705 resultados para Wissenschaftlichen Abhandlung
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The global mid-ocean ridge system creates oceanic crust and lithosphere that covers more than two-thirds of the Earth. Basalts are volumetrically the most important rock type sampled at mid-ocean ridges. For this reason, our present understanding of upper mantle dynamics and the chemical evolution of the earth is strongly influenced by the study of mid-ocean ridge basalts (MORB). However, MORB are aggregates of polybarically generated small melt increments that can undergo a variety of physical and chemical processes during their ascent and consequently affect their derivative geochemical composition. Therefore, MORB do not represent “direct” windows to the underlying upper mantle. Abyssal peridotites, upper mantle rocks recovered from the ocean floor, are the residual complement to MORB melting and provide essential information on melt extraction from the upper mantle. In this study, abyssal peridotites are examined to address these overarching questions posed by previous studies of MORB: How are basaltic melts formed in the mantle, how are they extracted from the mantle and what physical and chemical processes control mantle melting? The number of studies on abyssal peridotites is small compared to those on basalts, in part because seafloor exposures of abyssal peridotites are relatively rare. For this reason, abyssal peridotite characteristics need to be considered in the context of subaerially exposed peridotites associated with ophiolites, orogenic peridotite bodies and basalt-hosted xenoliths. However, orogenic peridotite bodies are mainly associated with passive continental margins, most ophiolites are formed in supra-subduction zone settings, and peridotite xenoliths are often contaminated by their host magma. Therefore, studies of abyssal peridotites are essential to understanding the primary characteristics of the oceanic upper mantle free from the influence of continental rifting, subduction and tectonic emplacement processes. Nevertheless, numerous processes such as melt stagnation and cooling-induced, inter-mineral exchange can affect residual abyssal peridotite compositions after the cessation of melting. The aim of this study is to address these post-melting modifications of abyssal peridotites from a petrological-geochemical perspective. The samples in this study were dredged along the axis of the ultraslow-spreading Gakkel Ridge in the Arctic Ocean within the “Sparsely Magmatic Zone”, a 100 km ridge section where only mantle rocks are exposed. During two expeditions (ARK XVII-2 in 2001 and ARK XX-2 in 2004), exceptionally fresh peridotites were recovered. The boulders and cobbles collected cover a range of mantle rock compositions, with most characterized as plagioclase-free spinel peridotites or plagioclase- spinel peridotites. This thesis investigates melt stagnation and cooling processes in the upper mantle and is divided into two parts. The first part focuses on processes in the stability field of spinel peridotites (>10 kb) such as melt refertilization and cooling related trace element exchange, while the second part investigates processes in the stability field of plagioclase peridotites (< 10 kb) such as reactive melt migration and melt stagnation. The dissertation chapters are organized to follow the theoretical ascent of a mantle parcel upwelling beneath the location where the samples were collected.
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Im Rahmen der Doktorarbeit wurde das umstrittene Thema, ob die elektromagnetischen Felder biologischer Proben klassischer oder nichtklassischer Natur sind, sowohl von der theoretischen, als auch von der experimentellen Seite behandelt. Nach einer ausführlichen theoretischen Abhandlung werden die verschiedenen Möglichkeiten zum Nachweis nichtklassischer Zustände mit dem vorhandenen Messaufbau beschrieben. Diese Methoden wurden experimentell angewendet, führten aber zu keiner klaren Unterscheidung. Deshalb wurden verschiedene Simulationen durchgeführt und deren Ergebnisse diskutiert.
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Korruption, Gewalt, Machtmissbrauch – im medialen, aber auch im wissenschaftlichen Diskurs wird die afrikanische Polizei oft als dysfunktionale staatliche Institution dargestellt. Dabei erscheinen Polizisten und zivile Akteure als klar voneinander abgegrenzte Akteursgruppen, wobei die Polizisten einseitig das staatliche Gewaltmonopol durchsetzen. Ein Blick auf den Alltag polizeilichen Handelns in Nordghana eröffnet jedoch eine andere Perspektive: Wegen der niedrigen Legitimität, konkurrierenden alternativen Rechtsinstanzen und den Widersprüchen innerhalb ihrer Institution sind Polizisten mit massiven Unsicherheiten konfrontiert. Ihre Praktiken können als situative Anpassungen der Polizeiarbeit an dieses Umfeld verstanden werden. Dabei übertragen Polizisten oft Kernaufgaben ihrer Institution an zivile Akteure, die sogenannten „friends of the police“. Auch zivile Akteure verfügen jedoch durch physischen Widerstand, Beziehungen, Status und Geld über beträchtliche Beeinflussungsmöglichkeiten. Die öffentliche Ordnung ergibt sich erst aus den Verhandlungen zwischen den Polizisten und unterschiedlichen zivilen Akteuren unter Einbeziehung ihrer sozialen Ressourcen und moralischer Vorstellungen.
