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La ricerca in oggetto ha analizzato le relazioni tra migrazione e salute mentale nel Distretto di Pianura Est dell'AUSL di Bologna. Attraverso un dispositivo d’indagine multi-disciplinare basato sui quadri teorici dell'Antropologia Medica Critica, della Salute Pubblica e della Psichiatria, la ricerca si è inserita nell’ampio contesto di sperimentazione di un innovativo modello di assistenza per pazienti migranti, denominato Centro di Consultazione Socio- Culturale. L'architettura dello studio si rifà a un modello di Ricerca-Azione Partecipata e Multi-Situata fondato su un approccio analitico e auto-riflessivo, il quale ha consentito di problematizzare, oltre alle azioni e alle traiettorie dei vari soggetti che operano nel campo della ricerca, anche le categorie oggetto della ricerca stessa. L'analisi, profondamente radicata nel dato empirico, è stata condotta a partire dall'esperienza degli attori sociali coinvolti. Le esperienze, le informazioni e le rappresentazioni reciproche sono state co-costruite in forma partecipativa attraverso l'uso combinato di metodologie quali-quantitative proprie sia delle discipline sanitarie sia di quelle sociali. Come materiali della ricerca sono stati utilizzati: dati primari e secondari prodotti dalle istituzioni e dalle organizzazioni del territorio stesso; informazioni provenienti dall'osservazione partecipante; colloqui con informatori-chiave; interviste semi-strutturate con decisori politici, amministratori, organizzazioni del territorio, operatori dei servizi, cittadini e pazienti. La ricerca ha dimostrato la validità delle prospettive teoriche utilizzate e delle strategie di lavoro proposte. Il modello di lavoro multi-disciplinare e multi-metodologico si è rivelato produttivo nell'indagare congiuntamente le prospettive degli attori coinvolti insieme alle loro traiettorie, alle reciproche interconnessioni e alle relazioni tra processi locali e globali. L’analisi auto-riflessiva ha consentito di analizzare le attività del Centro di Consultazione evidenziandone vantaggi e limiti. Infine, la collaborazione tra Salute Pubblica e Antropologia Medica Critica ha dimostrato una grande potenzialità e produttività sia sul versante della ricerca scientifica sia su quello dell'assistenza sanitaria.

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Diese Arbeit analysiert den Alltag in einem gymnasialen Jungeninternat in der Upper West Region in Ghana und setzt diese Analyse in eine anthropologische Perspektive zum Staat. Angeregt durch die Überlegungen von Michel Foucault zu Disziplinarmechanismen und „Technologien des Selbst“ steht die alltägliche Disziplinierung der Schüler im Mittelpunkt dieser Arbeit. Dabei wird Disziplin nicht als restriktiv, übergeordnet und allgegenwärtig gedacht, sondern als etwas, das die Schüler aktiv mitgestalten. Einerseits sind die Schüler der Nandom Secondary School Disziplinartechniken ausgesetzt, die sich auf die Kontrolle ihrer Körper beziehen: Sie werden vereinheitlicht, klassifiziert, hierarchisiert, überwacht, geprüft und bestraft. Andererseits sind die Schüler keine übermächtigten Objekte einer totalen Institution, sondern sie wirken kreativ mit beim Flechten des Netzes aus Kontrolle und Freiräumen in ihrer Schule: Sie spielen eine wichtige Rolle bei der Kontrolle der Lehrer; sie erkennen und nutzen Freiräume, deren Rahmen sie mit den Lehrern aushandeln. Auch ihr Selbst bekommen die Schüler nicht von den Lehrern einfach diktiert. Zwar wird ihnen durch das Bild des guten Schülers eine bestimmte Sicht auf sich selbst nahe gelegt, doch wie sie dieses Bild aufnehmen, ablehnen oder umdeuten liegt in ihren eigenen Händen.

