951 resultados para radiotherapy


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Traditional morphological examinations are not anymore sufficient for a complete evaluation of tumoral tissue and the use of neoplastic markers is of utmost importance. Neoplastic markers can be classified in: diagnostic, prognostic and predictive markers. Three markers were analyzed. 1) Insulin-like growth factor binding protein 2 (IGFBP2) was immunohistochemically examined in prostatic tissues: 40 radical prostatectomies from hormonally untreated patients with their preoperative biopsies, 10 radical prostatectomies from patients under complete androgen ablation before surgery and 10 simple prostatectomies from patients with bladder outlet obstruction. Results were compared with α-methylacyl-CoA racemase (AMACR). IGFBP2 was expressed in the cytoplasm of untreated adenocarcinomas and, to a lesser extent, in HG-PIN; the expression was markedly lower in patients after complete androgen ablation. AMACR was similarly expressed in both adenocarcinoma and HG-PIN, the level being similar in both lesions; the expression was slightly lower in patients after complete androgen ablation. IGFBP2 may be used a diagnostic marker of prostatic adenocarcinomas. 2) Heparan surface proteoglycan immunohistochemical expression was examined in 150 oral squamous cell carcinomas. Follow up information was available in 93 patients (range: 6-34 months, mean: 19±7). After surgery, chemotherapy was performed in 8 patients and radiotherapy in 61 patients. Multivariate and univariate overall survival analyses showed that high expression of syndecan-1 (SYN-1) was associated with a poor prognosis. In patients treated with radiotherapy, such association was higher. SYN-1 is a prognostic marker in oral squamous cell carcinomas; it may also represent a predictive factor for responsiveness to radiotherapy. 3) EGFR was studied in 33 pulmonary adenocarcinomas with traditional DNA sequencing methods and with two mutation-specific antibodies. Overall, the two antibodies had 61.1% sensitivity and 100% specificity in detecting EGFR mutations. EGFR mutation-specific antibodies may represent a predictive marker to identify patients candidate to tyrosine kinase inhibitors therapy.

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Tanchirasi (TNKS) è un membro della superfamiglia delle PARP (Poli ADP-Ribosio Polimerasi). TNKS è coinvolta nella stabilizzazione della subunità catalitca del complesso proteico DNA-PK (protein chinasi DNA-dipendente), la DNA-PKcs. Questa proteina è fondamentale per il corretto funzionamento del meccanismo di riparo del DNA chiamato "Saldatura Non Omologa delle Estremità" (NHEJ). La deplezione di TNKS induce una degradazione della DNA-PKcs e una maggiore sensibilità alle radiazioni ionizzanti (RI). TNKS è inoltre un regolatore negativo di axina e di conseguenza un attivatore del pathway di WNT; l'inibizione quindi di TNKS induce anche una inibizione del pathway di WNT. Alterazioni in questo signalling si riscontrano frequentemente nel Medulloblastoma (MB), il tumore cerebrale embrionale più comune dell'infanzia. La radioterapia post-operatoria risulta essere molto efficacia in questa neoplasia, ma causa gravi effetti collaterali e un terzo dei pazienti presenta radioresistenza intrinseca. Un'importante sfida per la ricerca è quindi l'aumento della radiosensibilità tumorale. In questo lavoro, abbiamo studiato gli effetti dell'inibizione farmacologica di TNKS in linee cellulari di MB umano, mediante la small molecule XAV939, potente e specifico inibitore di TNKS. Il trattamento con XAV939 induce una consistente inibizione della capacità proliferativa e clonogenica, non correlata ad un aumento della mortalità cellulare, indicando una bassa tossicità legata alla molecola. Il co-trattamento di XAV939 e RI (γ-ray, dose 2 Gy) causa una ulteriore inibizione della proliferazione cellulare e della capacità di formare colonie. Abbiamo inoltre constatato, mediante Neutral Comet Assay, una minore efficacia nel riparo del DNA in cellule irradiate trattate con XAV939, indicando un effettivo aumento della radiosensibilità in cellule di MB trattate con l'inibitore di TNKS. L'aumentata mortalità cellulare in cellule tumorali trattate con XAV939 e RI ha confermato la nostra ipotesi. Il nostro studio in vitro indica come TNKS possa essere un utile target terapeutico per rendere più efficace l'attuale terapia contro il MB.

