998 resultados para Carathéodory teorema estensione misura


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L'argomento della tesi è la misura di Hausdorff in RN e la dimostrazione della "Formula dell'Area", che permette di esprimere la misura di particolari.

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Il lavoro svolto nella presente tesi di laurea si sviluppa all’interno del progetto di ricerca europeo SmooHs (Smart Monitoring of Historic Structures-Monitoraggio intelligente di edifici e strutture storiche) nell’ambito del 7 Programma Quadro della Commissione Europea. Gli edifici storici sono caratterizzati da elementi architettonici, materiali e soluzioni progettuali uniche e pertanto da valorizzare. Al fine si salvaguardare tali beni storici si richiede una conoscenza approfondita dei processi di deterioramento, legati spesso a fattori ambientali, e una loro rilevazione immediata. Il monitoraggio continuo dei possibili parametri che influenzano i suddetti processi può contribuire significativamente, ma un’applicazione estesa di questa tecnica è finora fallita a causa dei costi elevati di sistemi completi di monitoraggio; per questo sono stati osservati solitamente pochi parametri. L’obiettivo del progetto prevede lo sviluppo di strumenti di monitoraggio e diagnostica competitivi per gli specialisti nel settore che vada al di là del mero accumulo di dati. La normativa, in particolare le Linee Guida per l’applicazione al patrimonio culturale della normativa tecnica di cui all’Ordinanza PCM-3274 del 2005, evidenziano l’importanza di raggiungere un elevato livello di informazione dell’oggetto e del suo comportamento strutturale attraverso un percorso conoscitivo pluriramificato. “Si ha pertanto la necessità di affinare tecniche di analisi ed interpretazione dei manufatti storici mediante fasi conoscitive dal diverso grado di attendibilità, anche in relazione al loro impatto. La conoscenza può infatti essere conseguita con diversi livelli di approfondimento, in funzione dell’accuratezza delle operazioni di rilievo, delle ricerche storiche e delle indagini sperimentali” (Linee guida per l’applicazione all patrimonio culturale della normativa tecnica di cui all’ordinanza PCM-3274, 2005). Per quanto riguarda la caratterizzazione meccanica dei materiali, la normativa cita “Tecniche diagnostiche non distruttive di tipo indiretto, quali prove soniche ed ultrasoniche, consentono di valutare l’omogeneità dei parametri meccanici nelle diverse parti della costruzione, ma non forniscono stime quantitative attendibili dei loro valori, in quanto essi vengono desunti dalla misura di altre grandezze”. Non viene identificata una procedura univoca di prove non distruttive per ciascuna tipologia edilizia, pertanto ci domandiamo quale sia la procedura più idonea da utilizzare, considerando il tipo di risultato che si vuole ottenere. Si richiedono quindi degli studi di fattibilità di diverse tecniche non distruttive, soprattutto tecniche per immagini che diano un risultato più immediato da comprendere. Per questo scopo è stato impostato un programma di ricerca per valutare l’efficacia di una tecnica non distruttiva, la tomografia sonica, su provini in muratura costruiti nei laboratori del LaRM (Laboratorio di Resistenza dei Materiali del DISTART dell’Università di Bologna), reputando questa la strada da percorrere verso una diagnostica strutturale sempre più dettagliata. I provini in muratura di laterizio PNDE e PNDF, presentano al loro interno dei difetti (in polistirolo espanso) di geometria e posizione nota e diverse tessiture murarie (muratura di laterizio tradizionale e muratura a sacco). Nel capitolo 2 vengono descritte le caratteristiche e le basi teoriche delle prove soniche e di altre tecniche non distruttive, al fine di poterne fare un confronto. La tomografia sonica è definita e sono illustrate le sue peculiarità; vengono inoltre riportati alcuni esempi di applicazioni della stessa su strutture storiche lignee e murarie. Nel capitolo 3 sono presentati i provini oggetto di studio ed introdotto qualche accenno sulla natura delle murature di laterizio. Sono specificati i corsi e le sezioni verticali sui quali viene sperimentata la tomografia; essi hanno precise caratteristiche che permettono di eseguire una sperimentazione mirata all’individuazione di anomalie in una sezione e al riconoscimento di diverse tessiture murarie. Nel capitolo 4 è illustrata la procedura di acquisizione dei dati in laboratorio e di rielaborazione degli stessi nella fase di post-processing. Dopo aver scelto, in base alla risoluzione, la distanza che intercorre tra le stazioni di misura, sono stati progettati i vari percorsi uscenti da ogni stazione trasmittente, andando a definire i ray-paths delle sezioni sia orizzontali che verticali. I software per il calcolo dei tempi di volo (in ambiente LabView) e per l’inversione degli stessi (Geotom) sono presentati e vengono definite le istruzioni per l’utilizzo. Il capitolo 5 assieme al capitolo 6, mostra i risultati ottenuti dall’inversione dei tempi di volo. Per i diversi corsi orizzontali e sezioni verticali sono riportate le mappe di velocità ottenute al variare di diversi parametri di settaggio impostati nel software tomografico. Le immagini tomografiche evidenziano le caratteristiche interne delle sezioni studiate, in base alla risoluzione geometrica della tecnica. Nel capitolo 7 e 8 sono mostrati i risultati delle prove soniche dirette applicate sia sui corsi verticali sia sulle sezioni verticali. Le stazioni di misura considerate sono le stesse utilizzate per la tomografia. Il capitolo 9 riporta il confronto tra le mappe di velocità prodotte dalla tomografia sonica e gli istogrammi delle velocità registrate nelle prove soniche dirette. Si evidenziano le differenze nell’individuazione di difetti tra due metodologie differenti. Infine sono riportate le conclusioni sul lavoro svolto. I limiti e i vantaggi della tecnica tomografica vengono desunti dai risultati ottenuti per varie tipologie di sezioni, a confronto anche con risultati di prove soniche dirette. Ciò ci porta a definire la fattibilità di utilizzo della tomografia sonica nella diagnosi delle strutture in muratura.