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Esta tesis presenta un breve estado de la cuestión de la sociología y la ética del deporte como nueva disciplina académica, desde su origen hasta el presente. En segundo lugar pretende ver que aporta la perspectiva de la sociologia relacional al estudio del deporte. La primera contribución es la “trans-discipliniariedad” entre disciplinas como la sociología y la ética, evitando caer en una ética “sociologizzata” o en una sociología “eticizzata”. Gracias a la relacionalidad se obtiene la des-mercantilización de bienestar. La lógica relacional busca el desarrollo económico sin olvida que la sociedad está formada por personas, que son lo realmente importantes por encima de los interés económicos. Otra contribución es la distinción entre la “sociedad humana” y la “sociedad de lo humano” que evita muchos de los actuales problemas que trae consigo las nuevas tecnologías. Y finalmente aporta el esquema “AGIL” como “brújula relacional” que ayuda a relaizar los objetivos, medios y reglas éticas dentro de la práctica deportiva.

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Il seguente lavoro di tesi verte sulla ricerca-azione formazione triennale “Il Filo di Arianna” realizzata in convenzione tra Associazione Italiana Sindrome X Fragile e Dipartimento Di Scienze dell’Educazione – Università di Bologna, finalizzata alla superamento degli handicap che la X fragile propone. La ricerca ha un fuoco in Pedagogia Speciale e un carattere multidisciplinare e inter istituzionale grazie alla sinergia con l’area neuroriabilitativa (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) San Raffaele Pisana di Roma) e l’area della Psicologia Clinica (Ospedale Bambin Gesù di Roma). Il lavoro di tesi descrive il percorso per giungere alle linee guida di intervento scaturite dalla ricerca, per il potenziamento cognitivo ed affettivo di bambini e persone con x fragile nei contesti di casa, scuola e tempo libero.

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Il presente lavoro si rivolge all’analisi del ruolo delle forme metaforiche nella divulgazione della fisica contemporanea. Il focus è sugli aspetti cognitivi: come possiamo spiegare concetti fisici formalmente complessi ad un audience di non-esperti senza ‘snaturarne’ i significati disciplinari (comunicazione di ‘buona fisica’)? L’attenzione è sulla natura stessa della spiegazione e il problema riguarda la valutazione dell’efficacia della spiegazione scientifica a non-professionisti. Per affrontare tale questione, ci siamo orientati alla ricerca di strumenti formali che potessero supportarci nell’analisi linguistica dei testi. La nostra attenzione si è rivolta al possibile ruolo svolto dalle forme metaforiche nella costruzione di significati disciplinarmente validi. Si fa in particolare riferimento al ruolo svolto dalla metafora nella comprensione di nuovi significati a partire da quelli noti, aspetto fondamentale nel caso dei fenomeni di fisica contemporanea che sono lontani dalla sfera percettiva ordinaria. In particolare, è apparsa particolarmente promettente come strumento di analisi la prospettiva della teoria della metafora concettuale. Abbiamo allora affrontato il problema di ricerca analizzando diverse forme metaforiche di particolare rilievo prese da testi di divulgazione di fisica contemporanea. Nella tesi viene in particolare discussa l’analisi di un case-study dal punto di vista della metafora concettuale: una analogia di Schrödinger per la particella elementare. I risultati dell’analisi suggeriscono che la metafora concettuale possa rappresentare uno strumento promettente sia per la valutazione della qualità delle forme analogiche e metaforiche utilizzate nella spiegazione di argomenti di fisica contemporanea che per la creazione di nuove e più efficaci metafore. Inoltre questa prospettiva di analisi sembra fornirci uno strumento per caratterizzare il concetto stesso di ‘buona fisica’. Riteniamo infine che possano emergere altri risultati di ricerca interessanti approfondendo l’approccio interdisciplinare tra la linguistica e la fisica.

