933 resultados para lymph-node targeting
Resumo:
Obiettivo: Il nostro obiettivo è stato quello di confrontare la tomoterapia (HT) e la protonterapia ad intensità modulata (IMPT) nel trattamento del tumore prostatico, seguendo un protocollo di boost simultaneo (SIB) e moderatamente ipofrazionato. Materiali e metodi: Abbiamo selezionato 8 pazienti, trattati con HT e abbiamo rielaborato i piani con 2 campi IMPT. La dose prescritta è stata di 74 Gy sul PTV1 (prostata e vescicole seminali prossimali), 65.8 Gy sul PTV2 (vescicole seminali distali) e 54 Gy sul PTV3 (linfonodi pelvici). Risultati: Sia con IMPT che con HT abbiamo ottenuto una copertura e una omogeneità di dose del target sovrapponibile. Oltre i 65 Gy, HT e IMPT erano equivalenti per il retto, mentre con l’IMPT c’era maggior risparmio della vescica e del bulbo penieno da 0 a 70 Gy. Da 0 fino a 60 Gy, i valori dosimetrici dell’IMPT erano molto più bassi per tutti gli organi a rischio (OARs), eccetto che per le teste femorali, dove la HT aveva un vantaggio dosimetrico rispetto all’IMPT nel range di dose 25-35 Gy. La dose media agli OARs era ridotta del 30-50% con l’IMPT. Conclusioni: Con le due tecniche di trattamento (HT e IMPT) si ottiene una simile distribuzione di dose nel target. Un chiaro vantaggio dosimetrico dell’IMPT sul HT è ottenuto dalle medie e basse dosi. Le attuali conoscenze sulle relazioni dose-effetto e sul risparmio delle madie e basse dosi con l’IMPT non sono ancora state quantificate dal punto di vista clinico.
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Obiettivi: nonostante i miglioramenti nel trattamento, circa il 30% dei pazienti pediatrici affetti da Linfoma di Hodgkin (LH) in stadio avanzato recidiva o muore per progressione di malattia e i correnti metodi predittivi biologico-clinici non consentono di individuare tali pazienti. L’obiettivo dello studio è stato quello di definire un profilo molecolare di rischio che correli con l’outcome in questi pazienti. Materiali e metodi: studio retrospettico condotto su pazienti pediatrici affetti da LH omogeneamente trattati dal 2004 in poi. Su tali pazienti è stato intrapreso uno studio di validazione di marcatori molecolari già identificati in studi esplorativi precedenti. 27 geni sono stati analizzati in RT PCR su campioni di tessuto istologico prelevato alla diagnosi fissato in formalina e processato in paraffina relativi a una coorte di 37 pazienti, 12 ad outcome sfavorevole e 25 ad outcome favorevole. Risultati: dall’analisi univariata è emerso che solo l’espressione di CASP3 e CYCS, appartenenti al pathway apoptotico, è in grado di influenzare l’EFS in modo significativo nella nostra coorte di pazienti. Lo studio delle possibili combinazioni di questi geni ha mostrato l’esistenza di 3 gruppi di rischio che correlano con l’EFS: alto rischio (down regolazione di entrambi i geni), rischio intermedio (down regolazione di uno solo dei 2 geni), basso rischio (up regolazione di entrambi i geni). Dall’analisi multivariata è emerso che CASP3 è l’unica variabile che mantiene la sua indipendenza nell’influenzare la prognosi con un rischio di eventi di oltre il doppio di chi ha un’espressione bassa di questo gene. Conclusioni: i risultati ottenuti sulla nostra coorte di pazienti pediatrici affetti da LH confermano l’impatto sulla prognosi di due marcatori molecolari CASP3 e CYCS coinvolti nel patwhay apoptotico. La valutazione del profilo di espressione di tali geni, potrebbe pertanto essere utilizzata in corso di stadiazione, come criterio di predittività.