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A far data dalla pubblicazione di un importante ed illustre contributo scientifico (GIORGIANNI, voce Causa (dir. priv.), in Enc. dir., VI, Milano, 1960), e dalla proposta, in esso contenuta, di restituire spazio a fattispecie attributive di diritti giustificate, sotto il profilo causale, dal solo riferimento espresso al rapporto fondamentale che ne costituisca fondamento (le c.d. ), un serrato dibattito ha visto contrapporsi nel tempo fautori di soluzioni possibiliste e sostenitori di una più uniforme descrizione del sistema della circolazione dei diritti e dei rimedi connessi alla mancanza di causa negli atti di disposizione, per quanto avulsi dal contratto cui essi intendano dare compiuta attuazione. La ricerca ha cercato di dimostrare, attraverso una compiuta analisi di ciò che la formula expressio causae davvero significhi, come la presenza o assenza di questa non sia in grado di giustificare un effetto tanto pregnante come la sottrazione della vicenda traslativa alle conseguenze derivanti dalla mancanza di causa, per tale intendendosi il rapporto fondamentale che ne costituisce l’antecedente logico. Allo scrivente è parso che il vero nodo teorico da sciogliere non sia costituito dal concetto di causa che questi Autori assumono a fondamento, quanto piuttosto da una impropria valutazione dell’expressio causae. Tale valutazione conduce ad attribuire al momento ricognitivo, di cui l’enunciazione della causa consiste, una valenza sostanzialmente astratta che non si rinviene nemmeno nelle più estreme ricostruzioni delle fattispecie contemplate all’art. 1988 c.c. e che, in materia di accertamento negoziale, è senza eccezioni rifiutata. Ciò che sembra decisivo, infatti, è che la natura dell'expressio causae, in primo luogo ricognitiva del rapporto cui si dà esecuzione, ben lungi dal rappresentare elemento sufficiente per una autonoma considerazione della causa dell'atto (sussistente) e della causa dell'attribuzione (la cui conservazione è decisa dalle sorti del Rechtsgrund), non pare idonea a suffragare – seppur in via provvisoria, ma con una divergente considerazione dell’avente causa rispetto ai terzi ulteriori acquirenti – una soluzione compiutamente esaustiva del problema della giustificazione dell'effetto, rimandando a modelli – quello della dichiarazione di scienza, innanzitutto – rispetto ai quali una astrazione più che processuale sembra del tutto preclusa, anche per considerazioni storiche che si è cercato di descrivere. Del resto, l’analisi delle ipotesi in cui la ricognizione di un rapporto fondamentale, o la promessa di quanto già dovuto in forza di un rapporto fondamentale (art. 1988 c.c.) mostra come, indipendentemente dalla soluzione che si ritenga pertinente circa la natura di tali figure (meramente dichiarativa del vincolo o addirittura costitutiva), un effetto di astrazione materiale, per quanto relativa, è da escludersi. Trasposta nell’ambito delle prestazioni isolate, questa consapevolezza significa impossibilità di rendere invece materialmente astratta l’attribuzione (efficace immediatamente, e solo soggetta ad essere da un atto di segno contrario dall’avente causa al dante causa, oggetto di una pretesa giudiziale personale). La dichiarazione del rapporto fondamentale, che è intimamente connessa ed insopprimibile in ogni fenomeno di imputazione soggettiva (si deve infatti enunciare ciò cui si dà esecuzione), appare sicuramente sussumibile nello schema della dichiarazione di scienza, nell’effetto in senso lato ricognitivo. Ritenere che essa possa di fatto rendere irrilevante, ai fini della conservazione dell’efficacia della prestazione isolata cui si collega, la reale situazione del rapporto fondamentale (in ipotesi mai esistito, o successivamente venuto meno) significa introdurre surrettiziamente una ipotesi di riconoscimento costitutivo e astratto. Ma tale ultima soluzione non può trovare spazio in alcuna delle opzioni interpretative proposte in materia di riconoscimento e, nemmeno, in quella più estrema che ravvisa nel riconoscimento del debito titolato una forma di accertamento unilaterale. In conclusione, la dottrina delle prestazioni isolate nel fare dell’expressio causae l’elemento capace di decidere in via definitiva del verificarsi dell’effetto traslativo – effetto che va, giova ripeterlo, solo rimosso con un atto uguale e contrario assolutamente diverso da quanto nel nostro sistema appare essere, oggi, la ripetizione di indebito – determina una supervalutazione del momento ricognitivo, insito in ogni fenomeno di imputazione/esecuzione. Detto esito costituisce non tanto la recezione del Trennungsprinzip vigente in Germania, ammissibile nella misura in cui si reputi dispositiva la norma di cui all’art. 1376 c.c., quanto piuttosto la silenziosa riproposizione del modello della Schuldanerkenntnis (§781 B.G.B.), la cui totale estraneità rispetto alla tradizione giuridica delle codificazioni franco-italiane (Code civil, c.c. del 1865, c.c. del 1942) si crede di avere sufficientemente dimostrato.