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Introduzione L’efficacia dei chemio/radioterapici ha aumentato notevolmente l’aspettativa di vita delle pazienti oncologiche, tuttavia, questi trattamenti possono compromettere la funzionalità ovarica. La crioconservazione di tessuto ovarico, con il successivo reimpianto, ha lo scopo di preservare la fertilità delle pazienti a rischio di fallimento ovarico precoce. Scopo dello studio Definire la migliore procedura di crioconservazione e reimpianto in grado di ottenere la neovascolarizzazione del tessuto reimpiantato nel minor tempo possibile al fine di diminuire la perdita follicolare causata dall’ischemia durante la procedura. Materiali e metodi Per ciascuna paziente (3) le biopsie ovariche, sono state prelevate laparoscopicamente e crioconservate secondo il protocollo di congelamento lento/scongelamento rapido. Campioni di corticale ovarica sono stati processati per l’analisi istologica, ultrastrutturale, immuistochimica e confocale per valutare la preservazione morfologiaca del tessuto. Le fettine di corticale ovarica sono state scongelate e reimpiantate ortotopicamente (2), nelle ovaia e in due tasche peritoneali, o eterotopicamente (1), in due tasche create nel sottocute sovrapubico. Risultati Le analisi di microscopia hanno mostrato il mantenimento di una discreta morfologia dello stroma, e dei vasi criopreservati e un lieve ma non significativo danneggiamento dei follicoli scongelati. Tutte le pazienti hanno mostrato la ripresa della funzionalità endocrina rispettivamente dopo 2/4 mesi dal reimpianto. Il color-doppler, inoltre ha rivelato un significativo aumento della vascolarizzazione ovarica rispetto alla quasi totale assenza di vascolarizzazione prima del reimpianto, quando le pazienti mostravano una conclamata menopausa. Conclusioni Lo studio ha confermato la ripresa della vascolarizzazione dell’ovaio in seguito a reimpianto avascolare di fettine di corticale, senza l’impiego di fattori esogeni o meccanici aggiuntivi, in tempi concordanti con i dati della letteratura. I risultati sono incoraggianti e l’avanzare degli studi e della ricerca potranno contribuire allo sviluppo di nuove metodologie di reimpianto che possano avere un successo clinico ed una sicurezza superiori a quelle finora ottenute.

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Cellular response to γ-rays is mediated by ATM-p53 axis. When p53 is phosphorylated, it can transactivate several genes to induce permanent cell cycle arrest (senescence) or apoptosis. Epithelial and mesenchymal cells are more resistant to radiation-induced apoptosis and respond mainly by activating senescence. Hence, tumor cells in a senescent state might remain as “dormant” malignant in fact through disruption of p53 function, cells may overcome growth arrest. Oncocytic features were acquired in the recurring neoplasia after radiation therapy in patient with colonrectal cancer. Oncocytic tumors are characterized by aberrant biogenesis and are mainly non-aggressive neoplasms. Their low proliferation degree can be explained by chronic destabilization of HIF1α, which presides to adaptation to hypoxia and also plays a pivotal role in hypoxia-related radio-resistance. The aim of the present thesis was to verify whether mitochondrial biogenesis can be induced following radiation treatment, in relation of HIF1α status and whether is predictive of a senescence response. In this study was demonstrate that mitochondrial biogenesis parameters like mitochondrial DNA copy number could be used for the prediction of hypoxic status of tissue after radiation treatment. γ-rays induce an increase of mitochondrial mass and function, in response to a genotoxic stress that pushes cells into senescence. Mitochondrial biogenesis is only indirectly regulated by p53, whose activation triggers a MDM2-mediated HIF1α degradation, leading to the release of PGC-1β inhibition by HIF1α. On the other hand, this protein blunts the mitochondrial response to γ-rays as well as the induction of p21-mediated cell senescence, indicating prevalence of the hypoxic over the genotoxic response. Finally in vivo, post-radiotherapy mtDNA copy number increase well correlates with lack of HIF1α increase in the tissue, concluding this may be a useful molecular tool to infer the trigger of a hypoxic response during radiotherapy, which may lead to failure of activation of senescence.

