878 resultados para Abuso
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L'assenzio è un distillato ad alta gradazione alcolica 60-70° all'aroma di anice, generalmente dalla colorazione verde smeraldo o verde chiaro, derivato da erbe quali i fiori e le foglie dell’Artemisia absinthium L. dal quale prende il nome. Le proprietà officinali della pianta sono conosciute ed utilizzate fin dall’antichità dal momento che la pianta e le sue applicazioni terapeutiche sono addirittura citate in un papiro egiziano del 1500 a.C. Tale distillato conobbe una diffusione eccezionale nell’800, e divenne particolarmente noto alla fine del secolo, grazie alla fama che ebbe tra gli artisti e gli scrittori di Parigi. Il successo dell’assenzio in Europa fu clamoroso, ma altrettanto rapido fu poi il suo declino. Infatti, scomparve da tutti i mercati d’Europa e d’oltre oceano in poco più di un decennio. Attualmente l’assenzio, ritornato in voga, trova applicazione durante la celebrazione di numerose ritualità magico-esoteriche dove lo si celebra come capace di ridurre la carica aggressiva, sviluppare la calma e fortificare corpo e mente. Siti internet di matrice magico-occultista riportano il suo consumo durante lo svolgimento di vari rituali. Questo utilizzo “nascosto” ma diffuso ha posto le basi per indagarne il suo reale consumo voluttuario tra i giovani, in considerazione della sua facile reperibilità e dei suoi effetti farmaco-tossicologici.
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Parlare di KeyCrime significa rapportarsi con un software che si fonda prioritariamente su di un metodo scientifico che fa proprio il ragionamento conclusivo (conclusive reasoning), applicato al decison making , pertanto all’intelligence investigativa e alla predictive policing. Potremmo pensare a KeyCrime come un paradigma operativo che si pone in sinergia tra la filosofia, il cognitivismo giuridico e le scienze applicate (Romeo F., 2006). Quando analisi e decision making trovano in un unico contesto il terreno fertile dove svilupparsi, ma ancor più, creare presupposti di ragionamento, ecco che da queste è facile comprendere da quale altra condizione sono nate, attivate e soprattutto utilizzate ai fini di un risultato: questa non è altro che “l’osservazione”; se ben fatta, profonda e scientifica offre una sistematica quanto utile predisposizione alle indagini, specialmente di carattere preventivo per l’anticrimine e la sicurezza.
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Nel presente articolo verrà presa in considerazione una forma di abuso che ha colto l’attenzione degli operatori da non molti anni: la patologia delle cure. Saranno trattate le tre forme di patologia nella somministrazione delle cure che la costituiscono, soffermandoci principalmente sull’incuria e su una forma di ipercura quale la Sindrome di Munchausen per procura, sindrome rara e difficile da riconoscere. Assistiamo ad un paradosso, da un lato l’incuria: bambini abbandonati, denutriti, trascurati fisicamente e psicologicamente; e il suo contrario l’eccessiva cura, che porta in casi estremi ad “un’eccessiva medicalizzazione”. Quantificare il fenomeno del maltrattamento in ogni sua forma è difficile e lo è ancora di più quantificare quello di una forma di abuso piuttosto recente, ma riconoscere il fenomeno è il primo passo per preparare il terreno alla prevenzione.
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Un fenomeno poco indagato in Italia, ma che ha catturato l’attenzione e anche la preoccupazione delle ricerche in diverse parti del mondo, sono i comportamenti aggressivi che possono avvenire nelle prime relazioni sentimentali, tra adolescenti. La ricerca si è concentrata principalmente sulla violenza nelle coppie adulte, sulla violenza domestica, trascurando quelle condotte aggressive che avvengono nelle prime relazioni intime, in quanto ritenute poco stabili e fugaci. Diverse ricerche dimostrano che non è così e che anzi, spesso gli adolescenti “investono” molto in queste prime esperienze. Tra i principali motivi che spingono gli studiosi ad indagare questo fenomeno, vi è la considerazione della gravità delle stime di prevalenza, le conseguenze per il benessere psico-fisico, ed il valore predittivo che tali comportamenti potrebbero assumere rispetto al fenomeno della violenza nelle coppie adulte.