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The Time-Of-Flight (TOF) detector of ALICE is designed to identify charged particles produced in Pb--Pb collisions at the LHC to address the physics of strongly-interacting matter and the Quark-Gluon Plasma (QGP). The detector is based on the Multigap Resistive Plate Chamber (MRPC) technology which guarantees the excellent performance required for a large time-of-flight array. The construction and installation of the apparatus in the experimental site have been completed and the detector is presently fully operative. All the steps which led to the construction of the TOF detector were strictly followed by a set of quality assurance procedures to enable high and uniform performance and eventually the detector has been commissioned with cosmic rays. This work aims at giving a detailed overview of the ALICE TOF detector, also focusing on the tests performed during the construction phase. The first data-taking experience and the first results obtained with cosmic rays during the commissioning phase are presented as well and allow to confirm the readiness state of the TOF detector for LHC collisions.

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La tesi è uno studio di alcuni aspetti della nuova metodologia “deep inference”, abbinato ad una rivisitazione dei concetti classici di proof theory, con l'aggiunta di alcuni risultati originali orientati ad una maggior comprensione dell'argomento, nonché alle applicazioni pratiche. Nel primo capitolo vengono introdotti, seguendo un approccio di stampo formalista (con alcuni spunti personali), i concetti base della teoria della dimostrazione strutturale – cioè quella che usa strumenti combinatoriali (o “finitistici”) per studiare le proprietà delle dimostrazioni. Il secondo capitolo focalizza l'attenzione sulla logica classica proposizionale, prima introducendo il calcolo dei sequenti e dimostrando il Gentzen Hauptsatz, per passare poi al calcolo delle strutture (sistema SKS), dimostrando anche per esso un teorema di eliminazione del taglio, appositamente adattato dall'autore. Infine si discute e dimostra la proprietà di località per il sistema SKS. Un percorso analogo viene tracciato dal terzo ed ultimo capitolo, per quanto riguarda la logica lineare. Viene definito e motivato il calcolo dei sequenti lineari, e si discute del suo corrispettivo nel calcolo delle strutture. L'attenzione qui è rivolta maggiormente al problema di definire operatori non-commutativi, che mettono i sistemi in forte relazione con le algebre di processo.

