e sono entrambi suddivisi in un abstract iniziale, un'introduzione, la presentazione dei risultati, la discussione di questi ultimi, i materiali e i metodi utilizzati. La catalasi-like (HP0485) è una proteina periplasmatica con struttura monomerica, appartenente ad una famiglia di enzimi a funzione per la maggior parte sconosciuta, ma evolutivamente correlati alla ben nota catalasi, attore fondamentale nella difesa di H. pylori, grazie alla sua azione specifica di rimozione dell'acqua ossigenata. HP0485, pur conservando il fold catalasico e il legame al cofattore eme, non può compiere la reazione di dismutazione dell'acqua ossigenata; possiede invece un'attività perossidasica ad ampio spettro, essendo in grado di accoppiare la riduzione del perossido di idrogeno all'ossidazione di diversi substrati. Come la catalasi, lavora ad alte concentrazioni di aqua ossigenata e non arriva a saturazione a concentrazioni molto elevate di questo substrato (200 mM); la velocità di reazione catalizzata rimane lineare anche a questi valori, aspetto che la differenzia dalle perossidasi che vengono in genere inattivate da concentrazioni di perossido di idrogeno superiori a 10-50 mM. Queste caratteristiche di versatilità e robustezza suggeriscono che la catalasi-like abbia un ruolo di scavenger dell'acqua ossigenata e probabilmente anche un'altra funzione connessa al suo secondo substrato, ossia l'ossidazione di composti nello spazio periplasmatico cellulare. Oltre alla caratterizzazione dell'attività è descritta anche la presenza di un ponte disolfuro, conservato nelle catalasi-like periplasmatiche, con un ruolo nell'assemblaggio dell'eme per ottenere un enzima attivo e funzionale. La proteina periplasmatica HP0298, componente di un sistema di trasporto ABC, è classificata come trasportatore di dipeptidi e appartiene a una famiglia di proteine in grado di legare diversi substrati, tra cui di- e oligopeptidi, nichel, eme, glutatione. Benchè tutte associate a trasportatori di membrana batterici, queste proteine presentano un dominio di legame al substrato che risulta essere conservato nei domini extracellulari di recettori specifici di mammifero e uomo. Un esempio sono i recettori ionotropici e metabotropici del sistema nervoso. Per caratterizzare questa proteina è stato messo a punto un protocollo di ligand-fishing accoppiato alla spettrometria di massa. La proteina purificata, avente un tag di istidine, è stata incubata con un estratto cellulare di H. pylori per poter interagire con il suo substrato specifico all'interno dell'ambiente naturale in cui avviene il legame. Il complesso proteina-ligando è stato poi purificato per cromatografia di affinità e analizzato mediante HPLC-MS. L'identificazione dei picchi differenziali tra campioni con la proteina e 5 campioni di controllo ha portato alla caratterizzazione di pentapeptidi particolarmente ricchi in aminoacidi idrofobici e con almeno un residuo carico negativamente. Considerando che H. pylori necessita di alcuni aminoacidi essenziali, per la maggior parte idrofobici, e che lo stomaco umano è particolarmente ricco di peptidi prodotti dalla digestione delle proteine introdotte con il cibo, il ruolo fisiologico di HP0298 potrebbe essere l'internalizzazione di peptidi, con caratteristiche specifiche di lunghezza e composizione, che sono naturalmente presenti nella nicchia gastrica.

