989 resultados para scintillatori organici, discriminazione neutroni-raggi gamma,algoritmi digitali
Resumo:
In questa tesi vengono analizzati gli algoritmi DistributedSolvingSet e LazyDistributedSolvingSet e verranno mostrati dei risultati sperimentali relativi al secondo.
Resumo:
Il lavoro svolto in questa tesi si colloca nell’area della robotica aerea e della visione artificiale attraverso l’integrazione di algoritmi di visione per il controllo di un velivolo senza pilota. Questo lavoro intende dare un contributo al progetto europeo SHERPA (Smart collaboration between Humans and ground-aErial Robots for imProving rescuing activities in Alpine environments), coordinato dall’università di Bologna e con la compartecipazione delle università di Brema, Zurigo, Twente, Leuven, Linkopings, del CREATE (Consorzio di Ricerca per l’Energia e le Applicazioni Tecnologiche dell’Elettromagnetismo), di alcune piccole e medie imprese e del club alpino italiano, che consiste nel realizzare un team di robots eterogenei in grado di collaborare con l’uomo per soccorrere i dispersi nell’ambiente alpino. L’obiettivo di SHERPA consiste nel progettare e integrare l’autopilota all’interno del team. In tale contesto andranno gestiti problemi di grande complessità, come il controllo della stabilità del velivolo a fronte di incertezze dovute alla presenza di vento, l’individuazione di ostacoli presenti nella traiettoria di volo, la gestione del volo in prossimità di ostacoli, ecc. Inoltre tutte queste operazioni devono essere svolte in tempo reale. La tesi è stata svolta presso il CASY (Center for Research on Complex Automated Systems) dell’università di Bologna, utilizzando per le prove sperimentali una PX4FLOW Smart Camera. Inizialmente è stato studiato un autopilota, il PIXHAWK, sul quale è possibile interfacciare la PX4FLOW, in seguito sono stati studiati e simulati in MATLAB alcuni algoritmi di visione basati su flusso ottico. Infine è stata studiata la PX4FLOW Smart Camera, con la quale sono state svolte le prove sperimentali. La PX4FLOW viene utilizzata come interfaccia alla PIXHAWK, in modo da eseguire il controllo del velivolo con la massima efficienza. E’ composta da una telecamera per la ripresa della scena, un giroscopio per la misura della velocità angolare, e da un sonar per le misure di distanza. E’ in grado di fornire la velocità di traslazione del velivolo, e quest’ultima, integrata, consente di ricostruire la traiettoria percorsa dal velivolo.
Resumo:
Il presente studio ha indagato e valutato alcune abilità cognitive del cane: la capacità di discriminare quantità e le capacità di apprendimento mediante imitazione; quest’ultima è poi stata messa in relazione con l’attaccamento nei confronti del proprietario. Per l’esecuzione della prima indagine sono stati messi appunto due test: il primo si è basato esclusivamente sulla presentazione di uno stimolo visivo: diversi quantitativi di cibo, differenti tra loro del 50%, sono stati presentati al cane; la scelta effettuata dai soggetti testati è stata premiata con differenti tipi di rinforzo differenziale o non differenziale. Il secondo test è stato diviso in due parti: sono stati presentati al cane diversi quantitativi di cibo sempre differenti tra loro del 50% ma nella prima parte del test l’input sensoriale per il cane è stato esclusivamente uditivo mentre nella seconda parte è stato sia uditivo che visivo. Ove è stato possibile è stato applicato ai cani un cardiofrequenzimetro al fine di eseguire una valutazione delle variazioni della frequenza cardiaca nel corso del test. Lo scopo è stato quello di valutare se i soggetti testati erano in grado di discriminare la quantità maggiore. La seconda indagine ha analizzato le capacità di apprendimento di 36 soggetti che sono stati suddivisi in cani da lavoro e pet. I soggetti protagonisti dello studio hanno eseguito il Mirror Test per la valutazione dell’apprendimento per imitazione. I soggetti presi in considerazione, sono stati sottoposti a scansione termografica all’inizio ed al termine del test ed è stata rilevata la loro frequenza respiratoria nella fase iniziale e finale del test. In 11 soggetti che hanno eseguito il precedente test è stato possibile eseguire anche il Strange Situation Test per la valutazione dell’attaccamento al proprietario; i test in questione sono stati videoregistrati ed analizzati per mezzo di un software preposto (OBSERVER XT 10).
