56 resultados para taylorismo-fordismo


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O texto tem como proposta o questionamento de uma suposta neutralidade atribuída à organização do processo de trabalho capitalista. Com este questionamento busca-se recuperar, como proposta política, a prática de resistência operária que se exerce no âmbito mesmo da fábrica.

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Os conceitos e aplicações da ergonomia estão em constante discussão no âmbito acadêmico, caracterizando um corpus de conhecimento de grande expressividade para a própria ciência ergonômica e demais áreas tecnológicas correlatas, a saber: engenharias, design, arquitetura, e outras. Entre as demandas para ampliar as análises em torno dessa disciplina apresenta-se sua evolução histórica, a qual está completa de controvérsias e discussões. De fato, há ainda uma grande dificuldade em relatar suas etapas históricas dentro do âmbito geográfico e a participação de seus precursores nessas fases. Assim, o propósito dessa coletânea foi o de reunir os estudos realizados pelos alunos da linha de pesquisa ergonomia, associados ao Laboratório de Ergonomia e Interfaces - LEI, no Programa de Pós-graduação em Design - PPGDesign, da Faculdade de Arquitetura, Artes e Comunicação da Universidade Estadual Paulista, e apresentar subsídios para ampliação da discussão e reflexão evolutiva da ergonomia. Os primeiros capítulos relatam os precursores da ergonomia, com destaque para Leonardo da Vinci e seus estudos na área da anatomia; Bélidor, Patissier e suas contribuições para a organização do trabalho; o Taylorismo e os aspectos da organização científica do trabalho, bem como a contribuição de Jules Amar nesse âmbito. Os demais capítulos abordam a origem e evolução da ergonomia na Europa, na Rússia (ex URSS), Estados Unidos da América, América Latina e Brasil, com ênfase a criação de laboratórios e associações não governamentais. De modo geral, os estudos ora apresentados preenchem lacunas ainda existentes dentro da ergonomia e procuram estabelecer um elo de ligação para a continuidade futura das pesquisas na área

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Questa tesi di dottorato ha per suo oggetto la ricognizione degli elementi teorici, di linguaggio politico e di influenza concettuale che le scienze sociali tra Ottocento e Novecento hanno avuto nell’opera di Antonio Gramsci. La ricerca si articola in cinque capitoli, ciascuno dei quali intende ricostruire, da una parte, la ricezione gramsciana dei testi classici della sociologia e della scienza politica del suo tempo, dall’altra, far emergere quelle filiazioni concettuali che permettano di valutare la portata dell’influenza delle scienze sociali sugli scritti gramsciani. Il lungo processo di sedimentazione concettuale del lessico delle scienze sociali inizia in Gramsci già negli anni della formazione politica, sullo sfondo di una Torino positivista che esprime le punte più avanzate del “progetto grande borghese” per lo studio scientifico della società e per la sua “organizzazione disciplinata”; di questa tradizione culturale Gramsci incrocia a più riprese il percorso. La sua formazione più propriamente politica si svolge però all’interno del Partito socialista, ancora imbevuto del lessico positivista ed evoluzionista. Questi due grandi filoni culturali costituiscono il brodo di coltura, rifiutato politicamente ma al tempo stesso assunto concettualmente, per quelle suggestioni sociologiche che Gramsci metterà a frutto in modo più organico nei Quaderni. La ricerca e la fissazione di una specifica antropologia politica implicita al discorso gramsciano è il secondo stadio della ricerca, nella direzione di un’articolazione complessiva delle suggestioni sociologiche che i Quaderni assumono come elementi di analisi politica. L’analisi si sposta sulla storia intellettuale della Francia della Terza Repubblica, più precisamente sulla nascita del paradigma sociologico durkheimiano come espressione diretta delle necessità di integrazione sociale. Vengono così messe in risalto alcune assonanze lessicali e concettuali tra il discorso di Durkheim, di Sorel e quello di Gramsci. Con il terzo capitolo si entra più in profondità nella struttura concettuale che caratterizza il laboratorio dei Quaderni. Si ricostruisce la genesi di concetti come «blocco storico», «ideologia» ed «egemonia» per farne risaltare quelle componenti che rimandano direttamente alle funzioni di integrazione di un sistema sociale. La declinazione gramsciana di questo problema prende le forme di un discorso sull’«organicità» che rende più che mai esplicito il suo debito teorico nei confronti dell’orizzonte concettuale delle scienze sociali. Il nucleo di problemi connessi a questa trattazione fa anche emergere l’assunzione di un vero e proprio lessico sociologico, come per i concetti di «conformismo» e «coercizione», comunque molto distante dallo spazio semantico proprio del marxismo contemporaneo a Gramsci. Nel quarto capitolo si affronta un caso paradigmatico per quanto riguarda l’assunzione non solo del lessico e dei concetti delle scienze sociali, ma anche dei temi e delle modalità della ricerca sociale. Il quaderno 22 intitolato Americanismo e fordismo è il termine di paragone rispetto alla realtà che Gramsci si prefigge di indagare. Le consonanze delle analisi gramsciane con quelle weberiane dei saggi su Selezione e adattamento forniscono poi gli spunti necessari per valutare le novità emerse negli Stati Uniti con la razionalizzazione produttiva taylorista, specialmente in quella sua parte che riguarda la pervasività delle tecniche di controllo della vita extra-lavorativa degli operai. L’ultimo capitolo affronta direttamente la questione delle aporie che la ricezione della teoria sociologica di Weber e la scienza politica italiana rappresentata dagli elitisti Mosca, Pareto e Michels, sollevano per la riformulazione dei concetti politici gramsciani. L’orizzonte problematico in cui si inserisce questa ricerca è l’individuazione di una possibile “sociologia del politico” gramsciana che metta a tema quel rapporto, che è sempre stato di difficile composizione, tra marxismo e scienze sociali.