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La dérégulation du compartiment de cellules B est une conséquence importante de l’infection par le virus de l’immunodéficience humaine (VIH-1). On observe notamment une diminution des nombres de lymphocytes B sanguins ainsi qu’une variation des fréquences relatives des différentes populations de lymphocytes B chez les individus infectés par rapport aux contrôles sains. Notre laboratoire a précédemment démontré l’implication des cellules dendritiques dans la dérégulation des lymphocytes B via la roduction excessive de BLyS/BAFF, un stimulateur des cellules B. De plus, lors l’études menées chez la souris transgénique présentant une maladie semblable au SIDA, et chez la souris BLyS/BAFF transgénique, l’infection au VIH-1 fut associée à une expansion de la zone marginale (MZ) de la rate. De façon intéressante, nous observons chez les contrôleurs élites une diminution de la population B ‘mature’ de la MZ. Il s’agit du seul changement important chez les contrôleurs élites et reflète possiblement un recrutement de ces cellules vers la périphérie ainsi qu’une implication dans des mécanismes de contrôle de l’infection. Pour tenter d’expliquer et de mieux comprendre ces variations dans les fréquences des populations B, nous avons analysé les axes chimiotactiques CXCL13-CXCR5, CXCL12-CXCR4/CXCR7, CCL20-CCR6 et CCL25-CCR9. L’étude longitudinale de cohortes de patients avec différents types de progression clinique ou de contrôle de l’infection démontre une modulation des niveaux plasmatiques de la majorité des chimiokines analysées chez les progresseurs rapides et classiques. Au contraire, les contrôleurs élites conservent des niveaux normaux de chimiokines, démontrant leur capacité à maintenir l’homéostasie. La migration des populations de cellules B semble être modulée selon la progression ou le contrôle de l’infection. Les contrôleurs élites présentent une diminution de la population B ‘mature’ de la MZ et une augmentation de la fréquence d’expression du récepteur CXCR7 associé à la MZ chez la souris, suggérant un rôle important des cellules de la MZ dans le contrôle de l’infection au VIH-1. De façon générale, les résultats dans cette étude viennent enrichir nos connaissances du compartiment de cellules B dans le contexte de l’infection au VIH-1 et pourront contribuer à élaborer des stratégies préventives et thérapeutiques contre ce virus.

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L’ubiquitination est une modification post-traductionnelle qui joue un rôle majeur dans la régulation d’une multitude de processus cellulaires. Dans cette thèse, je discuterai de la caractérisation de deux protéines, BRCA1 et BAP1, soit deux suppresseurs de tumeurs fonctionnellement reliés. BRCA1, une ubiquitine ligase qui catalyse la liaison de l’ubiquitine à une protéine cible, est mutée dans les cancers du sein et de l'ovaire. Il est bien établi que cette protéine aide à maintenir la stabilité génomique suite à un bris double brin de l’ADN (BDB), et ce, à l’aide d’un mécanisme de réparation bien caractérisé appelé recombinaison homologue. Cependant, les mécanismes de régulation de BRCA1 suite à des stresses génotoxiques n’impliquant pas directement un BDB ne sont pas pleinement élucidés. Nous avons démontré que BRCA1 est régulée par dégradation protéasomale suite à une exposition des cellules à deux agents génotoxiques reconnus pour ne pas directement générer des BDBs, soit les rayons UV, qui provoquent la distorsion de l’hélice d’ADN, et le méthyle méthanesulfonate (MMS), qui entraîne l’alkylation de l’ADN. La dégradation de BRCA1 est réversible et indépendante des kinases associées à la voie des PI3 kinase, soit ATM, ATR et DNA-PK, protéines qui sont rapidement activées par les dommages à l’ADN. Nous proposons que la dégradation de BRCA1 prévienne son recrutement intempestif, ainsi que celui des facteurs qui lui sont associés, à des sites de dommages d’ADN qui ne sont pas des BDBs, et que cette régulation coordonne la réparation de l’ADN. L’enzyme de déubiquitination BAP1 a initialement été identifiée comme une protéine capable d’interagir avec BRCA1 et de réguler sa fonction. Elle est également connue pour sa capacité à se lier avec les protéines du groupe Polycomb, ASXL1 et ASXL2. Cependant, l’importance de ces interactions n’a toujours pas été établie. Nous avons démontré que BAP1 forme deux complexes protéiques mutuellement exclusifs avec ASXL1 et ASXL2. Ces interactions sont critiques pour la liaison de BAP1 à l’ubiquitine ainsi que pour la stimulation de son activité enzymatique envers l’histone H2A. Nous avons également identifié des mutations de BAP1 dérivées de cancers qui empêchent à la fois son interaction avec ASXL1 et AXSL2, et son activité de déubiquitinase, ce qui fournit un lien mécanistique direct entre la déubiquitination de H2A et la tumorigenèse. Élucider les mécanismes de régulation de BRCA1 et BAP1 menera à une meilleure compréhension de leurs rôles de suppresseurs de tumeurs, permettant ainsi d’établir de nouvelles stratégies de diagnostic et traitement du cancer.