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Numerosi incidenti verificatisi negli ultimi dieci anni in campo chimico e petrolchimico sono dovuti all’innesco di sostanze infiammabili rilasciate accidentalmente: per questo motivo gli scenari incidentali legati ad incendi esterni rivestono oggigiorno un interesse crescente, in particolar modo nell’industria di processo, in quanto possono essere causa di ingenti danni sia ai lavoratori ed alla popolazione, sia alle strutture. Gli incendi, come mostrato da alcuni studi, sono uno dei più frequenti scenari incidentali nell’industria di processo, secondi solo alla perdita di contenimento di sostanze pericolose. Questi eventi primari possono, a loro volta, determinare eventi secondari, con conseguenze catastrofiche dovute alla propagazione delle fiamme ad apparecchiature e tubazioni non direttamente coinvolte nell’incidente primario; tale fenomeno prende il nome di effetto domino. La necessità di ridurre le probabilità di effetto domino rende la mitigazione delle conseguenze un aspetto fondamentale nella progettazione dell’impianto. A questo scopo si impiegano i materiali per la protezione passiva da fuoco (Passive Fire Protection o PFP); essi sono sistemi isolanti impiegati per proteggere efficacemente apparecchiature e tubazioni industriali da scenari di incendio esterno. L’applicazione dei materiali per PFP limita l’incremento di temperatura degli elementi protetti; questo scopo viene raggiunto tramite l’impiego di differenti tipologie di prodotti e materiali. Tuttavia l’applicazione dei suddetti materiali fireproofing non può prescindere da una caratterizzazione delle proprietà termiche, in particolar modo della conducibilità termica, in condizioni che simulino l’esposizione a fuoco. Nel presente elaborato di tesi si è scelto di analizzare tre materiali coibenti, tutti appartenenti, pur con diversità di composizione e struttura, alla classe dei materiali inorganici fibrosi: Fibercon Silica Needled Blanket 1200, Pyrogel®XT, Rockwool Marine Firebatt 100. I tre materiali sono costituiti da una fase solida inorganica, differente per ciascuno di essi e da una fase gassosa, preponderante come frazione volumetrica. I materiali inorganici fibrosi rivestono una notevole importanza rispetto ad altri materiali fireproofing in quanto possono resistere a temperature estremamente elevate, talvolta superiori a 1000 °C, senza particolari modifiche chimico-fisiche. Questo vantaggio, unito alla versatilità ed alla semplicità di applicazione, li rende leader a livello europeo nei materiali isolanti, con una fetta di mercato pari circa al 60%. Nonostante l’impiego dei suddetti materiali sia ormai una realtà consolidata nell’industria di processo, allo stato attuale sono disponibili pochi studi relativi alle loro proprietà termiche, in particolare in condizioni di fuoco. L’analisi sperimentale svolta ha consentito di identificare e modellare il comportamento termico di tali materiali in caso di esposizione a fuoco, impiegando nei test, a pressione atmosferica, un campo di temperatura compreso tra 20°C e 700°C, di interesse per applicazioni fireproofing. Per lo studio delle caratteristiche e la valutazione delle proprietà termiche dei tre materiali è stata impiegata principalmente la tecnica Transient Plane Source (TPS), che ha consentito la determinazione non solo della conducibilità termica, ma anche della diffusività termica e della capacità termica volumetrica, seppure con un grado di accuratezza inferiore. I test sono stati svolti su scala di laboratorio, creando un set-up sperimentale che integrasse opportunamente lo strumento Hot Disk Thermal Constants Analyzer TPS 1500 con una fornace a camera ed un sistema di acquisizione dati. Sono state realizzate alcune prove preliminari a temperatura ambiente sui tre materiali in esame, per individuare i parametri operativi (dimensione sensori, tempi di acquisizione, etc.) maggiormente idonei alla misura della conducibilità termica. Le informazioni acquisite sono state utilizzate per lo sviluppo di adeguati protocolli sperimentali e per effettuare prove ad alta temperatura. Ulteriori significative informazioni circa la morfologia, la porosità e la densità dei tre materiali sono state ottenute attraverso stereo-microscopia e picnometria a liquido. La porosità, o grado di vuoto, assume nei tre materiali un ruolo fondamentale, in quanto presenta valori compresi tra 85% e 95%, mentre la frazione solida ne costituisce la restante parte. Inoltre i risultati sperimentali hanno consentito di valutare, con prove a temperatura ambiente, l’isotropia rispetto alla trasmissione del calore per la classe di materiali coibenti analizzati, l’effetto della temperatura e della variazione del grado di vuoto (nel caso di materiali che durante l’applicazione possano essere soggetti a fenomeni di “schiacciamento”, ovvero riduzione del grado di vuoto) sulla conducibilità termica effettiva dei tre materiali analizzati. Analoghi risultati, seppure con grado di accuratezza lievemente inferiore, sono stati ottenuti per la diffusività termica e la capacità termica volumetrica. Poiché è nota la densità apparente di ciascun materiale si è scelto di calcolarne anche il calore specifico in funzione della temperatura, di cui si è proposto una correlazione empirica. I risultati sperimentali, concordi per i tre materiali in esame, hanno mostrato un incremento della conducibilità termica con la temperatura, da valori largamente inferiori a 0,1 W/(m∙K) a temperatura ambiente, fino a 0,3÷0,4 W/(m∙K) a 700°C. La sostanziale similitudine delle proprietà termiche tra i tre materiali, appartenenti alla medesima categoria di materiali isolanti, è stata riscontrata anche per la diffusività termica, la capacità