773 resultados para Dario


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Este trabajo de investigación tiene como objetivo realizar un estudio de la realidad nacional frente a los intereses marítimos, de manera que se puedan determinar si las realidades de los conceptos están bien formulados frente a la concepción marítima del país para la definición de políticas en torno al tema, por lo que se hará énfasis en los campos temáticos de la geopolítica, la estrategia marítima y la inteligencia naval estratégica, para determinar su vigencia o deficiencia en la aplicación de los mismos frente a los intereses de Colombia. Además, se revisará el concepto relativamente nuevo de oceanopolítica, que incluye los argumentos actuales y clásicos de la geopolítica aplicados específicamente al mar, el aprovechamiento de sus recursos y los factores sociales, políticos, económicos y culturales que en él se manifiestan y que particularmente en el caso colombiano a través de la Comisión Colombiana del Océano – CCO, busca unificar los criterios necesarios para entender el ámbito estratégico marino del país, con el fin de facilitar la interacción entre funcionarios e instituciones nacionales en pro de dirigir eficazmente los esfuerzos para el desarrollo marítimo nacional. Asimismo, se efectuará una revisión y análisis histórico del desarrollo de la Armada Nacional con el fin de identificar los postulados geopolíticos y estratégicos que han dado forma organizacional y funcional a la Institución Naval en Colombia. Finalmente, se estudiarán proyecciones y tendencias de los campos temáticos, buscando la forma de adaptarlos a la construcción de poder marítimo y de la estrategia nacional como parte fundamental de la formulación de políticas del país.

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El interés de esta monografía es evaluar la relación entre el orden institucional del Estado colombiano y las lógicas del control territorial de los paramilitares sobre el Urabá antioqueño durante el periodo 1997-2007. Se analiza y explica cómo los grupos paramilitares aprovecharon el contexto de debilidad institucional del Urabá antioqueño para consolidar estructuras paraestatales que instrumentalizaron y cooptaron la institucionalidad del Estado con la pretensión de reproducir las condiciones necesarias para su sostenimiento. Así como las consecuencias sobre la Institucionalidad regional a causa de la consolidación de un control político de corte autoritario y clientelista, la obstaculización de la afirmación del monopolio de la violencia estatal, y la protección de un modelo económico particular sustentado en la violencia. Para ello, como parámetros generales se siguen las funciones estatales descritas por Charles Tilly, la descripción de los estados entre estados de Kinsgton y Spears y la teoría de la cooptación del Estado de Jorge Garay.

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Resumen Desde principios del siglo XX, desde el estado hondureño se ralizan esfuerzos por mayanizar Honduras. El autor vincula este ´proceso con la hegemonía bananera en ese país centroamericano y con la integración de varios discursos en una identidad nacional post-colonial Abstract Since the start of the twentieth century, the Honduran state fomented efforts to “mayanize” Honduras. The author links this process with the hegemony of banana interests in that Central America country and the integration of various discourses into a post-colonial national identity

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2016

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Cancer represents one of the most relevant and widespread diseases in the modern age. In this context, integrin receptors are important for the interactions of cells with extracellular matrix and for the development of both inflammation and carcinogenic phenomena. There are many tricks to improve the bioactivity and receptor selectivity of exogenous ligands; one of these is to integrate the amino acid sequence into a cyclic peptide to restrict its conformational space. Another approach is to develop small peptidomimetic molecules in order to enhance the molecular stability and open the way to versatile synthetic strategies. Starting from isoxazoline-based peptidomimetic molecules we recently reported, in this thesis we are going to present the synthesis of new integrin ligands obtained by modifying or introducing appendages on already reported structures. Initially, we are going to introduce the synthesis of linear and cyclic α-dehydro-β-amino acids as scaffolds for the preparation of bioactive peptidomimetics. Subsequently, we are going to present the construction of small molecule ligands (SMLs) based delivery systems performed starting from a polyfunctionalised isoxazoline scaffold, whose potency towards αVβ3 and α5β1 integrins has already been established by our research group. In the light of these results and due to the necessity to understand the behaviour of a single enantiomer of the isoxazoline-based compounds, the research group decided to synthesise the enantiopure heterocycle using a 1,3-dipolar cycloaddiction approach. Subsequently, we are going to introduce the synthesis of a Reporting Drug Delivery System composed by a carrier, a first spacer, a linker, a self-immolative system, a second spacer and a latent fluorophore. The last part of this work will describe the results obtained during the internship abroad in Prof. Aggarwal’s laboratory at the University of Bristol. The project was focused on the Mycapolyol A synthesis.