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Questa tesi punta a ricostruire il pensiero politico di Bell tra il secondo dopoguerra e la metà degli anni Settanta. In tale arco cronologico, la riflessione politica di Bell si profila, per usare una formula di Jean-François Lyotard, come una «grande narrazione» del capitalismo. Nel complesso, cioè, l’opera di Bell appare come una storia sociologica del capitalismo, che nella fine delle ideologie registra l’apogeo del fordismo e, in seguito, ne mette in luce le trasformazioni in senso post-industriale, indagando le ricadute che tali mutamenti implicano sul piano dei rapporti di potere e della legittimazione del sistema. Nell’ottica di Bell, pertanto, il capitalismo non costituisce soltanto un sistema economico, ma la forma specifica attraverso cui si dispiega la società nel suo complesso, attivando una serie di rapporti di potere mediante i quali gli individui vengono coordinati e subordinati. Una siffatta concezione del capitalismo agisce immediatamente la questione del potere e solleva un interrogativo a esso connesso: «che cosa tiene insieme una società?». Una domanda che attraversa la traiettoria intellettuale di Bell e, sia pure declinata mediante una terminologia sociologica, riflette in realtà l’ambizione delle scienze sociali di farsi teoria politica. Esse si presentano quindi come teoria politica della modernità, nella misura in cui distinguono il potere sociale dal potere politico e, al tempo stesso, instaurano tra i due poli una tensione dialettica produttiva. Mettendo a fuoco la concettualizzazione del potere nell’opera di Bell si analizzeranno le mutazioni nel rapporto tra Stato e società negli Stati Uniti durante la Golden Age del capitalismo. In particolare, si metterà in luce nella grande narrazione di Bell l’ascesa e il declino di un ordine istituzionale che, alla metà degli anni Settanta, appare percorso da molteplici tensioni politiche e sociali che preannunciano l’avvento dell’età globale e il bisogno di una nuova “scala” di governo.

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Este trabalho discute as transformações no modo de intervenção do Estado na produção do espaço urbano no capitalismo contemporâneo a partir de uma reflexão sobre as políticas de revitalização de centros urbanos e os conflitos de natureza distributiva relacionados a esses projetos. Situando-se no campo do direito econômico, o trabalho explora as relações entre a acumulação capitalista e os padrões de intervenção do Estado sobre o espaço urbano a partir de diferentes níveis de análise, articulando elementos teóricos, jurídico-institucionais e empíricos. O processo de reestruturação do capitalismo que se iniciou nos anos 1970 teve desdobramentos relevantes no campo da regulação urbanística, desencadeando mudanças que atingiram suas funções e formas, e que perpassam diversas escalas geográficas. A ordem social e econômica que se configurou no capitalismo contemporâneo, marcada pela difusão de uma agenda política neoliberal e pela emergência de um regime de acumulação com dominância financeira, tem seus desdobramentos específicos na escala das cidades. Nesse contexto, as políticas urbanas passaram a ser progressivamente norteadas por uma racionalidade pragmática e empresarial, fechando-se à influência de esferas democráticas e desviando-se da institucionalização de compromissos redistributivos. Essa mudança qualitativa é mediada por formas institucionais e arranjos regulatórios que não se limitam à escala urbana e ao direito urbanístico propriamente dito, perpassando normas que regulam o regime jurídico da propriedade imobiliária e suas conexões com a esfera financeira, os padrões de financiamento das políticas urbanas, entre outras. A partir de um estudo sobre o Projeto Porto Maravilha uma intervenção urbanística de grande porte, e amplamente conectada a fluxos econômicos globais, que está sendo implementada na cidade do Rio de Janeiro desde 2009 , desenvolvemos uma reflexão sobre alguns vetores de mudança no papel exercido pelo Estado nos processos de urbanização. Este trabalho apresenta duas hipóteses articuladas. A primeira é a de que os padrões de regulação urbanística que emergiram no capitalismo contemporâneo não são meros reflexos de transformações mais abrangentes, mas sim fatores constitutivos dessas mudanças. A segunda a é de que as políticas de revitalização de centros urbanos agem como vetores de aprofundamento das conexões entre dinâmicas locais e processos globais, e também como incubadoras de novos padrões de regulação urbanística.