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Affrontare oggi il tema Scuola significa toccare un argomento spinoso. Se poi al tema Scuola abbiniamo quello della Teoria Gender otteniamo binomio oltremodo discusso. Tante, spesso contraddittorie, sono le informazioni che possiamo trovare sul Web e parlare con gli addetti ai lavori è molto difficile. Difficile, ma non impossibile, soprattutto se si fa riferimento alle fonti e agli autori di questa “Buona Scuola”, oggetto dell’ennesima Riforma-Controriforma che si voglia intendere, testo molto discusso nelle piazze d’Italia non solo dai sindacati o dagli insegnanti precari, ma anche dalle associazioni dei genitori.
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Al di là dell’efficacia e della correttezza della definizione-etichetta “nativi digitali”, che ha avviato un dibattito anche in ambito accademico negli ultimi anni, i dati confermano come la presenza delle nuove tecnologie sia in costante aumento anche nella vita dell’infanzia, già prima del compimento del sesto anno di vita. Ciò provoca la necessità che le scienze dell’educazione si confrontino con le conseguenze del rapporto tra infanzia e strumenti digitali della comunicazione: il saggio riporta una selezione tra i più recenti studi sull’argomento e si conclude con l’indicazione di alcune strategie per articolare percorsi di educazione ai media già dalla prima infanzia, prevedendo il coinvolgimento dei servizi educativi (sia nidi d’infanzia che scuole dell’infanzia) e della famiglia.
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Ad oggi, a fronte di un crescente interesse sociale, giuridico, medico e psicologico alle varie forme di abuso sessuale subite da minori e agli esiti a breve, medio e lungo termine che tali eventi possono esercitare sul benessere bio-psico-sociale dei sopravvissuti (Gulotta & Cutica, 2009), sembra, comunque, manifestarsi una insufficiente attenzione al tema del maltrattamento fisico (Di Blasio, 2000). Nel nostro contesto culturale gli episodi di aggressività fisica sono ancora facilmente rubricati nella categoria delle prassi genitoriali lecite, con un’implicita sottovalutazione dei rischi per la salute del bambino. Con questo non vogliamo sottendere che ogni singolo episodio di aggressività diretta del caregiver possa inserirsi tout court nella categoria dei maltrattamenti fisici; allo stesso tempo, riteniamo però necessario che, a livello sociale e sanitario, si presti attenzione ai possibili rischi per la salute della persona in caso di maltrattamenti fisici reiterati.
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Il numero di nuove sostanze psicoattive (NSP) acquistabile in internet e le informazioni relative alla loro modalità di assunzione a scopi curativi, ricreazionali e spirituali, stanno aumentando costantemente. Nomi come “legal highs”, “herbal highs” e “etno-drugs”, inducono i consumatori a credere che questi prodotti siano sicuri e naturali, sottostimandone o volutamente trascurandone le loro potenzialità farmaco-tossicologiche. Oltre a questo, l’impiego di sostanze naturali tradizionalmente impiegate all’interno di un rituale ben definito in etnie specifiche, in nuovi contesti ricreativi, porta spesso all’abuso delle stesse sostanze (Marti, 2013; 2015). Infatti, mentre l’uso tradizionale/etnico di queste sostanze naturali, non sembra essere associato a dipendenza, intossicazioni o problemi legati alla salute, una volta raggiunto il mercato mondiale, si assiste invece ad una escalation di problematiche ed intossicazioni. Queste derivano soprattutto dal fatto che uscendo da un contesto tradizionale per accedere in uno prettamente ricreazionale, cambiano numerosi fattori fondamentali tra cui: la via di somministrazione, la quantità assunta, l’assunzione di sostanze pure e la co-somministrazione con altre sostanze psicoattive.
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La reciente publicación del Manual Diagnóstico y Estadístico de los Trastornos Mentales en su 5ª edición (DSM-5) por la American Psychiatric Association ha supuesto varios y significativos cambios, así como encendidos debates y críticas. Este artículo se centra en el trastorno por consumo de sustancias. Uno de los principales cambios en relación a este trastorno es el enfoque dimensional. Las categorías de abuso y dependencia se incluyen dentro de un trastorno, y se aplica a cada una de las sustancias requiriendo dos o más de los once síntomas especificados. Se incluye el craving y han desaparecido los "problemas legales" porque han mostrado una pobre discriminación para el diagnóstico. La desaparición de las categorías del abuso y la dependencia puede causar cierta confusión entre los operadores judiciales. A partir de ahora, los peritos tendrán que hacer un esfuerzo para explicar a los tribunales las características específicas de acuerdo a los ítems aprobados en el DSM-5.