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Scopo del presente progetto di ricerca è indagare i lineamenti degli studi teatrali in Italia negli anni Novanta e Duemila. La tesi, tuttavia, configura piani di indagine più ampi, sia in senso temporale che geografico: prendendo in considerazione il rapporto fra la teatrologia italiana post-novecentesca e la sua tradizione disciplinare, da un lato, e, dall'altro, le esperienze nel medesimo campo di altre culture teatrali occidentali. La tesi si struttura in tre parti: nella prima vengono analizzati i processi di rifondazione (anni Sessanta e Settanta) e di consolidamento (anni Settanta e Ottanta) degli studi teatrali italiani; nella seconda si presentano i caratteri della teatrologia post-novecentesca (anni Novanta e Duemila); nella terza, essi vengono indagati attraverso la lente di uno specifico aspetto che si propone di assumere per descrivere il paradigma disciplinare a quest'altezza: quello del progetto di ricomposizione che sembra manifestarsi negli studi teatrali come messa in dialogo di alcune coppie di polarità oppositive tradizionalmente determinanti (teoria/storia, teoria/pratica, ecc.). Ciascuna delle parti si articola nella ricostruzione storica delle vicende occorse alla disciplina (tenendo conto anche dei loro rapporti con i coevi accadimenti in altri campi artistici, del sapere e socio-culturali) e nell'analisi della produzione scientifica di un determinato periodo. In ogni capitolo, infine, tali elementi vengono messi in relazione sia con le tendenze in atto sui più ampi scenari teatrologici internazionali, che con la tradizione di studio. Il progetto di ricerca si è sviluppato attraverso un'ampia ricognizione bibliografica della produzione scientifica del settore, all'interno di cui è stato dato ampio rilievo al ruolo di quegli ambienti di lavoro teatrologico coagulatisi intorno alle maggiori riviste del campo di studio; si è avvalso inoltre di un intenso programma di ricerca sul campo, che è consistito in una serie di incontri con alcuni dei protagonisti della rifondazione e dello sviluppo della nuova teatrologia italiana.

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Ferrara è tra le città con le quali Piero Bottoni (1903-1973) ha istaurato un rapporto proficuo e duraturo che gli permise di elaborare molti progetti e che fu costante lungo quasi tutta la parabola professionale dell’autore milanese. Giunto nella città estense nei primi anni Trenta, vi lavorò nei tre decenni successivi elaborando progetti che spaziavano dalla scala dell’arredamento d’interni fino a quella urbana; i diciannove progetti studiati, tutti situati all’interno del centro storico della città, hanno come tema comune la relazione tra nuova architettura e città esistente. Osservando un ampio spettro di interventi che abbracciava la progettazione sull'esistente come quella del nuovo, Bottoni propone una visione dell'architettura senza suddivisioni disciplinari intendendo il restauro e la costruzione del nuovo come parti di un processo progettuale unitario. Sullo sfondo di questa vicenda, la cultura ferrarese tra le due guerre e nel Dopoguerra si caratterizza per il continuo tentativo di rendere attuale la propria storia rinascimentale effettuando operazioni di riscoperta che con continuità, a discapito dei cambiamenti politici, contraddistinguono le esperienze culturali condotte nel corso del Novecento. Con la contemporanea presenza durante gli anni Cinquanta e Sessanta di Bottoni, Zevi, Pane, Michelucci, Piccinato, Samonà, Bassani e Ragghianti, tutti impegnati nella costruzione dell’immagine storiografica della Ferrara rinascimentale, i caratteri di questa stagione culturale si fondono con i temi centrali del dibattito architettonico italiano e con quello per la salvaguardia dei centri storici. L’analisi dell’opera ferrarese di Piero Bottoni è così l’occasione per mostrare da un lato un carattere peculiare della sua architettura e, dall’altro, di studiare un contesto cultuale provinciale al fine di mostrare i punti di contatto tra le personalità presenti a Ferrara in quegli anni, di osservarne le reciproche influenze e di distinguere gli scambi avvenuti tra i principali centri della cultura architettonica italiana e un ambito geografico solo apparentemente secondario.