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Obiettivo: valutare la tossicità ed il controllo di malattia di un trattamento radioterapico ipofrazionato ad alte dosi con tecnica ad intensità modulata (IMRT) guidata dalle immagini (IGRT) in pazienti affetti da carcinoma prostatico a rischio intermedio, alto ed altissimo di recidiva. Materiali e metodi: tutti i pazienti candidati al trattamento sono stati stadiati e sottoposti al posizionamento di tre “markers” fiduciali intraprostatici necessari per l’IGRT. Mediante tecnica SIB – IMRT sono stati erogati alla prostata 67,50 Gy in 25 frazioni (EQD2 = 81 Gy), alle vescichette 56,25 Gy in 25 frazioni (EQD2 = 60,35 Gy) e ai linfonodi pelvici, qualora irradiati, 50 Gy in 25 frazioni. La tossicità gastrointestinale (GI) e genitourinaria (GU) è stata valutata mediante i CTCAE v. 4.03. Per individuare una possibile correlazione tra i potenziali fattori di rischio e la tossicità registrata è stato utilizzato il test esatto di Fisher e la sopravvivenza libera da malattia è stata calcolata mediante il metodo di Kaplan-Meier. Risultati: sono stati arruolati 71 pazienti. Il follow up medio è di 19 mesi (3-35 mesi). Nessun paziente ha dovuto interrompere il trattamento per la tossicità acuta. Il 14% dei pazienti (10 casi) ha presentato una tossicità acuta GI G ≥ 2 e il 15% (11 pazienti) ha riportato una tossicità acuta GU G2. Per quanto riguarda la tossicità tardiva GI e GU G ≥ 2, essa è stata documentata, rispettivamente, nel 14% dei casi (9 pazienti) e nell’11% (7 pazienti). Non è stata riscontrata nessuna tossicità, acuta o cronica, G4. Nessun fattore di rischio correlava con la tossicità. La sopravvivenza libera da malattia a 2 anni è del 94%. Conclusioni: il trattamento radioterapico ipofrazionato ad alte dosi con IMRT-IGRT appare essere sicuro ed efficace. Sono comunque necessari ulteriori studi per confermare questi dati ed i presupposti radiobiologici dell’ipofrazionamento del carcinoma prostatico.

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Nel presente progetto di ricerca, da novembre 2011 a novembre 2013 , sono stati trattati chirurgicamente, con l’assistenza del navigatore , pazienti con tumori ossei primitivi degli arti, del bacino e del sacro, analizzando i risultati degli esami istologici dei margini di resezione del tumore e i risultati clinici e radiografici. Materiali e metodi : Abbiamo analizzato 16 pazienti 9 maschi e 7 femmine , con un'età media di 31 anni (range 12-55 ). Di tutti i pazienti valutati 8 avevano una localizzazione agli arti inferiori , 4 al bacino e 4 all'osso sacro . Solo quelli con osteosarcoma parostale , Cordoma e Condrosarcoma non sono stati sottoposti a terapia antiblastica . Solo un paziente è stato sottoposto a radioterapia postoperatoria per una recidiva locale . Tutti gli altri pazienti non sono stati trattati con la radioterapia per l’ adeguatezza dei margini di resezione . Non ci sono state complicanze intraoperatorie . Nel periodo postoperatorio abbiamo osservato una vescica neurologica , una paresi sciatica, due casi di infezione di cui una superficiale e una profonda, tutti e quattro i pazienti con sarcoma sacrale sviluppati hanno avuto ritardato della guarigione della ferita e di questi tre hanno avuto incontinenza sfinterica. In tutti i casi si è ottenuta una eccellente risultato clinico e radiografico , con soddisfazione del paziente , corretto contatto tra l'osteotomia e l'impianto che apparivano stabili ai primi controlli ambulatoriali ( FU 19 mesi). Risultati: La chirurgia assistita da calcolatore ha permesso di migliorare l’esecuzione delle resezioni ossee prevista dal navigatore. Questa tecnologia è valida e utile per la cure dei tumori dell’apparato scheletrico, soprattutto nelle sedi anatomiche più complesse da trattare come la pelvi, il sacro e nelle resezioni intercalari difficoltose nell’ottenere un margine di resezione ampio e quindi di salvare l’articolazione e l’arto stesso.

