867 resultados para Formation Centered in School


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Descrizione, tema e obiettivi della ricerca La ricerca si propone lo studio delle possibili influenze che la teoria di Aldo Rossi ha avuto sulla pratica progettuale nella Penisola Iberica, intende quindi affrontare i caratteri fondamentali della teoria che sta alla base di un metodo progettuale ed in particolar modo porre l'attenzione alle nuove costruzioni quando queste si confrontano con le città storiche. Ha come oggetto principale lo studio dei documenti, saggi e scritti riguardanti il tema della costruzione all'interno delle città storiche. Dallo studio di testi selezionati di Aldo Rossi sulla città si vuole concentrare l'attenzione sull'influenza che tale teoria ha avuto nei progetti della Penisola Iberica, studiare come è stata recepita e trasmessa successivamente, attraverso gli scritti di autori spagnoli e come ha visto un suo concretizzarsi poi nei progetti di nuove costruzioni all'interno delle città storiche. Si intende restringere il campo su un periodo ed un luogo precisi, Spagna e Portogallo a partire dagli anni Settanta, tramite la lettura di un importante evento che ha ufficializzato il contatto dell'architetto italiano con la Penisola Iberica, quale il Seminario di Santiago de Compostela tenutosi nel 1976. Al Seminario parteciparono numerosi architetti che si confrontarono su di un progetto per la città di Santiago e furono invitati personaggi di fama internazionale a tenere lezioni introduttive sul tema di dibattito in merito al progetto e alla città storica. Il Seminario di Santiago si colloca in un periodo storico cruciale per la Penisola Iberica, nel 1974 cade il regime salazarista in Portogallo e nel 1975 cade il regime franchista in Spagna ed è quindi di rilevante importanza capire il legame tra l'architettura e la nuova situazione politica. Dallo studio degli interventi, dei progetti che furono prodotti durante il Seminario, della relazione tra questo evento ed il periodo storico in cui esso va contestualizzato, si intende giungere alla individuazione delle tracce della reale presenza di tale eredità. Presupposti metodologici. Percorso e strumenti di ricerca La ricerca può quindi essere articolata in distinte fasi corrispondenti per lo più ai capitoli in cui si articola la tesi: una prima fase con carattere prevalentemente storica, di ricerca del materiale per poter definire il contesto in cui si sviluppano poi le vicende oggetto della tesi; una seconda fase di impronta teorica, ossia di ricerca bibliografica del materiale e delle testimonianze che provvedono alla definizione della reale presenza di effetti scaturiti dai contatti tra Rossi e la Penisola Iberica, per andare a costruire una eredità ; una terza fase che entra nel merito della composizione attraverso lo studio e la verifica delle prime due parti, tramite l'analisi grafica applicata ad uno specifico esempio architettonico selezionato; una quarta fase dove il punto di vista viene ribaltato e si indaga l'influenza dei luoghi visitati e dei contatti intrattenuti con alcuni personaggi della Penisola Iberica sull'architettura di Rossi, ricercandone i riferimenti. La ricerca è stata condotta attraverso lo studio di alcuni eventi selezionati nel corso degli anni che si sono mostrati significativi per l'indagine, per la risonanza che hanno avuto sulla storia dell'architettura della Penisola. A questo scopo si sono utilizzati principalmente tre strumenti: lo studio dei documenti, le pubblicazioni e le riviste prodotte in Spagna, gli scritti di Aldo Rossi in merito, e la testimonianza diretta attraverso interviste di personaggi chiave. La ricerca ha prodotto un testo suddiviso per capitoli che rispetta l'organizzazione in fasi di lavoro. A seguito di determinate condizioni storiche e politiche, studiate nella ricerca a supporto della tesi espressa, nella Penisola Iberica si è verificato il diffondersi della necessità e del desiderio di guardare e prendere a riferimento l'architettura europea e in particolar modo quella italiana. Il periodo sul quale viene focalizzata l'attenzione ha inizio negli anni Sessanta, gli ultimi prima della caduta delle dittature, scenario dei primi viaggi di Aldo Rossi nella Penisola Iberica. Questi primi contatti pongono le basi per intense e significative relazioni future. Attraverso l'approfondimento e la studio dei materiali relativi all'oggetto della tesi, si è cercato di mettere in luce il contesto culturale, l'attenzione e l'interesse per l'apertura di un dibattito intorno all'architettura, non solo a livello nazionale, ma europeo. Ciò ha evidenziato il desiderio di innescare un meccanismo di discussione e scambio di idee, facendo leva sull'importanza dello sviluppo e ricerca di una base teorica comune che rende coerente i lavori prodotti nel panorama architettonico iberico, seppur ottenendo risultati che si differenziano gli uni dagli altri. E' emerso un forte interesse per il discorso teorico sull'architettura, trasmissibile e comunicabile, che diventa punto di partenza per un metodo progettuale. Ciò ha reso palese una condivisione di intenti e l'assunzione della teoria di Aldo Rossi, acquisita, diffusa e discussa, attraverso la pubblicazione dei suoi saggi, la conoscenza diretta con l'architetto e la sua architettura, conferenze, seminari, come base teorica su cui fondare il proprio sapere architettonico ed il processo metodologico progettuale da applicare di volta in volta negli interventi concreti. Si è giunti così alla definizione di determinati eventi che hanno permesso di entrare nel profondo della questione e di sondare la relazione tra Rossi e la Penisola Iberica, il materiale fornito dallo studio di tali episodi, quali il I SIAC, la diffusione della rivista "2C. Construccion de la Ciudad", la Coleccion Arquitectura y Critica di Gustavo Gili, hanno poi dato impulso per il reperimento di una rete di ulteriori riferimenti. E' stato possibile quindi individuare un gruppo di architetti spagnoli, che si identificano come allievi del maestro Rossi, impegnato per altro in quegli anni nella formazione di una Scuola e di un insegnamento, che non viene recepito tanto nelle forme, piuttosto nei contenuti. I punti su cui si fondano le connessioni tra l'analisi urbana e il progetto architettonico si centrano attorno due temi di base che riprendono la teoria esposta da Rossi nel saggio L'architettura della città : - relazione tra l'area-studio e la città nella sua globalità, - relazione tra la tipologia edificatoria e gli aspetti morfologici. La ricerca presentata ha visto nelle sue successive fasi di approfondimento, come si è detto, lo sviluppo parallelo di più tematiche. Nell'affrontare ciascuna fase è stato necessario, di volta in volta, operare una verifica delle tappe percorse precedentemente, per mantenere costante il filo del discorso col lavoro svolto e ritrovare, durante lo svolgimento stesso della ricerca, gli elementi di connessione tra i diversi episodi analizzati. Tale operazione ha messo in luce talvolta nodi della ricerca rimasti in sospeso che richiedevano un ulteriore approfondimento o talvolta solo una rivisitazione per renderne possibile un più proficuo collegamento con la rete di informazioni accumulate. La ricerca ha percorso strade diverse che corrono parallele, per quanto riguarda il periodo preso in analisi: - i testi sulla storia dell'architettura spagnola e la situazione contestuale agli anni Settanta - il materiale riguardante il I SIAC - le interviste ai partecipanti al I SIAC - le traduzioni di Gustavo Gili nella Coleccion Arquitectura y Critica - la rivista "2C. Construccion de la Ciudad" Esse hanno portato alla luce una notevole quantità di tematiche, attraverso le quali, queste strade vengono ad intrecciarsi e a coincidere, verificando l'una la veridicità dell'altra e rafforzandone il valore delle affermazioni. Esposizione sintetica dei principali contenuti esposti dalla ricerca Andiamo ora a vedere brevemente i contenuti dei singoli