Resumo:
La simulazione realistica del movimento di pedoni riveste una notevole importanza nei mondi dell'architettonica e della sicurezza (si pensi ad esempio all'evacuazione di ambienti), nell'industria dell'entertainment e in molti altri ambiti, importanza che è aumentata negli ultimi anni. Obiettivo di questo lavoro è l'analisi di un modello di pedone esistente e l'applicazione ad esso di algoritmi di guida, l'implementazione di un modello più realistico e la realizzazione di simulazioni con particolare attenzione alla scalabilità. Per la simulazione è stato utilizzato il framework Alchemist, sviluppato all'interno del laboratorio di ricerca APICe, realizzando inoltre alcune estensioni che potranno essere inglobate nel pacchetto di distribuzione del sistema stesso. I test effettuati sugli algoritmi presi in esame evidenziano un buon guadagno in termini di tempo in ambienti affollati e il nuovo modello di pedone risulta avere un maggiore realismo rispetto a quello già esistente, oltre a superarne alcuni limiti evidenziati durante i test e ad essere facilmente estensibile.
Resumo:
La trattazione è volta all'esposizione dell'algoritmo di Lindell per determinare in logspazio se due alberi sono isomorfi. Un'ampia parte introduttiva richiama i prerequisiti teorici necessari alla comprensione della parte di esposizione dell'algoritmo.
Resumo:
La tomosintesi digitale computerizzata è una particolare tecnica che permette di ricostruire una rappresentazione 3D di un oggetto, con un numero finito di proiezioni su un range angolare limitato, sfruttando le convenzionali attrezzature digitali a raggi X. In questa tesi è stato descritto un modello matematico per la ricostruzione dell’immagine della mammella nella tomosintesi digitale polienergetica che tiene conto della varietà di materiali che compongono l’oggetto e della natura polienergetica del fascio di raggi X. Utilizzando questo modello polienergetico-multimateriale, la ricostruzione dell’immagine di tomosintesi è stata ricondotta alla formulazione di un problema dei minimi quadrati non lineare su larga scala e risolverlo ha permesso la ricostruzione delle percentuali dei materiali del volume assegnato. Nelle sperimentazioni sono stati implementati il metodo del gradiente, il metodo di Gauss-Newton ed il metodo di Gauss-Newton CGLS. E' stato anche utilizzato l’algoritmo trust region reflective implementato nella funzione lsqnonlin di MATLAB. Il problema della ricostruzione dell'immagine di tomosintesi è stato risolto utilizzando questi quattro metodi ed i risultati ottenuti sono stati confrontati tra di loro.
Resumo:
La tesi analizza gli algoritmi per risolvere il problema dell'assegnamento generalizzato, e valuta in particolare le prestazioni dell'algoritmo di Posta ed altri.
