853 resultados para CICLO DEL AGUA
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[ES] La Jatropha curcas L., una especie tóxica que no interfiere en la cadena alimentaria, produce biodiesel de mejor calidad ambiental que los aceites de origen mineral pero, para su cultivo, se emplean recursos limitados, fundamentalmente agua y suelo. Por tanto, en las zonas áridas es necesario cultivarla en condiciones intensivas, regando con aguas regeneradas y disminuyendo los costes productivos. Para optimizar el consumo del agua se ha empleado el riego alterno de raíces, que mantiene seca una parte del sistema obteniéndose menos frutos/racimo pero más racimos fértiles/árbol, lo que permitirá estrechar el marco de plantación, una de las pocas opciones para mejorar su rentabilidad pues la producción por árbol es muy estable
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[ES]Hemos analizado la posible relación entre la presencia de contaminantes emergentes en agua regenerada para riego, agua del lixiviado del suelo y agua subterránea y la resistencia a antibióticos de las bacterias aisladas. Se tomaron muestras de agua. Cada muestra se dividió en dos partes. Una se centrifugó y se resembró en diferentes medios. Cincuenta mililitros de la segunda parte se añadieron a Caldo Brain Heart. En la siembra directa de agua de riego y solución del suelo se detectaron numerosas colonias. El crecimiento en la siembra directa de agua de galería fue escaso, y no hubo crecimiento cuando se sembró agua de pozo. Mediante enriquecimiento en Caldo BHI y resiembra posterior, se obtuvieron numerosas colonias
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[ES]El presente trabajo de tesis titulado "Biomasa, distribución y metabolismo del zooplancton en aguas de la Península Antártica" forma parte de un ambicioso proyecto que tiene como finalidad cuantificar, examinar y desentrañar las interacciones complejas de la cadena trófica en el Océano Sur. La primera parte describe la complejidad de la red trófica característica del Océano Sur. También, esta parte introductora se enfoca en la distribución de las especies zooplanctónicas y surelación con el ciclo del carbono y nitrógeno. En este mismo proyecto y como segunda parte, hemos desarrollado un método no destructivo a partir de imágenes digitales para una estimación precisa de la biomasa de cada grupo sistemático del mesozooplancton.
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Lo scopo della presente tesi di dottorato è di illustrare il lavoro svolto nella progettazione del circuito a metallo liquido del Test Blanket System (TBS) Helium Cooled Lithium Lead (HCLL), uno dei sistemi fondamentali del reattore sperimentale ITER che dovrà dimostrare la fattibilità di produrre industrialmente energia elettrica da processi di fusione nucleare. Il blanket HCLL costituisce una delle sei configurazioni che verranno testate in ITER, sulla base degli esperimenti condotti nei 10 dieci anni di vita del reattore verrà selezionata la configurazione che determinerà la costituzione del primo reattore dimostrativo per la produzione di un surplus di energia elettrica venti volte superiore all’energia consumata, DEMO. Il circuito ausiliario del blanket HCLL è finalizzato, in DEMO all’estrazione del trizio generato mediante il TES; ed in ITER alla dimostrazione della fattibilità di estrarre il trizio generato e di poter gestire il ciclo del trizio. Lo sviluppo dei componenti, svolto in questa tesi, è accentrato su tale dispositivo, il TES. In tale ambito si inseriscono le attività che sono descritte nei capitoli della seguente tesi di dottorato: selezione e progettazione preliminare del sistema di estrazione del trizio dalla lega eutettica Pb15.7Li del circuito a metallo liquido del TBM HCLL; la progettazione, realizzazione e qualifica dei sensori a permeazione per la misura della concentrazione di trizio nella lega eutettica Pb15.7Li; la qualificazione sperimentale all’interno dell’impianto TRIEX (TRItium EXtarction) della tecnologia selezionata per l’estrazione del trizio dalla lega; la progettazione della diagnostica di misura e controllo del circuito ausiliario del TBM HCLL.