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Les glucocorticoïdes sont les médicaments les plus efficaces pour le contrôle de l'obstruction respiratoire chez les chevaux atteints du souffle, et de l'asthme humain. Toutefois, les neutrophiles persistent dans les voies respiratoires suite à ce traitement. Nous avons précédemment rapporté que les neutrophiles sanguins humains et équins sont sensibles à l'action des glucocorticoïdes. Comme elle contribue à l'insensibilité des cellules épithéliales pulmonaires humaines aux glucocorticoïdes, nous avons émis l'hypothèse que l'IL-17 a un effet similaire sur les neutrophiles et qu’elle contribue à leur persistance dans les voies respiratoires asthmatiques. Objectifs : Évaluer 1. L’expression des deux sous-unités du récepteur de l’IL-17 (l'IL-17RA/IL-17RC) chez les neutrophiles équins hautement purifiés. 2. Si l'IL-17 active directement les neutrophiles et si cette réponse est sensible à l'action des glucocorticoïdes. 3. L'effet de l'IL-17 sur la viabilité et l'apoptose des neutrophiles. Résultats: 1. Les neutrophiles expriment l’IL-17RA/IL-17RC aux niveaux translationnel et protéique. 2. L’IL-17 induit une activation sélective des neutrophiles (surrégulation de l’IL-8), qui n’est pas atténuée par dexaméthasone et 3. l’IL-17 augmente la viabilité des neutrophiles stimulés (LPS) par une diminution de l'apoptose. Nos résultats indiquent que l'IL-17 active directement le neutrophile équin, et que l’augmentation de l’IL-8 (puissant chimioatractant des neutrophiles) qui en résulte n’est pas contrôlée par la dexaméthasone. L'IL-17 pourrait aussi contribuer à la persistance de neutrophiles dans les voies respiratoires chez les chevaux atteints du souffle, en diminuant l'apoptose.

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Le sommeil est un besoin vital et le bon fonctionnement de l’organisme dépend de la quantité et de la qualité du sommeil. Le sommeil est régulé par deux processus : un processus circadien qui dépend de l’activité des noyaux suprachiasmatiques de l’hypothalamus et qui régule le moment durant lequel nous allons dormir, et un processus homéostatique qui dépend de l’activité neuronale et se reflète dans l’intensité du sommeil. En effet, le sommeil dépend de l’éveil qui le précède et plus l’éveil dure longtemps, plus le sommeil est profond tel que mesuré par des marqueurs électroencéphalographiques (EEG). Des études ont montré que le bon fonctionnement de ces deux processus régulateurs du sommeil dépend de la plasticité synaptique. Ainsi, les éléments synaptiques régulant la communication et la force synaptique sont d’importants candidats pour agir sur la physiologie de la régulation du sommeil. Les molécules d’adhésion cellulaire sont des acteurs clés dans les mécanismes de plasticité synaptique. Elles régulent l’activité et la maturation des synapses. Des études ont montré que leur absence engendre des conséquences similaires au manque de sommeil. Le but de ce projet de thèse est d’explorer l’effet de l’absence de deux familles de molécule d’adhésion cellulaire, les neuroligines et la famille des récepteur Eph et leur ligand les éphrines dans les processus régulateurs du sommeil. Notre hypothèse est que l’absence d’un des membres de ces deux familles de molécule affecte les mécanismes impliqués dans le processus homéostatique de régulation du sommeil. Afin de répondre à notre hypothèse, nous avons étudié d’une part l’activité EEG chez des souris mutantes n’exprimant pas Neuroligine‐1 (Nlgn1) ou le récepteur EphA4 en condition normale et après une privation de sommeil. D’autre part, nous avons mesuré les changements moléculaires ayant lieu dans ces deux modèles après privation de sommeil. Au niveau de l’activité EEG, nos résultats montrent que l’absence de Nlgn1 augmente la densité des ondes lentes en condition normale et augment l’amplitude et la pente des ondes lentes après privation de sommeil. Nlgn1 est nécessaire au fonctionnement normal de la synchronie corticale, notamment après une privation de sommeil, lui attribuant ainsi un rôle clé dans l’homéostasie du sommeil. Concernant le récepteur EphA4, son absence affecte la durée du sommeil paradoxal ainsi que l’activité sigma qui dépendent du processus circadien. Nos résultats suggèrent donc que ce récepteur est un élément important dans la régulation circadienne du sommeil. Les changements transcriptionnels en réponse à la privation de sommeil des souris n’exprimant pas Nlgn1 et EphA4 ne sont pas différents des souris sauvages. Toutefois, nous avons montré que la privation de sommeil affectait la distribution des marques épigénétiques sur le génome, tels que la méthylation et l’hydroxyméthylation, et que l’expression des molécules régulant ces changements est modifiée chez les souris mutantes pour le récepteur EphA4. Nos observations mettent en évidence que les molécules d’adhésion cellulaire, Nlgn1 et le récepteur EphA4, possèdent un rôle important dans les processus homéostatique et circadien du sommeil et contribuent de manière différente à la régulation du sommeil.

