945 resultados para Cellule de diffusion


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A detailed numerical simulation of ethanol turbulent spray combustion on a rounded jet flame is pre- sented in this article. The focus is to propose a robust mathematical model with relatively low complexity sub- models to reproduce the main characteristics of the cou- pling between both phases, such as the turbulence modulation, turbulent droplets dissipation, and evaporative cooling effect. A RANS turbulent model is implemented. Special features of the model include an Eulerian– Lagrangian procedure under a fully two-way coupling and a modified flame sheet model with a joint mixture fraction– enthalpy b -PDF. Reasonable agreement between measured and computed mean profiles of temperature of the gas phase and droplet size distributions is achieved. Deviations found between measured and predicted mean velocity profiles are attributed to the turbulent combustion modeling adopted

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[ES]Se considera un modelo de reacción-difusión para dos reactantes en presencia de un tercero, que actúa de catalizador. La escala temporal para el catalizador se compara con la de los reactantes y los coeficientes de difusión dependen solamente de la concentración en el estado de equilibrio del catalizador. Se realizan experimentos para diferentes cinéticas

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La letteratura scientifica degli ultimi anni si è arricchita di un numero sempre crescente di studi volti a chiarire i meccanismi che presiedono ai processi di homing di cellule staminali emopoietiche e del loro attecchimento a lungo termine nel midollo osseo. Tali fenomeni sembrano coinvolgere da un lato, l’interazione delle cellule staminali emopoietiche con la complessa architettura e componente cellulare midollare, e dall’altro la riposta ad un’ampia gamma di molecole regolatrici, tra le quali chemochine, citochine, molecole di adesione, enzimi proteolitici e mediatori non peptidici. Fanno parte di quest’ultimo gruppo anche i nucleotidi extracellulari, un gruppo di molecole-segnale recentemente caratterizzate come mediatori di numerose risposte biologiche, tra le quali l’allestimento di fenomeni flogistici e chemiotattici. Nel presente studio è stata investigata la capacità dei nucleotidi extracellulari ATP ed UTP di promuovere, in associazione alla chemochina CXCL12, la migrazione di cellule staminali umane CD34+. E’ così emerso che la stimolazione con UTP è in grado di incrementare significativamente la migrazione dei progenitori emopoietici in risposta al gradiente chemioattrattivo di CXCL12, nonché la loro capacità adesiva. Le analisi citofluorimetriche condotte su cellule migranti sembrano inoltre suggerire che l’UTP agisca interferendo con le dinamiche di internalizzazione del recettore CXCR4, rendendo così le cellule CD34+ maggiormente responsive, e per tempi più lunghi, al gradiente attrattivo del CXCL12. Saggi di homing competitivo in vivo hanno parallelamente mostrato, in topi NOD/SCID, che la stimolazione con UTP aumenta significativamente la capacità dei progenitori emopoeitci umani di localizzarsi a livello midollare. Sono state inoltre indagate alcune possibili vie di trasduzione del segnale attivate dalla stimolazione di recettori P2Y con UTP. Esperimenti di inibizione in presenza della tossina della Pertosse hanno evidenziato il coinvolgimento di proteine Gαi nella migrazione dipendente da CXCL12 ed UTP. Ulteriori indicazioni sono provenute dall’analisi del profilo trascrizionale di cellule staminali CD34+ stimolate con UTP, con CXCL12 o con entrambi i fattori contemporaneamente. Da questa analisi è emerso il ruolo di proteine della famiglia delle Rho GTPasi e di loro effettori a valle (ROCK 1 e ROCK 2) nel promuovere la migrazione UTP-dipendente. Questi dati sono stati confermati successivamente in vitro mediante esperimenti con Tossina B di C. Difficile (un inibitore delle Rho GTPasi) e con Y27632 (in grado di inibire specificatamente le cinasi ROCK). Nel complesso, i dati emersi in questo studio dimostrano la capacità del nucleotide extracellulare UTP di modulare la migrazione in vitro di progenitori emopoietici umani, nonché il loro homing midollare in vivo. L’effetto dell’UTP su questi fenomeni si esplica in concerto con la chemochina CXCL12, attraverso l’attivazione concertata di vie di trasduzione del segnale almeno parzialmente condivise da CXCR4 e recettori P2Y e attraverso il reclutamento comune di proteine ad attività GTPasica, tra le quali le proteine Gαi e i membri della famiglia delle Rho GTPasi.