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Questa ricerca indaga la prospettiva investigativa di Carlos Martí Arís. È stato assunto il campo d’azione da lui prediletto, ovvero l’articolato rapporto che in architettura si instaura tra teoria e pratica, comprensivo delle svariate ricadute nel mondo dell’arte e della produzione umana in genere, che fanno del progetto architettonico un campo disciplinare complesso. La sua figura è però assunta in modo strumentale, come grimaldello per addentrarsi in un articolato ambito culturale, che se da un lato coincide con la sua città, Barcellona, dall’altro la trascende grazie a quei “ponti della conoscenza” che CMA interrottamente ha teso al suo intorno. Ci riferiamo alla sua costruzione teorica destinata a consolidare la storica reciprocità tra Italia e Spagna, le cui tematiche urbane e tipologiche ne sono la base, Milano e Barcellona ne sono gli estremi. Ci riferiamo al suo sguardo sull’esperienza del Movimento Moderno e il relativo tema della residenza. Ci riferiamo alla sua naturale vocazione al silenzio, che si oppone al fragoroso rumore della contemporaneità e affianca la discreta parola del mestiere: un modo per porsi all’ascolto. All’ascolto dell’altro e del mondo. Ci riferiamo, insomma, alla sua idea di architettura intesa come «territorio dissodato da tempi remoti»; come trama di corrispondenze sincroniche tra terre, tempi, fatti, uomini, vicini e lontani: condizione ideale per chi voglia disciogliere il proprio lavoro nei labirintici sentieri del mondo, indifferente al rischio di perdersi nell’oblio. Oggi, in cui il progetto architettonico risulta sempre più spesso veicolo di soggettive e arbitrarie sperimentazioni formali, la lezione di CMA indica una via d’uscita: un mo(n)do condiviso che all’arroganza opponga la discrezione, che persuada a celarsi nella tradizione e a porsi umilmente all’ombra dei maestri. Tradizione e Maestri, Eteronimi e Nomi, complementarità a cui CMA affida il suo progetto di anonimato, sovrapersonale e ostinatamente teso a rilevarne le relazioni inedite.

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L’elaborato ha ad oggetto lo studio della conciliazione e dell’arbitrato con riferimento alle controversie individuali di lavoro privato e pubblico. Vengono trattati i diversi profili che caratterizzano gli strumenti di risoluzione delle liti alternativi al processo, al fine di comprenderne la disciplina e l’effettiva portata, e di evidenziarne le criticità. L’elaborato si occupa, in primo luogo, di ricostruire il percorso di sviluppo della disciplina legislativa dei due istituti, partendo dalla configurazione del quadro della sua evoluzione storica e affrontando, poi, approfonditamente le più recenti tappe di tale evoluzione. Nella ricostruzione della disciplina della conciliazione e dell’arbitrato viene dato conto dell’assetto delle fonti, legislativa e contrattuale, definendone i rispettivi ruoli e competenze in materia: la tesi si sofferma quindi sul ruolo che il legislatore attribuisce all’autonomia collettiva e sulle modalità con le quali questo ruolo viene concretamente esercitato in sede di contrattazione. Successivamente, viene compiuta una valutazione delle conciliazioni e dell’arbitrato diretta a comprenderne l’efficacia e l’effettività. L’analisi pone in rilievo taluni elementi che sono ritenuti indispensabili per lo sviluppo delle predette caratteristiche e, quindi, per l’opzione e per la fiducia delle parti verso gli strumenti di composizione stragiudiziale delle liti. L’attenzione viene poi focalizzata sui regimi di impugnazione dei provvedimenti con cui si concludono le procedure stragiudiziali, sulla base della riflessione per la quale la diffusione di uno strumento di composizione delle controversie postula necessariamente un certo grado di stabilità degli atti che esso genera. L’ultima parte dell’elaborato è dedicata alla disamina delle ipotesi applicative di successo nell’esperienza italiana di Alternative Dispute Resolution, ossia il tentativo obbligatorio di conciliazione nei licenziamenti economici introdotto dalla Riforma Fornero, la conciliazione monocratica e l’arbitrato per l’impugnazione delle sanzioni disciplinari, anche con l’intento di comprendere quali caratteristiche ne abbiano favorito la diffusione, in rapporto alle altre tipologie di conciliazione e arbitrato di lavoro.