capitoli. Nel primo capitolo Anni Settanta. Periodo di transizione per la Penisola Iberica si è cercato di dare un contesto storico agli eventi studiati successivamente, andando ad evidenziare gli elementi chiave che permettono di rintracciare la presenza della predisposizione ad un cambiamento culturale. La fase di passaggio da una condizione di chiusura rispetto alle contaminazioni provenienti dall'esterno, che caratterizza Spagna e Portogallo negli anni Sessanta, lascia il posto ad un graduale abbandono della situazione di isolamento venutasi a creare intorno al Paese a causa del regime dittatoriale, fino a giungere all'apertura e all'interesse nei confronti degli apporti culturali esterni. E' in questo contesto che si gettano le basi per la realizzazione del I Seminario Internazionale di Architettura Contemporanea a Santiago de Compostela, del 1976, diretto da Aldo Rossi e organizzato da César Portela e Salvador Tarragó, di cui tratta il capitolo secondo. Questo è uno degli eventi rintracciati nella storia delle relazioni tra Rossi e la Penisola Iberica, attraverso il quale è stato possibile constatare la presenza di uno scambio culturale e l'importazione in Spagna delle teorie di Aldo Rossi. Organizzato all'indomani della caduta del franchismo, ne conserva una reminescenza formale. Il capitolo è organizzato in tre parti, la prima si occupa della ricostruzione dei momenti salienti del Seminario Proyecto y ciudad historica, dagli interventi di architetti di fama internazionale, quali lo stesso Aldo Rossi, Carlo Aymonino, James Stirling, Oswald Mathias Ungers e molti altri, che si confrontano sul tema delle città storiche, alle giornate seminariali dedicate all’elaborazione di un progetto per cinque aree individuate all’interno di Santiago de Compostela e quindi dell’applicazione alla pratica progettuale dell’inscindibile base teorica esposta. Segue la seconda parte dello stesso capitolo riguardante La selezione di interviste ai partecipanti al Seminario. Esso contiene la raccolta dei colloqui avuti con alcuni dei personaggi che presero parte al Seminario e attraverso le loro parole si è cercato di approfondire la materia, in particolar modo andando ad evidenziare l’ambiente culturale in cui nacque l’idea del Seminario, il ruolo avuto nella diffusione della teoria di Aldo Rossi in Spagna e la ripercussione che ebbe nella pratica costruttiva. Le diverse interviste, seppur rivolte a persone che oggi vivono in contesti distanti e che in seguito a questa esperienza collettiva hanno intrapreso strade diverse, hanno fatto emergere aspetti comuni, tale unanimità ha dato ancor più importanza al valore di testimonianza offerta. L’elemento che risulta più evidente è il lascito teorico, di molto prevalente rispetto a quello progettuale che si è andato mescolando di volta in volta con la tradizione e l’esperienza dei cosiddetti allievi di Aldo Rossi. Negli stessi anni comincia a farsi strada l’importanza del confronto e del dibattito circa i temi architettonici e nel capitolo La fortuna critica della teoria di Aldo Rossi nella Penisola Iberica è stato affrontato proprio questo rinnovato interesse per la teoria che in quegli anni si stava diffondendo. Si è portato avanti lo studio delle pubblicazioni di Gustavo Gili nella Coleccion Arquitectura y Critica che, a partire dalla fine degli anni Sessanta, pubblica e traduce in lingua spagnola i più importanti saggi di architettura, tra i quali La arquitectura de la ciudad di Aldo Rossi, nel 1971, e Comlejidad y contradiccion en arquitectura di Robert Venturi nel 1972. Entrambi fondamentali per il modo di affrontare determinate tematiche di cui sempre più in quegli anni si stava interessando la cultura architettonica iberica, diventando così ¬ testi di riferimento anche nelle scuole. Le tracce dell’influenza di Rossi sulla Penisola Iberica si sono poi ricercate nella rivista “2C. Construccion de la Ciudad” individuata come strumento di espressione di una teoria condivisa. Con la nascita nel 1972 a Barcellona di questa rivista viene portato avanti l’impegno di promuovere la Tendenza, facendo riferimento all’opera e alle idee di Rossi ed altri architetti europei, mirando inoltre al recupero di un ruolo privilegiato dell’architettura catalana. A questo proposito sono emersi due fondamentali aspetti che hanno legittimato l’indagine e lo studio di questa fonte: - la diffusione della cultura architettonica, il controllo ideologico e di informazione operato dal lavoro compiuto dalla rivista; - la documentazione circa i criteri di scelta della redazione a proposito del materiale pubblicato. E’ infatti attraverso le pubblicazioni di “2C. Construccion de la Ciudad” che è stato possibile il ritrovamento delle notizie sulla mostra Arquitectura y razionalismo. Aldo Rossi + 21 arquitectos españoles, che accomuna in un’unica esposizione le opere del maestro e di ventuno giovani allievi che hanno recepito e condiviso la teoria espressa ne “L’architettura della città”. Tale mostra viene poi riproposta nella Sezione Internazionale di Architettura della XV Triennale di Milano, la quale dedica un Padiglione col titolo Barcelona, tres epocas tres propuestas. Dalla disamina dei progetti presentati è emerso un interessante caso di confronto tra le Viviendas para gitanos di César Portela e la Casa Bay di Borgo Ticino di Aldo Rossi, di cui si è occupato l’ultimo paragrafo di questo capitolo. Nel corso degli studi è poi emerso un interessante risvolto della ricerca che, capovolgendone l’oggetto stesso, ne ha approfondito gli aspetti cercando di scavare più in profondità nell’analisi della reciproca influenza tra la cultura iberica e Aldo Rossi, questa parte, sviscerata nell’ultimo capitolo, La Penisola Iberica nel “magazzino della memoria” di Aldo Rossi, ha preso il posto di quello che inizialmente doveva presentarsi come il risvolto progettuale della tesi. Era previsto infatti, al termine dello studio dell’influenza di Aldo Rossi sulla Penisola Iberica, un capitolo che concentrava l’attenzione sulla produzione progettuale. A seguito dell’emergere di un’influenza di carattere prettamente teorica, che ha sicuramente modificato la pratica dal punto di vista delle scelte architettoniche, senza però rendersi esplicita dal punto di vista formale, si è preferito, anche per la difficoltà di individuare un solo esempio rappresentativo di quanto espresso, sostituire quest’ultima parte con lo studio dell’altra faccia della medaglia, ossia l’importanza che a sua volta ha avuto la cultura iberica nella formazione della collezione dei riferimenti di Aldo Rossi. L’articolarsi della tesi in fasi distinte, strettamente connesse tra loro da un filo conduttore, ha reso necessari successivi aggiustamenti nel percorso intrapreso, dettati dall’emergere durante la ricerca di nuovi elementi di indagine. Si è pertanto resa esplicita la ricercata eredità di Aldo Rossi, configurandosi però prevalentemente come un’influenza teorica che ha preso le sfumature del contesto e dell’esperienza personale di chi se ne è fatto ricevente, diventandone così un continuatore attraverso il proprio percorso autonomo o collettivo intrapreso in seguito. Come suggerisce José Charters Monteiro, l’eredità di Rossi può essere letta attraverso tre aspetti su cui si basa la sua lezione: la biografia, la teoria dell’architettura, l’opera. In particolar modo per quanto riguarda la Penisola Iberica si può parlare dell’individuazione di un insegnamento riferito alla seconda categoria, i suoi libri di testo, le sue partecipazioni, le traduzioni. Questo è un lascito che rende possibile la continuazione di un dibattito in merito ai temi della teoria dell’architettura, della sue finalità e delle concrete applicazioni nelle opere, che ha permesso il verificarsi di una apertura mentale che mette in relazione l’architettura con altre discipline umanistiche e scientifiche, dalla politica, alla sociologia, comprendendo l’arte, le città la morfologia, la topografia, mediate e messe in relazione proprio attraverso l’architettura.