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L’arthrose (OA) est une maladie dégénérative très répondue touchant les articulations. Elle est caractérisée par la destruction progressive du cartilage articulaire, l’inflammation de la membrane synoviale et le remodelage de l’os sous chondral. L’étiologie de cette maladie n’est pas encore bien définie. Plusieurs études ont été menées pour élucider les mécanismes moléculaires et cellulaires impliqués dans le développement de l’OA. Les effets protecteurs du récepteur activé par les proliférateurs de peroxysomes gamma (PPARγ) dans l'OA sont bien documentés. Il a été démontré que PPARγ possède des propriétés anti-inflammatoires et anti-cataboliques. Aussi, plusieurs stimuli ont été impliqués dans la régulation de l’expression de PPARγ dans différents types cellulaires. Cependant, les mécanismes exacts responsables de cette régulation ainsi que le profil de l’expression de ce récepteur au cours de la progression de l’OA ne sont pas bien connus. Dans la première partie de nos travaux, nous avons essayé d’élucider les mécanismes impliqués dans l’altération de l’expression de PPARγ dans cette maladie. Nos résultats ont confirmé l’implication de l’interleukine-1β (IL-1β), une cytokine pro-inflammatoire, dans la réduction de l’expression de PPARγ au niveau des chondrocytes du cartilage articulaire. Cet effet coïncide avec l'induction de l’expression du facteur de transcription à réponse précoce de type 1 (Egr-1). En plus, la diminution de l'expression de PPARγ a été associée au recrutement d'Egr-1 et la réduction concomitante de la liaison de Sp1 au niveau du promoteur de PPARγ. Dans la deuxième partie de nos travaux, nous avons évalué le profil d’expression de ce récepteur dans le cartilage au cours de la progression de cette maladie. Le cochon d’inde avec OA spontanée et le chien avec OA induite par rupture du ligament croisé antérieur (ACLT) deux modèles animaux d’OA ont été utilisés pour suivre l’expression des trois isoformes de PPARs : PPAR alpha (α), PPAR béta (β) et PPAR gamma (γ) ainsi que la prostaglandine D synthase hématopoïétique (H-PGDS) et la prostaglandine D synthase de type lipocaline (L-PGDS) deux enzymes impliquées dans la production de l’agoniste naturel de PPARγ, la 15-Deoxy-delta(12,14)-prostaglandine J(2) (15d-PGJ2). Nos résultats ont démontdes changements dans l’expression de PPARγ et la L-PGDS. En revanche, l’expression de PPARα, PPARβ et H-PGDS est restée stable au fil du temps. La diminution de l’expression de PPARγ dans le cartilage articulaire semble contribuer au développement de l’OA dans les deux modèles animaux. En effet, le traitement des chondrocytes par de siRNA dirigé contre PPARγ a favorisé la production des médiateurs arthrosiques tels que l'oxyde nitrique (NO) et la métalloprotéase matricielle de type 13 (MMP-13), confirmant ainsi le rôle anti-arthrosique de ce récepteur. Contrairement à ce dernier, le niveau d'expression de la L-PGDS a augmenté au cours de la progression de cette maladie. La surexpression de la L-PGDS au niveau des chondrocytes humains a été associée à la diminution de la production de ces médiateurs arthrosiques, suggérant son implication dans un processus de tentative de réparation. En conclusion, l’ensemble de nos résultats suggèrent que la modulation du niveau d’expression de PPARγ, de la L-PGDS et d’Egr-1 au niveau du cartilage articulaire pourrait constituer une voie thérapeutique potentielle dans le traitement de l’OA et probablement d’autres formes d'arthrite.