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Neueste Arbeiten zeigen, dass Mastzellen wichtige Funktionen innerhalb des angeborenen und erworbenen Immunsystems ausüben. Von zentraler Bedeutung ist hierbei die Fähigkeit der Mastzelle, auf IgE-unabhängige Signale zu reagieren und ein breites Spektrum an Cytokinen und Chemokinen zu produzieren. Transkriptionsfaktoren der NFAT-Familie sind wichtige Regulatoren der Immunhomöostase und Cytokinproduktion. In Mausmodellen führt die Defizienz des NFATc2 zu überschießenden Immunreaktionen, was ursächlich auf die Hyperreaktivität NFATc2-defizienter T-Zellen zurückgeführt wird. Demgegenüber zeigten unsere eigenen in vitro durchgeführten Arbeiten, dass die Produktion wichtiger entzündungsfördernder Cytokine in Mastzellen abhängig ist von NFATc2. Ziel der vorliegenden Arbeit war es, die Bedeutung von NFATc2 in einem Mastzell-abhängigen Modell der transkutanen Immunisierung mit einem TLR7-Liganden als Adjuvans zu untersuchen. Experimente an NFATc2-defizienten Mäusen ergaben zunächst, dass die Schlüsselprozesse Entzündung, Auswanderung antigenpräsen-tierender Zellen, Lymphknotenhypertrophie sowie Expansion und Funktion spezifischer T-Zellen in Abwesenheit des Transkriptionsfaktors NFATc2 extrem beeinträchtigt sind. Dieser experimentell induzierte Phänotyp gleicht somit dem mastzellloser Mäuse in dieser Immunisierungsstudie. Rekonstitutionsexperimente erlaubten es, in vitro generierte Mastzellen aus NFATc2-defizienten und NFATc2-kompetenten Spendern in mastzelllose Mäuse zu transferieren und deren Reaktivität in dem angewandten TLR7-abhängigen Entzündungsmodell in vivo zu vergleichen. Hierbei zeigte sich, dass die in NFATc2-defizienten Mäusen nach transkutaner Immunisierung zu beobachtenden Beeinträchtigungen gänzlich auf die Abwesenheit des NFATc2 in Mastzellen zurückzuführen sind. Die Ergebnisse der vorliegenden Arbeit zeigen somit, dass der Transkriptionsfaktor NFATc2 für die Funktion der Mastzelle in vivo eine bedeutsame Rolle spielt. Dies betrifft sowohl Reaktionen des angeborenen als auch des erworbenen Immunsystems. Darüber hinaus könnte NFATc2 ein wichtiges Ziel bei therapeutischen Maßnahmen gegen mastzellabhängige Krankheiten darstellen.
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In der vorliegenden Arbeit wurde die Rolle der Mastzelle und deren Mediatoren für die Entstehung einer allergischen Atemwegsentzündung untersucht. Anhand von zwei mastzelldefizienten Mausstämmen (C57BL/6-KitWsh/Wsh und WBB6FI-KitW/Wv), konnte gezeigt werden, dass Mastzellen an der Entstehung einer allergischen Entzündung und Atemwegsüberempfindlichkeit beteiligt sind. Durch die Rekonstitution von mastzelldefizienten Tieren mit aus Knochenmark gewonnenen Mastzellen (BMMC) von Wildtyp-Spendern konnte die wichtige Funktion der Mastzelle in diesem Model bestätigt werden. Überdies konnte durch die Rekonstitution mit TNF-defizienten BMMC eine wichtige Rolle für diesen mastzellproduzierten Mediator im allergischen Modell demonstriert werden. Weiterhin konnte die Arbeit zeigen, dass Mastzellen wichtig für die Migration von antigenbeladenen Dendritischen Zellen aus der Lunge in die regionalen Lymphknoten sind. Dieses stellt einen wichtigen Schritt für die Ausbildung einer lokalen allergischen Antwort dar. Im Gegensatz dazu war die Entstehung einer allergischen Atemwegserkrankung nach Transfer von in vitro generierten DC und Allergenprovokation nicht mastzellabhängig. Diese Ergebnisse zeigen, dass es auf die Wahl des Sensibilisierungs- und Provokationsmodels ankommt, um mastzellspezifische Effekte zu demonstrieren. Die vorliegende Arbeit zeigt die wichtige Rolle der Mastzelle und von mastzellproduziertem TNF bei der Ausbildung einer allergischen Entzündung der Atemwege. Die Mastzelle und deren Mediatoren stellen somit mögliche Ziele für die therapeutische Behandlung der allergischen Entzündung der Atemwege dar.