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It was observed in the ‘80s that the radiation damage on biological systems strongly depends on processes occurring at the microscopic level, involving the elementary constituents of biological cells. Since then, lot of attention has been paid to study elementary processes of photo- and ion-chemistry of isolated organic molecule of biological interest. This work fits in this framework and aims to study the radiation damage mechanisms induced by different types of radiations on simple halogenated biomolecules used as radiosensitizers in radiotherapy. The research is focused on the photofragmentation of halogenated pyrimidine molecules (5Br-pyrimidine, 2Br-pyrimidine and 2Cl-pyrimidine) in the VUV range and on the 12C4+ ion-impact fragmentation of the 5Br-uracil and its homogeneous and hydrated clusters. Although halogen substituted pyrimidines have similar structure to the pyrimidine molecule, their photodissociation dynamics is quite different. These targets have been chosen with the purpose of investigating the effect of the specific halogen atom and site of halogenation on the fragmentation dynamics. Theoretical and experimental studies have highlighted that the site of halogenation and the type of halogen atom, lead either to the preferential breaking of the pyrimidinic ring or to the release of halogen/hydrogen radicals. The two processes can subsequently trigger different mechanisms of biological damage. To understand the effect of the environment on the fragmentation dynamic of the single molecule, the ion-induced fragmentation of homogenous and hydrated clusters of 5Br-uracil have been studied and compared to similar studies on the isolated molecule. The results show that the “protective effect” of the environment on the single molecule hold in the homogeneous clusters, but not in the hydrated clusters, where several hydrated fragments have been observed. This indicates that the presence of water molecules can inhibit some fragmentation channels and promote the keto-enol tautomerization, which is very important in the mutagenesis of the DNA.

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Bone metastases are responsible for different clinical complications defined as skeletal-related events (SREs) such as pathologic fractures, spinal cord compression, hypercalcaemia, bone marrow infiltration and severe bone pain requiring palliative radiotherapy. The general aim of these three years research period was to improve the management of patients with bone metastases through two different approaches of translational research. Firstly in vitro preclinical tests were conducted on breast cancer cells and on indirect co-colture of cancer cells and osteoclasts to evaluate bone targeted therapy singly and in combination with conventional chemotherapy. The study suggests that zoledronic acid has an antitumor activity in breast cancer cell lines. Its mechanism of action involves the decrease of RAS and RHO, as in osteoclasts. Repeated treatment enhances antitumor activity compared to non-repeated treatment. Furthermore the combination Zoledronic Acid + Cisplatin induced a high antitumoral activity in the two triple-negative lines MDA-MB-231 and BRC-230. The p21, pMAPK and m-TOR pathways were regulated by this combined treatment, particularly at lower Cisplatin doses. A co-colture system to test the activity of bone-targeted molecules on monocytes-breast conditioned by breast cancer cells was also developed. Another important criticism of the treatment of breast cancer patients, is the selection of patients who will benefit of bone targeted therapy in the adjuvant setting. A retrospective case-control study on breast cancer patients to find new predictive markers of bone metastases in the primary tumors was performed. Eight markers were evaluated and TFF1 and CXCR4 were found to discriminate between patients with relapse to bone respect to patients with no evidence of disease. In particular TFF1 was the most accurate marker reaching a sensitivity of 63% and a specificity of 79%. This marker could be a useful tool for clinicians to select patients who could benefit for bone targeted therapy in adjuvant setting.

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Die Bor-Neuroneneinfang-Therapie (engl.: Boron Neutron Capture Therapy, BNCT) ist eine indirekte Strahlentherapie, welche durch die gezielte Freisetzung von dicht ionisierender Strahlung Tumorzellen zerstört. Die freigesetzten Ionen sind Spaltfragmente einer Kernreaktion, bei welcher das Isotop 10B ein niederenergetisches (thermisches) Neutron einfängt. Das 10B wird durch ein spezielles Borpräparat in den Tumorzellen angereichert, welches selbst nicht radioaktiv ist. rnAn der Johannes Gutenberg-Universität Mainz wurde die Forschung für die Anwendung eines klinischen Behandlungsprotokolls durch zwei Heilversuche bei Patienten mit kolorektalen Lebermetastasen an der Universität Pavia, Italien, angeregt, bei denen die Leber außerhalb des Körpers in einem Forschungsreaktor bestrahlt wurde. Als erster Schritt wurde in Kooperation verschiedener universitärer Institute eine klinische Studie zur Bestimmung klinisch relevanter Parameter wie der Borverteilung in verschiedenen Geweben und dem pharmakokinetischen Aufnahmeverhalten des Borpräparates initiiert.rnDie Borkonzentration in den Gewebeproben wurde hinsichtlich ihrer räumlichen Verteilung in verschiedenen Zellarealen bestimmt, um mehr über das Aufnahmeverhalten der Zellen für das BPA im Hinblick auf ihre biologischen Charakteristika zu erfahren. Die Borbestimung wurde per Quantitative Neutron Capture Radiography, Prompt Gamma Activation Analysis und Inductively Coupled Plasma Mass Spectroscopy parallel zur histologischen Analyse des Gewebes durchgeführt. Es war möglich zu zeigen, dass in Proben aus Tumorgewebe und aus tumorfreiem Gewebe mit unterschiedlichen morphologischen Eigenschaften eine sehr heterogene Borverteilung vorliegt. Die Ergebnisse der Blutproben werden für die Erstellung eines pharmakokinetischen Modells verwendet und sind in Übereinstimmung mit existierenden pharmakokinetische Modellen. Zusätzlich wurden die Methoden zur Borbestimmung über speziell hergestellte Referenzstandards untereinander verglichen. Dabei wurde eine gute Übereinstimmung der Ergebnisse festgestellt, ferner wurde für alle biologischen Proben Standardanalyseprotokolle erstellt.rnDie bisher erhaltenen Ergebnisse der klinischen Studie sind vielversprechend, lassen aber noch keine endgültigen Schlussfolgerungen hinsichtlich der Wirksamkeit von BNCT für maligne Lebererkrankungen zu. rn