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Uric acid is a major inducer of inflammation in renal interstitium and may play a role in the progression of renal damage in hyperuricemic subjects with primary nephropathies, renal vascular disease, and essential hypertension. At the same time, UA also acts as a water-soluble scavenger of reactive oxygen species. We evaluated the cellular effects of UA on cultured HMC as a potential interstitial target for abnormally elevated levels in acute and chronic renal disease. Intracellular free Ca2+ ([Ca2+]i) was monitored by microfluorometry of fura 2-loaded cells, while oxidation of intracellularly trapped non-fluorescent 2’,7’-dichlorofluorescein diacetate (DCFHDA, 20 uM) was employed to assess the generation of reactive oxygen species during 12-hr incubations with various concentrations of UA or monosodium urate. Fluorescent metabolites of DCFH-DA in the culture media of HMC were detected at 485/530 nm excitation/emission wavelengths, respectively. UA dose-dependently lowered resting [Ca2+]i (from 102±9 nM to 95±3, 57±2, 48±6 nM at 1-100 uM UA, respectively, p <0.05), leaving responses to vasoconstrictors such as angiotensin II unaffected. The effect was not due to Ca2+/H+ exchange upon acidification of the bathing media, as acetate, glutamate, lactate and other organic acids rather increased [Ca2+]i (to max. levels of 497±42 nM with 0.1 mM acetate). The decrease of [Ca2+]i was abolished by raising extracellular Ca2+ and not due to effects on Ca2+ channels or activation of Ca2+-ATPases, since unaffected by thapsigargin. The process rather appeared sensitive to removal of extracellular Na+ in combination with blockers of Na+/Ca2+ exchange, such as 2’,4’-dichlorobenzamil, pointing to a countertransport mechanism. UA dose-dependently prompted the extracellular release of oxidised DCFH (control 37±2 relative fluorescence units (RFU)/ml, 0.1uM 47±2, 1 uM 48±2, 10 uM 51±4, 0.1 mM 53±4; positive control, 10 uM sodium nitroprusside 92±5 RFU/ml, p<0.01). In summary, UA interferes with Ca2+ transport in cultured HMC, triggering oxidative stress which may initiate a sequence of events leading to interstitial injury and possibly amplifying renal vascular damage and/or the progression of chronic disease.