Resumo:
Lo scopo del clustering è quindi quello di individuare strutture nei dati significative, ed è proprio dalla seguente definizione che è iniziata questa attività di tesi , fornendo un approccio innovativo ed inesplorato al cluster, ovvero non ricercando la relazione ma ragionando su cosa non lo sia. Osservando un insieme di dati ,cosa rappresenta la non relazione? Una domanda difficile da porsi , che ha intrinsecamente la sua risposta, ovvero l’indipendenza di ogni singolo dato da tutti gli altri. La ricerca quindi dell’indipendenza tra i dati ha portato il nostro pensiero all’approccio statistico ai dati , in quanto essa è ben descritta e dimostrata in statistica. Ogni punto in un dataset, per essere considerato “privo di collegamenti/relazioni” , significa che la stessa probabilità di essere presente in ogni elemento spaziale dell’intero dataset. Matematicamente parlando , ogni punto P in uno spazio S ha la stessa probabilità di cadere in una regione R ; il che vuol dire che tale punto può CASUALMENTE essere all’interno di una qualsiasi regione del dataset. Da questa assunzione inizia il lavoro di tesi, diviso in più parti. Il secondo capitolo analizza lo stato dell’arte del clustering, raffrontato alla crescente problematica della mole di dati, che con l’avvento della diffusione della rete ha visto incrementare esponenzialmente la grandezza delle basi di conoscenza sia in termini di attributi (dimensioni) che in termini di quantità di dati (Big Data). Il terzo capitolo richiama i concetti teorico-statistici utilizzati dagli algoritimi statistici implementati. Nel quarto capitolo vi sono i dettagli relativi all’implementazione degli algoritmi , ove sono descritte le varie fasi di investigazione ,le motivazioni sulle scelte architetturali e le considerazioni che hanno portato all’esclusione di una delle 3 versioni implementate. Nel quinto capitolo gli algoritmi 2 e 3 sono confrontati con alcuni algoritmi presenti in letteratura, per dimostrare le potenzialità e le problematiche dell’algoritmo sviluppato , tali test sono a livello qualitativo , in quanto l’obbiettivo del lavoro di tesi è dimostrare come un approccio statistico può rivelarsi un’arma vincente e non quello di fornire un nuovo algoritmo utilizzabile nelle varie problematiche di clustering. Nel sesto capitolo saranno tratte le conclusioni sul lavoro svolto e saranno elencati i possibili interventi futuri dai quali la ricerca appena iniziata del clustering statistico potrebbe crescere.
Resumo:
Al fine di migliorare le tecniche di coltura cellulare in vitro, sistemi a bioreattore sono sempre maggiormente utilizzati, e.g. ingegnerizzazione del tessuto osseo. Spinner Flasks, bioreattori rotanti e sistemi a perfusione di flusso sono oggi utilizzati e ogni sistema ha vantaggi e svantaggi. Questo lavoro descrive lo sviluppo di un semplice bioreattore a perfusione ed i risultati della metodologia di valutazione impiegata, basata su analisi μCT a raggi-X e tecniche di modellizzazione 3D. Un semplice bioreattore con generatore di flusso ad elica è stato progettato e costruito con l'obiettivo di migliorare la differenziazione di cellule staminali mesenchimali, provenienti da embrioni umani (HES-MP); le cellule sono state seminate su scaffold porosi di titanio che garantiscono una migliore adesione della matrice mineralizzata. Attraverso un microcontrollore e un'interfaccia grafica, il bioreattore genera tre tipi di flusso: in avanti (senso orario), indietro (senso antiorario) e una modalità a impulsi (avanti e indietro). Un semplice modello è stato realizzato per stimare la pressione generata dal flusso negli scaffolds (3•10-2 Pa). Sono stati comparati tre scaffolds in coltura statica e tre all’interno del bioreattore. Questi sono stati incubati per 21 giorni, fissati in paraformaldehyde (4% w/v) e sono stati soggetti ad acquisizione attraverso μCT a raggi-X. Le immagini ottenute sono state poi elaborate mediante un software di imaging 3D; è stato effettuato un sezionamento “virtuale” degli scaffolds, al fine di ottenere la distribuzione del gradiente dei valori di grigio di campioni estratti dalla superficie e dall’interno di essi. Tale distribuzione serve per distinguere le varie componenti presenti nelle immagini; in questo caso gli scaffolds dall’ipotetica matrice cellulare. I risultati mostrano che sia sulla superficie che internamente agli scaffolds, mantenuti nel bioreattore, è presente una maggiore densità dei gradienti dei valori di grigio ciò suggerisce un migliore deposito della matrice mineralizzata. Gli insegnamenti provenienti dalla realizzazione di questo bioreattore saranno utilizzati per progettare una nuova versione che renderà possibile l’analisi di più di 20 scaffolds contemporaneamente, permettendo un’ulteriore analisi della qualità della differenziazione usando metodologie molecolari ed istochimiche.