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Noti il campo spaziale di riflettività Z [mm3], che è una misura della potenza del segnale di ritorno verso il radar che l’aveva emesso e le misure pluviometriche delle stazioni piemontesi (che sono più di 300), la metodologia proposta consiste nello stimare una relazione di potenza del tipo Z=aR^b applicabile all’intera Regione. Con tale fine si determineranno i coefficienti a e b in modo che sia possibile valutare il campo di precipitazione areale R [mm3/h]. I risultati verranno confrontati con quelli derivanti dall’attuale formula utilizzata da ARPA Piemonte: Z=300R^1.5 (Joss e Waldvoguel, 1970)

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Il primo capitolo espone nozioni generali sulle varietà e sulle curve algebriche, sulle mappe fra di esse e su alcune proprietà geometriche importanti per caratterizzare le curve ellittiche. Il secondo capitolo propone un'introduzione allo studio geometrico e algebrico di tali curve. Il terzo e il quarto capitolo affrontano lo studio dei punti a coordinate razionali, per curve definite prima su campi locali e poi su campi globali: l'insieme di tali punti è un gruppo. Il risultato fondamentale, contenuto nel teorema di Mordell-Weil, è che tale gruppo è finitamente generato. Tutto il quarto capitolo propone i risultati necessari per la dimostrazione di tale affermazione.

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Affrontare l’analisi critica delle traduzioni italiane di Un amour de Swann di Marcel Proust implica necessariamente un attento esame dello stile esemplare di un autore, che ha modificato, in larga misura, la concezione del romanzo e della scrittura stessa; in secondo luogo significa considerare l’altrettanto complesso lavorio intellettuale rappresentato dalla traduzione, in qualità di atto critico fondamentale. Prenderemo in esame nel capitolo primo la genesi del TP, le sue specificità narratologiche e la ricezione critica francese e italiana, per comprendere appieno l’originalità di Proust rispetto al panorama letterario dell’epoca. Nella seconda parte del primo capitolo delineeremo un excursus lungo la storia di tutte le traduzioni italiane del romanzo, accordando particolare attenzione alla figura di ogni traduttore: Natalia Ginzburg (1946), Bruno Schacherl (1946), Armando Landini (1946), Oreste Del Buono (1965), Giovanni Raboni (1978), Maria Teresa Nessi Somaini (1981), Gianna Tornabuoni (1988), Eurialo De Michelis (1990) e il traduttore, rimasto anonimo, della casa editrice La Spiga Languages (1995). Nel secondo capitolo analizzeremo la peculiarità stilistica più nota dell’autore, la sintassi. I lunghi periodi complicati da un intreccio di subordinate e sciolti solo con il ricorso a vari nessi sintattici contribuiscono a rendere la sintassi proustiana una delle sfide maggiori in sede traduttiva. Nel capitolo successivo accorderemo attenzione all’eteroglossia enunciativa, espressa nei diversi idioletti del romanzo. In sede contrastiva affronteremo la questione della trasposizione dei niveaux de langue, per poter valutare le scelte intraprese dai traduttori in un ambito altamente complesso, a causa della diversità diafasica intrinseca dei due codici. All’interno del medesimo capitolo apriremo una parentesi sulla specificità di una traduzione, quella di Giacomo Debenedetti, effettuata seguendo una personale esegesi dello stile musicale e armonico di Proust. Riserveremo al capitolo quarto lo studio del linguaggio figurato, soffermandoci sull’analisi delle espressioni idiomatiche, che vengono impiegate frequentemente da alcuni personaggi. Rivolgeremo uno sguardo d’insieme alle strategie messe in atto dai traduttori, per cercare un equivalente idiomatico o per ricreare il medesimo impatto nel lettore, qualora vi siano casi di anisomorfismo. Analizzeremo nel quinto capitolo la terminologia della moda, confrontando il lessico impiegato nel TP con le soluzioni adottate nei TA, e aprendo, inevitabilmente, una parentesi sulla terminologia storica del settore. A compimento del lavoro presenteremo la nostra proposta traduttiva di un capitolo tratto dal saggio Proust et le style di Jean Milly, per mettere in luce, tramite la sua parola autorevole, la genialità e la complessità della scrittura proustiana e, conseguentemente, il compito ardimentoso e ammirevole che è stato richiesto ai traduttori italiani.