termica volumetrica ed il calore specifico. Queste considerazioni hanno giustificato l’applicazione a tutti i tre materiali in esame dei medesimi modelli per descrivere la conducibilità termica effettiva, ritenuta, tra le proprietà fisiche determinate sperimentalmente, la più significativa nel caso di esposizione a fuoco. Lo sviluppo di un modello per la conducibilità termica effettiva si è reso necessario in quanto i risultati sperimentali ottenuti tramite la tecnica Transient Plane Source non forniscono alcuna informazione sui contributi offerti da ciascun meccanismo di scambio termico al termine complessivo e, pertanto, non consentono una facile generalizzazione della proprietà in funzione delle condizioni di impiego del materiale. La conducibilità termica dei materiali coibenti fibrosi e in generale dei materiali bi-fasici tiene infatti conto in un unico valore di vari contributi dipendenti dai diversi meccanismi di scambio termico presenti: conduzione nella fase gassosa e nel solido, irraggiamento nelle superfici delle cavità del solido e, talvolta, convezione; inoltre essa dipende fortemente dalla temperatura e dalla porosità. Pertanto, a partire dal confronto con i risultati sperimentali, tra cui densità e grado di vuoto, l’obiettivo centrale della seconda fase del progetto è stata la scelta, tra i numerosi modelli a disposizione in letteratura per materiali bi-fasici, di cui si è presentata una rassegna, dei più adatti a descrivere la conducibilità termica effettiva nei materiali in esame e nell’intervallo di temperatura di interesse, fornendo al contempo un significato fisico ai contributi apportati al termine complessivo. Inizialmente la scelta è ricaduta su cinque modelli, chiamati comunemente “modelli strutturali di base” (Serie, Parallelo, Maxwell-Eucken 1, Maxwell-Eucken 2, Effective Medium Theory) [1] per la loro semplicità e versatilità di applicazione. Tali modelli, puramente teorici, hanno mostrato al raffronto con i risultati sperimentali numerosi limiti, in particolar modo nella previsione del termine di irraggiamento, ovvero per temperature superiori a 400°C. Pertanto si è deciso di adottare un approccio semi-empirico: è stato applicato il modello di Krischer [2], ovvero una media pesata su un parametro empirico (f, da determinare) dei modelli Serie e Parallelo, precedentemente applicati. Anch’esso si è rivelato non idoneo alla descrizione dei materiali isolanti fibrosi in esame, per ragioni analoghe. Cercando di impiegare modelli caratterizzati da forte fondamento fisico e grado di complessità limitato, la scelta è caduta sui due recenti modelli, proposti rispettivamente da Karamanos, Papadopoulos, Anastasellos [3] e Daryabeigi, Cunnington, Knutson [4] [5]. Entrambi presentavano il vantaggio di essere stati utilizzati con successo per materiali isolanti fibrosi. Inizialmente i due modelli sono stati applicati con i valori dei parametri e le correlazioni proposte dagli Autori. Visti gli incoraggianti risultati, a questo primo approccio è seguita l’ottimizzazione dei parametri e l’applicazione di correlazioni maggiormente idonee ai materiali in esame, che ha mostrato l’efficacia dei modelli proposti da Karamanos, Papadopoulos, Anastasellos e Daryabeigi, Cunnington, Knutson per i tre materiali analizzati. Pertanto l’obiettivo finale del lavoro è stato raggiunto con successo in quanto sono stati applicati modelli di conducibilità termica con forte fondamento fisico e grado di complessità limitato che, con buon accordo ai risultati sperimentali ottenuti, consentono di ricavare equazioni predittive per la stima del comportamento, durante l’esposizione a fuoco, dei materiali fireproofing in esame. Bologna, Luglio 2013 Riferimenti bibliografici: [1] Wang J., Carson J.K., North M.F., Cleland D.J., A new approach to modelling the effective thermal conductivity of heterogeneous materials. International Journal of Heat and Mass Transfer 49 (2006) 3075-3083. [2] Krischer O., Die wissenschaftlichen Grundlagen der Trocknungstechnik (The Scientific Fundamentals of Drying Technology), Springer-Verlag, Berlino, 1963. [3] Karamanos A., Papadopoulos A., Anastasellos D., Heat Transfer phenomena in fibrous insulating materials. (2004) Geolan.gr http://www.geolan.gr/sappek/docs/publications/article_6.pdf Ultimo accesso: 1 Luglio 2013. [4] Daryabeigi K., Cunnington G. R., and Knutson J. R., Combined Heat Transfer in High-Porosity High-Temperature Fibrous Insulation: Theory and Experimental Validation. Journal of Thermophysics and Heat Transfer 25 (2011) 536-546. [5] Daryabeigi K., Cunnington G.R., Knutson J.R., Heat Transfer Modeling for Rigid High-Temperature Fibrous Insulation. Journal of Thermophysics and Heat Transfer. AIAA Early Edition/1 (2012).
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In Eritrea findet eine rasche Verbreitung von Prosopis (juliflora) statt, die sich negativ auf die Naturresourcen als auch die sozio-ökonomische Lage der ländlichen Bevölkerung auswirkt. Die Landbevölkerung Eritrea's ist davon überzeugt, dass die Pflanze vor allem die Ernährungssicherung beeinträchtigt und will deshalb, dass sie ausgerottet wird. Die vorliegende Dissertation beschreibt die Auswirkung von Posopis auf lokale Öko- und Wirtschaftssysteme und zieht Vergleiche mit der diesbezüglichen Situation in anderen Ländern. Im Weiteren stellt sie einen Prosopis Management-Plan vor, dessen Ziel es ist, die zunehmende Verbreitung zu verhindern. Auch liefert sie eine Gegenüberstellung der Ansichten von wissenschaftlichen Experten einerseits und Bauern und Nomaden andrerseits. Sie zeigt auf, dass die weit verbreitete Annahme der Experten das Problem Prosopis durch ökonomische Nutzung ("eradication by utilisation") in Schach halten zu können, fraglich ist.