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Corruption is, in the last two decades, considered as one of the biggest problems within the international community, which harms not only a particular state or society but the whole world. The discussion on corruption in law and economics approach is mainly run under the veil of Public choice theory and principal-agent model. Based on this approach the strong international initiatives taken by the UN, the OECD and the Council of Europe, provided various measures and tools in order to support and guide countries in their combat against corruption. These anti-corruption policies created a repression -prevention-transparency model for corruption combat. Applying this model, countries around the world adopted anti-corruption strategies as part of their legal rules. Nevertheless, the recent researches on the effects of this move show non impressive results. Critics argue that “one size does not fit all” because the institutional setting of countries around the world varies. Among the countries which experience problems of corruption, even though they follow the dominant anti-corruption trends, are transitional, post-socialist countries. To this group belong the countries which are emerging from centrally planned to an open market economy. The socialist past left traces on institutional setting, mentality of the individuals and their interrelation, particularly in the domain of public administration. If the idiosyncrasy of these countries is taken into account the suggestion in this thesis is that in public administration in post-socialist countries, instead of dominant anti-corruption scheme repression-prevention-transparency, corruption combat should be improved through the implementation of a new one, structure-conduct-performance. The implementation of this model is based on three regulatory pyramids: anti-corruption, disciplinary anti-corruption and criminal anti-corruption pyramid. This approach asks public administration itself to engage in corruption combat, leaving criminal justice system as the ultimate weapon, used only for the very harmful misdeeds.

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The article explores the developments in German-language anthropology in the past decades, focussing on the period after the 1970s. It argues that the recent history of German-language Ethnologie (social and cultural anthropology) is one of catching-up modernization. German-speaking anthropologists are increasingly involved in, and contribute to, broader theoretical debates, publish in English and in international journals, and are actively engaged in international academic networks. The paper discusses how and under what conditions of knowledge production these transformations have taken place. It analyses the changing institutional environment in which German anthropologists have worked and work today, as well as the theoretical impulses from within and outside the discipline that have given rise to the contemporary orientation of German-language anthropology as an anthropology of the 'present'. Finally, and beyond the focus on Germany, the article offers some ideas on the future of anthropology as a symmetrical social science, characterized by a continued strong reliance on field work and a high level of 'worldliness', a basic attitude of systematically shifting perspectives, the critical reflection of the social and political embeddedness of knowledge production, and an engagement with social theory across disciplinary boundaries.

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The Virtopsy project, a multi-disciplinary project that involves forensic science, diagnostic imaging, computer science, automation technology, telematics and biomechanics, aims to develop new techniques to improve the outcome of forensic investigations. This paper presents a new approach in the field of minimally invasive virtual autopsy for a versatile robotic system that is able to perform three-dimensional (3D) surface scans as well as post mortem image-guided soft tissue biopsies.

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Cardiac patients after an acute event and/or with chronic heart disease deserve special attention to restore their quality of life and to maintain or improve functional capacity. They require counselling to avoid recurrence through a combination of adherence to a medication plan and adoption of a healthy lifestyle. These secondary prevention targets are included in the overall goal of cardiac rehabilitation (CR). Cardiac rehabilitation can be viewed as the clinical application of preventive care by means of a professional multi-disciplinary integrated approach for comprehensive risk reduction and global long-term care of cardiac patients. The CR approach is delivered in tandem with a flexible follow-up strategy and easy access to a specialized team. To promote implementation of cardiac prevention and rehabilitation, the CR Section of the EACPR (European Association of Cardiovascular Prevention and Rehabilitation) has recently completed a Position Paper, entitled 'Secondary prevention through cardiac rehabilitation: A condition-oriented approach'. Components of multidisciplinary CR for seven clinical presentations have been addressed. Components include patient assessment, physical activity counselling, exercise training, diet/nutritional counselling, weight control management, lipid management, blood pressure monitoring, smoking cessation, and psychosocial management. Cardiac rehabilitation services are by definition multi-factorial and comprehensive, with physical activity counselling and exercise training as central components in all rehabilitation and preventive interventions. Many of the risk factor improvements occurring in CR can be mediated through exercise training programmes. This call-for-action paper presents the key components of a CR programme: physical activity counselling and exercise training. It summarizes current evidence-based best practice for the wide range of patient presentations of interest to the general cardiology community.

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This article explores the “unpopular” archived life of Charles P. Daly, thirty-five-year president (1864–1899) of the New York–based American Geographical Society. This one-time highly prominent judge and civic leader popularized geography among professionals and the public alike. Daly’s popular geography, along with his subsequent containment within the archives, suggests explanations for his dismissal among geographical audiences of today. It is a useful and necessary exercise to trace the neglect of Daly within histories of geography and recapture him for today’s audiences, not only because of his influence on post–Civil War American geography but also because his story can shed light on how “disciplinary remembering” functions in geography.