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Successful conservation of tropical montane forest, one of the most threatened ecosystems on earth, requires detailed knowledge of its biogeochemistry. Of particular interest is the response of the biogeochemical element cycles to external influences such as element deposition or climate change. Therefore the overall objective of my study was to contribute to improved understanding of role and functioning of the Andean tropical montane forest. In detail, my objectives were to determine (1) the role of long-range transported aerosols and their transport mechanisms, and (2) the role of short-term extreme climatic events for the element budget of Andean tropical forest. In a whole-catchment approach including three 8-13 ha microcatchments under tropical montane forest on the east-exposed slope of the eastern cordillera in the south Ecuadorian Andes at 1850-2200 m above sea level I monitored at least in weekly resolution the concentrations and fluxes of Ca, Mg, Na, K, NO3-N, NH4-N, DON, P, S, TOC, Mn, and Al in bulk deposition, throughfall, litter leachate, soil solution at the 0.15 and 0.3 m depths, and runoff between May 1998 and April 2003. I also used meteorological data from my study area collected by cooperating researchers and the Brazilian meteorological service (INPE), as well as remote sensing products of the North American and European space agencies NASA and ESA. My results show that (1) there was a strong interannual variation in deposition of Ca [4.4-29 kg ha-1 a-1], Mg [1.6-12], and K [9.8-30]) between 1998 and 2003. High deposition changed the Ca and Mg budgets of the catchments from loss to retention, suggesting that the additionally available Ca and Mg was used by the ecosystem. Increased base metal deposition was related to dust outbursts of the Sahara and an Amazonian precipitation pattern with trans-regional dry spells allowing for dust transport to the Andes. The increased base metal deposition coincided with a strong La Niña event in 1999/2000. There were also significantly elevated H+, N, and Mn depositions during the annual biomass burning period in the Amazon basin. Elevated H+ deposition during the biomass burning period caused elevated base metal loss from the canopy and the organic horizon and deteriorated already low base metal supply of the vegetation. Nitrogen was only retained during biomass burning but not during non-fire conditions when deposition was much smaller. Therefore biomass burning-related aerosol emissions in Amazonia seem large enough to substantially increase element deposition at the western rim of Amazonia. Particularly the related increase of acid deposition impoverishes already base-metal scarce ecosystems. As biomass burning is most intense during El Niño situations, a shortened ENSO cycle because of global warming likely enhances the acid deposition at my study forest. (2) Storm events causing near-surface water flow through C- and nutrient-rich topsoil during rainstorms were the major export pathway for C, N, Al, and Mn (contributing >50% to the total export of these elements). Near-surface flow also accounted for one third of total base metal export. This demonstrates that storm-event related near-surface flow markedly affects the cycling of many nutrients in steep tropical montane forests. Changes in the rainfall regime possibly associated with global climate change will therefore also change element export from the study forest. Element budgets of Andean tropical montane rain forest proved to be markedly affected by long-range transport of Saharan dust, biomass burning-related aerosols, or strong rainfalls during storm events. Thus, increased acid and nutrient deposition and the global climate change probably drive the tropical montane forest to another state with unknown consequences for its functions and biological diversity.