Resumo:
Die Schleimkeratine TKα und TKγ aus dem Schleimaal Eptatretus stoutii besitzten für Keratine außergewöhnliche Eigenschaften. In speziellen Drüsen reifen die Schleimkeratine zu 3 µm dicken und bis zu 60 cm langen kabelartigen Filamenten heran und werden anschließend zur Feindabwehr ins umgebende Wasser extrazellulär sezerniert, wodurch die viskoelastischen Eigenschaften des Schleims modifiziert werden. Mittlerweile wurden die Schleimkeratine auch in höheren Wirbeltiergruppen (Knochenfische und Amphibien) entdeckt. Zu Beginn meiner Promotion war jedoch bis auf EST-Verteilungsprofile noch nichts über die Expression und Funktion der Schleimkeratine in diesen Organismen bekannt. rnIm Rahmen meiner Arbeit wurden die Schleimkeratine TKα und TKγ erstmalig im Zebrabärbling Danio rerio identifiziert und näher charakterisiert. Mittels rekombinanter Expression wurden TKα und TKγ in ausreichenden Mengen hergestellt und auf ihre Bindungseigenschaften hin untersucht. Hierbei konnte ich zeigen, dass TKα und TKγ einerseits miteinander Heteromere formen und andererseits, dass das TKα in der Lage ist, auch homopolymere Strukturen auszubilden. Letztere Eigenschaft wurde bisher noch bei keinem bekannten cytoplasmatischen Keratin beschrieben. Ergänzend zu diesen Untersuchungen wurde eine Expressionsanalyse durchgeführt. Hierbei konnte gezeigt werden, dass die Schleimkeratine im Zebrabärbling nicht extrazellulär sezerniert werden und zum anderen keine höheren, kabelartigen Strukturen ausformen. Vielmehr werden die Schleimkeratine bei adulten Tieren in den basalen Zellschichten der Epidermis exprimiert, welche keinen mechanischen Schutz in Form von Schuppen aufweisen (Stirnhautepidermis, Epidermis in Geweben zwischen den Flossenstrahlen). Innerhalb dieser Zellen formen die Schleimkeratine ein filamentöses Netzwerk aus, dass sich an der basalen Zellseite konzentriert. Eine mögliche Funktion von TKα und TKγ könnte demnach in der Erhöhung der mechanischen Integrität von stark beanspruchten Geweben liegen, die keinen Schutz in Form von Schuppen aufweisen. So werden TKα und TKγ in larvalen Entwicklungsstadien in der Epidermis, sowie im mechanisch stark beanspruchten Notochord koexprimiert. rnDa das Notochord im Zebrabärbling auch in entwicklungsbiologischen Vorgängen eine entscheidende Rolle spielt und weiterhin in aktuellen Untersuchungen am glatten Krallen-frosch Xenopus laevis Funktionen der Schleimkeratine TKα und TKγ innerhalb von Degenerationsprozessen während der Metamorphose nachgewiesen werden konnten, sind auch im Zebrabärbling Danio rerio Funktionen der Schleimkeratine TKα und TKγ im Rahmen von Entwicklungsprozessen denkbar.rn
Resumo:
Wie alle Eukaryoten besitzen auch höhere Pflanzen ein mikrotubuläres Cytoskelett. Einige Funktionen dieses Cytoskeletts sind relativ stark konserviert, andere dagegen scheinen sehr pflanzenspezifisch zu sein. Dies betrifft insbesondere charakteristische mikrotubuläre Netzwerke, die bei der Neubildung und der Verstärkung der Zellwände wichtige Rollen übernehmen. Wie der Aufbau dieser Netzwerke kontrolliert wird, ist bisher relativ unklar. Typische Mikrotubuli organisierende Zentren (MTOC), insbesondere Centrosomen oder Spindelpolkörper, sind bei höheren Pflanzen nicht beobachtet worden. Von pilzlichen und tierischen Organismen weiß man, dass gamma-Tubulin (gTUB) mit seinen assoziierten Proteinen in den MTOC bei der Nukleation von Mikrotubuli eine Schlüsselfunktion hat. Dieses Mitglied der Tubulin-Superfamilie wird aber auch in Pflanzen gefunden, dessen genaue Funktion bisher unbekannt ist. Zu Beginn der Arbeit wurden mittels in silico Berechnungen Strukturmodelle des pflanzlichen gTUBs aus Nicotiana tabacum erarbeitet, da die Struktur, die zu einem