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Ein neu konstruierter Kondensationskernzähler COPAS (COndensation PArticle counting System) für in-situ-Messungen der Konzentration von Aitken-Teilchen und ultrafeinen Aerosolpartikeln wurde im Rahmen dieser Arbeit erstmals erfolgreich bei Flugzeugmessungen eingesetzt. COPAS ist ein für flugzeuggestützte Messungen an Bord des Forschungsflugzeuges „Geophysica“ in der oberen Troposphäre und unteren Stratosphäre angepaßtes und voll automatisiertes System. Die Verfahrensweise, die Aerosolpartikel des Größenbereichs mit Durchmessern d < 100 nm zum Anwachsen zu bringen, um sie mittels optischer Detektion zu erfassen, ist im COPAS durch das Prinzip der thermischen Diffusion realisiert, wodurch eine kontinuierliche Messung der Aerosolkonzentration mit der untersten Nachweisgrenze für Partikeldurchmesser von d = 6 nm gewährleistet ist. Durch die Verwendung einer Aerosolheizung ist die Unterscheidung von volatilem und nichtvolatilem Anteil des Aerosols mit COPAS möglich. In umfassenden Laborversuchen wurde das COPAS-System hinsichtlich der unteren Nachweisgrenze in Abhängigkeit von der Betriebstemperatur und bei verschiedenen Druckbedingungen charakterisiert sowie die Effizienz der Aerosolheizung bestimmt. Flugzeuggestützte Messungen fanden in mittleren und polaren Breiten im Rahmen des EUPLEX-/ENVISAT-Validierungs–Projektes und in den Tropen während der TROCCINOX/ENVISAT-Kampagne statt. Die Messungen der vertikalen Konzentrationsverteilung des Aerosols ergaben in polaren Breiten eine Zunahme der Konzentration oberhalb von 17 km innerhalb des polaren Vortex mit hohem Anteil nichtvolatiler Partikel von bis zu 70 %. Als Ursache hierfür wird der Eintrag von meteoritischen Rauchpartikeln aus der Mesosphäre in die obere und mittlere Stratosphäre des Vortex angesehen. Ferner konnte in der unteren Stratosphäre des polaren Vortex der Einfluß troposphärischer Luft aus niedrigen Breiten festgestellt werden, die sich in einer hohen Variabilität der Aerosolpartikelkonzentration manifestiert. In tropischen Breiten wurde die Tropopausenregion untersucht. Dabei wurden Konzentrationen von bis zu 104 ultrafeiner Aerosolpartikel mit 6 nm < d < 14 nm pro cm-3 Luft gemessen, deren hoher volatiler Anteil einen sicheren Hinweis darauf gibt, daß die Partikel durch den Prozeß der homogenen Nukleation gebildet wurden. Damit konnte erstmals die Schlußfolgerungen von Brock et al. (1995) durch direkte Messungen der ultrafeinen Partikelkonzentration weitergehend belegt werden, daß in der tropischen Tropopausenregion die Neubildung von Aerosolpartikeln durch homogene Nukleation stattfindet. Die vertikalen Verteilungen der stratosphärischen Aerosolpartikelkonzentration mittlerer Breiten verdeutlichen die Ausbildung einer über 6 Jahre hinweg nahezu konstanten Hintergrundkonzentration des stratosphärischen Aerosols unter vulkanisch unbeeinflußten Bedingungen. Ferner gibt die vergleichende Untersuchung der stratosphärischen Aerosolpartikelkonzentration aus polaren, mittleren und tropischen Breiten Aufschluß über den Transport und die Prozessierung des stratosphärischen Aerosols und insbesondere über den Austausch von Luftmassen zwischen der Stratosphäre und der Troposphäre.

