975 resultados para Mussolini, Benito, 1883-1945.


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[EN]The present study describes the main embryonic stages and larval development, in culture conditions, of the almaco jack until the fifth day of life. Also a morphometric study of the eggs and larvae from induced spawning was realized. Larval hatching occurred at 36 hours from fertilization. At 60 hours after hatching, 100% of the larvae had their mouths open. At 72 hours all the larvae had a swimming bladder and a digestive tract sufficiently formed to start exogenous feeding.

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Doctorado en Español y su Cultura

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La Rocca delle Caminate nella coscienza e nell’immaginario Ben volentieri mi sono occupato dell’ambizioso progetto di restauro e recupero funzionale della Rocca delle Caminate, perché se è vero che il complesso ha rivestito un’importanza rilevante sotto il profilo storico e politico di questa parte di Romagna, è pur vero che vive nei miei ricordi fin dall’epoca dell’infanzia, ed è venuto acquistando nel tempo un preciso valore nella mia coscienza e nel mio immaginario. Questa rocca, questa fortificazione, questa torre che si staglia all’orizzonte dominando con austerità le amene vallate, l’ho sempre veduta e ha sempre sollevato in me suggestioni e interrogativi che però non mi ero mai preoccupato di chiarire: ero, per così dire, rimasto fedele alla mia emotività e mi erano bastati i racconti di nonna che andava spesso rammentando di quando, durante il ventennio fascista, insieme alle sorelle percorreva a piedi i sentieri che dalla vicina Dogheria conducevano alle Caminate, in occasione di una tal festa o di una tal funzione religiosa. Le sue parole e i suoi racconti continuano a donarmi un po’ del profumo dell’epoca, e fa specie notare come ancora oggi – in un tempo che fa dello sfavillio delle luci sfoggio di opulenza e miraggio di benessere – vengano puntualmente traditi dall’ammirazione per un faro che all’epoca ruotava emanando luce verde, bianca e rossa: quella del tricolore italiano. La Rocca delle Caminate – dicevo – è sempre stata una veduta familiare e fin troppo consuetudinaria, nei cui riguardi ero quasi giunto a una sorta d’indolenza intellettuale. Eppure, alla vigilia di decidere l’oggetto di questa tesi, ho volto lo sguardo ancora verso la “torre che domina a meraviglia il circostante paese”, ma in questa circostanza trovandomi cambiato: non più solo emozionato dal racconto nella memoria degli anziani, bensì spinto a una sfida anche per onorare il loro attaccamento verso questa fortificazione. È un popolo, quello che ho trovato, che mi ha stupito alquanto per la capacità di ricordare. Voglio dire ricordo, non trasognata visione; sottolineo fulgida testimonianza, non di rado animata dalla fierezza di chi sente fortemente il radicamento a una terra e rivendica il diritto di poter un giorno rivedere la ‘propria’ Rocca come l’ha veduta un tempo, poterla finalmente visitare e toccare, al di là di ogni colore politico, al di là di ogni vicenda passata, bella o brutta che sia. Poterla, in concreto, vivere. Così, un giorno ho varcato il limite dell’ingresso della Rocca e ho iniziato a camminare lungo il viale che conduce al castello; mi sono immerso nel parco e ho goduto della frescura dei pini, dei frassini e dei cipressi che fanno da contorno alla fortificazione. Certamente, ho avvertito un po’ di soggezione giunto ai piedi dell’arce, e mi è sorto spontaneo pormi alcune domande: quanti fanti e cavalieri saranno giunti a questa sommità in armi? Quanti ne saranno morti travolti nella furia della battaglia? Quanti uomini avranno provveduto alla sicurezza di questi bastioni oggi privati per sempre delle originarie mura difensive? Quanti castellani avranno presieduto alla difesa del castro? Ma più che a ogni altra cosa, il mio pensiero è andato a un protagonista della storia recente, a Benito Mussolini, che fra la fine degli anni venti e l’inizio degli anni trenta aveva eletto questo luogo a dimora estiva. Camminando lungo i corridoi della residenza e visitando le ampie stanze, nel rimbombo dei miei passi è stato pressoché impossibile non pensare a quest’uomo che si riconosceva in un duce e che qui ha passato le sue giornate, qui ha indetto feste, qui ha tenuto incontri politici e ha preso importanti decisioni. Come dimenticare quel mezzobusto, quella testa, quella postura impettita? Come dimenticare quello sguardo sempre un po’ accigliato e quei proclami che coglievano il plauso delle masse prima ancora di essere compiutamente formulati? In questo clima, fra castellani, capitani, cavalieri e duces di ogni epoca, sono entrato in punta di piedi, procedendo ai rilevamenti e ai calcoli per la realizzazione di questo progetto. È vero, non è stato facile muoversi nel silenzio che avvolge questo posto magico senza romperne l’incanto, e se a volte, maldestramente, ho fatto più rumore del solito, me ne rammarico. Sono sicuro che questi illustri signori sapranno scusarmene.