Verständnis der pflanzlichen Wachstumsregulation beitragen könnte, bisher unbekannt ist. Auf Grundlage der bioinformatischen Daten konnte für weitere Studien eine notwendige gTUB-Deletionsmutante entwickelt werden. Für Röntgendiffraktionsstudien und gTUB-Interaktionspartneranalysen war die Verfügbarkeit verhältnismäßig großer Proteinmengen notwendig. Die Expression der gTUB-Volllängensequenz in gelöster und aktiver Form stellte einen immanent wichtigen Zwischenschritt dar. Das Escherichia coli T7/lacO-Expressionssystem lieferte, trotz vielversprechender Erfolge in der Vergangenheit, kein gelöstes rekombinantes gTUB. So wurden zwar verhältnismäßig hohe Expressionsraten erzielt, aber das rekombinante gTUB lag quantitativ als Inclusion bodies vor. Eine Variationen der Expressionsparameter sowie umfangreiche Versuche mittels verschiedenster Konstrukte sowie potentiell die Löslichkeit erhöhenden Tags gTUB in gelöster Form in E. coli zu exprimieren blieben erfolglos. Eine Denaturierung der Inclusion bodies und Rückfaltung wurde aufgrund der wohl bei der Tubulinfaltung notwendigen komplexeren Chaperone sowie thermodynamischer Überlegungen ausgeschlossen. Die höher evolvierte Chaperonausstattung war ein Hauptgrund für die Verwendung der eukaryotischen Hefe-Expressionssysteme K. lactis und des S. cerevisiae-Stammes FGY217 zur gTUB-Expression. So konnten nach der Selektion nur transgene Hefe-Zellen dokumentiert werden, die die gTUB-Expressionskassette nachweislich an der vorgesehenen Zielposition in ihrem Genom integrierten, aber keine dokumentierbare Expression zeigten. Die wahrscheinlichste Begründung hierfür ist, dass ein erhöhter intrazellulärer gTUB-Titer mit dem Zellwachstum und der Zellteilung dieser eukaryotischen Organismen interferierte und durch Rückkopplungen die rekombinante gTUB-CDS aus N. tabacum ausgeschaltet wurde. Der Versuch einer transienten gTUB-Überexpression in differenzierten Blattgeweben höherer Pflanzen war eine logische Konsequenz aus den vorherigen Ergebnissen und lieferte, wenn auch nicht die für eine Proteinkristallisation notwendigen Mengen, gelöstes gTUB. Bestrebungen einer stabilen Transfektion von A. thaliana oder BY-2-Zellkulturen mit einer gTUB-CDS lieferten keine transgenen Organismen, was starke Interferenzen der rekombinanten gTUB-CDS in den Zellen vermuten lies. Transfektionsversuche mit nur GFP tragenden Konstrukten ergaben hingegen eine hohe Anzahl an transgenen Organismen, die auch verhältnismäßig starke Expressionsraten zeigten. Die erzielten Proteinmengen bei der transienten gTUB-Überexpression in N. benthamiana Blattgeweben, in Co-Expression mit dem Posttransriptional Gene Silencing-Suppressorprotein p19, waren für einen Pull-Down sowie eine massenspektroskopische Analyse der Interaktionspartner ausreichend und ergaben Befunde. Eine abschließende Auswertung des erarbeiteten massenspektroskopischen Datensatzes wird jedoch erst dann möglich sein, wenn das Tabak-Proteom vollständig sequenziert ist. Die Erweiterung der bestehenden pflanzlichen Vergleichsdatenbanken um das bisher bekannte Tabak-Proteom vervielfachte die Anzahl der in dieser Studie identifizierten gTUB-Interaktionspartner. Interaktionen mit dem TCP1-Chaperon untermauern die Hypothese der zur Faltung pflanzlichen gTUBs notwendigen Chaperone. Beobachtete gTUB-Degradationsmuster in Verbindung mit Interaktionen des 26S-Proteasoms deuten auf eine Gegenregulationen bei erhöhtem gTUB-Titer auf Proteinebene hin. Da Blattgewebe selbst nur noch über eine sehr geringe und inhomogene Teilungsaktivität verfügen ist diese Regulation hoch spannend. Auch konnte durch Co-Expression des PTGS-Suppressorproteins p19 gezeigt werden, dass bei der gTUB-Expression eine Regulation auf RNA-Ebene erfolgt.