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Der Tumorstoffwechsel ist charakterisiert durch eine erhöhte Glykolyserate und die Anreicherung von Laktat auch in Anwesenheit von Sauerstoff. In früheren Arbeiten dieser Arbeitsgruppe konnte gezeigt werden, dass ein hoher Laktatgehalt in Primärtumoren signifikant mit einem gesteigerten Metastasierungsverhalten und einer schlechteren Patientenprognose verknüpft ist. Ein wichtiges Verfahren zur Bestimmung des Metabolitstatus in kryokonservierten Tumorschnitten ist die induzierte, metabolische Biolumineszenz. Im Rahmen dieser Arbeit wurde ein neues, digitales Kamerasystem für Biolumineszenzmessungen etabliert. Außerdem wurde der für die Laktat- und Glukosemessungen benötigte Enzymmix optimiert, so dass eine bessere Lichtausbeute und eine Kosteneinsparung von etwa 50% erzielt werden konnte. Durch die Einführung von Kontrollmessungen und die Verwendung eines neu entwickelten ImageJ-PlugIns für eine halbautomatisierte Auswertung, konnte ein zuverlässiges Messsystem etabliert werden, das Ergebnisse mit einer verbesserten Reproduzierbarkeit liefert. rnDieses neue Messsytem wurde in einer Studie an zehn humanen xenotransplantierten Plattenepithelkarzinomen des Kopf-Hals-Bereiches erfolgreich eingesetzt. Es konnte gezeigt werden, dass eine signifikante, positive Korrelation zwischen dem Laktatgehalt in soliden Primärtumoren und der Resistenz gegenüber einer fraktionierten Strahlentherapie besteht. rnIn einer weiterführenden Studie wurde im gleichen Xenograftmodell der Einfluss einer fraktionierten Strahlentherapie auf den Tumorstoffwechsel untersucht. Der Vergleich von zwei humanen Plattenepithelkarzinomlinien des Kopf-Hals-Bereichs im Verlauf einer fraktionierten Strahlentherapie zeigt deutliche Unterschiede zwischen strahlenresistenten und strahlensensiblen Tumoren. In der strahlenempfindlichen Tumorlinie UT-SCC 14 treten nach Bestrahlung mit drei Fraktionen in der Expression glykolyse-assoziierter Gene und nach zehn Fraktionen im ATP- und Laktatgehalt signifikante Veränderungen auf. Im Gegensatz dazu wird bei der strahlenresistenten Linie UT-SCC 5 lediglich eine Absenkung des Laktatgehaltes nach zehn Fraktionen beobachtet, nicht jedoch des ATP-Gehalts. Die mRNA-Expression wird in UT-SCC 5 nicht durch eine fraktionierte Bestrahlung verändert. Diese Ergebnisse liefern erste Hinweise, dass das mRNA-Expressionslevel und der Metabolitgehalt frühe Marker für das Ansprechen auf eine Strahlentherapie sein können.rn