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L’analisi del cammino è uno strumento in grado di fornire importanti informazioni sul ciclo del passo; in particolare è fondamentale per migliorare le conoscenze biomeccaniche del cammino, sia normale che patologico, e su come questo viene eseguito dai singoli soggetti. I parametri spazio temporali del passo rappresentano alcuni degli indici più interessanti per caratterizzare il cammino ed il passo nelle sue diverse fasi. Essi permettono infatti il confronto e il riconoscimento di patologie e disturbi dell’andatura. Negli ultimi anni è notevolmente aumentato l’impiego di sensori inerziali (Inertial Measurement Unit, IMU), che comprendono accelerometri, giroscopi e magnetometri. Questi dispositivi, utilizzati singolarmente o insieme, possono essere posizionati direttamente sul corpo dei pazienti e sono in grado fornire, rispettivamente, il segnale di accelerazione, di velocità angolare e del campo magnetico terrestre. A partire da questi segnali, ottenuti direttamente dal sensore, si è quindi cercato di ricavare i parametri caratteristici dell’andatura, per valutare il cammino anche al di fuori dell’ambiente di laboratorio. Vista la loro promettente utilità e la potenziale vasta applicabilità nell’analisi del ciclo del cammino; negli ultimi anni un vasto settore della ricerca scientifica si è dedicata allo sviluppo di algoritmi e metodi per l’estrazione dei parametri spazio temporali a partire da dati misurati mediante sensori inerziali. Data la grande quantità di lavori pubblicati e di studi proposti è emersa la necessità di fare chiarezza, riassumendo e confrontando i metodi conosciuti, valutando le prestazioni degli algoritmi, l’accuratezza dei parametri ricavati, anche in base alla tipologia del sensore e al suo collocamento sull’individuo, e gli eventuali limiti. Lo scopo della presente tesi è quindi l’esecuzione di una revisione sistematica della letteratura riguardante la stima dei parametri spazio temporali mediante sensori inerziali. L’intento è di analizzare le varie tecniche di estrazione dei parametri spazio temporali a partire da dati misurati con sensori inerziali, utilizzate fino ad oggi ed indagate nella letteratura più recente; verrà utilizzato un approccio prettamente metodologico, tralasciando l’aspetto clinico dei risultati.
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Ante la realidad de la cada vez más aguda escasez de agua en el oasis norte mendocino durante la primavera, que dificulta el manejo racional de los cultivos existentes, surge la necesidad -en el ámbito de la producción forrajera- de una especie de reducido requerimiento hídrico y que compita lo menos posible con los cultivos tradicionales, en particular en la época más crítica. Se ha experimentado con el pasto llorón para averiguar su respuesta a la aplicación de riegos limitados durante el período invernal. Se presentan los resultados de producción de materia seca así como las observaciones de la dinámica vegetacional. Se concluye que para el oasis norte de Mendoza la aplicación de riegos durante el período invernal que completen 200 mm, permite la supervivencia del cultivo con una densidad de aproximadamente 60 plantas por m2 y una producción entre 3 200 y 4 000 kg de materia seca por ha y por año.
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El documental fue producido en la Universidad Nacional de Cuyo, financiado por el Proyecto PROSAP -Programa de Servicios Agrícolas Provinciales-, con el fin de difundir los beneficios y resultados de las obras que se realizaron en Mendoza mediante la puesta en marcha de dicho proyecto para el fortalecimiento de sus actividades agrícolas y productivas. Presenta las dificultades y crecimiento de los principales circuitos productivos de esta provincia: la actividad frutihortícola y la vitivinicultura, ambas actividades dependientes de la gestión y calidad del agua.
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En el presente trabajo se propone y desarrolla una herramienta de "Gestión del riesgo de contaminación del recurso hídrico", inspirada en métodos comúnmente utilizados en las evaluaciones de impacto ambiental tales como la Matriz de importancia y la Evaluación de riesgo. Dicha herramienta se aplica en el oasis del río Tunuyán Inferior, cuya cuenca se localiza en el sector E de la Cordillera de Los Andes, provincia de Mendoza, Argentina. El método propuesto consiste en la determinación, en cada Unidad de Manejo (UM)3 de: 1. la vulnerabilidad del territorio; 2. la peligrosidad del efluente; 3. las clases de riesgo; 4. el índice prioridad de manejo del riesgo, variables que luego se traducen cartográficamente. Las bases de datos generadas pueden ser analizadas desde distintos enfoques y, a su vez, actualizadas a medida que se van profundizando los conocimientos acerca de los atributos que hacen a la peligrosidad del vertido (ej.: tipo de efluente, tiempo, caudal y lugar de descarga) y a la vulnerabilidad de la UM (ej.: tipo de acuífero, profundidad de nivel freático, permeabilidad del terreno, calidad del suelo, etc.). Esta herramienta de gestión genera un diagnóstico dinámico de la situación, ya que puede ser perfeccionado a través de la investigación de las variables que intervienen en el proceso de contaminación del agua por efluentes. Además, es una herramienta práctica porque jerarquiza las prioridades de gestión, de acuerdo con un orden de aplicación gradual de medidas de manejo del riesgo de contaminación. Teniendo en cuenta la tendencia mundial de reducción de glaciares por efecto del calentamiento global y su impacto negativo en los caudales de los ríos, es indispensable y urgente establecer prioridades de gestión para preservar la calidad del recurso hídrico.