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Commento testuale e contestuale di circa duecento fonti inedite e sconosciute alla storiografia sul ruolo di vicesegretario politico della DC di Giuseppe Dossetti, in particolare con riferimento allo scioglimento dei CLN, del referendum istituzionale, della organizzazione del partito e infine, della sua rottura politica con De Gasperi.

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Plakate begleiten den Film auch in Deutschland schon seit seinen Anfängen 1895/96. Filmplakate sollen Filminhalte in einem grafischen Kürzel zusammenfassen. Aufraggeber ist zumeist der Filmverleih bzw. die Filmgesellschaft, seltener einzelne Kinos. Filmplakate sind im wesentlichen bildlich-figürlich bestimmt, viele illustrieren auf naive Art eine Szene des Films, verbunden mit der Darstellung der Schauspieler. Die Grafiker können sich oft lediglich anhand von Inhaltsangaben und Fotos einen Eindruck von der zu bewerbenden Sache verschaffen. Zunächst werben sie für Programme, weniger für einzelne Filme. Das ändert sich mit der zunehmenden Länge der Produktionen. Neben zahlreichen anonymen Zeichnern werden schon bald auch namhafte Plakatkünstler mit Filmplakaten beschäftigt, wie Klinger, Deutsch, Kainer, Hohlwein, Erdt, die jeweils verschiedene Plakatauffassungen vertreten. Plakate für Asta Nielsen oder Henny Porten dokumentieren frühe Stardarstellungen, diejenigen für frühe Detektivfilme stehen für ein Genre. Mit dem Namen Fenneker steht das expressionistische Filmplakat um 1920 in Verbindung. Grafiker wie Matejko; Leonard, oder Kupfer-Sachs arbeiten eher naturalistisch. Konstruktivistische Plakate entwirf Tschichold. 1927 für den Münchener „Phoebus-Palast“. Zwischen 1930 und 1945 ist der Plakatstil des Ufa-Werbedienstes maßgebend. Abweichend davon kann Pewas Fotomontageplakate gestalten.. Sehr früh beginnt die Zensur sich der Filmplakate anzunehmen. Zunächst in unterschiedlichen Rechtstiteln enthalten, wird die Plakatzensur 1920 im „Reichslichtspielgesetz“ verankert.