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In veterinary medicine, the ability to classify mammary tumours based on the molecular profile and also determine whether the immunophenotype of the regional lymph node and/or systemic metastases is equal to that of the primary tumor may be predictive on the estimation of the effectiveness of various cancer treatments that can be scheduled. Therefore, aims, developed as projects, of the past three years have been (1) to define the molecular phenotype of feline mammary carcinomas and their lymph node metastases according to a previous modified algorithm and to demonstrate the concordance or discordance of the molecular profile between the primary tumour and lymph node metastasis, (2) to analyze, in female dogs, the relationship between the primary mammary tumor and its lymph node metastasis based on immunohistochemical molecular characterization in order to develop the most specific prognostic-predictive models and targeted therapeutic options, and (3) to evaluate the molecular trend of cancer from its primary location to systemic metastases in three cats and two dogs with mammary tumors. The studies on mammary tumours, particularly in dogs, have drawn gradually increasing attention not exclusively to the epithelial component, but also to the myoepithelial cells. The lack of complete information on a valid panel of markers for the identification of these cells in the normal and neoplastic mammary gland and lack of investigation of immunohistochemical changes from an epithelial to a mesenchymal phenotype, was the aim of a parallel research. While investigating mammary tumours, it was noticed that only few studies had focused on the expression of CD117. Therefore, it was decided to further deepen the knowledge in order to characterize the immunohistochemical staining of CD117 in normal and neoplastic mammary tissue of the dog, and to correlate CD117 immunohistochemical results with mammary histotype, histological stage (invasiveness), Ki67 index and patient survival time.
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Il carcinoma squamoso orale (CSO) è spesso preceduto da lesioni definite potenzialmente maligne tra cui la leucoplachia e il lichen ma una diagnosi precoce avviene ancora oggi in meno della metà dei casi. Inoltre spesso un paziente trattato per CSO svilupperà secondi tumori. Scopo del lavoro di ricerca è stato: 1) Studiare, mediante metodica di next generation sequencing, lo stato di metilazione di un gruppo di geni a partire da prelievi brushing del cavo orale al fine di identificare CSO o lesioni ad alto rischio di trasformazione maligna. 2) Valurare la relazione esistente tra sovraespressione di p16INK4A e presenza di HPV in 35 pazienti affetti da lichen 3) Valutare la presenza di marker istopatologici predittivi di comparsa di seconde manifestazioni tumorali 4) valutare la relazione clonale tra tumore primitivo e metastasi linfonodale in 8 pazienti mediante 2 metodiche di clonalità differenti: l’analisi di mtDNA e delle mutazioni del gene TP53. I risultati hanno mostrato: 1) i geni ZAP70 e GP1BB hanno presentato un alterato stato di metilazione rispettivamente nel 100% e nel 90,9% di CSO e lesioni ad alto rischio, mentre non sono risultati metilati nei controlli sani; ipotizzando un ruolo come potenziali marcatori per la diagnosi precoce nel CSO. 2)Una sovraespressione di p16INK4A è risultata in 26/35 pazienti affetti da lichen ma HPV-DNA è stato identificato in soli 4 campioni. Nessuna relazione sembra essere tra sovraespressione di p16INK4A e virus HPV. 3)L’invasione perineurale è risultato un marker predittivo della comparsa di recidiva locale e metastasi linfonodale, mentre lo stato dei margini chirurgici si è rilevato un fattore predittivo per la comparsa di secondi tumori primitivi 4) Un totale accordo nei risultati c’è stato tra analisi di mtDNA e analisi di TP53 e le due metodiche hanno identificato la presenza di 4 metastasi linfonodali non clonalmente correlate al tumore primitivo.