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It is currently widely accepted that the understanding of complex cell functions depends on an integrated network theoretical approach and not on an isolated view of the different molecular agents. Aim of this thesis was the examination of topological properties that mirror known biological aspects by depicting the human protein network with methods from graph- and network theory. The presented network is a partial human interactome of 9222 proteins and 36324 interactions, consisting of single interactions reliably extracted from peer-reviewed scientific publications. In general, one can focus on intra- or intermodular characteristics, where a functional module is defined as "a discrete entity whose function is separable from those of other modules". It is found that the presented human network is also scale-free and hierarchically organised, as shown for yeast networks before. The interactome also exhibits proteins with high betweenness and low connectivity which are biologically analyzed and interpreted here as shuttling proteins between organelles (e.g. ER to Golgi, internal ER protein translocation, peroxisomal import, nuclear pores import/export) for the first time. As an optimisation for finding proteins that connect modules, a new method is developed here based on proteins located between highly clustered regions, rather than regarding highly connected regions. As a proof of principle, the Mediator complex is found in first place, the prime example for a connector complex. Focusing on intramodular aspects, the measurement of k-clique communities discriminates overlapping modules very well. Twenty of the largest identified modules are analysed in detail and annotated to known biological structures (e.g. proteasome, the NFκB-, TGF-β complex). Additionally, two large and highly interconnected modules for signal transducer and transcription factor proteins are revealed, separated by known shuttling proteins. These proteins yield also the highest number of redundant shortcuts (by calculating the skeleton), exhibit the highest numbers of interactions and might constitute highly interconnected but spatially separated rich-clubs either for signal transduction or for transcription factors. This design principle allows manifold regulatory events for signal transduction and enables a high diversity of transcription events in the nucleus by a limited set of proteins. Altogether, biological aspects are mirrored by pure topological features, leading to a new view and to new methods that assist the annotation of proteins to biological functions, structures and subcellular localisations. As the human protein network is one of the most complex networks at all, these results will be fruitful for other fields of network theory and will help understanding complex network functions in general.
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Diese Arbeit präsentiert Forschungsergebnisse der beiden wissenschaftlichen Projekte POLYSOA und OOMPH. Für das POLYSOA-Projekt, welches sich mit der Oligomerbildung in sekundären organischen Aerosolen befasst, wurden zwei Dicarbonylverbindungen bezüglich ihres Oligomerisationsverhaltens untersucht. Hierfür wurden zunächst verschiedene Herstellungsmethoden für die reinen, wasserfreien Monomere Glyoxal (Ethandial) und Methylglyoxal (2-Oxopropanal) erprobt. Diese wurden mit Reinstwasser umgesetzt und die Reaktionsprodukte massenspektrometrisch mittels Direktinfusion in ein ESI-MS untersucht. Es wurde bei den wässrigen Lösungen von Glyoxal eine starke Tendenz zur Oligomerbildung beobachtet. Die Zusammensetzung dieser Acetal-Oligomere wurde durch MS2-Experimente analysiert. Methylglyoxal bildete bei den durchgeführten Experimenten ebenfalls bei der Reaktion mit Wasser Oligomere. Zum Ausschluss, dass es sich bei den mittels ESI-MS gemessenen Oligomer-Ionen nicht um Ionenquellenartefakte handelte, wurde eine HPLC-Trennung vorgenommen. Diese Experimente ergaben, dass es sich nicht um Artefakte handelt. Als Teil des OOMPH-Projekts wurden mit einem Aerodyne-HRToF-AMS Messungen an Bord des französischem Forschungsschiffes RV Marion Dufresne durchgeführt. Um detaillierte Informationen über die hierbei im organischen Aerosol enthaltenen Moleküle zu erhalten wurde eine neue Methode entwickelt. Es wurde eine Ionenliste erstellt, die mögliche Fragment-Ionen sowie deren exakte Masse enthält. Reihen von homologen Ionen wurden in Gruppen zusammengefasst. Ein selbstentwickelter Algorithmus berechnet die Signalanteile der einzelnen Ionen aus der Ionenliste am Gesamtsignal. Die erhaltenen einzelnen Signalanteile wurden entsprechend den Ionengruppen zusammengefasst. Hieraus können Informationen über die im Aerosol enthaltenen Molekülbausteine erhalten werden. Im OOMPH-Datensatz konnten so Aerosole verschiedener chemischer Zusammensetzung unterschieden werden. Ein Rückschluss auf einzelne Moleküle kann jedoch nicht gezogen werden.
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Dextran-based polymers are versatile hydrophilic materials, which can provide functionalized surfaces in various areas including biological and medical applications. Functional, responsive, dextran based hydrogels are crosslinked, dextran based polymers allowing the modulation of response towards external stimuli. The controlled modulation of hydrogel properties towards specific applications and the detailed characterization of the optical, mechanical, and chemical properties are of strong interest in science and further applications. Especially, the structural characteristics of swollen hydrogel matrices and the characterization of their variations upon environmental changes are challenging. Depending on their properties hydrogels are applied as actuators, biosensors, in drug delivery, tissue engineering, or for medical coatings. However, the field of possible applications still shows potential to be expanded. rnSurface attached hydrogel films with a thickness of several micrometers can serve as waveguiding matrix for leaky optical waveguide modes. On the basis of highly swelling and waveguiding dextran based hydrogel films an optical biosensor concept was developed. The synthesis of a dextran based hydrogel matrix, its functionalization to modulate its response towards external stimuli, and the characterization of the swollen hydrogel films were main interests within this biosensor project. A second focus was the optimization of the hydrogel characteristics for cell growth with the aim of creating