993 resultados para Vigo, Pietro, 1856-1918.


Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Ferrara è tra le città con le quali Piero Bottoni (1903-1973) ha istaurato un rapporto proficuo e duraturo che gli permise di elaborare molti progetti e che fu costante lungo quasi tutta la parabola professionale dell’autore milanese. Giunto nella città estense nei primi anni Trenta, vi lavorò nei tre decenni successivi elaborando progetti che spaziavano dalla scala dell’arredamento d’interni fino a quella urbana; i diciannove progetti studiati, tutti situati all’interno del centro storico della città, hanno come tema comune la relazione tra nuova architettura e città esistente. Osservando un ampio spettro di interventi che abbracciava la progettazione sull'esistente come quella del nuovo, Bottoni propone una visione dell'architettura senza suddivisioni disciplinari intendendo il restauro e la costruzione del nuovo come parti di un processo progettuale unitario. Sullo sfondo di questa vicenda, la cultura ferrarese tra le due guerre e nel Dopoguerra si caratterizza per il continuo tentativo di rendere attuale la propria storia rinascimentale effettuando operazioni di riscoperta che con continuità, a discapito dei cambiamenti politici, contraddistinguono le esperienze culturali condotte nel corso del Novecento. Con la contemporanea presenza durante gli anni Cinquanta e Sessanta di Bottoni, Zevi, Pane, Michelucci, Piccinato, Samonà, Bassani e Ragghianti, tutti impegnati nella costruzione dell’immagine storiografica della Ferrara rinascimentale, i caratteri di questa stagione culturale si fondono con i temi centrali del dibattito architettonico italiano e con quello per la salvaguardia dei centri storici. L’analisi dell’opera ferrarese di Piero Bottoni è così l’occasione per mostrare da un lato un carattere peculiare della sua architettura e, dall’altro, di studiare un contesto cultuale provinciale al fine di mostrare i punti di contatto tra le personalità presenti a Ferrara in quegli anni, di osservarne le reciproche influenze e di distinguere gli scambi avvenuti tra i principali centri della cultura architettonica italiana e un ambito geografico solo apparentemente secondario.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Questa tesi propone un progetto di riqualificazione funzionale ed energetica del Polo ospedaliero civile di Castel San Pietro Terme, un complesso di edilizia sanitaria attivo dal 1870, che la AUSL proprietaria ha ora programmato di riqualificare. Il complesso, costituito da diversi edifici realizzati in epoche successive con un volume lordo riscaldato di 41670 m3, occupa un’area di 18415 m2. Sottoposto nel corso del tempo a ripetute modifiche e ampliamenti,oggi si presenta come un insieme eterogeneo di volumi, disorganici nell’aspetto ed interessati da importanti criticità: • prestazioni energetiche largamente inadeguate; • insufficiente resistenza alle azioni sismiche; • inefficiente distribuzione interna degli ambienti e delle funzioni. Partendo da un’analisi che dal complesso ospedaliero si estende sull’intera area di Castel San Pietro Terme, è stato definito un progetto che tiene conto delle peculiarità e delle criticità del luogo. Il progetto propone la riqualificazione dell’area antistante l’ingresso storico dell’ospedale tramite il collegamento diretto al parco fluviale, oggi interrotto da viale Oriani e da un parcheggio. Sul complesso edificato viene invece progettato un insieme di interventi differenziati, che rispondono all’obiettivo primario di adattare il polo ospedaliero a nuove funzioni sanitarie. La riorganizzazione prevede: • L’eliminazione del reparto di chirurgia; • L’adeguamento delle degenze a funzioni di hospice e lungodegenza per malati terminali; • L’ampliamento del progetto Casa della Salute che prevede locali ambulatoriali. Il progetto ha assunto questo programma funzionale,puntando a mantenere e riqualificare quanto più possibile l’esistente. E’ stato quindi previsto di: • Demolire il corpo del blocco operatorio. • Ridefinire volumetricamente il corpo delle degenze • Prevedere la costruzione di nuovi volumi per ospitare i poliambulatori. Per assicurare un adeguato livello di prestazioni,l’intervento ha puntato a far conseguire all’intero complesso la classe energetica A e ad adeguare la capacità di risposta al sisma, in particolare del corpo delle degenze, che presenta le condizioni più critiche. Le simulazioni eseguite con il software Termolog Epix3 attestano un valore di fabbisogno energetico finale pari a 5,10 kWh/m3 anno, con una riduzione del 92,7% rispetto ai livelli di consumo attuali. E' stata posta particolare attenzione anche al comfortdegli ambienti di degenza, verificato tramite l’utilizzo del software di simulazione energetica in regime dinamico IESVE che ha permesso di monitorare gli effetti ottenuti in relazione ad ogni scelta progettuale. I nuovi padiglioni sono stati progettati per integrare in modo funzionale i locali ambulatoriali ed alcuni ambienti dedicati alle terapie complementari per i lungodegenti. La tecnologia a setti portanti Xlam è stata preferita per la velocità di realizzazione. La sovrastante copertura costituita da una membrana di ETFE sostenuta da travi curve in legno lamellare, oltre ad assicurare il comfort ambientale tramite lo sfruttamento di sistemi passivi, permette di limitare i requisiti dell’involucro dei volumi sottostanti.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