Resumo:
In questa questa tesi vengono presentate alcune delle più importanti definizioni di funzione computabile mediante un algoritmo: una prima descrizione è quella data tramite le funzioni ricorsive, un secondo approccio è dato in termini di macchine di Turing, infine, vengono considerati gli algoritmi di Markov. Si dimostra che tutte queste definizioni sono equivalenti. Completa la tesi un breve cenno al lambda-K-calcolo.
Resumo:
Il documento presenta il caso dell'archivio fotografico della Fondazione Zeri come caso reale di conversione di un catalogo ricco di informazioni ma povero di interconnessioni nel dominio dei Linked Open Data, basandosi sull'ontologia CIDOC-CRM per il cultural heritage.
Resumo:
Nel presente studio è stato affrontato il problema di effettuare l’acquisizione di impronte digitali mediante la fotocamera di uno Smartphone. Si tratta di un’applicazione potenzialmente molto interessante in quanto l’utilizzo di uno Smartphone renderebbe molto più semplice l’acquisizione delle impronte, non essendo necessari dispositivi specifici come, ad esempio, scanner d’impronte digitali. D’altra parte, l’utilizzo di una fotocamera per l’acquisizione delle impronte introduce diverse problematiche, fra cui individuare l’area del dito corrispondente all'impronta, valutare la qualità di un'immagine e determinare quali minuzie estratte corrispondano effettivamente a quelle di interesse. Questo studio conferma la fattibilità di un sistema del genere che risulta essere in grado di fornire buone prestazioni di riconoscimento biometrico.
Resumo:
Negli ultimi anni, complice la rapida evoluzione degli elaboratori e dei sensori, spinta dal mercato smartphone, una tecnologia si sta sviluppando e si sta diffondendo rapidamente. Si tratta di quella relativa agli unmanned vehicles (UV), i veicoli senza pilota, spesso nel linguaggio comune chiamati “droni”. Questi particolari veicoli sono dotati della tecnologia adatta per svolgere in relativa autonomia particolari mansioni, senza la necessità della presenza di un pilota a bordo. In questa Tesi magistrale si descrivono brevemente le diverse categorie di UV e l’attuale livello di autonomia raggiunta nello svolgimento di alcune funzioni, grazie a tecnologie quali i linguaggi ad agenti, di cui si presentano anche alcune significative applicazioni allo stato dell’arte. Per rendere più efficaci eventuali nuove funzionalità, fornendo una metodologia di sviluppo, atta ad aumentare il grado di astrazione, viene proposto un approccio architetturale a tre livelli. In particolare, viene approfondito il secondo livello, presentando l’implementazione di una funzionalità, l’autolocalizzazione spaziale, utile ad un sistema di terzo livello per arricchire la propria conoscenza dell’ambiente, al fine di raggiungere la massima autonomia nel controllo del mezzo. Questa prima esperienza ha consentito di approfondire le necessità in termini di hardware e software, al fine di poter effettuare una scelta mirata per l’ottimizzazione dei risultati ed un eventuale porting on-board, nella prospettiva di svincolare il mezzo da eventuali collegamenti con una stazione di terra, fino ad ora necessaria per eseguire le attività più complesse. Un interessante caso di studio consente di verificare la bontà del modello proposto e i risultati raggiunti nell’autolocalizzazione. In conclusione, si propongono ulteriori sviluppi che potranno fornire gli strumenti necessari alla massima espressione del potenziale che gli UV possiedono.