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Diese Arbeit ist der Versuch einer Bestandsaufnahme der Diskussion um die Rolle des Fachs Eth¬nologie in den allgemeinbildenden Schulen. Eine solche Übersicht zu den im deutschsprachigen Raum veröffentlichten Beiträgen lag bis dahin noch nicht vor. Sie reicht zurück bis zum Ende des 19. Jahrhunderts. Im vorliegenden Papier wurden die grundlegenden Argumentationen dargelegt, mit denen Fachvertreter und -vertreterinnen ein völkerkundliches/ethnologisches Engagement in den Schulen, in Schulbüchern und bei der Lehrerausbildung forderten. Mit einem historisch vertieften Vergleich dieser Argumentationen wurde angestrebt, Kontinuitäten und Brüche in der Diskussion darzustellen. Diese Perspektive ermöglichte zum einen die Darstel¬lung von älteren und kaum mehr rezipierten Beiträgen in einem größeren Rahmen, zum anderen jedoch auch eine Kritik der vorliegenden, oft nur vordergründig verschiedenen Ansätze. Im Schlusskapitel stellte der Autor essentialistische/relativistische und universalistische Ansätze gegenüber und formulierte darauf basierend Ausgangspunkte eines weiteren schulischen Engagements im Rahmen einer vergleichenden Sozialwissenschaft Ethnologie. Im Anhang der Arbeit befindet sich eine chronologische Biblioghraphie all jener Beiträge, die Ethnologen und Ethnologinnen zur Integration ihres Fachs in die Schulen verfassten.