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I sarcomi dei tessuti molli sono un gruppo eterogeneo di tumori maligni di origine mesenchimale che si sviluppa nel tessuto connettivo. Il controllo locale mediante escissione chirurgica con margini ampi associato alla radioterapia e chemioterapia è il trattamento di scelta. Negli ultimi anni le nuove scoperte in campo biologico e clinico hanno sottolineato che i diversi istotipi posso essere considerati come entità distinte con differente sensibilità alla chemioterapia pertanto questa deve essere somministrata come trattamento specifico basato sull’istologia. Tra Ottobre 2011 e Settembre 2014 sono stati inclusi nel protocollo di studio 49 pazienti con sarcomi dei tessuti molli di età media alla diagnosi 48 anni (range: 20 - 68 anni). I tumori primitivi più frequenti sono: liposarcoma mixoide, sarcoma pleomorfo indifferenziato, sarcoma sinoviale. Le sedi di insorgenza del tumore erano più frequentemente la coscia, il braccio e la gamba. 35 pazienti sono stati arruolati nel Braccio A e trattati con chemioterapia standard con epirubicina+ifosfamide, 14 sono stati arruolati nel Braccio B e trattati con chemioterapia basata sull’istotipo. I dati emersi da questo studio suggeriscono che le recidive locali sembrano essere correlate favorevolmente alla radioterapia ed ai margini chirurgici adeguati mentre la chemioterapia non sembra avere un ruolo sul controllo locale della malattia. Anche se l'uso di terapie mirate, che hanno profili di tossicità più favorevoli e sono quindi meglio tollerate rispetto ai farmaci citotossici è promettente, tali farmaci hanno prodotto finora risultati limitati. Apparentemente l’insieme delle terapie mirate non sembra funzionare meglio delle terapie standard, tuttavia esse devono essere esaminate per singolo istotipo e confrontate con il braccio di controllo. Sono necessari studi randomizzati controllati su ampie casistiche per valutare l’efficacia delle terapie mirate sui differenti istotipi di sarcomi dei tessuti molli. Inoltre, nuovi farmaci, nuove combinazioni e nuovi schemi posologici dovranno essere esaminati per ottimizzare la terapia.

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Ziel: Die Radiotherapie hat in der Behandlung von Plattenepithelkarzinomen des Kopf- und Halsbereichs nach wie vor einen hohen Stellenwert. Der Erfolg eines Therapieregimes, das die Behandlung mit ionisierenden Strahlen einschließt, ist jedoch häufig limitiert durch die Entwicklung radioresistenter Tumorzellpopulationen, die nicht selten durch die Bestrahlung selbst induziert wird. Die Mechanismen, die zu einer solchen bestrahlungsinduzierten Radioresistenz führen sind bisher nur unvollständig verstanden und Methoden, durch die die Entwicklung von Radioresistenz verhindert werden könnte, wie beispielsweise der präventive Einsatz von Pharmazeutika, sind bislang nicht systematisch untersucht. Das Ziel der vorliegenden Arbeit war es zu überprüfen, ob der Cyclooxygenase-Inhibitor Flurbiprofen durch Bestrahlung induzierte Veränderungen der Phosphoprotein-Expression verstärken oder abschwächen kann und ob sich aus solchen Modifikationen des Bestrahlungsergebnisses ein radioprotektiver Effekt der Flurbiprofenapplikation ableiten lässt. Methoden: Es wurde ein experimenteller Ansatz gewählt, der mittels 2D PAGE und anschließender MALDI-TOF Massenspektrometrie das Phosphoproteom einer HNSCC-Zelllinie unter verschiedenen Bedingungen untersuchte. Die Zellen wurden entweder mit einer Energiedosis von 8 Gy bestrahlt, mit einer 200 μM Flurbiprofen enthaltenden Lösung inkubiert oder sie wurden mit einer Kombination aus Flurbiprofenapplikation und Bestrahlung behandelt. Vor der 2D PAGE wurden die Phosphoproteine durch IMAC angereichert. Zur Verbesserung der Gel-Analytik wurde die Software Delta 2D angewendet, die zum Ausgleich von Laufweitenunterschieden zwischen den Gelen ein Warping vorsieht. Ergebnisse und Diskussion: Bei der Analyse, der unter den verschiedenen experimentellen Bedingungen differentiell exprimierten Phosphoproteinen mittels bioinformatischer Hilfsprogramme wie z.B. WEBGestalt und STRING, wurden sieben Proteine mit Bedeutung für das Wachstum und die Entdifferenzierung von Tumoren identifiziert und einer ausführlichen Literaturrecherche unterzogen. Auf diese Weise konnten die Ergebnisse der für die vorliegende Arbeit durchgeführten Experimente in den systembiologischen Kontext eingeordnet werden. Besonders hervorzuheben ist die Herabregulierung der möglicherweise Radioresistenz vermittelnden Proteine GRP-75, 14-3-3 sigma und CRT sowie die Herabregulierung des anti-apoptotischen und tumor-begünstigenden Hsp60 durch Flurbiprofen. Die Verminderung der Expression unterstreicht das Potential dieses Pharmakons sowie der Klasse der COX-Inhibitoren als mögliche radiosensitivierende und tumorsuppressive Substanzen.