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Le acque di vegetazione (AV) costituiscono un serio problema di carattere ambientale, sia a causa della loro elevata produzione sia per l’ elevato contenuto di COD che oscilla fra 50 e 150 g/l. Le AV sono considerate un refluo a tasso inquinante fra i più elevati nell’ambito dell’industria agroalimentare e la loro tossicità è determinata in massima parte dalla componente fenolica. Il presente lavoro si propone di studiare e ottimizzare un processo non solo di smaltimento di tale refluo ma anche di una sua valorizzazione, utlizzandolo come materia prima per la produzione di acidi grassi e quindi di PHA, polimeri biodegradabili utilizzabili in varie applicazioni. A tale scopo sono stati utilizzati due bioreattori anaerobici a biomassa adesa, di identica configurazione, con cui si sono condotti due esperimenti in continuo a diverse temperature e carichi organici al fine di studiare l’influenza di tali parametri sul processo. Il primo esperimento è stato condotto a 35°C e carico organico pari a 12,39 g/Ld, il secondo a 25°C e carico organico pari a 8,40 g/Ld. Si è scelto di allestire e mettere in opera un processo a cellule immobilizzate in quanto questa tecnologia si è rivelata vantaggiosa nel trattamento continuo di reflui ad alto contenuto di COD e carichi variabili. Inoltre si è scelto di lavorare in continuo poiché tale condizione, per debiti tempi di ritenzione idraulica, consente di minimizzare la metanogenesi, mediata da microrganismi con basse velocità specifiche di crescita. Per costituire il letto fisso dei due reattori si sono utilizzati due diversi tipi di supporto, in modo da poter studiare anche l’influenza di tale parametro, in particolare si è fatto uso di carbone attivo granulare (GAC) e filtri ceramici Vukopor S10 (VS). Confrontando i risultati si è visto che la massima quantità di VFA prodotta nell’ambito del presente studio si ha nel VS mantenuto a 25°C: in tale condizione si arriva infatti ad un valore di VFA prodotti pari a 524,668 mgCOD/L. Inoltre l’effluente in uscita risulta più concentrato in termini di VFA rispetto a quello in entrata: nell’alimentazione la percentuale di materiale organico presente sottoforma di acidi grassi volatili era del 54 % e tale percentuale, in uscita dai reattori, ha raggiunto il 59 %. Il VS25 rappresenta anche la condizione in cui il COD degradato si è trasformato in percentuale minore a metano (2,35 %) e questo a prova del fatto che l’acidogenesi ha prevalso sulla metanogenesi. Anche nella condizione più favorevole alla produzione di VFA però, si è riusciti ad ottenere una loro concentrazione in uscita (3,43 g/L) inferiore rispetto a quella di tentativo (8,5 g/L di VFA) per il processo di produzione di PHA, sviluppato da un gruppo di ricerca dell’università “La Sapienza” di Roma, relativa ad un medium sintetico. Si può constatare che la modesta produzione di VFA non è dovuta all’eccessiva degradazione del COD, essendo questa nel VS25 appena pari al 6,23%, ma piuttosto è dovuta a una scarsa concentrazione di VFA in uscita. Questo è di buon auspicio nell’ottica di ottimizzare il processo migliorandone le prestazioni, poiché è possibile aumentare tale concentrazione aumentando la conversione di COD in VFA che nel VS25 è pari a solo 5,87%. Per aumentare tale valore si può agire su vari parametri, quali la temperatura e il carico organico. Si è visto che il processo di acidogenesi è favorito, per il VS, per basse temperature e alti carichi organici. Per quanto riguarda il reattore impaccato con carbone attivo la produzione di VFA è molto ridotta per tutti i valori di temperatura e carichi organici utilizzati. Si può quindi pensare a un’applicazione diversa di tale tipo di reattore, ad esempio per la produzione di metano e quindi di energia.

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The Clusterin (CLU) gene produces different forms of protein products which vary in their biological properties and distribution within the cell. Both the extra- and intracellular CLU forms regulate cell proliferation and apoptosis. Dis-regulation of CLU expression occurs in many cancer types, including prostate cancer. The role that CLU plays in tumorigenesis is still unclear. We found that CLU over-expression inhibited cell proliferation and induced apoptosis in prostate cancer cells. Here we show that depletion of CLU affects the growth of PC-3 prostate cancer cells. Following siRNA, all protein products quickly disappeared, inducing cell cycle progression and higher expression of specific proliferation markers (i.e. H3 mRNA, PCNA and cyclins A, B1 and D) as detected by RT-qPCR and Western blot. Quite surprisingly, we also found that the turnover of CLU protein is very rapid and tightly regulated by ubiquitin–proteasome mediated degradation. Inhibition of protein synthesis by cycloheximide showed that CLU half-life is less than 2 hours. All CLU protein products were found poly-ubiquitinated by co-immuniprecipitation. Proteasome inhibition by MG132 caused stabilization and accumulation of all CLU protein products, strongly inducing the nuclear form of CLU (nCLU) and committing cells to caspase-dependent death. In conclusion, proteasome inhibition may induce prostate cancer cell death through accumulation of nCLU, a potential tumour suppressor factor.