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Con questo elaborato si è voluto continuare lo sviluppo di tecnologie finalizzate al deorbiting di satelliti CubeSat 3U, già iniziato durante il progetto di tirocinio. La ricerca è stata svolta nell’ambito di sistemi di rientro attivi, in particolare a propulsione. Inizialmente sono state determinate le orbite in cui un CubeSat 3U non rispetta le linee guida imposte dalla IADC. Quindi, optando per un deorbiting parziale e una manovra alla Hohmann, sono stati calcolati i delta-v necessari per trasferire una sonda dalle orbite operative più utilizzate (600-1000 km) a quella finale (quota di 450 km). Successivamente sono stati presi in considerazione tre diversi tipi di sistemi di propulsione: a gas freddo, a gas caldo e a monopropellente liquido. I tre diversi sistemi sono stati analizzati singolarmente, verificando che rispettassero i limiti in primis volumetrici, di massa e di nocività. Il sistema a monopropellente liquido a perossido di idrogeno si è rivelato il migliore. Quindi è stato eseguito il dimensionamento dei tre componenti principali: l’ugello, la camera catalitica e il serbatoio. Per concludere è stato svolto anche un dimensionamento strutturale statico di prima approssimazione del serbatoio.

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La tesi tratta del metodo PEA per la misura della carica di spazio. Viene fatta una valutazione sull'applicazione del metodo e sul significato dei risultati per le prove sui cavi modello. Utilizzando quanto ottenuto dalle prove si fa poi una riflessione su come sia più sensato calcolare il campo elettrico, partendo dalla distribuzione di carica ottenuta. Infine verra mostrata una prova su un cavo full size (progetto IFA2) per avere un riscontro degli studi fatti in laboratorio su un test di fabbrica. Le conclusioni si concentreranno sui problemi attuali relativi al sistema di misura e sulle possibili migliorie future.

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L’obiettivo della tesi è mettere a punto una metodologia che permetta di eseguire simulazioni sul comportamento di un serbatoio pressurizzato in alluminio di una vettura supersportiva ibrida.Verrà analizzato il sistema costituito dal serbatoio e da quattro bretelle di fissaggio, così da poter simulare differenti metodi di montaggio del serbatoio e valutare le tensioni generate dal fissaggio stesso. Lo strumento di lavoro utilizzato è ANSYS Mechanical, un software incluso nel pacchetto ANSYS Workbench che implementa un metodo di calcolo numerico agli elementi finiti. Per validare il modello sono stati testati in pressione due serbatoi, che e successivamente sono stati scansionati: la correlazione tra i dati sperimentali e le simulazioni ha mostrato che il modello, seppur semplificato, risulta sufficientemente accurato. Dopo i riscontri positivi avuti dalla validazione, sono stati applicati al modello sia carichi statici che ciclici, al fine di esprimere un giudizio sulla resistenza strutturale statica e a fatica del serbatoio. Successivamente, l’individuazione dei principali parametri di interesse ha consentito di effettuare la parametrizzazione del modello e l’ottimizzazione dei parametri. Ciò ha permesso di elaborare ulteriori considerazioni, sulla base delle quali sono stati forniti gli input di progettazione.

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I veicoli ad alte prestazioni sono soggetti ad elevati carichi per piccoli intervalli di tempo. Questo comporta diverse criticità sulle componenti che costituiscono la vettura: una di queste è la pinza freno. Al fine di renderla performante è necessario il possesso di due proprietà. In primo luogo, la pinza freno deve essere il più leggera possibile poiché essa conferisce un'inerzia nella risposta della sospensione del veicolo, procurando il distacco dello pneumatico dal suolo e causando perdita di aderenza. In secondo luogo, è necessario contenere le deformazioni della pinza freno garantendo un determinato feeling per il pilota. Il compito del progettista è ottimizzare questi due parametri che hanno effetti antitetici. Questa difficoltà porta il progettista a creare design molto complessi per raggiungere l’ottimale e non sempre le geometrie ottenute sono realizzabili con tecnologie convenzionali. Questo studio riguarda il miglioramento prestazionale di una pinza freno costruita con una lega di alluminio 7075-T6 e lavorato dal pieno. Gli obbiettivi sono quello di produrre il nuovo corpo in titanio TI6Al4V, dal momento che le temperature di esercizio portano a grandi decadute di caratteristiche meccaniche dell’alluminio, contenere il più possibile la massa a fronte dell’aumento di densità di materiale e ovviamente limitare le deformazioni. Al fine di ottenere gli obbiettivi prefissati sono utilizzati metodi agli elementi finiti in diverse fasi della progettazione: per acquisire una geometria di partenza (ottimizzazione topologica) e per la validazione delle geometrie ottenute. Le geometrie ricavate tramite l’ottimizzazione topologica devono essere ricostruite tramite software CAD affinché possano essere ingegnerizzate. Durante la modellazione è necessario valutare quale tecnologia è più vantaggiosa per produrre il componente. In questo caso studio si utilizza un processo di addizione di materiale, più specificatamente una tecnica Selective Laser Melting (SLM).