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Desmosomen sind hoch organisierte adhäsive interzelluläre Verbindungen, die benachbarte Zellen durch Verankerung mit den Intermediärfilamenten des Zytoskeletts miteinander verknüpfen und so Zellen und Geweben Stabilität verleihen. Die Adhäsionsmoleküle der Desmosomen sind die desmosomalen Cadherine. Diese transmembranen Glykoproteine gehen im Interzellulärraum Verbindungen mit den desmosomalen Cadherinen der Nachbarzelle ein und sind im zytoplasmatischen Bereich Anheftungspunkte für weitere an der Desmosomenbildung beteiligte Proteine. Ziel dieser Arbeit war die Untersuchung der Rolle von Desmoglein 2 (Dsg 2), einem in allen Epithelien exprimierten desmosomalen Cadherin. Da der konstitutive knock out von Dsg 2 embryonal letal ist, wurde im Rahmen dieser Doktorarbeit eine transgene Maus generiert, in der die Reduktion von Dsg 2 temporär regulierbar war (konditionaler knock down). Dazu wurde der Mechanismus der RNA Interferenz genutzt, wodurch Sequenz-spezifische, post-transkriptionelle Regulation von Genen möglich ist. Unter Verwendung eines über Cre/lox-induzierbaren Vektors wurden transgene Mäuse generiert, welche nach Induktion Dsg 2 shRNA exprimieren, die in der Zelle in siRNA umgewandelt wird und zum Abbau der Dsg 2 mRNA führt. Durch Verpaarung der generierten Dsg 2 knock down Maus mit der über Tamoxifen induzierbaren Cre Deleter knock in Mauslinie Rosa26CreERT2 konnte deutliche Reduktion der Dsg 2 Proteinmenge in Leber, Darm und Herz erreicht werden. In Immunfärbungen der Leber wurde zudem eine reduzierte Desmosomenbildung durch Expression der Dsg 2 shRNA detektiert. Die für diese Versuche generierte und getestete Rosa26CreERT2 Mauslinie ermöglichte jedoch nicht in allen Zellen eines Gewebes die komplette Aktivierung der Cre Rekombinase und damit die Expression der shRNA. Dadurch entstanden mosaikartige Wildtyp/knock down-Gewebe, in denen noch ausreichend Desmosomen gebildet wurden, um die Gewebestabilität und -struktur zu erhalten. Für eine funktionale Untersuchung von Dsg 2 in Zusammenhang mit der chronisch entzündlichen Darmerkrankung Colitis ulcerosa wurden die Dsg 2 knock down Mäuse mit Darm-spezifischen, induzierbaren Cre Deleter Mäusen (VillinCreERT2) verpaart. Nach Aktivierung der Cre Rekombinase mittels Tamoxifen wurde in bitransgenen Tieren über Gabe von Azoxymethan (AOM) und Dextransodiumsulfat (DSS) Colitis ulcerosa induziert. Diese entzündliche Erkrankung des Darms ist mit der Induktion von Darmtumoren assoziiert. Bereits nach einmaliger Induktion mit AOM/DSS wurde in der ersten endoskopischen Untersuchung eine starke Entzündung des Darmgewebes und die Ausbildung von flächig wachsenden Tumoren in den Dsg 2 knock down Tieren hervorgerufen. Es ist anzunehmen, dass durch knock down von Dsg 2, und die damit verbundene verminderte Desmosomenbildung und Zelladhäsion, Infiltration von Bakterien durch die epitheliale Barriere des Darms möglich war, und so die Entzündungsreaktion in der Darmmukosa verstärkte. In Zusammenhang mit Verlust der epithelialen Festigkeit durch verringerte Zellkontakte kam es zur Hyperproliferation der Darmmukosa, die sich in Ausbildung von flächigen Tumoren äußerte. In weiteren Experimenten müssen nun die Tumore und das entzündete Gewebe der Colitis-induzierten Mäuse mittels Immunfluoreszenz untersucht werden, um Veränderungen in der Desmosomenformation in situ detektieren zu können. Des Weiteren sind Verpaarungen der Dsg 2 knock down Maus mit anderen Cre Rekombinase exprimierenden Mauslinien möglich, um den Einfluss von Dsg 2 auch in anderen Geweben, beispielsweise im Herzen, zu untersuchen. Die hier vorgelegte Arbeit zeigt also erstmalig den ursächlichen Zusammenhang zwischen Dsg 2 und dem Auftreten von Colitis-assoziierten Tumoren in einem konditionalen RNAi-vermittelten knock down Tiermodell. Die Etablierung dieser Maus ist somit das erste konditionale Mausmodell, welches die bei vielen Krebspatienten gefundenen flachzellig wachsenden Tumore in vivo rekapituliert. Vorausschauend kann man sagen, dass mit Hilfe des im Rahmen dieser Doktorarbeit entwickelten Tiermodells wichtige Erkenntnisses über die Pathologie von Darmtumoren erbracht werden können, die unser Verständnis der Colitis-induzierten Tumorentstehung verbessern.

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Il lavoro svolto in questa tesi si propone di valutare la variabilità della composizione corporea nell’infanzia e nell’adolescenza, con particolare attenzione alla transizione dalla prima alla seconda, in relazione allo stato nutrizionale ed agli stili di vita. Lo studio è stato condotto eseguendo misure antropometriche presso scuole primarie e secondarie di Bologna. Sono stati analizzati inoltre dati acquisiti a partire dal 2004. Il campione analizzato comprende 3546 soggetti di età compresa tra 6 anni e 14 anni. In particolare sono state analizzate le principali misurazioni utili per il calcolo della composizione corporea, evidenziando i parametri antropometrici principali quali BMI, circonferenza vita, WHR, %F e FFM. Questi caratteri sono stati quindi messi in relazione con le informazioni inerenti l’attività sportiva extrascolastica e gli stili di vita dei soggetti esaminati. L’analisi trasversale delle principali caratteristiche antropometriche ha fornito un interessante panorama della situazione italiana e del nord Italia; lo studio longitudinale delle variabili antropometriche permette di ottenere un quadro aggiornato dei principali incrementi delle misure corporee. La valutazione della variabilità della composizione corporea in relazione all’attività sportiva e allo stile di vita durante il processo di accrescimento ha indicato come abitudini sane e propensione all’attività motoria sono sicuramente in grado di apportare miglioramenti nella modificazione della composizione corporea nel processo evolutivo specialmente se somministrate con modalità adeguate all’età e alle esigenze individuali. Questi aspetti sono certamente rilevanti e complessi, sarebbe infatti interessante in prospettiva futura riuscire ad indagare ancora più dettagliatamente sull’interazione tra i fattori che determinano e modificano la composizione corporea in un periodo della vita così particolare come la transizione dall’infanzia all’adolescenza.