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Questo studio prospettico valuta l’efficacia e i vantaggi del sistema LigasureTM rispetto alle tecniche chirurgiche tradizionali, in quattro differenti procedure eseguite su 77 cani. I soggetti sono stati suddivisi in 4 gruppi, a seconda della chirurgia eseguita: Gruppo 1, 25 pazienti sottoposti a Splenectomia “aperta” semplice; Gruppo 2, 15 pazienti sottoposti a Splenectomia “aperta” complessa; Gruppo 3, 22 pazienti sottoposti ad Ovariectomia “aperta”. Gruppo 4: 18 pazienti sottoposti a Linfoadenectomia. Ciascun gruppo è stato a sua volta suddiviso in due sottogruppi: a (LigasureTM) e b (Tradizionale), a seconda della metodica utilizzata. Sono stati analizzati: il segnalamento, i parametri ematologici, le condizioni cliniche, le informazioni riguardanti l’intervento chirurgico e l’outcome. In tutti i gruppi il ricorso all’utilizzo di garze nonché dei fili da sutura sono risultati statisticamente inferiori nei pazienti operati con il sistema a radiofrequenza (Gruppo 1, P < 0.0001; Gruppo 2, P < 0,0014; Gruppo 3, P = 0,0001; Gruppo 4, P = 0,0148). Anche i tempi per la rimozione dell’organo sono significativamente ridotti in tutti i gruppi in cui è stato utilizzato il sistema LigasureTM (Gruppo 1 P < 0.0001; Gruppo 2 P < 0,0014; Gruppo 3 P = 0,0009; Gruppo 4 P = 0,0008), come i tempi chirurgici nei gruppi 1, 2 e 3 (P = 0,0287; P = 0,0064; e P = 0,0124) ed anestesiologici nei gruppi 1a e 2a (P = 0,0176; P = 0,0043). Tra le variabili analizzate, l’utilizzo del sistema di sintesi vascolare a radiofrequenza, è l’unico ad influenzare i tempi necessari per l’esecuzione della procedura. Questo studio dimostra, quindi, come il sistema LigasureTM sia sicuro ed efficace per le procedure chirurgiche esaminate, riducendo i tempi della chirurgia e limitando, quindi, i rischi per il paziente, indipendentemente dall’operatore, dall’esecuzione di altre procedure contemporanee e dalla natura della patologia splenica o linfonodale.
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Derzeit stellt die allergenspezifische Immuntherapie die einzige nicht allein antisymptomatische Behandlungsform zur langfristigen Therapie von Typ I-Allergien dar, welche grundlegende Änderungen im immunologischen Geschehen induziert. Sie ist jedoch verbesserungswürdig in Bezug auf Behandlungsdauer, Erfolgschancen und Nebenwirkungen. Daher wurde in dieser Arbeit eine Strategie zur Therapie von Typ I-Allergien entwickelt und evaluiert, welche auf der Inhibition allergenspezifischer T-Zellen durch Dendritische Zellen (DC), die selektiv nach DNA-Immunisierung sowohl das relevante Allergen als auch Indolamin 2,3-dioxygenase (IDO) konstitutiv produzieren, basiert. IDO ist ein Enzym aus dem Tryptophan-Stoffwechsel, dessen Produktion durch DC einen lokalen immunsuppressiven Mechanismus induziert und in verschiedenen Situationen mit der Induktion peripherer Toleranz assoziiert ist. Zunächst wurden Plasmide hergestellt, die entweder IDO alleine oder IDO zusammen mit dem Antigen unter der Kontrolle des ubiquitär aktiven CMV- bzw. des DC-spezifischen Fascin-Promotors kodieren. Die Überprüfung der IDO-Expression durch die monocistronischen Plasmide anhand von Transfektionsexperimenten in vitro ergab, dass die IDO-Expression unter der Kontrolle des CMV-Promotors sehr viel stärker ausfiel als unter der Kontrolle des Fascin-Promotors. Nach Transfektion mit den bicistronischen Vektoren, in denen die Transgene für das Antigen und IDO durch eine IRES-Sequenz verbunden waren, war die IDO-Expression jedoch insgesamt sehr schwach. Im Rahmen der Überprüfung der Funktionalität der IDO-Expressionplasmide in vivo unter Verwendung der Genpistole wurden daher lediglich Plasmide getestet, die alleine IDO unter der Kontrolle des CMV-Promotors bzw. des Fascin-Promotors kodieren. Auch in vivo wurde eine stärkere IDO-Expression nach biolistischer Transfektion mit solchen Vektoren beobachtet, in denen der CMV-Promotor zur Expressionskontrolle verwendet wurde. Die Analyse des Einflusses einer Koexpression von IDO auf die durch biolistische Immunisierung mit einem antigenkodierenden Vektor induzierte systemische Immunantwort offenbarte einen inhibitorischer Effekt für den Fall, dass die Antigenproduktion mittels des Fascin-Promotors auf DC fokussiert war und die Expression des koapplizierten IDO-Transgens unter der Kontrolle des CMV-Promotors stand. In diesem Fall wurde eine Reduktion der antigenspezifischen IgG1- und IgG2a-Produktion, eine verringerte Sekretion von IFN-y durch restimulierte Milz- und Lymphknotenzellen sowie eine Reduktion der Zahl antigenspezifischer CD8+ Effektor-T-Zellen nachgewiesen. Im Mausmodell der IgE-vermittelten Typ I-Allergie wurde weiterhin gezeigt, dass nach prophylaktischer biolistischer Vakzinierung unter Verwendung dieser Vektorkombination eine Inhibition der durch die Vakzinierung bedingten antigenspezifischen Th1-Immunantwort ausgelöst wurde. Die Suppression der Th2-Antwort, welche durch Transfektion mit dem Antigenkodierenden Vektor unter Kontrolle des Fascin-Promotors bewirkt wurde, wurde durch Kotransfektion mit den IDO-kodierenden Vektoren aufrecht erhalten.