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Visto l’attuale fabbisogno di fosforo, è fondamentale, in un’ottica di sostenibilità ambientale, mettere a punto un trattamento che consenta di ottenere un efficiente recupero del fosforo. Il seguente lavoro di tesi si pone come obbiettivo quello di caratterizzare la prestazione di un adsorbente utilizzato in un impianto pilota presso l’università di Cranfield per il recupero del fosforo da acque reflue municipali dopo 2 anni di utilizzo, corrispondenti a 66 cicli di adsorbimento/desorbimento. In particolare sono state confrontate le prestazioni ottenibili dalla resina usata rigenerata con la procedura standard (mediante NaOH 2%) e con una procedura di ricondizionamento mediante un trattamento più forte (mediante NaOH 2% + NaCl 5%) con quelle della resina vergine. Le due tipologie di soluzione rigenerante serviranno a valutare il contributo all’adsorbimento totale delle nanoparticelle di HFO e dei gruppi funzionali presenti sulla resina. I test sono stati condotti sia in soluzioni sintetiche di fosfato (acqua demineralizzata a cui viene aggiunto un determinato quantitativo di sali di fosfato), sia in soluzioni reali (wastewaters, fornite dalla multiutility HERA). Lo studio è stato condotto mediante isoterme di adsorbimento e test in continuo (curve di breakthrough). I risultati ottenuti confermano che la resina, dopo due anni, mantiene ottime prestazioni, molto simili alla vergine. Il materiale ha mostrato una ottima resistenza meccanica, durabilità e facilità di rigenerazione, dimostrandosi un eccellente adsorbente per gli ortofosfati anche alle basse concentrazioni tipiche degli effluenti secondari di scarto. I test in continuo hanno inoltre mostrato come, alle tipiche concentrazioni delle acque reflue, la rigenerazione dei gruppi funzionali della resina mediante sodio cloruro non porti ad un significativo miglioramento delle proprietà adsorbenti. Dai dati ottenuti si può affermare con certezza che il ciclo vitale della resina risulta essere ben oltre i 2 anni.

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Lo studio rappresenta uno screening primario di vari adsorbenti riguardo la loro capacità di rimuovere e recuperare l'ammonio dalle acque reflue urbane in base alla capacità e alla selettività. Sono state analizzate le prestazioni di diverse resine polimeriche e zeoliti e l'effetto di variabili come la temperatura, il pH, la concentrazione del mezzo adsorbente e la concentrazione iniziale di ammonio sull'efficienza di rimozione dell‘ammonio da acque sintetiche e da acque reflue urbane. Si tratta di uno dei primi tentativi di collocare un processo basato sull'adsorbimento all'interno di un impianto di trattamento delle acque reflue esistente per rimuovere e recuperare l'ammonio (NH4) dalle acque reflue urbane di scarico secondarie (MWW). Il processo proposto è stato caratterizzato da 4 aspetti importanti: I) Impiego di una resina a scambio ionico disponibile in commercio; II) Impiego di una zeolite naturale a basso costo e selettiva per il recupero dell'ammonio. III) Studio approfondito sulla selettività e la capacità di adsorbimento dei materiali adsorbenti in esame. IV) Realizzazione di un test di breakthrough completo per la rimozione dell'ammonio in modo continuo. V) Rigenerazione del materiale adsorbente e recupero dell'ammonio tramite test di desorbimento. I test su scala di laboratorio, che includevano due colonne in PVC per la rimozione di N-NH4 impaccate con la resine polimerica Amberlyst 15WET (disponibile in commercio) e la zeolite naturale (Cabasite-Phillipsite), sono andati con successo dopo 1 ciclo di adsorbimento/desorbimento trattando 40L di MWW effettivi (concentrazione media in ingresso di 45±1 mgNH4-N/L). La concentrazione di ammonio alla fine del desorbimento per la zeolite naturale era il doppio di quella di Amberlyst 15wet dimostrando che questa resina è una resina promettente nel processo di recupero dell'ammonio e sono necessari ulteriori sviluppi e ottimizzazioni.

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L'inibizione dell'attività della proteina CDC20, importante nel processo di regolazione del ciclo cellulare, è attualmente considerata un target sul quale indirizzare la ricerca di farmaci per il trattamento della leucemia mieloide acuta (LAM). Recenti studi hanno evidenziato che il nucleo 2-amminopirimidinico e il gruppo tricloroetilenico si sono dimostrati essenziali per l’inibizione del processo di attivazione di CDC20. In questo lavoro di tesi è spiegata la sintesi di derivati indolici, benzotiazolici e benzofurazanici aventi in comune i gruppi 2-amminopirimidinico e tricloroetilenico; sono inoltre riportati i risultati dei saggi di attività biologica effettuati su linee cellulari di LAM e altri carcinomi umani.