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L'athérosclérose est une maladie inflammatoire chronique caractérisée par l'accumulation de cholestérol dans la paroi artérielle et associée à une réponse immunitaire anormale dans laquelle les macrophages jouent un rôle important. Récemment, il a été démontré que les vaisseaux lymphatiques jouent un rôle primordial dans le transport inverse du cholestérol (Martel et al. JCI 2013). L’objectif global de mon stage de maîtrise a été de mieux caractériser la dysfonction lymphatique associée à l’athérosclérose, en étudiant de plus près l’origine physiologique et temporelle de ce mauvais fonctionnement. Notre approche a été d’étudier, depuis l’initiation de l’athérosclérose jusqu’à la progression d’une lésion athérosclérotique tardive, la physiologie des deux constituants principaux qui forment les vaisseaux lymphatiques : les capillaires et collecteurs lymphatiques. En utilisant comme modèle principal des souris Ldlr-/-; hApoB100+/+, nous avons pu démontrer que la dysfonction lymphatique est présente avant même l’apparition de l’athérosclérose, et que cette dysfonction est principalement associée avec un défaut au niveau des vaisseaux collecteurs, limitant ainsi le transport de la lymphe des tissus périphériques vers le sang. De plus, nous avons démontré pour la première fois l’expression du récepteur au LDL par les cellules endothéliales lymphatiques. Nos travaux subséquents démontrent que ce défaut de propulsion de la lymphe pourrait être attribuable à l’absence du récepteur au LDL, et que la dysfonction lymphatique observée précocement dans l’athérosclérose peut être limitée par des injections systémiques de VEGF (vascular endothelial growth factor) –C. Ces résultats suggèrent que la caractérisation fonctionnelle de la capacité de pompage des vaisseaux collecteurs serait une condition préalable à la compréhension de l'interaction entre la fonction du système lymphatique et la progression de l'athérosclérose. Ultimement, nos travaux nous ont amené à considérer de nouvelles cibles thérapeutiques potentielles dans la prévention et le traitement de l’athérosclérose.

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L’évolution d’une cellule tumorale initiée à une tumeur solide nécessite, à chaque étape, un microenvironnement favorable à sa survie et à sa croissance. Le microenvironnement tumoral est comparé à un foyer d’inflammation chronique dont la composition cellulaire et moléculaire est complexe. Les cellules souches mésenchymateuses (CSM) représentent l’un des principaux acteurs cellulaires présents. Elles migrent vers les sites tumoraux où elles soutiennent l’inflammation, l’angiogenèse et le développement tumoral en activant plusieurs voies de signalisation. Une des voies majeures qui contribuent à l’inflammation est la voie de signalisation NF-B. L’initiation de cette voie provient de la membrane cellulaire entre autres des cavéoles. Nous soumettons l’hypothèse que l’une des cavines, protéines associées aux cavéoles, modulerait le phénotype inflammatoire etou migratoire dans les CSM traitées à la cytokine TNF- (facteur de nécrose tumorale ) en modulant la voie de signalisation NF-B. En effet, nous avons observé une régulation à la hausse de l’expression de la COX-2 (cyclooxygénase-2) et une diminution de l’expression d’IκB qui sont synonymes de l’activation de la voie NF-B dans les CSM que nous avons traitées au TNF-. Nous avons trouvé que le TNF- induit la migration des CSM, et que la répression génique de la Cavine-2 augmente significativement la migration des CSM traitées par le TNF-. La répression génique de la Cavine-2 vient aussi amplifier la tubulogenèse dans les CSM en réponse au TNF-. D’un point de vue moléculaire, la répression génique de la Cavine-2 a montré une très forte amplification de l'expression protéique de la COX-2 dans les CSM en réponse au TNF-. Dans ces mêmes cellules où la Cavine-2 a été réprimée, et suite à un traitement au TNF-, le pic de phosphorylation est plus intense et la courbe de phosphorylation est plus prolongée dans le temps. Ces observations nous permettent d’affirmer que la Cavine-2 a un rôle répresseur sur l’expression de COX-2. Collectivement, nos résultats montrent que la Cavine-2 peut être proposée comme un gène suppresseur de tumeur et est de ce fait, une bonne cible thérapeutique dans les CSM qui permettraient d’agir à des stades précoces du développement tumoral.