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Die Kontrolle der Cytomegalovirus(CMV)-Infektion durch CD8 T-Zellen ist abhängig von der effizienten MHC-Klasse-I-Präsentation viraler Peptide auf der Zelloberfläche. Um die Erkennung infizierter Zellen zu unterdrücken, interferieren während der Early (E)-Phase der murinen CMV (mCMV)-Infektion virale Immunevasine mit dem intrazellulären Transport von Peptid-MHC-I (pMHC-I) Komplexen. Den Immunevasinen gelingt es allerdings nicht, ein Priming mCMV-spezifischer CD8 T-Zellen zu verhindern. Daher wurde angenommen, dass die Initiation der antiviralen CD8 T-Zellantwort primär auf der Cross-Präsentation viraler Peptide auf nicht-infizierten, professionellen Antigen-präsentierenden Zellen (profAPC) beruht und damit unabhängig von viralen Immunevasionsmechanismen ist.rnIm Rahmen der vorliegenden Arbeit wurde mittels BAC-Mutagenese eine mCMV-Rekombinante generiert, um die direkte Präsentation viraler Peptide durch die zusätzliche Expression des zentralen Immunevasins m152 bereits in der Immediate Early (IE)-Phase verstärkt zu unterdrücken. Wie erwartet reduzierte die verstärkte m152-Expression sowohl in der IE- als auch in der E-Phase die pMHC-I-Präsentation in vitro. Dies führte überraschenderweise nach Infektion immunkompetenter BALB/c-Mäuse (Haplotyp H-2d) zu einer verminderten CD8 T-Zellantwort und damit zur Verschlechterung der Kontrolle der Infektion im drainierenden Lymphknoten. Diese Beobachtungen weisen erstmals auf einen wichtigen Beitrag der direkten Antigenpräsentation bei der Initiation der mCMV-spezifischen CD8 T-Zellantwort im immunkompetenten Wirt hin. Zusätzlich konnte auch nach mCMV-Infektion von Cross-Präsentations-defizienten Mäusen (Haplotyp H-2b) eine antivirale CD8 T-Zellantwort initiiert werden. Diese Beobachtung bestätigt, dass durch direkte Antigenpräsentation auf infizierten profAPC trotz viraler Immunevasionsmechanismen eine CD8 T-Zellantwort induziert werden kann. Allerdings wurde weder die antivirale CD8 T-Zellantwort noch die Kontrolle der Infektion im Haplotyp H-2b durch die verstärkte m152-Expression moduliert.rnIn einem weiteren Teil der Arbeit konnte im klinisch relevanten Modellsystem der mCMV-Infektion von Knochenmarktransplantations (KMT)-Rezipienten (Haplotyp H-2d) gezeigt werden, dass die verstärkte m152-Expression die Rekrutierung IE1-spezifischer CD8 T-Zellen in die infizierte Lunge unterdrückt. Dies konnte sowohl früh nach Infektion, als auch während der viralen Latenz nachgewiesen werden. Zusätzlich war die Rekrutierung IE1-spezifischer CD8 T-Zellen in die Lunge deutlich vermindert in Ld--Rezipienten von Ld+-hämatopoetischen Zellen, die das IE1-präsentierende MHC-I-Molekül Ld nicht auf den nicht-hämatopoetischen Gewebszellen exprimieren. Diese Beobachtungen zeigen, dass die Rekrutierung antiviraler CD8 T-Zellen in ein peripheres Organ von der direkten Antigenpräsentation auf nicht-hämatopoetischen, infizierten Gewebszellen bestimmt wird.rnIn der vorliegenden Arbeit konnte somit erstmals gezeigt werden, dass trotz viraler Immunevasionsmechanismen nach mCMV-Infektion des immunkompetenten Wirtes und des KMT-Rezipienten die antivirale CD8 T-Zellantwort von der direkten Antigenpräsentation bestimmt wird.