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O fenômeno religioso neopentecostal tem crescido consideravelmente nos últimos anos no Brasil, com isso aumenta o interesse de pesquisadores em compreender a sua lógica de funcionamento. O foco desse trabalho não é o estudo isolado de um caso, mas sim a analise do contexto social que permite o florescimento dessa vertente do cristianismo. Assim, estudo a relação entre religião e o mundo do trabalho, partindo do pressuposto de que existe certa afinidade eletiva entre o neopentecostalismo e o toyotismo. O recorte do objeto de estudo está focado no Brasil, a partir dos anos de 1990. Essa escolha ocorre pelas mudanças políticas e econômicas pelas quais o país passou e passa com o neoliberalismo. O mundo do trabalho, na contemporaneidade, caracteriza-se por nova reestruturação produtiva, na transformação do fordismo ao toyotismo, considero que essa mudança é substancial para as recentes formas de trabalho. Constatei que o discurso neopentecostal está em afinidade eletiva com essas metamorfoses, dando sentidos axiológicos aos atuais aspectos do trabalho. O primeiro capítulo aborda o toyotismo no Brasil a partir da década de 1990, ressaltando a transformação do fordismo para o trabalho flexível. O capítulo dois ressalta o fenômeno neopentecostal em seu crescimento contemporâneo e define os conceitos sobre religião que nortearam a pesquisa. Por fim, o capítulo três, mostra a relação entre essas duas áreas, da forma que a ética neopentecostal está em afinidades eletivas com o toyotismo.

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In line with the process of financialization and globalization of capital, which has intensified in all latitudes of the globe, the world of work is permeated by his determinations arising and also has been (re) setting from numerous changes expressed by example, in the unbridled expansion of temporary forms of work activities, and flexible outsourced by the growth of informality, forming a new morphology of work. However, regardless of how these forms are expressed in concrete materiality, there is something that unifies: all of them are marked by exponentiation of insecurity and hence the numerous negative effects on the lives of individuals who need to sell their labor power to survive. Given this premise, the present work is devoted to study, within the framework of the Brazilian particularities of transition between Fordism and Toyotism, what we call composite settings of the conditions and labor relations processed within the North river- textile industry Grande. To this end, guided by historical and dialectical materialism, we made use of social research in its qualitative aspect, using semi-structured interviews, in addition to literature review, information retrieval and use of field notes. From our raids, we note that between the time span stretching from the 1990s to the current year, the Natal textile industry has been undergoing a process of successive and intense changes in their modus operandi, geared specifically to the organization and labor management causing, concomitantly, several repercussions for the entire working class.

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In line with the process of financialization and globalization of capital, which has intensified in all latitudes of the globe, the world of work is permeated by his determinations arising and also has been (re) setting from numerous changes expressed by example, in the unbridled expansion of temporary forms of work activities, and flexible outsourced by the growth of informality, forming a new morphology of work. However, regardless of how these forms are expressed in concrete materiality, there is something that unifies: all of them are marked by exponentiation of insecurity and hence the numerous negative effects on the lives of individuals who need to sell their labor power to survive. Given this premise, the present work is devoted to study, within the framework of the Brazilian particularities of transition between Fordism and Toyotism, what we call composite settings of the conditions and labor relations processed within the North river- textile industry Grande. To this end, guided by historical and dialectical materialism, we made use of social research in its qualitative aspect, using semi-structured interviews, in addition to literature review, information retrieval and use of field notes. From our raids, we note that between the time span stretching from the 1990s to the current year, the Natal textile industry has been undergoing a process of successive and intense changes in their modus operandi, geared specifically to the organization and labor management causing, concomitantly, several repercussions for the entire working class.

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Mallorca, the largest of the Balearic Islands, is a well-known summer holidays destination; an ideal place to relax and enjoy the sun and the sea. That tourist gaze reflected on postcards results from advertising campaigns, where cinema played an important role with documentaries and fiction films. The origins of that iconography started in the decades of the 1920’s and 1930’s, reflecting the so-called myth of the “island of calm”. On the other hand, the films of the 1950’s and 1960’s created new stereotypes related to the mass tourism boom. Busy beaches and the white bodies of tourists replaced white sandy beaches, mountains and landscapes shown up in the movies of the early decades of the 20th century. Besides, hotels and nightclubs also replaced monuments, rural landscapes and folk exhibitions. These tourist images mirror the social and spatial transformations of Mallorca, under standardization processes like other seaside mass tourist destinations. The identity was rebuilt on the foundations of "modernity". Although "balearization" has not ceased, nowadays filmmaking about Mallorca is advertising again a stereotype close to that one of the 1920s and 1930s, glorifying the myth of the "island of calm". This singular identity makes the island more profitable for capital that searches socio-spatial differentiation in post-fordist times.

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Tesis de Administraci?n de Empresas