scaffolds for bone regeneration. Matrix modification towards successful cell growth experiments with endothelial cells and osteoblasts was achieved.rnA photo crosslinkable, carboxymethylated dextran based hydrogel (PCMD) was synthesized and characterized in terms of swelling behaviour and structural properties. Further functionalization was carried out before and after crosslinking. This functionalization aimed towards external manipulation of the swelling degree and the charge of the hydrogel matrix important for biosensor experiments as well as for cell adhesion. The modulation of functionalized PCMD hydrogel responses to pH, ion concentration, electrochemical switching, or a magnetic force was investigated. rnThe PCMD hydrogel films were optically characterized by combining surface plasmon resonance (SPR) and optical waveguide mode spectroscopy (OWS). This technique allows a detailed analysis of the refractive index profile perpendicular to the substrate surface by applying the Wentzel Kramers Brillouin (WKB) approximation. rnIn order to perform biosensor experiments, analyte capturing units such as proteins or antibodies were covalently coupled to the crosslinked hydrogel backbone by applying active ester chemistry. Consequently, target analytes could be located inside the waveguiding matrix. By using labeled analytes, fluorescence enhancement was achieved by fluorescence excitation with the electromagnetic field in the center of the optical waveguide modes. The fluorescence excited by the evanescent electromagnetic field of the surface plasmon was 2 3 orders of magnitude lower. Furthermore, the signal to noise ratio was improved by the fluorescence excitation with leaky optical waveguide modes.rnThe applicability of the PCMD hydrogel sensor matrix for clinically relevant samples was proofed in a cooperation project for the detection of PSA in serum with long range surface plasmon spectroscopy (LRSP) and fluorescence excitation by LRSP (LR SPFS). rn
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Der Begriff "Bannerwolke" bezeichnet ein eindrucksvolles Phänomen aus dem Bereich der Gebirgsmeteorologie. Bannerwolken können gelegentlich im Hochgebirge im Bereich steiler Bergspitzen oder langgezogener Bergrücken, wie z.B. dem Matterhorn in den Schweizer Alpen oder dem Zugspitzgrat in den Bayrischen Alpen beobachtet werden. Der Begriff bezeichnet eine Banner- oder Fahnen-ähnliche Wolkenstruktur, welche an der windabgewandten Seite des Berges befestigt zu sein scheint, während die windzugewandte Seite vollkommen wolkenfrei ist. Bannerwolken fanden bislang, trotz ihres relativ häufigen Auftretens in der wissenschaftlichen Literatur kaum Beachtung. Entsprechend wenig ist über ihren Entstehungsmechanismus und insbesondere die relative Bedeutung dynamischer gegenüber thermodynamischer Prozesse bekannt. In der wissenschaftlichen Literatur wurden bislang 3 unterschiedliche Mechanismen postuliert, um die Entstehung von Bannerwolken zu erklären. Demnach entstehen Bannerwolken durch (a) den Bernoulli-Effekt, insbesondere durch die lokale adiabatische Kühlung hervorgerufen durch eine Druckabnahme entlang quasi-horizontal verlaufender, auf der windzugewandten Seite startender Trajektorien, (b) durch isobare Mischung bodennaher kälterer Luft mit wärmerer Luft aus höheren Schichten, oder (c) durch erzwungene Hebung im aufsteigenden Ast eines Leerotors. Ziel dieser Arbeit ist es, ein besseres physikalisches Verständnis für das Phänomen der Bannerwolke zu entwickeln. Das Hauptaugenmerk liegt auf dem dominierenden Entstehungsmechanismus, der relativen Bedeutung dynamischer und thermodynamischer Prozesse, sowie der Frage nach geeigneten meteorologischen Bedingungen. Zu diesem Zweck wurde ein neues Grobstruktursimulations (LES)-Modell entwickelt, welches geeignet ist turbulente, feuchte Strömungen in komplexem Terrain zu untersuchen. Das Modell baut auf einem bereits existierenden mesoskaligen (RANS) Modell auf. Im Rahmen dieser Arbeit wurde das neue Modell ausführlich gegen numerische Referenzlösungen und Windkanal-Daten verglichen. Die wesentlichen Ergebnisse werden diskutiert, um die Anwendbarkeit des Modells auf die vorliegende wissenschaftliche Fragestellung zu überprüfen und zu verdeutlichen. Die Strömung über eine idealisierte pyramidenförmige Bergspitze wurde für Froude-Zahlen Fr >> 1 sowohl auf Labor- als auch atmosphärischer Skala mit und ohne Berücksichtigung der Feuchtephysik untersucht. Die Simulationen zeigen, dass Bannerwolken ein primär dynamisches Phänomen darstellen. Sie entstehen im Lee steiler Bergspitzen durch dynamisch erzwungene Hebung. Die Simulationen bestätigen somit die Leerotor-Theorie. Aufgrund des stark asymmetrischen, Hindernis-induzierten Strömungsfeldes können Bannerwolken sogar im Falle horizontal homogener Anfangsbedingungen hinsichtlich Feuchte und Temperatur entstehen. Dies führte zu der neuen Erkenntnis, dass zusätzliche leeseitige Feuchtequellen, unterschiedliche Luftmassen in Luv und Lee, oder Strahlungseffekte keine notwendige Voraussetzung für die Entstehung einer Bannerwolke darstellen. Die Wahrscheinlichkeit der Bannerwolkenbildung steigt mit zunehmender Höhe und Steilheit des pyramidenförmigen Hindernisses und ist in erster Näherung unabhängig von dessen Orientierung zur Anströmung. Simulationen mit und ohne Berücksichtigung der Feuchtephysik machen deutlich, dass thermodynamische Prozesse (insbes. die Umsetzung latenter Wärme) für die Dynamik prototypischer (nicht-konvektiver) Bannerwolken zweitrangig ist. Die Verstärkung des aufsteigenden Astes im Lee und die resultierende Wolkenbildung, hervorgerufen durch die Freisetzung latenter Wärme, sind nahezu vernachlässigbar. Die Feuchtephysik induziert jedoch eine Dipol-ähnliche Struktur im Vertikalprofil der Brunt-Väisälä Frequenz, was zu einem moderaten Anstieg der leeseitigen Turbulenz führt. Es wird gezeigt, dass Gebirgswellen kein entscheidendes Ingredienz darstellen, um die Dynamik von Bannerwolken zu verstehen. Durch eine Verstärkung der Absinkbewegung im Lee, haben Gebirgswellen lediglich die Tendenz die horizontale Ausdehnung von Bannerwolken zu reduzieren. Bezüglich geeigneter meteorologischer Bedingungen zeigen die Simulationen, dass unter horizontal homogenen Anfangsbedingungen die äquivalentpotentielle Temperatur in der Anströmung mit der Höhe abnehmen muss. Es werden 3 notwendige und hinreichende Kriterien, basierend auf dynamischen und thermodynamischen Variablen vorgestellt, welche einen weiteren Einblick in geeignete meteorologische Bedingungen geben.