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Il progetto di intervento per la ricostruzione dell’Aquila è il frutto del lavoro sul discusso e attuale tema del terremoto del 6 aprile 2009 in Abruzzo, che ha profondamente colpito la città ed il suo territorio. Quest’ultimo è stato l’elemento fondativo da cui partire in fase progettuale, affinchè la memoria possa diventare nuovamente fonte di identità e dove il paesaggio rappresenti un dialogo costante tra passato e presente, dove gli spazi aperti assumano il ruolo di rinnovata struttura generativa. Lo scenario che si prospetta dopo il sisma, mostra come sia forte la necessità di ritornare alla propria città, l’Aquila, attraverso la fruizione di spazi di relazione pubblici quali le piazze, le chiese e gli spazi privati dell’abitazione. L’intervento all’interno del quartiere di San Silvestro in cui si è sviluppato il progetto, rappresenta una realtà molteplice e complessa in cui più elementi interagiscono tra loro. Per questo, il progetto si pone come obiettivo quello di “intrecciare relazioni”, ossia creare legami tra sistemi ed elementi ora disgiunti che, se tra loro connessi, diventano l’occasione per far rivivere la città. La volontà di creare relazioni si è definita attraverso diverse azioni; una di queste è la scelta di intervenire a scala urbana, definendo un nuovo sistema viario che possa svincolare il centro dal percorso congestionato di via Duca degli Abruzzi. L’intervento previsto su macroscala non solo ha l’obbiettivo di tutelare il centro storico dal traffico carrabile, ma privilegia la circolazione pedonale all’interno del quartiere, cercando di restituire una percezione dello spazio a misura d’uomo. Altro aspetto caratterizzante il progetto è la volontà di “ricostruire scene urbane” caratteristiche del centro storico aquilano, consolidando gli spazi di aggregazione già esistenti come piazza san Silvestro e inserendo nuovi spazi di relazione in corrispondenza di porta Branconia, un punto nevralgico del progetto perché congiunge la cinta muraria con il centro storico e con la città all’esterno delle mura. Il progetto prevede che il sistema del verde retrostante sia accessibile attraverso percorsi nel verde che, dal centro, confluiscono sull’asse commerciale di via della Croce Rossa. La definizione della parte più storica del quartiere di San Silvestro avviene attraverso un sistema di nuovi elementi che dialogano con le preesistenze storiche: un complesso di alloggi che si sviluppa nel lotto adiacente la chiesa, secondo la tipologia a schiera, ha un duplice affaccio, su via Duca degli Abruzzi da un lato e su via Sant’Agnese dall’altro; un nuovo museo per la città che si colloca su piazza San Silvestro confrontandosi direttamente con la Chiesa e col palazzo Branconi-Farinosi, rispettandone il ruolo e l’importanza. Nell’area di espansione, limitrofa al già esistente quartiere di San Silvestro, si è cercati di privilegiare la relazione della città col suolo: a tal proposito l’andamento delle curve di livello presenti, dà origine a strade per l’accesso agli alloggi sociali che confluiscono nel verde adiacente le mura della città. L’elemento unificatore di questo nuovo impianto risulta essere dunque il parco pubblico che costeggia le mura, congiungendo piazza S. Silvestro con l’estremità ovest dell’area e con i percorsi pedonali che caratterizzano tutta l’area di progetto trovando la massima espressione in prossimità proprio delle mura storiche. Attraverso queste prime intenzioni progettuali si è cercato di sviluppare un sistema organico e coerente di elementi capaci di dialogare con il contesto circostante e di instaurare nuove relazioni con la città. Se consideriamo le diverse componenti che formano il sistema possiamo evidenziare la presenza di elementi serventi, quali gli spazi aventi funzione pubblica, e di elementi serviti, come le residenze, aventi funzione privata. In particolare, il sistema residenziale, assume uno sviluppo uniforme ed omogeneo all’interno dell’area di intervento articolandosi con differenti connotazioni a seconda del diverso contesto circostante.