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Reactive halogen compounds are known to play an important role in a wide variety of atmospheric processes such as atmospheric oxidation capacity and coastal new particle formation. In this work, novel analytical approaches combining diffusion denuder/impinger sampling techniques with gas chromatographic–mass spectrometric (GC–MS) determination are developed to measure activated chlorine compounds (HOCl and Cl2), activated bromine compounds (HOBr, Br2, BrCl, and BrI), activated iodine compounds (HOI and ICl), and molecular iodine (I2). The denuder/GC–MS methods have been used to field measurements in the marine boundary layer (MBL). High mixing ratios (of the order of 100 ppt) of activated halogen compounds and I2 are observed in the coastal MBL in Ireland, which explains the ozone destruction observed. The emission of I2 is found to correlate inversely with tidal height and correlate positively with the levels of O3 in the surrounding air. In addition the release is found to be dominated by algae species compositions and biomass density, which proves the “hot-spot” hypothesis of atmospheric iodine chemistry. The observations of elevated I2 concentrations substantially support the existence of higher concentrations of littoral iodine oxides and thus the connection to the strong ultra-fine particle formation events in the coastal MBL.

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This thesis presents a comparative developmental study of inflorescences and focuses on the production of the terminal flower (TF). Morphometric attributes of inflorescence meristems (IM) were obtained throughout the ontogeny of inflorescence buds with the aim of describing possible spatial constraints that could explain the failure in developing the TF. The study exposes the inflorescence ontogeny of 20 species from five families of the Eudicots (Berberidaceae, Papaveraceae-Fumarioideae, Rosaceae, Campanulaceae and Apiaceae) in which 745 buds of open (i.e. without TF) and closed (i.e. with TF) inflorescences were observed under the scanning electron microscope.rnThe study shows that TFs appear on IMs which are 2,75 (se = 0,38) times larger than the youngest lateral reproductive primordium. The shape of these IMs is characterized by a leaf arc (phyllotactic attribute) of 91,84° (se = 7,32) and a meristematic elevation of 27,93° (se = 5,42). IMs of open inflorescences show a significant lower relative surface, averaging 1,09 (se=0,26) times the youngest primordium size, which suggests their incapacity for producing TFs. The relative lower size of open IMs is either a condition throughout the complete ontogeny (‘open I’) or a result from the drastic reduction of the meristematic surface after flower segregation (‘open II’). rnIt is concluded that a suitable bulge configuration of the IM is a prerequisite for TF formation. Observations in the TF-facultative species Daucus carota support this view, as the absence of the TF in certain umbellets is correlated with a reduction of their IM dimensions. A review of literature regarding histological development of IMs and genetic regulation of inflorescences suggests that in ‘open I’ inflorescences, the histological composition and molecular activity at the tip of the IM could impede the TF differentiation. On the other side, in ‘open II’ inflorescences, the small final IM bulge could represent a spatial constraint that hinders the differentiation of the TF. The existence of two distinct kinds of ontogenies of open inflorescences suggests two ways in which the loss of the TF could have occurred in the course of evolution.rn

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In this thesis two related arguments are investigated: - The first stages of the process of massive star formation, investigating the physical conditions and -properties of massive clumps in different evolutionary stages, and their CO depletion; - The influence that high-mass stars have on the nearby material and on the activity of star formation. I characterise the gas and dust temperature, mass and density of a sample of massive clumps, and analyse the variation of these properties from quiescent clumps, without any sign of active star formation, to clumps likely hosting a zero-age main sequence star. I briefly discuss CO depletion and recent observations of several molecular species, tracers of Hot Cores and/or shocked gas, of a subsample of these clumps. The issue of CO depletion is addressed in more detail in a larger sample consisting of the brightest sources in the ATLASGAL survey: using a radiative tranfer code I investigate how the depletion changes from dark clouds to more evolved objects, and compare its evolution to what happens in the low-mass regime. Finally, I derive the physical properties of the molecular gas in the photon-dominated region adjacent to the HII region G353.2+0.9 in the vicinity of Pismis 24, a young, massive cluster, containing some of the most massive and hottest stars known in our Galaxy. I derive the IMF of the cluster and study the star formation activity in its surroundings. Much of the data analysis is done with a Bayesian approach. Therefore, a separate chapter is dedicated to the concepts of Bayesian statistics.

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Members of the BMP and Wnt protein families play a relevant role in physiologic and pathologic bone turnover. Extracellular antagonists are crucial for the modulation of their activity. Lack of expression of the BMP antagonist noggin by osteoinductive, carcinoma-derived cell lines is a determinant of the osteoblast response induced by their bone metastases. In contrast, osteolytic, carcinoma-derived cell lines express noggin constitutively. We hypothesized that cancer cell-derived noggin may contribute to the pathogenesis of osteolytic bone metastasis of solid cancers by repressing bone formation. Intra-osseous xenografts of PC-3 prostate cancer cells induced osteolytic lesions characterized not only by enhanced osteoclast-mediated bone resorption, but also by decreased osteoblast-mediated bone formation. Therefore, in this model, uncoupling of the bone remodeling process contributes to osteolysis. Bone formation was preserved in the osteolytic lesions induced by noggin-silenced PC-3 cells, suggesting that cancer cell-derived noggin interferes with physiologic bone coupling. Furthermore, intra-osseous tumor growth of noggin-silenced PC-3 cells was limited, most probably as a result of the persisting osteoblast activity. This investigation provides new evidence for a model of osteolytic bone metastasis where constitutive secretion of noggin by cancer cells mediates inhibition of bone formation, thereby preventing repair of osteolytic lesions generated by an excess of osteoclast-mediated bone resorption. Therefore, noggin suppression may be a novel strategy for the treatment of osteolytic bone metastases.