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La persuasión coercitiva es un subtipo de persuasión, una modalidad de influencia caracterizada por la aplicación de estrategias abusivas. Su aplicación implica una agresión, en ocasiones sumamente sutil, que combina técnicas ambientales, emocionales, cognitivas y disociativas, alterando la capacidad crítica de quien la recibe y generando, habitualmente, importantes daños psicológicos y desajustes sociales. Los grupos coercitivos, entre ellos las sectas destructivas, se caracterizan por aplicar estas técnicas con una elevada reiteración, persistencia e intensidad. Estas técnicas suelen aplicarse de forma planificada y engañosa; su graduación dificulta que las personas que la reciben detecten la agresividad y el perjuicio que conllevan. Resulta necesario definir clara y objetivamente qué acciones, actitudes y estrategias resultan manipulativas y a partir de qué grado o intensidad podría considerarse que un determinado grupo aplica, sistemáticamente, persuasión coercitiva. Si es patente la escasez de instrumentos de medición del abuso psicológico en diferentes ámbitos (violencia en pareja, acoso laboral, acoso escolar, etc.), aún menor ha sido el desarrollo de herramientas que valoren la presencia de estrategias coercitivas o abusivas en contextos grupales. En tanto que la aplicación de estas estrategias puede derivar en graves consecuencias psicosociales, resulta necesario el desarrollo de instrumentos que puedan resultar de utilidad en contextos clínicos y forenses. El objetivo principal de esta tesis es desarrollar y validar nuevas herramientas de evaluación de persuasión coercitiva en contextos grupales, para lo que se llevaron a cabo dos estudios empíricos: 1) Validación de la Entrevista de Evaluación de Persuasión Coercitiva (EPC). Recoge una amplia gama de coerciones y abusos desarrollados en contextos grupales manipulativos, consta de 66 preguntas con dos secciones de evaluación. La principal, con 61 preguntas, recoge 17 técnicas de persuasión coercitiva, dentro de cuatro subtipos de persuasión coercitiva: ambiental, emocional, cognitiva y disociativa (Cuevas y Canto, 2006). Se emplearon dos procedimientos para examinar su validez de contenido, los cuales aportaron resultados positivos. En primer lugar, la proporción de acuerdo (pa = 0,87), que mostró una concordancia muy relevante entre los 191 evaluadores que participaron. El análisis ítem a ítem mostró la conveniencia de no eliminar ninguna de las preguntas. En segundo lugar, la kappa de Fleiss, que suprime el efecto atribuible al azar (k = 0,57; k = 0,61 si se obvia uno de los diez casos clínicos valorados), sugiere un acuerdo entre moderado y bueno. 2) Diseño y validación de la Escala de Detección de Persuasión Coercitiva (EDPC). A partir de la validación de la entrevista anterior se diseñó esta escala, en una versión inicial de 50 ítems. Se analizaron sus propiedades psicométricas, que fueron también satisfactorias. Su fiabilidad, como consistencia interna, fue examinada con el Alfa de Cronbach estandarizado, resultando ser muy alta para su versión de 50 ítems (α =0,93), y aún mejor para la versión final propuesta de 40 ítems (α =0,97). Se analizó la distribución de las puntuaciones, concluyendo la no normalidad de su distribución, así como su estructura interna factorial, concluyendo la presencia de un factor: persuasión coercitiva. En cuanto a su validez, se examinó la validez convergente con la escala de Abuso Psicológico Grupal (GPA, Chambers, Langone, Dole y Grice, 1994), que mide abuso psicológico; las correlaciones fueron muy elevadas y significativas (p<0,01), especialmente con respecto a su escala global (r = 0,77**). También se examinó su validez de criterio o predictiva con distintas herramientas de ajuste psicológico, correlacionando positivamente de forma elevada, o moderadamente, con algunas escalas o subescalas relacionadas con ideación paranoide, eventos vitales estresantes, cogniciones postraumáticas, etc. En definitiva, se valida la entrevista EPC y se diseña y valida una nueva escala, la EDPC. Dos herramientas que se validan en población española, con unas adecuadas propiedades psicométricas, que pueden resultar de gran utilidad en el ámbito clínico y forense, con objeto de valorar el control y la manipulación ejercidas en contextos grupales. Utilizar este tipo de herramienta resulta relevante para poder constatar la responsabilidad de los grupos coercitivos, facilitando relacionar los daños valorados en las víctimas, con las acciones concretas desarrolladas por grupos, o personas, que llevan a cabo comportamientos abusivos. Referencias Bibliográficas: Chambers, W.V., Langone, M.D., Dole, A.A.y Grice, J.W. (1994). The Group Psychological Abuse Scale: A Measure of the Varieties of Cultic Abuse. Cultic Studies Journal, 11, 88-117. Cuevas, J.M. y Canto, J.M. (2006). Sectas: cómo funcionan, cómo son sus líderes, efectos destructivos y cómo combatirlas. Málaga: Aljibe.