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La presente dissertazione si apre con l’analisi della costa dell’Emilia Romagna, in particolare quella antistante la città di Cesenatico. Nel primo capitolo si è voluto fare un breve inquadramento delle problematiche che affliggono le acque costiere a debole ricambio. Il Mare Adriatico e in particolare le acque costiere, ormai da più di trent’anni, sono afflitti da una serie di problemi ambientali correlati all’inquinamento. Sulla costa romagnola, già verso la metà degli anni settanta, le prime estese morie di organismi viventi acquatici avevano posto sotto gli occhi dell’opinione pubblica l’insorgenza di situazioni drammatiche per l’ambiente, per la salute pubblica e per due importanti settori dell’economia regionale e nazionale quali il turismo e la pesca. Fino ad allora aveva dominato la diffusa convinzione che la diluizione nell’enorme quantità di acqua disponibile avrebbe consentito di immettere nel mare quantità crescenti di sostanze inquinanti senza intaccare in misura apprezzabile la qualità delle acque. Questa teoria si rivelò però clamorosamente errata per i mari interni con scarso ricambio di acqua (quali per esempio il Mare Adriatico), perché in essi le sostanze che entrano in mare dalla terraferma si mescolano per lungo tempo solo con un volume limitato di acqua antistante la costa. Solo se l’immissione di sostanze organiche è limitata, queste possono essere demolite agevolmente attraverso processi di autodepurazione per opera di microrganismi naturalmente presenti in mare. Una zona molto critica per questo processo è quella costiera, perché in essa si ha la transizione tra acque dolci e acque salate, che provoca la morte sia del plancton d’acqua dolce che di quello marino. Le sostanze estranee scaricate in mare giungono ad esso attraverso tre vie principali: • dalla terraferma: scarichi diretti in mare e scarichi indiretti attraverso corsi d’acqua che sfociano in mare; • da attività svolte sul mare: navigazione marittima e aerea, estrazione di materie prime dai fondali e scarico di rifiuti al largo; • dall’atmosfera: tramite venti e piogge che trasportano inquinanti provenienti da impianti e attività situati sulla terraferma. E’ evidente che gli scarichi provenienti dalla terraferma sono quelli più pericolosi per la salvaguardia delle acque costiere, in particolare vanno considerati: gli scarichi civili (enormemente accresciuti nel periodo estivo a causa del turismo), gli scarichi agricoli e gli scarichi industriali. Le sostanze estranee scaricate in mare contengono una grande abbondanza di sali nutrienti per i vegetali (in particolare nitrati e fosfati) che provengono dai concimi chimici, dai residui del trattamento biologico negli impianti di depurazione e dall’autodepurazione dei fiumi. Queste sostanze una volta giunte in mare subiscono un nuovo processo di autodepurazione che genera ulteriori quantità di nutrienti; i sali di fosforo e azoto così formati si concentrano soprattutto nelle acque basse e ferme della costa e vengono assimilati dalle alghe che possono svilupparsi in modo massivo: tale fenomeno prende il nome di eutrofizzazione. La produzione eccessiva di biomasse vegetali pone seri problemi per la balneazione in quanto può portare a colorazioni rossastre, brune, gialle o verdi delle acque; inoltre la decomposizione delle alghe impoverisce di ossigeno l’acqua, soprattutto sul fondo, provocando morie della fauna ittica. Nello specifico, in questo lavoro di tesi, si prende in considerazione il Porto Canale di Cesenatico, e come le acque da esso convogliate vadano ad influenzare il recettore finale, ovvero il Mar Adriatico. Attraverso l’uso di un particolare software, messo a mia disposizione dal D.I.C.A.M. è stata portata avanti un’analisi dettagliata, comprendente svariati parametri, quali la velocità dell’acqua, la salinità, la concentrazione dell’inquinante e la temperatura, considerando due possibili situazioni. A monte di ciò vi è stata una lunga fase preparatoria, in cui dapprima sono state recepite, attraverso una campagna di misure progettata ad hoc, ed elaborate le informazione necessarie per la compilazione del file di input; in seguito è stato necessario calibrare e tarare il programma, in quanto sono state apportate numerose variazioni di recepimento tutt’altro che immediato; dopodiché è stata introdotta la geometria rappresentante l’area presa in esame, geometria molto complessa in quanto trattasi di una zona molto ampia e non uniforme, infatti vi è la presenza di più barriere frangiflutti, sommerse ed emerse, che alterano in svariati punti la profondità del fondale. Non è stato semplice, a tal proposito, ricostruire l’area e ci si è avvalsi di una carta nautica riportante la batimetria del litorale antistante Cesenatico. Come è stato già detto, questa fase iniziale ha occupato molto tempo e si è dimostrata molto impegnativa. Non sono state comunque da meno le fasi successive. Inoltre, tale simulazione è stata effettuata su due scenari differenti, per poter valutare le differenti conclusioni alle quali essi hanno indotto. Dopo molti “tentativi”, l’eseguibile ha girato ed è arrivato al termine ricoprendo un lasso di tempo pari a ventiquattro ore. I risultati ottenuti in output, sono stati tradotti e vagliati in modo da essere graficati e resi più interpretabili. Segue infine la fase di analisi che ha portato alle deduzioni conclusive. Nei prossimi capitoli, si riporta nel dettaglio quello che in questo paragrafo è stato sinteticamente citato.