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La voie de signalisation des phosphoinositides joue un rôle clé dans la régulation du tonus vasculaire. Plusieurs études rapportent une production endogène de l’angiotensin II (Ang II) et de l’endothéline-1 (ET-1) par les cellules musculaires lisses vasculaires (CMLVs) de rats spontanément hypertendus (spontaneously hypertensive rats : SHR). De plus, l’Ang II exogène induit son effet prohypertrophique sur les CMLVs selon un mécanisme dépendant de la protéine Gqα et de la PKCẟ. Cependant, le rôle de l’axe Gqα/PLCβ/PKCẟ dans l’hypertrophie des CMLVs provenant d’un modèle animal de l’hypertension artérielle n’est pas encore étudié. L’objectif principal de cette thèse est d’examiner le rôle de l’axe Gqα/PLCβ1 dans les mécanismes moléculaires de l’hypertrophie des CMLVs provenant d’un modèle animal d’hypertension artérielle essentielle (spontaneously hypertensive rats : SHR). Nos premiers résultats indiquent que contrairement aux CMLVs de SHR âgés de 12 semaines (absence d’hypertrophie cardiaque), les CMLVs de SHR âgés de 16 semaines (présence d’hypertrophie cardiaque) présentent une surexpression protéique endogène de Gqα et de PLCβ1 par rapport aux CMLVs de rats WKY appariés pour l’âge. L’inhibition du taux d’expression protéique de Gqα et de PLCβ1 par des siRNAs spécifiques diminue significativement le taux de synthèse protéique élevé dans les CMLVs de SHR. De plus, la surexpression endogène des Gqα et PLCβ1, l’hyperphosphorylation de la molécule ERK1/2 et le taux de synthèse protéique élevé dans les CMLVs de SHR de 16 semaines ont été atténués significativement par des antagonistes des récepteurs AT1 (losartan) et ETA (BQ123), mais pas par l’antagoniste du récepteur ETB (BQ788). L’inhibition pharmacologique des MAPKs par PD98059 diminue significativement la surexpression endogène de Gqα/PLCβ1 et le taux de synthèse protéique élevé dans les CMLVs de SHR. D’un côté, l’inhibition du stress oxydatif (par DPI, inhibiteur de la NAD(P)H oxidase, et NAC , molécule anti-oxydante), de la molécule c-Src (PP2) et des récepteurs de facteurs de croissance (AG1024 (inhibiteur de l’IGF1-R), AG1478 (inhibiteur de l’EGFR) et AG1295 (inhibiteur du PDGFR)) a permis d’atténuer significativement la surexpression endogène élevée de Gqα/PLCβ1 et l’hypertrophie des CMLVs de SHR. D’un autre côté, DPI, NAC et PP2 atténuent significativement l’hyperphosphorylation de la molécule c-Src, des RTKs (récepteurs à activité tyrosine kinase) et de la molécule ERK1/2. Dans une autre étude, nous avons aussi démontré que la PKCẟ montre une hyperphosphorylation en Tyr311 dans les CMLVs de SHR comparées aux CMLVs de WKY. La rottlerin, utilisée comme inhibiteur spécifique de la PKCẟ, inhibe significativement cette hyperphosphorylation en Tyr311 dépendamment de la concentration. L’inhibition de l’activité de la PKCẟ par la rottlerin a été aussi associée à une atténuation significative de la surexpression protéique endogène de Gqα/PLCβ1 et l’hypertrophie des CMLVs de SHR. De plus, l’inhibition pharmacologique de l’activité de la PKCẟ, en amont du stress oxydatif, a permis d’inhiber significativement l’activité de la NADPH, le taux de production élevée de l’ion superoxyde ainsi que l’hyperphosphorylation de la molécule ERK1/2, de la molécule c-Src et des RTKs. À notre surprise, nous avons aussi remarqué une surexpression protéique de l’EGFR et de l’IGF-1R dans les CMLVs de SHR à l’âge de 16 semaines. L’inhibition pharmacologique de l’activité de la PKCẟ, de la molécule c-Src et du stress oxydatif a permis d’inhiber significativement la surexpression protéique endogène de ces RTKs. De plus, l’inhibition de l’expression protéique de l’EGFR et de la molécule c-Src par des siRNA spécifiques atténue significativement le taux d’expression protéique élevé de Gqα et de PLCβ1 ainsi que le taux de synthèse protéique élevé dans les CMLVs de SHR. Des siRNAs spécifiques à la PKCẟ ont permis d’atténuer significativement le taux de synthèse protéique élevé dans les CMLVs de SHR et confirment le rôle important de la PKCẟ dans les mécanismes moléculaires de l’hypertrophie des CMLVs selon une voie dépendante du stress oxydatif. En conclusion, ces résultats suggèrent un rôle important de l’activation endogène de l’axe Gqα-PLCβ-PKCẟ dans le processus d’hypertrophie vasculaire selon un mécanisme impliquant une activation endogène des récepteurs AT1/ETa, de la molécule c-Src, du stress oxidatif, des RTKs et des MAPKs.