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El trabajo de investigación llevado a cabo en esta Tesis Doctoral hace referencia al diseño e implementación de un Programa de Intervención Psicoeducativa, de corte cognitivo-conductual, cuyo principal objetivo ha sido optimizar el desarrollo socioemocional y promover la adaptación socioescolar de niños y niñas en situación de protección. Los participantes seleccionados han sido niños y niñas de 5 a 10 años que se encontraban acogidos en un centro de protección de la ciudad de Málaga. Los motivos de tal acogimiento eran diversos, y todos ellos estaban relacionados con falta de estimulación en sus familias, privación sociocultural, maltrato, abuso y/o abandono por parte de sus progenitores. El entorno elegido para desarrollar el Programa ha sido el contexto educativo donde los menores recibían la educación normalizada en los colegios de la zona cercana al centro de protección. Con la finalidad de poder comprobar la eficacia del Programa diseñado, se ha trabajado llevando a cabo un diseño longitudinal con mediciones pretest, postest y seguimiento con grupo control y grupo intervención, realizando un tipo de intervención individualizada con cada niño y niña participante. Para tal intervención se han utilizado además grupos de compañeros y compañeras de clase de estos menores con el propósito de hacer uso del refuerzo natural de los iguales ayudantes en las interacciones sociales. También se ha contado con la ayuda de los profesores/as de los colegios y de los educadores/as del centro de protección. El Programa de Intervención ha sido diseñado de esta forma teniendo en cuenta la situación especial que experimentan estos niños y niñas que están en el Sistema de Protección debido a una serie de circunstancias específicas que han experimentado en sus vidas. Se analizaron las siguientes variables: indicadores sociométricos (nº de elecciones, nº de rechazos y estatus sociométrico); percepción de profesores y educadores acerca de la agresión social y de las habilidades de interacción social; estrategias de interacción social observadas entre iguales (se observaron cinco grupos de estrategias: agresivas, prosociales, competentes, recurrir a la autoridad y pasivas); conocimiento de estrategias de interacción social (se agrupó el conocimiento en cinco grupos de estrategias: agresivas, prosociales, competentes, recurrir a la autoridad y pasivas); y competencia y aceptación autopercibidas (se obtuvo información de cinco dimensiones: competencia física, competencia cognitiva, aceptación de iguales, aceptación materna y autovaloración global). Los resultados resaltan la eficacia de este Programa ya que se consiguen mejoras, estadísticamente significativas, tras la aplicación el mismo en el grupo intervención, mientras que el grupo control no mejora en las mismas variables. Dicha mejora obtenida en el momento postest, en la mayoría de las variables se mantiene en el seguimiento, con algunas pérdidas ocasionadas por el tiempo, pero manteniéndose evidentes mejoras. Estos resultados concluyen que el Programa propuesto en este estudio para los menores en acogimiento residencial, mejora la competencia social de estos niños/as, reduce sus comportamientos agresivos, y les ayuda a desarrollar recursos competentes con los que afrontar las interacciones sociales con sus compañeros/as, promocionando así su adaptación socioescolar.
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Dissertação de Mestrado apresentada ao Instituto Superior de Psicologia Aplicada para obtenção de grau de Mestre na especialidade de Psicologia Clínica.