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Interpolyelektrolytkomplexe bilden sich spontan bei Mischung von Lösungen entgegengesetzt geladener Polyelektrolyte. Dabei sind die Haupttriebkräfte der Entropiegewinn durch die Freisetzung von niedermolekularen Gegenionen sowie die elektrostatischen Wechselwirkungen. In der letzten Zeit sind sie aufgrund ihrer zahlreichen biologischen und technischen Anwendungen in den Fokus des wissenschaftlichen Interesses gerückt. Vor allem die Anwendung von Komplexen aus DNA und kationischen Polyelektrolyten in der nonviralen Gentherapie wird vielfältig diskutiert. rnIn dieser Arbeit wird eine Polystyrolsulfonat-Bürste mit einer Pfropfdichte von 100 % mit einem kationischen Tensid komplexiert und der Komplex in verschiedenen organischen Lösungsmitteln charakterisiert. Dabei zeigt sich eine signifikante Abhängigkeit des Lösungsverhaltens von der Art und der Konzentration zugesetzter Salze. Dieser Polyelektrolyt-Tensid-Komplex wird anschließend als vereinfachtes Modellsystem für die Komplexierung von DNA verwendet. Als kationische Komponente dient zunächst ein kommerzielles PAMAM-Dendrimer der 5. Generation. Dabei steht die Erhaltung der zylindrischen Topologie der anionischen Polyelektrolytbürste in den gebildeten Komplexen im Vordergrund. Durch Variation des Lösungsmittels und des Protonierungsgleichgewichts werden die experimentellen Bedingungen eingegrenzt, bei denen eine solche topologische Kontrolle möglich ist. Es zeigt sich, dass durch die Verwendung von aprotischen organischen Lösungsmitteln gute Erfolge erzielt werden können. Des Weiteren wird das Komplexierungsverhalten stark durch den Zusatz einer Säure oder einer Base beeinflusst, sodass eine topologische Kontrolle mit einem großen Überschuss einer organischen Base auch in protischen Lösungsmitteln wie Wasser und Methanol möglich wird. Anschließend wird das gleiche Polyanion noch mit einer geschützten Polylysin-Bürste in DMF komplexiert, was zur Bildung von kinetisch kontrollierten Aggregaten führt. Die Bildung dieser Aggregate kann durch den Zusatz eines großen Überschusses an Base verhindert werden und es werden zylindrische Komplexe erhalten, die nur aus einer Polylysin-Bürste bestehen. rn
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Flüchtige organische Bestandteile (engl.: VOC) sind in der Atmosphäre in Spuren vorhanden, spielen aber trotzdem eine wichtige Rolle in der Luftchemie: sie beeinflussen das Ozon der Troposphäre, städtischen Smog, Oxidationskapazität und haben direkte und indirekte Auswirkungen auf die globale Klimaveränderung. Eine wichtige Klasse der VOC sind die Nicht-Methan-Kohlenwasserstoffe (engl.: NMHC), die überwiegend von anthropogenen Quellen kommen. Aus diesem Grund ist für Luftchemiker ein Messinstrument nötig, das die VOC, die NMHC eingeschlossen, mit einer höheren Zeitauflösung misst, besonders für Echtzeitmessungen an Bord eines Forschungsflugzeuges. Dafür wurde das System zur schnellen Beobachtung von organischen Spuren (engl.: FOTOS) entworfen, gebaut für den Einsatz in einem neuen Wissenschaftlichen Flugzeug, das in großen Höhen und über weite Strecken fliegt, genannt HALO. In der Folge wurde FOTOS in zwei Messkampagnen am Boden getestet. FOTOS wurde entworfen und gebaut mit einem speziell angefertigten, automatisierten, kryogenen Probensystem mit drei Fallen und einem angepassten, erworbenen schnellen GC-MS. Ziel dieses Aufbaus war es, die Vielseitigkeit zu vergrößern und das Störungspotential zu verringern, deshalb wurden keine chemischen Trocknungsmittel oder adsorbierenden Stoffe verwendet. FOTOS erreichte eine Probenfrequenz von 5.5 Minuten, während es mindestens 13 verschiedene C2- bis C5-NMHC maß. Die Drei-Sigma-Detektionsgrenze für n- und iso-Pentan wurde als 2.6 und 2.0 pptv ermittelt, in dieser Reihenfolge. Labortests bestätigten, dass FOTOS ein vielseitiges, robustes, hochautomatisiertes, präzises, genaues, empfindliches Instrument ist, geeignet für Echtzeitmessungen von VOC in Probenfrequenzen, die angemessen sind für ein Forschungsflugzeug wie HALO. Um die Leistung von FOTOS zu bestätigen, wurde vom 26. Januar bis 4. Februar 2010 ein Zwischenvergleich gemacht mit dem GC-FID-System am Meteorologischen Observatorium Hohenpeißenberg, einer WMO-GAW-globalen Station. Dreizehn verschiedene NMHC wurden innerhalb des Rahmens der GWA Data Quality Objectives (DQO) analysiert und verglichen. Mehr als 80% der Messungen von sechs C3- bis C5-NMHC erfüllten diese DQO. Diese erste Messkampagne im Feld hob die Robustheit und Messgenauigkeit von FOTOS hervor, zusätzlich zu dem Vorteil der höheren Probenfrequenz, sogar in einer Messung am Boden. Um die Möglichkeiten dieses Instrumentes im Feld zu zeigen, maß FOTOS ausgewählte leichte NMHC während einer Messkampagne im Borealen Waldgebiet, HUMPPA-COPEC 2010. Vom 12. Juli bis zum 12. August 2010 beteiligte sich eine internationale Gruppe von Instituten und Instrumenten an Messungen physikalischer und chemischer Größen der Gas- und Partikelphasen der Luft über dem Borealen Wald an der SMEAR II-Station nahe Hyyttiälä, Finnland. Es wurden mehrere Hauptpunkte von Interesse im Mischungsverhältnis der Alkane und im Isomerenverhätnis von Pentan identifiziert, insbesondere sehr unterschiedliche Perioden niedriger und hoher Variabilität, drei Rauchschwaden von Biomassen-Verbrennung von russischen Waldbränden und zwei Tage mit extrem sauberer Luft aus der Polarregion. Vergleiche der NMHC mit anderen anthropogenen Indikatoren zeigten mehrere Quellen anthropogener Einflüsse am Ort auf und erlaubten eine Unterscheidung zwischen lokalen und weiter entfernten Quellen. Auf einen minimalen natürlichen Beitrag zum 24h-Kreislauf von NOx wurde geschlussfolgert aus der Korrelation von NOx mit Alkanen. Altersschätzungen der Luftmassen durch das Isomerenverhältnis von Pentan wurden erschwert durch sich verändernde Verhältnisse der Quellen und durch Besonderheiten der Photochemie während des Sommers im hohen Norden. Diese Messungen zeigten den Wert des Messens leichter NMHC, selbst in abgelegenen Regionen, als einen zusätzlichen spezifischen Marker von anthropogenem Einfluss.