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El documental fue producido en la Universidad Nacional de Cuyo, financiado por el Proyecto PROSAP (Programa de Servicios Agrícolas Provinciales) con el fin de difundir los beneficios y resultados de las obras que se realizaron en la provincia de Mendoza mediante la puesta en marcha de dicho proyecto. La primera gran obra que emprendió fue el revestimiento del Canal Montecaseros el cual presentaba graves problemas de infliltraciones. Con esta implementación se logró aprovechar, proteger y efectivizar la distribución de agua hasta un 95%. La otra gran obra es el Proyecto Canal Constitución, al cual, por ser más nuevo, se le pudo implementar otra tecnología llamada "módulos de máscara", que permitió más control aún en la entrega del agua.
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El maíz (Zea mays L.) es uno de los principales cultivos de la Pampa Húmeda de Argentina. El objetivo de este trabajo fue evaluar los efectos del riego complementario sobre el rendimiento de grano y sus componentes. El mismo se llevó a cabo en el ciclo agrícola 2001-2002, en el campo experimental de la Universidad Nacional de Río Cuarto. Se usó un diseño completamente al azar con 5 tratamientos y 4 repeticiones. Para efectuar la programación de los diferentes riegos se dividió el ciclo del cultivo en tres etapas: precrítico, crítico y poscrítico. Para la determinación del momento de riego se realizó un balance hídrico. El rendimiento de grano no mostró diferencias significativas en los cuatro tratamientos con riego, sin embargo, hubo diferencia significativa (α = 0,05) entre los tratamientos regados y no regados. En promedio el rendimiento en grano en los tratamientos regados fue de 72 % mayor que en el tratamiento sin riego. Los componentes del rendimiento fueron afectados significativamente (α = 0,05) por la falta de riego. La cantidad de agua aplicada varió entre 360 y 300 mm y el agua total consumida en el ciclo del cultivo (según el balance hídrico) fue para los tratamientos con riego, de 575 mm y para el testigo de 308 mm. La eficiencia del uso de agua para grano fue de 2.75 kg.m-3, en promedio.
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El documental fue producido en el Centro de Información y Comunicación de la Universidad Nacional de Cuyo, con el objeto de concientizar a la sociedad sobre la importancia del cuidado del recurso hídrico en la provincia de Mendoza. El documental es una ficción que puede ser utilizada como material didáctico en el nivel primario y medio de la educación formal. El contenido está centrado en el cuidado del agua siendo ésta una tarea que comenzó hace 500 años el Cacique Guaymallén construyendo canales y acequias para asegurar la subsistencia de su pueblo. Más tarde con la llegada del tren y de los inmigrantes cambió el panorama agrícola, pero fue la primera Ley de Aguas la que sentó las bases para un correcto uso y distribución. Hoy, es el Departamento de Irrigación el encargado de continuar con esta tarea y asegurar de esta manera la calidad y eficiencia en el consumo y entrega del servicio.