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Upper Paleocene–Eocene boulder conglomerate, cross-stratified sandstone, and laminated carbonaceous mudstone of the Arkose Ridge Formation exposed in the southern Talkeetna Mountains record fluvial-lacustrine deposition proximal to the volcanic arc in a forearc basin modified by Paleogene spreading ridge subduction beneath southern Alaska. U-Pb ages of detrital zircon grains and modal analyses were obtained from stratigraphic sections spanning the 2,000 m thick Arkose Ridge Formation in order to constrain the lithology, age, and location of sediment sources that provided detritus. Detrital modes from 24 conglomerate beds and 54 sandstone thin sections aredominated by plutonic and volcanic clasts and plagioclase feldspar with minor quartz, schist, hornblende, argillite, and metabasalt. Westernmost sandstone and conglomerate strata contain <5% volcanic clasts whereas easternmost sandstone and conglomerate strata contain 40 to >80% volcanic clasts. Temporally, eastern sandstones andconglomerates exhibit an upsection increase in volcanic detritus from <40 to >80% volcanic clasts. U-Pb ages from >1400 detrital zircons in 15 sandstone samples reveal three main populations: late Paleocene–Eocene (60-48 Ma; 16% of all grains), Late Cretaceous–early Paleocene (85–60 Ma; 62%) and Jurassic–Early Cretaceous (200–100 Ma; 12%). A plot of U/Th vs U-Pb ages shows that >97% of zircons are <200 Ma and>99% of zircons have <10 U/Th ratios, consistent with mainly igneous source terranes. Strata show increased enrichment in late Paleocene–Eocene detrital zircons from <2% in the west to >25% in the east. In eastern sections, this younger age population increases temporally from 0% in the lower 50 m of the section to >40% in samples collected >740 m above the base. Integration of the compositional and detrital geochronologic data suggests: (1) Detritus was eroded mainly from igneous sources exposed directly north of the Arkose Ridge Formation strata, mainly Jurassic–Paleocene plutons and Paleocene–Eocenevolcanic centers. Subordinate metamorphic detritus was eroded from western Mesozoic low-grade metamorphic sources. Subordinate sedimentary detritus was eroded from eastern Mesozoic sedimentary sources. (2) Eastern deposystems received higher proportions of juvenile volcanic detritus through time, consistent with construction of adjacent slab-window volcanic centers during Arkose Ridge Formation deposition. (3)Western deposystems transported detritus from Jurassic–Paleocene arc plutons that flank the northwestern basin margin. (4) Metasedimentary strata of the Chugach accretionaryprism, exposed 20-50 km south of the Arkose Ridge Formation, did not contribute abundant detritus. Conventional provenance models predict reduced input of volcanic detritus to forearc basins during exhumation of the volcanic edifice and increasing exposure ofsubvolcanic plutons (Dickinson, 1995; Ingersoll and Eastmond, 2007). In the forearc strata of these conventional models, sandstone modal analyses record progressive increases upsection in quartz and feldspar concomitant with decreases in lithic grains, mainly volcanic lithics. Additionally, as the arc massif denudes through time, theyoungest detrital U-Pb zircon age populations become significantly older than the age of forearc deposition as the arc migrates inboard or ceases magmatism. Westernmost strata of the Arkose Ridge Formation are consistent with this conventional model. However, easternmost strata of the Arkose Ridge Formation contain sandstone modes that record an upsection increase in lithic grains accompanied by a decrease in quartz and feldspar, and detrital zircon age populations that closely match the age of deposition. This deviation from the conventional model is due to the proximity of the easternmost strata to adjacent juvenile volcanic rocks emplaced by slab-window volcanic processes. Provenance data from the Arkose Ridge Formation show that forearc basins modified by spreading ridge subduction may record upsection increases in non-arc, syndepositional volcanic detritusdue to contemporaneous accumulation of thick volcanic sequences at slab-window volcanic centers. This change may occur locally at the same time that other regions of the forearc continue to receive increasing amounts of plutonic detritus as the remnant arc denudes, resulting in complex lateral variations in forearc basin petrofacies and chronofacies.

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Background:  Several cross-sectional studies during the past 10 years have observed an increased risk of allergic outcomes for children living in damp or mouldy environments. Objective:  The objective of this study was to investigate whether reported mould or dampness exposure in early life is associated with the development of allergic disorders in children from eight European birth cohorts. Methods:  We analysed data from 31 742 children from eight ongoing European birth cohorts. Exposure to mould and allergic health outcomes were assessed by parental questionnaires at different time points. Meta-analyses with fixed- and random-effect models were applied. The number of the studies included in each analysis varied based on the outcome data available for each cohort. Results:  Exposure to visible mould and/or dampness during first 2 years of life was associated with an increased risk of developing asthma: there was a significant association with early asthma symptoms in meta-analyses of four cohorts [0–2 years: adjusted odds ratios (aOR), 1.39 (95%CI, 1.05–1.84)] and with asthma later in childhood in six cohorts [6–8 years: aOR, 1.09(95%CI, 0.90–1.32) and 3–10 years: aOR, 1.10 (95%CI, 0.90–1.34)]. A statistically significant association was observed in six cohorts with symptoms of allergic rhinitis at school age [6–8 years: aOR, 1.12 (1.02–1.23)] and at any time point between 3 and 10 years [aOR, 1.18 (1.09–1.28)]. Conclusion:  These findings suggest that a mouldy home environment in early life is associated with an increased risk of asthma particularly in young children and allergic rhinitis symptoms in school-age children.