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The steadily increasing diversity of colloidal systems demands for new theoretical approaches and a cautious experimental characterization. Here we present a combined rheological and microscopical study of colloids in their arrested state whereas we did not aim for a generalized treatise but rather focused on a few model colloids, liquid crystal based colloidal suspensions and sedimented colloidal films. We laid special emphasis on the understanding of the mutual influence of dominant interaction mechanisms, structural characteristics and the particle properties on the mechanical behavior of the colloid. The application of novel combinations of experimental techniques played an important role in these studies. Beside of piezo-rheometry we employed nanoindentation experiments and associated standardized analysis procedures. These rheometric methods were complemented by real space images using confocal microscopy. The flexibility of the home-made setup allowed for a combination of both techniques and thereby for a simultaneous rheological and three-dimensional structural analysis on a single particle level. Though, the limits of confocal microscopy are not reached by now. We show how hollow and optically anisotropic particles can be utilized to quantify contact forces and rotational motions for individual particles. In future such data can contribute to a better understanding of particle reorganization processes, such as the liquidation of colloidal gels and glasses under shear.
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Gewalttätig, korrupt und faul oder eher gesetzestreu, hilfsbereit und freundlich? Diese Abhandlung befasst sich mit der Arbeitsweise der Beniner Polizei und den Bildern, die sie von sich erzeugt und den Eindrücken, die sie bei den Bürgern hinterlässt. Die Arbeit liefert Erkenntnisse über den Aufbau und die Arbeitsweise der Beniner Polizei. Sie verweist auch auf das Konkurrenzverhältnis der Polizei zu anderen Sicherheitskräften, wie etwa der Gendarmerie und sie zeigt, dass sich die Polizeirnin diversen Grauzonen – der Legalität, der Staatlichkeit und der Formalität – bewegt. Informelle Strategien, schleichende Privatisierung und Korruption sichern in einem gewissen Rahmen das Funktionieren der Institution. Diese Schwächen der Institution haben jedoch negative Auswirkungen auf das Bild der Polizei und ihr Verhältnis zu den Bürgern. Nicht das propagierte Ideal einer Polizei, sondern die realen Interaktionen mit ihr dominieren die Wahrnehmung der Bürger von der Organisation.
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Data sets describing the state of the earth's atmosphere are of great importance in the atmospheric sciences. Over the last decades, the quality and sheer amount of the available data increased significantly, resulting in a rising demand for new tools capable of handling and analysing these large, multidimensional sets of atmospheric data. The interdisciplinary work presented in this thesis covers the development and the application of practical software tools and efficient algorithms from the field of computer science, aiming at the goal of enabling atmospheric scientists to analyse and to gain new insights from these large data sets. For this purpose, our tools combine novel techniques with well-established methods from different areas such as scientific visualization and data segmentation. In this thesis, three practical tools are presented. Two of these tools are software systems (Insight and IWAL) for different types of processing and interactive visualization of data, the third tool is an efficient algorithm for data segmentation implemented as part of Insight.Insight is a toolkit for the interactive, three-dimensional visualization and processing of large sets of atmospheric data, originally developed as a testing environment for the novel segmentation algorithm. It provides a dynamic system for combining at runtime data from different sources, a variety of different data processing algorithms, and several visualization techniques. Its modular architecture and flexible scripting support led to additional applications of the software, from which two examples are presented: the usage of Insight as a WMS (web map service) server, and the automatic production of a sequence of images for the visualization of cyclone simulations. The core application of Insight is the provision of the novel segmentation algorithm for the efficient detection and tracking of 3D features in large sets of atmospheric data, as well as for the precise localization of the occurring genesis, lysis, merging and splitting events. Data segmentation usually leads to a significant reduction of the size of the considered data. This enables a practical visualization of the data, statistical analyses of the features and their events, and the manual or automatic detection of interesting situations for subsequent detailed investigation. The concepts of the novel algorithm, its technical realization, and several extensions for avoiding under- and over-segmentation are discussed. As example applications, this thesis covers the setup and the results of the segmentation of upper-tropospheric jet streams and cyclones as full 3D objects. Finally, IWAL is presented, which is a web application for providing an easy interactive access to meteorological data visualizations, primarily aimed at students. As a web application, the needs to retrieve all input data sets and to install and handle complex visualization tools on a local machine are avoided. The main challenge in the provision of customizable visualizations to large numbers of simultaneous users was to find an acceptable trade-off between the available visualization options and the performance of the application. Besides the implementational details, benchmarks and the results of a user survey are presented.