In 49 kurzen Kolumnen wird die Geschichte des Sachbuchs von 1870 bis 1918 erzählt. Berücksichtigt werden eigenständige Veröffentlichungen aus den Bereichen Naturwissenschaft, Wirtschaft, Geschichte, Politik, Musik, Literatur, Kunst, Philosophie, Religion, Reise, Pädagogik und Psychologie. Das Buch schließt mit einem Kapitel über Verlegerkultur und Verlagskonjunktur ab.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

This study seeks to address a gap in the study of nonviolent action. The gap relates to the question of how nonviolence is performed, as opposed to the meaning or impact of nonviolent politics. The dissertation approaches the history of nonviolent protest in South Asia through the lens of performance studies. Such a shift allows for concepts such as performativity and theatricality to be tested in terms of their applicability and relevance to contemporary political and philosophical questions. It also allows for a different perspective on the historiography of nonviolent protest. Using concepts, modes of analysis and tropes of thinking from the emerging field of performance studies, the dissertation analyses two different cases of nonviolent protest, asking how politics is performatively constituted. The first two sections of this study set out the parameters of the key terms of the dissertation: nonviolence and performativity, by tracing their genealogies and legacies as terms. These histories are then located as an intersection in the founding of the nonviolent. The case studies at the analytical core of the dissertation are: fasting as a method in Gandhi's political arsenal, and the army of nonviolent soldiers in the North-West Frontier Province, known as the Khudai Khidmatgar. The study begins with an overview of current theorisations of nonviolence. The approach to the subject is through an investigation of commonly held misconceptions about nonviolent action, such as its supposed passivity, the absence of violence, its ineffectiveness and its spiritual basis. This section addresses the lacunae within existing theories of nonviolence and points to possible fertile spaces for further exploration. Section 3 offers an overview of the different shades of the concept of performativity, asking how it is used in various contexts and how these different nuances can be viewed in relation to each other. The dissertation explores how a theory of performativity may be correlated to the theorisation of nonviolence. The correlations are established in four boundary areas: action/inaction, violence/absence of violence, the actor/opponent and the body/spirit. These boundary areas allow for a theorising of nonviolent action as a performative process. The first case study is Gandhi's use of the fast as a method of nonviolent protest. Using a close reading of his own writings, speeches and letters, as well as a reading of responses to his fast in British newspapers and within India, the dissertation asks what made fasting into Gandhi's most favoured mode of protest and political action. The study reconstructs his unique praxis of the fast from a performative perspective, demonstrating how display and ostentation are vital to the political economy of the fast. It also unveils the cultural context and historical reservoir of body practices, which Gandhi drew from and adapted into 'weapons' of political action. The relationship of Gandhian nonviolence to the body forms a crucial part of the analysis. The second case study is the nonviolent army of the Pashtuns, Khudai Khidmatgar (KK), literally Servants of God. This anti-imperialist movement in the North-West Frontier Province of what is today the border between Pakistan and Afghanistan existed between 1929 and 1948. The movement adopted the organisational form of an army. It conducted protest activities against colonial rule, as well as social reform activities for the Pashtuns. This group was connected to the Congress party of Gandhi, but the dissertation argues that their conceptualisation and praxis of nonviolence emerged from a very different tradition and worldview. Following a brief introduction to the socio-political background of this Pashtun movement, the dissertation explores the activities that this nonviolent army engaged in, looking at their unique understanding of the militancy of an unarmed force, and their mode of combat and confrontation. Of particular interest to the analysis is the way the KK re-combined and mixed what appear to be contradictory ideologies and acts. In doing so, they reframed cultural and historical stereotypes of the Pashtuns as a martial race, juxtaposing the institutional form of the army with a nonviolent praxis based on Islamic principles and social reform. The example of the Khudai Khidmatgar is used to explore the idea that nonviolence is not the opposite of violent conflict, but in fact a dialectical engagement and response to violence. Section 5, in conclusion, returns to the boundary areas of nonviolence: action, violence, the opponent and the body, and re-visits these areas on a comparative note, bringing together elements from Gandhi's fasts and the practices of the KK. The similarities and differences in the two examples are assessed and contextualised in relation to the guiding question of this study, namely the question of the performativity of nonviolent action.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Lo studio è rivolto alla creazione di uno spazio eterotopico. Nell’atto di riconsacrare un’isola attraverso l’acquisizione di strutture polisemiche che al valore d’uso uniscono un forte valore di scambio simbolico, pensate per dar vita a comunità provvisorie. Il progetto apre anche alla possibilità d’una dea “rifondazione” del lavoro teatrale attraverso l’allestimento di uno spazio che dà accesso alla trasformazione artistica e personale, luogo separato, esterno all’esperienza quotidiana, catalizzatore di energie. Attori principali di questo spazio sono due teatri, gemelli, simmetrici, complementari. Pensati ibridando la struttura aperta degli antichi teatri greci e l’uso umano e culturale dei “ghat” indiani affacciati sull’acqua. Uno rivolto a nord/ovest, Elettra. Uno, simmetrico, rivolto a sud/est, Artemide. Il progetto figura di accampamenti, vero cantone di lavoro. Immagine della “nave” e della “tenda desertica nomade” che sono metafore seminali del progetto. Il simbolismo è all’apice, e raggiunge altre note di intensità nella struttura di uno Jazzo, che ricorda l’operazione di fondazione di ogni città antica. Ogni aspetto, confezionato dal ruolo di un architettura guardata come maieutica del genius loci.