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Aus dem tumorreaktiven T-Zellrepertoire der Melanompatientin Ma-Mel-86/INTH, bei der im Verlauf Lymphknotenmetastasen HLA-Klasse I-negativer Tumorzellen auftraten, wurden durch Stimulation mit autologen Tumorzellen CD8+ T-Zellklone isoliert und expandiert, die auf Melanomzellen der Patientin CSF2RA (engl. GM-CSF receptor alpha chain) in HLA-unabhängiger Weise erkannten. Aus einem der T-Zellklone wurde ein CSF2RA-reaktiver α:β-T-Zellrezeptor (TCR, engl. T-cell receptor) kloniert (Bezeichnung: TCR-1A.3/46). Die α-Kette des TCR enthielt die Domänen TRAV14/DV4*01, TRAJ48*01 und TRAC*01, die β-Kette die Domänen TRBV10-3*01, TRBD2*01, TRBJ2-7*01 und TRBC2*01. Durch Austausch der humanen konstanten gegen die homologen murinen Domänen wurde der TCR optimiert (Bezeichnung: cTCR-1A.3/46) und hinsichtlich seiner Expression und Funktionalität nach retroviralem Transfer in humane PBMC (engl. peripheral blood mononuclear cells) im 51Chromfreisetzungstest, im IFN-γ-ELISpot-Assay und in einem Degranulations-Assay validiert. TCR-transgene T-Zellen lysierten nicht nur spezifisch die HLA-defizienten, CSF2RA+ Melanomlinien des Modells Ma-Mel-86, sondern erkannten auch Zelllinien verschiedener Spezies nach Transfektion von CSF2RA sowie Monozyten, Granulozyten, dendritische Zellen und ein breites Spektrum hämatologischer Malignome myeloiden Ursprungs ungeachtet deren HLA-Phänotypen. Lymphatische Zellen sowie CD34+ Blutstammzellen wurden in In vitro-Untersuchungen nicht erkannt. Der Zusatz von GM-CSF zu Zellen, die CSF2RA und CSF2RB exprimierten, inhibierte die Erkennung durch TCR-transgene PBMC, während die Koexpression der α- und der ß-Kette des GM-CSF-Rezeptors alleine keinen negativen Effekt auf die Erkennung hatte. Daraus war zu schließen, dass CSF2RA präferentiell freistehend und weniger nach Integration in den heteromultimerischen GM-CSF-Rezeptor-Komplex erkannt wurde. In der zweidimensionalen Collier-de-Perles-Visualisierung der IMGT-Datenbank (engl. International immunogenetics information system) wies der CSF2RA-reaktive TCR-1A.3/46 im Vergleich zu TCR von konventionellen, HLA-restringierten T-Zellen keine Besonderheiten auf. Darüber hinaus waren auch die von den HLA-unabhängigen T-Zellen exprimierten CD8-Moleküle identisch zu den CD8-Molekülen HLA-abhängiger CTL (engl. cytotoxic T lymphocytes). Die Präsenz von CD8-Molekülen förderte die HLA-unabhängige Erkennung von CSF2RA, schien aber dafür nicht zwingend erforderlich zu sein, da Antikörper gegen CD8 die Erkennung zu ca. 65 % blockierten und TCR-transgene CD4+ T-Zellen im Vergleich zu TCR-transduzierten CD8+ T-Zellen eine deutlich verringerte, aber noch erhaltene Funktionalität aufwiesen. Es ist derzeit nicht klar, ob HLA-unabhängige T-Zellen gegen CSF2RA im peripheren Blut der Patientin vorkamen, weil sie der im Tiermodell postulierten Thymusselektion MHC-unabhängiger TCR (Tikhonova et al., Immunity 36:79, 2012) entkommen waren, oder weil ein ursprünglich gegen einen HLA-Peptid-Komplex gerichteter TCR eine HLA-unabhängige Kreuzreaktivität aufwies. CSF2RA verbessert die Glucoseutilisation in malignen Zellen, und es wurden ihm embryotrophe Eigenschaften zugeschrieben (Spielholz et al., Blood 85:973, 1995; Sjöblom et al., Biol. Reprod. 67:1817, 2002). Damit kann CSF2RA malignes Wachstum fördern und ist somit ein potentielles Zielmolekül für die Immuntherapie. Seine HLA-unabhängige Erkennung würde sowohl die HLA-Vielfalt als auch den HLA-Verlust als typische Limitationen der T-Zellimmuntherapie umgehen. Zur Überprüfung der In vivo-Spezifität des HLA-unabhängigen TCR gegen CSF2RA und damit zum Ausschluss relevanter off-tumor-/on-target- bzw. off-tumor-/off-target-Effekte ist jedoch eine Testung in einem präklinischen Tiermodell erforderlich.