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Madrid y yo... es una obra que transcurre en los espacios del enigma sentimental, justamente. Puede entenderse como espacio de construcción simbólica, evidentemente, por su condición literaria; pero más allá por el delicado uso del juego de los símbolos al cual recurre el escritor. Éstos son tratados con sumo respeto y singular fineza mental. El escritor se ha cuidado de su uso abrupto, de lugares comunes o sentidos agotados. Es más, se ha cuidado del abuso y la exposición frontal de los mismos tan común en la literatura de estos días. Por el contrario, esta obra se nutre de las estrategias poéticas para erigirse en cuidadas analogías, giros, metáforas, alegorías e incluso referencias históricas que llevan al lector a una elaboración del relato que al final, en juego de corte casi borgiano o chejoviano, se establece la conclusión. Por el contrario, esta obra se nutre de las estrategias poéticas para erigirse en cuidadas analogías, giros, metáforas, alegorías e incluso referencias históricas que llevan al lector a una elaboración del relato que al final, en juego de corte casi borgiano o chejoviano, se establece la conclusión.
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La presente obra se divide en tres capítulos: El primero hace un planteo general sobre el derecho de propiedad de los particulares con anotaciones históricas sobre su significación económica y las teorías que lo explican y justifican. Trata igualmente las notas distintivas especiales del derecho de propiedad de los particulares, esto es, su carácter absoluto, perpetuo, exclusivo, abstracto y elástico, precisando cuáles de ellas son esenciales. La obra se ocupa de los elementos definitorios de la propiedad en el derecho común, su clasificación contratación con otros tipos de propiedad. El capítulo segundo desarrolla los límites y limitaciones al derecho de propiedad, señalando las diferencias entre ambos conceptos, para lo cual acude a nociones tales como el contenido propio del derecho real de propiedad, la buena fe, la teoría de los propios actos, el abuso del derecho, los limites horizontales y verticales, institucionales o estructurales, el deber general de abstención, la extinción de dominio y la confiscación, las limitaciones a la propiedad privada en interés público o general, la diferencia entre limitación a la propiedad en interés privado y en interés público, las servidumbres administrativas, la expropiación por utilidad pública, las diferencias entre expropiación, confiscación, decomiso, requisa o requisición, servidumbre y ocupación temporánea, lo mismo que la limitación del derecho real de propiedad por el derecho ajeno en eventos tales como la propiedad fiduciaria, el usufructo, el uso, la habitación y las servidumbres del derecho privado. Finalmente, el capítulo tercero examina la defensa del derecho real de propiedad para lo cual distingue entre medios directos indirectos, tales como las acciones reivindicatoria, negatoria, posesorias especiales de denuncia de obra nueva y de obra ruinosa, entre otras.
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Objetivo: Analizar las características asociadas al riesgo de feminicidio en España entre mujeres expuestas a la violencia de pareja o análogo y su posible asociación con las denuncias a los agresores. Métodos: Se realizó un estudio de casos y controles para el periodo 2010-2011. Los casos, 135 mujeres mayores de edad, asesinadas por su pareja o análogo durante dicho periodo, se identificaron a través de la página web de la Federación de Asociaciones de Mujeres Separadas y Divorciadas, y de los informes del Consejo General del Poder Judicial. Los controles, 185 mujeres expuestas a la violencia de pareja el último año, proceden de la Macroencuesta de Violencia de Género 2011. La asociación entre la denuncia y el riesgo de feminicidio se estimó mediante modelos de regresión logística multivariada. Resultados: No se encontró asociación entre denunciar al agresor y el riesgo de ser asesinada (odds ratio [OR]: 1,38; intervalo de confianza del 95% [IC95%]: 0,68-2,79). Las mujeres inmigrantes expuestas a la violencia de pareja registraron una mayor probabilidad de ser asesinadas (ref.: mujeres españolas; OR: 5,38; IC95%: 2,41-11,99). Esta asociación también se observó en las mujeres que vivían en zonas rurales (ref: zonas urbanas; OR: 2,94; IC95%: 1,36-6,38). Conclusiones: La denuncia judicial al agresor no parece modificar el riesgo de asesinato entre las mujeres expuestas a la violencia de pareja. Las medidas de protección a las mujeres deberían extremarse en las mujeres inmigrantes y las que viven en el medio rural.