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El objetivo de este trabajo fue evaluar el efecto del riego complementario sobre el rendimiento de materia seca del cultivo de maíz. Se usó un diseño completamente al azar con 5 tratamientos y 4 repeticiones. Para efectuar la programación de los diferentes tratamientos de riego se dividió el ciclo del cultivo en tres etapas (precrítico, crítico y poscrítico). Para la determinación del momento de riego se realizó un balance hídrico con datos climáticos obtenidos de la Estación Meteorológica ubicada en el lugar del ensayo. El riego se efectuó con un equipo presurizado de avance lateral. El maíz cumplió su ciclo en 138 días en todos los tratamientos y requirió 1660,6 grados día para alcanzar madurez fisiológica. El rendimiento de materia seca tuvo diferencias significativas (a = 0,05) entre los distintos tratamientos regados y entre éstos y el testigo. Los valores extremos de producción fueron de 34.628 kg.ha-1 en el tratamiento 1 y 20.414 kg.ha-1 en el tratamiento sin riego. La cantidad de agua aplicada varió entre 360 y 300 mm y el agua total consumida en el ciclo del cultivo, según el balance hídrico, fue para los tratamientos con riego de 575 mm ± 15 mm y para el testigo sin riego de 308 mm. La eficiencia de uso de agua para materia seca tuvo diferencias significativas (a = 0,05) entre los tratamientos regados (5,7 kg.m-3) y no regados (6,6 kg.m-3). El índice de cosecha fue de 0,49.
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En el 2010 será obligatorio cortar en un 5% los combustibles de origen fósil (gasoil y naftas) con biocombustibles (biodiesel y bioetanol). La principal materia prima para elaborar biodiesel son los aceites vegetales. Cada región tiene ventajas comparativas para producir alguna oleaginosa. En Cuyo, una de las limitantes para la producción agrícola es la disponibilidad de agua, fundamentalmente en verano, cuando demandan este recurso los cultivos tradicionales de la región. En este contexto, se estudió el rendimiento del cultivo de colza, oleaginosa de ciclo invernal, en el oasis Norte de la región de Cuyo, con el objetivo de valorar su aptitud para proveer aceite. Se probaron tres cultivares en tres fechas de siembra (abril, mayo y junio), durante los ciclos 2005 y 2006. Las siembras de abril y mayo rindieron más que la de junio y estuvieron asociadas a mayor duración de ciclo del cultivo. No hubo diferencias de porcentaje de aceite de las semillas entre tratamientos, que osciló entre el 48 y 49%. El rendimiento de aceite por ha superó los 1500 kg en las siembras de abril y mayo y estuvo algo por debajo en las de junio.
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La disminución del agua destinada al uso agrícola, la salinización de los acuíferos subterráneos y el advenimiento de la tecnología de Sistemas de Información Geográfica (SIG) han posibilitado conocer la calidad de los sitios, fundamentalmente los riesgos de salinización de los suelos del oasis del río Mendoza-Argentina. El presente trabajo se fundamenta en dos estudios anteriores: uno de relevantamiento de suelos y el otro de análisis de calidad de aguas subterráneas. En el primero se efectúo la actualización del relevantamiento de suelos del río Mendoza usando SIG. El muestreo de suelos y los análisis físicos (textura) y químicos (salinidad, conductividad eléctrica) se realizaron en 1974. Los lugares de muestreo y sus atributos, graficados como cobertura de puntos, se extrapolaron a sus zonas de influencia convirtiéndolos en polígonos y posteriormente se rasterizaron. El segundo trabajo fue la digitalización y georreferenciación, también al sistema de coordenadas Universal Transverse Mercator (UTM), de los mapas de las curvas de isosalinidad. La salinidad está medida por la conductividad eléctrica específica del agua subterránea de los tres niveles de explotación que existen en la cuenca norte de Mendoza. El monitoreo se realizó en el período 1990/1991. Las isolíneas, posteriormente, fueron rasterizadas. Con los procesos de superposición y tabulación cruzada de los SIG se integraron las diversas "capas" de datos de suelos y calidades de aguas subterráneas y se generaron mapas temáticos que expresan la clasificación y localización regional de calidades del sitio, basado fundamentalmente en los riesgos de salinización de los suelos.