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Immediate breast reconstruction (IBR) has become an established procedure for women necessitating mastectomy. Traditionally, the nipple-areola complex (NAC) is resected during this procedure. The NAC, in turn, is a principal factor determining aesthetic outcome after breast reconstruction, and due to its particular texture and shape, a natural-looking NAC can barely be reconstructed with other tissues. The aim of this study was to assess the oncological safety as well as morbidity and aesthetic outcome after replantation of the NAC some days after IBR. Retrospective analysis of 85 patients receiving 88 mastectomies and IBR between 1998 and 2007 was conducted. NAC (n=29) or the nipple alone (n=23) were replanted 7 days (median, range 2-10 days) after IBR in 49 patients, provided the subareolar tissue was histologically negative for tumour infiltration. Local recurrence rate was assessed after 49 months (median, range 6-120 months). Aesthetic outcome was evaluated by clinical assessment during routine follow-up at least 12 months after the last intervention. Malignant involvement of the subareolar tissue was found in eight cases (9.1%). Patients qualifying for NAC replantation were in stage 0 in 29%, stage I in 15%, stage IIa in 31%, stage IIb in 17% and stage III in 8%. Total or partial necrosis occurred in 69% and 26% if the entire NAC or only the nipple were replanted, respectively (P<0.01). Depigmentation was seen in 52% and corrective surgery was done in 11 out of 52 NAC or nipple replantations. Local recurrence and isolated regional lymph node metastasis were observed in one single case each. Another 5.8% of the patients showed distant metastases. We conclude that the replantation of the NAC in IBR is oncologically safe, provided the subareolar tissue is free of tumour. However, the long-term aesthetic outcome of NAC replantation is not satisfying, which advocates replanting the nipple alone.
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We investigated the feasibility and safety of four-arm robotic lung lobectomy in patients with lung cancer and described the robotic lobectomy technique with mediastinal lymph node dissection.
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Prolonged postoperative pain and delayed intestinal transit are frequent problems following extended pelvic lymph-node dissection (PLND) and cystectomy.
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Recently published studies suggest that the anesthetic technique used during oncologic surgery affects cancer recurrence. To evaluate the effect of anesthetic technique on disease progression and long-term survival, we compared patients receiving general anesthesia plus intraoperative and postoperative thoracic epidural analgesia with patients receiving general anesthesia alone undergoing open retropubic radical prostatectomy with extended pelvic lymph node dissection.
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Diffusion-weighted magnetic resonance imaging (DW-MRI) appears to hold promise as a non-invasive imaging modality in the detection of early microstructural and functional changes of different organs. DW-MRI is an imaging technique with a high sensitivity for the detection of a large variety of diseases in the urogenital tract. In kidneys, DW-MRI has shown promise for the characterization of solid lesions. Also in focal T1 hyperintense lesions DW-MRI was able to differentiate hemorrhagic cysts from tumours according to the lower apparent diffusion coefficient (ADC) values reported for renal cell carcinomas. Promising results were also published for the detection of prostate cancer. DW-MRI applied in addition to conventional T2-weighted imaging has been found to improve tumour detection. On a 3 T magnetic resonance unit ADC values were reported to be lower for tumours compared with the normal-appearing peripheral zone. The combined approach of T2-weighted imaging and DW-MRI also showed promising results for the detection of recurrent tumour in patients after radiation therapy. DW-MRI may improve the performance of conventional T2-weighted and contrast-enhanced MRI in the preoperative work-up of bladder cancer, as it may help in distinguishing superficial from muscle invasive bladder cancer, which is critical for patient management. Another challenging application of DW-MRI in the urogenital tract is the detection of pelvic lymph node metastases. As the ADC is generally reduced in malignant tumours and increased under inflammatory conditions, reduced ADC values were expected in patients with lymph node metastases.