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Die Dissertation untersucht die geistige Produktion im Erziehungssystem anhand des Unterrichtsgegenstands populäre Musik. Hiermit ist sie im Kernbereich der musikpädagogischen Disziplin angesiedelt – Musik und Schule. Ferner rückt die Festlegung auf populäre Musik den Schüler in seinem Alltagswissen in den Vordergrund der Betrachtung. Die Frage nach dem Umgang mit populärer Musik ist somit indirekt eine Frage nach dem Umgang mit schülernahen Erfahrungswelten in der Schule. Innerhalb dieses Forschungsprofils erhält die Arbeit ihre eigentliche Relevanz - sie zeigt auf, wie eine moderne, selbstreferentielle Musikpädagogik eigene bedeutsame Kommunikationen beobachten kann. Entworfen in Anlehnung an die Systemtheorie nach Niklas Luhmann, werden in der Arbeit die unikalen Reflexionszusammenhänge von Pädagogik und Musikpädagogik anhand der folgenden Operationsfelder offengelegt: pädagogische und musikpädagogische Fachliteratur, Lehrpläne und Schulbücher. Nach Luhmann ist es erforderlich verstehend in die Unikalität systemischer Reflexionsleistungen einzudringen, um inkonsistente Anforderungen an die Aufgabe (Musik-)Erziehung und ihre Gegenstände aufzudecken und zukünftige Systemhandlungen zu optimieren. Die Arbeit ist in drei große historische Zeitblöcke gegliedert, die ihrerseits in verschiedene disziplinäre Operationsfelder unterteilt sind. Mit Hilfe dieser zweidimensionalen historisch-interdisziplinären Sichtweise wird populäre Musik als Bezugsgröße aufgewiesen, an der die zentralen Debatten von Pädagogik und Musikpädagogik kondensieren. Anhand von Schlüsselbegriffen wie Kultur, Gesellschaft und Ästhetik aber auch didaktischen Prinzipien wie Schüler- und Handlungsorientierung oder ganzheitliche (Musik-)Pädagogik lässt sich die Vielfalt historisch gewachsener inkonsistenter/konsistenter Forderungen belegen. Aus den Beobachtungen im Umgang mit populärer Musik werden Aufgaben deutlich, die die Disziplinen, vor allem die Musikpädagogik, in der Zukunft zu leisten haben. Diese beschäftigen sich auf der einen Seite mit dem disziplinären Selbstverständnis und auf der anderen Seite mit unbeantworteten didaktischen Fragestellungen wie den Möglichkeiten und Grenzen des einzelnen populären Musikstücks im konkret-situativen Lernkontext von Musikunterricht.

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Im Mittelpunkt der Studie "The Sound of Democracy - the Sound of Freedom". Jazzrezeption in Deutschland (1945 - 1963) steht ein Korpus von 16 Oral-History-Interviews mit Zeitzeugen der deutschen Jazzszene. Interviewt wurden Musiker ebenso wie bildende Künstler, Journalisten, Clubbesitzer und Jazzfans, die die Jazzszene in den 1950ern bildeten. Die Interviews werden in einen Kontext zeitgenössischer Quellen gestellt: Zeitschriftenartikel (hauptsächlich aus dem "Jazz Podium" ebenso wie Radiomanuskripte des Bayerischen Rundfunks.rnDie Ausgangsüberlegung ist die Frage, was der Jazz für sein Publikum bedeutete, mit anderen Worten, warum wählte eine studentische, sich selbst als elitär wahrnehmende Schicht aus dem großen Fundus an kulturellen Ausdrucksformen, die nach dem Zweiten Weltkrieg aus den USA nach Deutschland strömten, ausgerechnet den Jazz als persönliche Ausdrucksform? Worin bestand seine symbolische Strahlkraft für diese jungen Menschen?rnIn Zusammenhang mit dieser Frage steht die Überlegung: In welchem Maße wurde Jazz als dezidiert amerikanische Ausdrucksform wahrgenommen und welche Amerikabilder wurden durch den Jazz transportiert? Wurde Jazz bewusst als Werkzeug der Besatzer zur demokratischen Umerziehung des deutschen Volkes eingesetzt und wenn ja, in welcher Form, beziehungsweise in welchem Maß? Wie stark war die Symbolleistung und metaphorische Bedeutung des Jazz für das deutsche Publikum und in welchem Zusammenhang steht die Symbolleistung des Jazz mit der Symbolleistung der USA als Besetzungs- bzw. Befreiungsmacht? rn