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La tesi affronta le problematiche relative ai nuovi scenari educativi nella cosiddetta Società della Conoscenza e alle sfide che essa richiede alla didattica nei nuovi “ambienti” formativi. Partendo dall’analisi della definizione della stessa come Società della Conoscenza si cerca di darne una lettura che ne metta in luce gli elementi principali che la caratterizzano aprendo alla riflessione sullo sguardo che essa dà al suo futuro e agli scenari verso i quali si orientano le sue sfide cognitive ed educative. In tale analisi non può mancare una riflessione sul legame tra la società contemporanea e le cosiddette nuove tecnologie (ICT: Information and Comunication Technologies). Le ICT, infatti, in misura sempre maggiore, hanno invaso la società e influenzato l’evoluzione della stessa assumendo un ruolo significativo nella vita quotidiana e nell’affermarsi della società della conoscenza. Il percorso di ricerca prende il via da questi interrogativi per ampliare la riflessione sulle nuove frontiere dell’educazione nella società della conoscenza. Quest’ultima, infatti, così come si caratterizza e come si evolve, identificando la sua priorità non solo nella diffusione dell’informazione, ma anche e soprattutto nella “costruzione” di conoscenza, impone un nuovo modo di pensare e approcciarsi all’educazione e alla formazione. Il longlife learning diventa l’elemento centrale ma non va inteso solo come possibilità date all’individuo adulto di riprendere percorsi formativi lasciati o intraprenderne di nuovi. Quello che cambia è la finalità stessa della formazione: è il concetto dell’apprendimento come potenzialità individuale (empowerment). Non basta avere accesso e acquisire un numero sempre maggiore di informazioni ma occorre sviluppare la capacità di acquisire strategicamente le informazioni per essere capaci di affrontare i continui cambiamenti e costruire nuove forme di sapere condiviso. Sul piano operativo le ICT permettono numerose nuove possibilità per la formazione, sia come strumenti a supporto della didattica, sia come mezzi di trasmissione delle informazioni e costruzione di conoscenza. L’e-learning si afferma con una sua impostazione e una sua metodologia, nonché con i suoi “oggetti” e i suoi “ambienti”. Nella tesi vengono illustrate le principali problematiche da considerare per la costruzione di percorsi formativi in rete (strumenti, contenuti, ruoli, comunicazione, valutazione) per presentare, infine, i materiali prodotti dall’autrice per l’erogazione on line di moduli didattici in due Unità Formative.

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Il teorema della funzione implicita, valido nel caso di varietà differenziabili, non risulta vero se si prendono in analisi varietà algebriche affini con la topologia di Zariski. Dopo aver introdotto le nozioni di morfismo piatto e di morfismo non ramificato, si arriva ai morfismi étale, definiti proprio come quei morfismi che sono piatti e non ramificati; nella seconda parte si considerano i morfismi di varietà non singolari dimostrando che la classe dei morfismi étale coincide esattamente con quei morfismi che inducono isomorfismi sugli spazi tangenti. Si approfondisce poi la nozione di morfismo étale da un punto di vista algebrico e infine la nozione di intorno étale di un punto, che si basa su quella di morfismo étale.

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In questo lavoro di tesi è stata sviluppata una Firefox Extension per la registrazione e la replicazione di procedure sul Web. Si tratterà a fondo l’ambiente tecnologico nel quale è stata sviluppata l’applicazione e il contesto in cui si inserisce una Firefox Extension. Illustreremo il problema che intendiamo risolvere con la nostra estensione,il contesto applicativo in cui si inserisce e riporteremo una serie di lavori correlati che cercano, con diversi approcci, di risolvere il nostro stesso problema. Illustreremo il lavoro trattando approfonditamente l’approccio da noi utilizzato, mostrandone i vantaggi e i limiti.