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Diese Arbeit ist ein Beitrag zu den schnell wachsenden Forschungsgebieten der Nano-Biotechnologie und Nanomedizin. Sie behandelt die spezifische Gestaltung magnetischer Nanomaterialien für verschiedene biomedizinische Anwendungsgebiete, wie beispielsweise Kontrastmittel für die magnetische Resonanztomographie (MRT) oder "theragnostische" Agenzien für simultane optische/MR Detektion und Behandlung mittels photodynamischer Therapie (PDT).rnEine Vielzahl magnetischer Nanopartikel (NP) mit unterschiedlichsten magnetischen Eigenschaften wurden im Rahmen dieser Arbeit synthetisiert und erschöpfend charakterisiert. Darüber hinaus wurde eine ganze Reihe von Oberflächenmodifizierungsstrategien entwickelt, um sowohl die kolloidale als auch die chemische Stabilität der Partikel zu verbessern, und dadurch den hohen Anforderungen der in vitro und in vivo Applikation gerecht zu werden. Diese Strategien beinhalteten nicht nur die Verwendung bi-funktionaler und multifunktioneller Polymerliganden, sondern auch die Kondensation geeigneter Silanverbindungen, um eine robuste, chemisch inerte und hydrophile Siliziumdioxid- (SiO2) Schale um die magnetischen NP auszubilden.rnGenauer gesagt, der Bildungsmechanismus und die magnetischen Eigenschaften monodisperser MnO NPs wurden ausgiebig untersucht. Aufgrund ihres einzigartigen magnetischen Verhaltens eignen sich diese NPs besonders als (positive) Kontrastmittel zur Verkürzung der longitudinalen Relaxationszeit T1, was zu einer Aufhellung im entsprechenden MRT-Bild führt. Tatsächlich wurde dieses kontrastverbessernde Potential in mehreren Studien mit unterschiedlichen Oberflächenliganden bestätigt. Au@MnO „Nanoblumen“, auf der anderen Seite, sind Vertreter einer weiteren Klasse von Nanomaterialien, die in den vergangenen Jahren erhebliches Interesse in der wissenschaftlichen Welt geweckt hat und oft „Nano-hetero-Materialien“ genannt wird. Solche Nano-hetero-partikel vereinen die individuellen physikalischen und chemischen Eigenschaften der jeweiligen Komponenten in einem nanopartikulärem System und erhöhen dadurch die Vielseitigkeit der möglichen Anwendungen. Sowohl die magnetischen Merkmale von MnO, als auch die optischen Eigenschaften von Au bieten die Möglichkeit, diese „Nanoblumen“ für die kombinierte MRT und optische Bildgebung zu verwenden. Darüber hinaus erlaubt das Vorliegen zweier chemisch unterschiedlicher Oberflächen die gleichzeitige selektive Anbindung von Katecholliganden (auf MnO) und Thiolliganden (auf Au). Außerdem wurde das therapeutische Potential von magnetischen NPs anhand von MnO NPs demonstriert, die mit dem Photosensibilisator Protoporhyrin IX (PP) funktionalisiert waren. Bei Bestrahlung mit sichtbarem Licht initiiert PP die Produktion von zytotoxisch-reaktivem Sauerstoff. Wir zeigen, dass Nierenkrebszellen, die mit PP-funktionalisierten MnO NPs inkubiert wurden nach Bestrahlung mit Laserlicht verenden, während sie ohne Bestrahlung unverändert bleiben. In einem ähnlichen Experiment untersuchten wir die Eigenschaften von SiO2 beschichteten MnO NPs. Dafür wurde eigens eine neuartige SiO2-Beschichtungsmethode entwickelt, die einer nachfolgende weitere Anbindung verschiedenster Liganden und die Einlagerung von Fluoreszenzfarbstoffen durch herkömmliche Silan- Sol-Gel Chemie erlaubt. Die Partikel zeigten eine ausgezeichnete Stabilität in einer ganzen Reihe wässriger Lösungen, darunter auch physiologische Kochsalzlösung, Pufferlösungen und humanes Blutserum, und waren weniger anfällig gegenüber Mn-Ionenauswaschung als einfache PEGylierte MnO NPs. Des Weiteren konnte bewiesen werden, dass die dünne SiO2 Schicht nur einen geringen Einfluss auf das magnetische Verhalten der NPs hatte, so dass sie weiterhin als T1-Kontrastmittel verwendet werden können. Schließlich konnten zusätzlich FePt@MnO NPs hergestellt werden, welche die individuellen magnetischen Merkmale eines ferromagnetischen (FePt) und eines antiferromagnetischen (MnO) Materials vereinen. Wir zeigen, dass wir die jeweiligen Partikelgrößen, und damit das resultierende magnetische Verhalten, durch Veränderung der experimentellen Parameter variieren können. Die magnetische Wechselwirkung zwischen beiden Materialien kann dabei auf Spinkommunikation an der Grenzfläche zwischen beiden NP-Sorten zurückgeführt werden.rn