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During the last decade interest in bully/victim problems has grown tremendously and still, studies addressing this issue in the years preceding elementary school areextremely rare. Despite obvious methodological challenges, the study of bullying and victimization in settings such as kindergarten opens up unique opportunities to understand early processes in the pathways to victimization, and to investigate different social and individual risk factors and their interactions in the very beginnings of bullying patterns. In this presentation, key findings that shed light on early vulnerability factors for victimization and factors that may maintain bullying patterns will be addressed. First, results from our and others’ studies in kindergarten are generally consistent with results in school. Second, our studies show that patterns of reactions when children witness victimization are already present in kindergarten settings. Third, all findings confirm that bully-victims must be regarded as being distinct from passive victims and other aggressive children (i.e. bullies) already at kindergarten age. Our studies indicate that bully-victims have significantly more problems associated with ADHD or with a lack of behavioral regulation than all their peers and that they clearly differ from bullies in terms of the type of aggression they display. Furthermore, our longitudinal data show different pathways to victimization for victims and bully-victims. This knowledge of early risk factors and pathways mustbe taken into consideration in future research and may contribute to the improvement of prevention programs.

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The binary H2SO4−H2O nucleation is one of the most important pathways by which aerosols form in the atmosphere, and the presence of ternary species like amines increases aerosol formation rates. In this study, we focus on the hydration of a ternary system of sulfuric acid (H2SO4), methylamine (NH2CH3), and up to six waters to evaluate its implications for aerosol formation. By combining molecular dynamics (MD) sampling with high-level ab initio calculations, we determine the thermodynamics of forming H2SO4(NH2CH3)(H2O)n, where n = 0−6. Because it is a strong acid−base system, H2SO4−NH2CH3 quickly forms a tightly bound HSO4−−NH3CH3+ complex that condenses water more readily than H2SO4 alone. The electronic binding energy of H2SO4−NH2CH3 is −21.8 kcal mol−1 compared with −16.8 kcal mol−1 for H2SO4−NH3 and −12.8 kcal mol−1 for H2SO4−H2O. Adding one to two water molecules to the H2SO4−NH2CH3 complex is more favorable than adding to H2SO4 alone, yet there is no systematic difference for n ≥ 3. However, the average number of water molecules around H2SO4−NH2CH3 is consistently higher than that of H2SO4, and it is fairly independent of temperature and relative humidity.

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The binary H2SO4-H2O nucleation is one of the most important pathways by which aerosols form in the atmosphere, and the presence of ternary species like amines increases aerosol formation rates. In this study, we focus on the hydration of a ternary system of sulfuric acid (H2SO4), methylamine (NH2CH3), and up to six waters to evaluate its implications for aerosol formation. By combining molecular dynamics (MD) sampling with high-level ab initio calculations, we determine the thermodynamics of forming H2SO4(NH2CH3)(H2O)n, where n = 0-6. Because it is a strong acid-base system, H2SO4-NH2CH3 quickly forms a tightly bound HSO4(-)-NH3CH3(+) complex that condenses water more readily than H2SO4 alone. The electronic binding energy of H2SO4-NH2CH3 is -21.8 kcal mol(-1) compared with -16.8 kcal mol(-1) for H2SO4-NH3 and -12.8 kcal mol(-1) for H2SO4-H2O. Adding one to two water molecules to the H2SO4-NH2CH3 complex is more favorable than adding to H2SO4 alone, yet there is no systematic difference for n ≥ 3. However, the average number of water molecules around H2SO4-NH2CH3 is consistently higher than that of H2SO4, and it is fairly independent of temperature and relative humidity.

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Paleogene sedimentary rocks of the Arkose Ridge Formation (Talkeetna Mountains, Alaska) preserve a record of a fluvial-lacustrine depositional environment and its forested ecosystem in an active basin among the convergent margin tectonic processes that shaped southern Alaska. An -800 m measured succession at Box Canyon indicates braid-plain deposition with predominantly gravelly deposits low in the exposure to sandy and muddy facies associations below an overlying lava flow sequence. U-Pb geochronology on zircons from a tuff and a sandstone within the measured section, as well as an Ar/Ar date from the overlying lava constrain the age of the sedimentary succession to between similar to 59 Ma and 48 Ma Fossil plant remains occur throughout the Arkose Ridge Formation as poorly-preserved coalified woody debris and fragmentary leaf impressions. At Box Canyon, however, a thin la-custrine depositional lens of rhythmically laminated mudrocks yielded fish fossils and a well-preserved floral assemblage including foliage and reproductive organs representing conifers, sphenopsids, monocots, and dicots. Leaf physiognomic methods to estimate paleoclimate were applied to the dicot leaf collection and indicate warm temperate paleotemperatures (-11-15 +/- -4 degrees C MAT) and elevated paleoprecipitation (-120 cm/yr MAP) estimates as compared to modem conditions; results that are parallel with previously published estimates from the partly coeval Chickaloon Formation deposited in more distal depositional environments in the same basin. The low abundance of leaf herbivory in the Box Canyon dicot assemblage (-9% of leaves damaged) is also similar to the results from assemblages in the meander-plain depositional systems of the Chickaloon. This new suite of data informs models of the tectonostratigraphic evolution of southern Alaska and the developing understanding of terrestrial paleoecology and paleoclimate at high latitudes during the Late Paleocene-Early Eocene greenhouse climate phase. (c) 2014 Elsevier B.V. All rights reserved.