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La progettazione sismica negli ultimi anni ha subito una forte trasformazione, infatti con l’introduzione delle nuove normative tecniche si è passati dallo svolgere una verifica delle capacità locali dei singoli elementi ad una progettazione con un approccio di tipo probabilistico, il quale richiede il soddisfacimento di una serie di stati limite ai quali viene attribuita una certa probabilità di superamento. La valutazione dell’affidabilità sismica di una struttura viene condotta di solito attraverso metodologie che prendono il nome di Probabilistic Seismic Design Analysis (PSDA) in accordo con la procedura del Performance Based Earthquake Engineering (PBEE). In questa procedura di tipo probabilistico risulta di notevole importanza la definizione della misura d’intensità sismica, la quale può essere utilizzata sia come predittore della risposta strutturale a fronte di un evento sismico, sia come parametro per definire la pericolosità di un sito. Queste misure d’intensità possono essere definite direttamente dalla registrazione dell’evento sismico, come ad esempio l’accelerazione di picco del terreno, oppure sulla base della risposta, sia lineare che non, della struttura soggetta a tale evento, ovvero quelle che vengono chiamate misure d’intensità spettrali. Come vedremo è preferibile l’utilizzo di misure d’intensità che soddisfino certe proprietà, in modo da far risultare più efficace possibile le risoluzione del problema con l’approccio probabilistico PBEE. Obbiettivo principale di questa dissertazione è quello di valutare alcune di queste proprietà per un gran numero di misure d’intensità sismiche a partire dai risultati di risposta strutturale ottenuti mediante analisi dinamiche non lineari nel tempo, condotte per diverse tipologie di strutture con differenti proprietà meccaniche.

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L’alta risoluzione nel telerilevamento termico (Thermal Remote Sensing) da aereo o satellitare si rivela molto importante nell’analisi del comportamento termico delle superfici, in particolare per lo studio dei fenomeni climatici locali dello spazio urbano. La stato termico dell'ambiente urbano è oggi motivo di grande interesse per ricercatori, organi istituzionali e cittadini. Uno dei maggiori campi di studio del comportamento termico urbano interessa il problema energetico: la riduzione dei consumi e delle emissioni di CO2 è un obiettivo primario da perseguire per uno sviluppo sostenibile, spesso supportato da criteri legislativi e progetti comunitari. Su scala differente e con caratteristiche differenti, un altro degli argomenti che scuote da anni e con notevole interesse la ricerca scientifica, è il fenomeno termico urbano che prende il nome di isola di calore; questa si sviluppa non solo in conseguenza al calore sensibile rilasciato da attività antropiche, ma anche a causa della sempre maggiore conversione del territorio rurale in urbanizzato (inurbamento), con conseguente riduzione del fenomeno dell’evapotraspirazione. Oggetto di questa dissertazione è lo studio del comportamento termico delle superfici in ambito urbano, sperimentato sulla città di Bologna. Il primo capitolo si interessa dei principi e delle leggi fisiche sui quali è basato il telerilevamento effettuato nelle bende spettrali dell’infrarosso termico. Viene data una definizione di temperatura radiometrica e cinematica, tra loro legate dall’emissività. Vengono esposti i concetti di risoluzione (geometrica, radiometrica, temporale e spettrale) dell’immagine termica e viene data descrizione dei principali sensori su piattaforma spaziale per l’alta risoluzione nel TIR (ASTER e Landsat). Il secondo capitolo si apre con la definizione di LST (Land Surface Temperature), parametro del terreno misurato col telerilevamento, e ne viene descritta la dipendenza dal flusso della radiazione in atmosfera e dalle condizioni di bilancio termico della superficie investigata. Per la sua determinazione vengono proposti metodi diversi in funzione del numero di osservazioni disponibili nelle diverse bande spettrali dell’IR termico. In chiusura sono discussi i parametri che ne caratterizzano la variabilità. Il capitolo terzo entra nel dettaglio del telerilevamento termico in ambito urbano, definendo il fenomeno dell’Urban Heat Island su tutti i livelli atmosferici interessati, fornendo un quadro di operabilità con gli strumenti moderni di rilievo alle differenti scale (analisi multiscala). Un esempio concreto di studio multiscala dei fenomeni termici urbani è il progetto europeo EnergyCity, volto a ridurre i consumi energetici e le emissioni di gas serra di alcune città del centro Europa. Il capitolo quarto riporta la sperimentazione condotta sull’isola di calore urbana della città di Bologna tramite immagini ASTER con risoluzione spaziale 90 m nel TIR e ricampionate a 15 m dal VIS. Lo studio dell’isola di calore si è effettuata a partire dal calcolo della Land Surface Temperature utilizzando valori di emissività derivati da classificazione delle superfici al suolo. Per la validazione dei dati, in alternativa alle stazioni di monitoraggio fisse dell’ARPA, presenti nell’area metropolitana della città, si è sperimentato l’utilizzo di data-loggers per il rilievo di temperatura con possibilità di campionamento a 2 sec. installati su veicoli mobili, strumentati con ricevitori GPS, per la misura dei profili di temperatura atmosferica near-ground lungo transetti di attraversamento della città in direzione est-ovest.