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L’approccio chirurgico agli adenomi ipofisari ACTH secernenti è la terapia d’elezione nell’uomo. L’ipofisectomia transfenoidale è invece una tecnica poco diffusa in ambito veterinario. La terapia più diffusa nel cane con ipercortisolismo ipofisi dipendente (PDH) è di tipo medico e prevede la somministrazione di farmaci inibitori della sintesi del cortisolo. Gli adenomi ipofisari possono aumentare di volume e determinare una conseguente sintomatologia neurologica; in questi casi le uniche opzioni terapeutiche sono rappresentate dall’asportazione chirurgica della neoplasia e dalla radioterapia. Nella presente tesi vengono descritti 8 interventi di ipofisectomia transfenoidale effettuati su 7 cani con macroadenoma ipofisario presso il Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Bologna. La difficoltà maggiore per il chirurgo è rappresentata dalla localizzazione della fossa ipofisaria rispetto ai punti di repere visibile in tomografia computerizzata o in risonanza magnetica nucleare, oltre ai problemi di sanguinamento durante la rimozione della neoplasia. Nel periodo post-operatorio maggiori complicazioni si riscontrano in soggetti con adenomi ipofisari di maggiori dimensioni. Al contrario, in presenza di adenomi di dimensioni più contenute, la ripresa post-operatoria risulta più rapida e il tasso di successo maggiore. Al fine di poter eseguire nel cane l’exeresi mirata della sola neoplasia ipofisaria, al pari di quanto avviene nell’uomo, è stato condotto uno studio sulla tomografia computerizzata (TC) in 86 cani con PDH. Il protocollo TC non ha tuttavia permesso di individuare con precisione la posizione della neoplasia per guidare il chirurgo nella sua rimozione. In due casi riportati nel presente lavoro si è verificata una recidiva della neoplasia ipofisaria. In un soggetto si è optato per il reintervento, mentre nell’altro caso per la radioterapia. Entrambe le opzioni hanno garantito una buona qualità di vita per più di un anno dall’intervento terapeutico. Questi casi clinici dimostrano come il reintervento e la radioterapia possano essere considerate valide opzioni in caso di recidiva.

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Die Bildung von lokalen Rezidiven wird bei Glioblastomen vor allem durch das stark infiltrierende Wachstum gefördert. Die Rolle der angewendeten Therapieverfahren bei der Induktion der Zellmotilität ist noch weitgehend unklar. Im Rahmen dieser Dissertation wurde daher in vitro die Wirkung der Photonen- und Schwerionenstrahlung auf die Migration von humanen Glioblastomzelllinien sowie auf EGFR-gekoppelte, migrationsregulierende Signalmoleküle untersucht. Gezeigt werden konnte, dass die EGF-induzierte Stimulierung des EGFR über den PI3K und MAPK Signalweg an der Regulation der Zellmigration beteiligt ist. Hinsichtlich des Verhaltens nach Bestrahlung wurden Zelllinien- und Strahlen-spezifische Unterschiede beobachtet. Die Photonenstrahlung führte in U87 Zellen zu einer Aktivierung des EGFR sowie zur Steigerung der Migration nach klinisch relevanten Dosen. Versuche mit einem EGFR spezifischen Inhibitor bestätigten die funktionelle Verknüpfung von Strahlen-induzierter Aktivierung des EGFR und Strahlen-induzierter Migrationssteigerung. Demgegenüber wurden nach Bestrahlung mit Kohlenstoffionen eine Hemmung der Zellmigration sowie keine gesteigerte Aktivität des EGFR festgestellt. Die erhaltenen in vitro Ergebnisse geben Hinweise auf ein in Glioblastomen mögliches erhöhtes Risiko einer Rezidivbildung nach einer konventionellen Radiotherapie mit Photonen. Bei der modernen Schwerionentherapie kann dieses Risiko aufgrund der Strahlen-vermittelten Migrationshemmung weitestgehend ausgeschlossen werden. Sollte sich die Strahlen-induzierte Migrationssteigerung in vivo bestätigen, wäre es sinnvoll den Einsatz von Migrationsinhibitoren als Begleittherapie zur Bestrahlung zu testen.

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Während ausgedehnter Weltraumflüge zum Mond und Mars wäre die Besatzung eines Raumschiffs dicht ionisierender Schwerionenstrahlung, der sogenannten kosmischen Strahlung, ausgesetzt. Da bei vielen Krebspatienten die orale Mukositis als eine gravierende Nebenwirkung bei der herkömmlichen Strahlentherapie auftritt, könnte diese Erkrankung ein medizinisches Problem während ausgedehnter Weltraumflüge darstellen. Allerdings liegen bislang keine Untersuchungen über eine mögliche Mukositis-induzierte Wirkung von Schwerionenstrahlung vor. Um das Risiko strahlungsinduzierter oraler Mukositis durch kosmische Strahlung abzuschätzen, wurden dreidimensionale organotypische Mundschleimhaut-Modelle 12C Schwerionen- bzw. Röntgenstrahlung ausgesetzt und nach definierten Inkubationszeiten kryokonserviert. Aus dem Material wurden Kryoschnitte gefertigt, mit denen anschließend histologische und immunhistologische Fluoreszenzfärbungen zum Nachweis von zum Beispiel Kompaktheitsverlust, Doppelstrangbrüchen der DNA und NF-κB-Aktivierung durchgeführt wurden. Die Ausschüttung von Tumornekrosefaktor α, Interleukin 1β, Interleukin 6 und Interleukin 8 wurde in Probenüberständen mittels ELISA analysiert. Das Hauptaugenmerk dieser Studie lag dabei auf den frühen durch Strahlung verursachten Effekten. rnIm Rahmen dieser Dissertation wurde ein dreidimensionales Mundschleimhaut-Modell etabliert, das verglichen mit humaner Mundschleimhaut viele organotypische Differenzierungsmarker und in vivo-ähnliche Reaktionen auf bestimmte Reize zeigte. Nach einer Bestrahlung mit schweren Kohlenstoffionen bzw. mit Röntgenstrahlung wurden strahlungsinduzierte Effekte auf mehreren Ebenen detektiert. Bereits 1 h nach Bestrahlung konnten dosisabhängig vermehrte Doppelstrangbrüche in der DNA detektiert werden, wobei bei gleicher Dosis Schwerionenstrahlung im Durchschnitt doppelt so viele DSB verursachte wie Röntgenstrahlung. Das Mundschleimhaut-Modell reagierte auf beide Strahlungsarten mit einer Aktivierung des Transkriptionsfaktors NF-κB p50, wobei Röntgenstrahlung diese Aktivierung früher induzierte als Schwerionen. Eine strahlungsinduzierte Aktivierung von NF-κB p65 wurde in den organotypischen Kulturen zu den untersuchten Zeitpunkten nicht beobachtet. Im Vergleich zu nicht bestrahlten Kulturen waren die Konzentrationen von Interleukin 6 und Interleukin 8 unabhängig von der Strahlungsqualität nach Bestrahlung signifikant erhöht. Interleukin-1β dagegen wurde nur nach Röntgenbestrahlung signifikant vermehrt ausgeschüttet. In Schwerionen-bestrahlten Proben wurden zwar tendenziell höhere Konzentrationen beobachtet, statistische Signifikanzen ergaben sich aber nicht. Die Analysen zur TNF-α- und IFN-γ-Ausschüttung in bestrahlten organotypischen Kulturen ergaben innerhalb des gewählten Beobachtungszeitraums von 48 h keine strahlungsinduzierten Effekte. Bei den Untersuchungen der Proliferation in den Zellen der bestrahlten organotypischen Kulturen wurde bereits 24 h nach Röntgenstrahlung und 3 Tage nach Schwerionenstrahlung eine deutliche verminderte Proliferation beobachtet. Des Weiteren zeigte das Mundschleimhaut-Modell unabhängig von Strahlungsqualitäten einen eindeutigen Verlust in der Zellintegrität und daraus resultierenden Kompaktheitsverlust des Gewebes, was in der in vivo-Situation wahrscheinlich einer Gewebedegeneration entspricht. rnNach Bestrahlung mit sowohl Röntgenstrahlung als auch schweren Ionen wurden im gewählten Mukosa-Modell innerhalb von 48 h nach Behandlung strahlungsinduzierte proinflammatorische Marker eindeutig und reproduzierbar detektiert. Dies deutet darauf hin, dass während langer extraterrestrischer Expeditionen das Risiko der oralen Mukositis einkalkuliert und mit den daraus folgenden Konsequenzen gerechnet werden muss.rn