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Resumo:
In questo elaborato sono discusse le proprietà morfologiche delle galassie, ponendo particolare attenzione alla Via Lattea, della quale verranno descritte le caratteristiche intrinseche, come la struttura e i moti delle stelle; infine attraverso le costanti di Oort e l'emissione dell'idrogeno neutro, è possibile ricavare la curva di rotazione e introdurre la presenza della materia oscura.
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Tra tutti i fenomeni naturali osservabili, ne era presente uno particolarmente interessante e con il quale si aveva diretto contatto quotidianamente: la gravità. Dopo le innumerevoli osservazioni astronomiche effettuate da Galileo, fu Newton nel diciassettesimo secolo a capire che il moto dei pianeti era governato dalle medesime leggi che descrivono la caduta dei gravi sulla Terra e fu quindi lui che ci fornì una prima teoria della gravità con la quale si spiegarono le orbite dei pianeti con ottima precisione. Grazie al contributo di Einstein, la teoria si rinnovò e si arricchì, ma rimase pur sempre lontana dall' essere completa, tant' è che ancora oggi sono presenti molte domande a cui non siamo in grado di rispondere. In questo articolo ci occuperemo di tali quesiti, provando a formulare una teoria che sia in accordo con le attuali evidenze sperimentali. Nella prima parte, tratteremo le ragioni che hanno spinto i ricercatori ad introdurre le nuove teorie della gravità f(R); in particolare vedremo la peculiarità delle curve di rotazione delle galassie e perché ci sia il bisogno di tirare in ballo la materia oscura. Discuteremo anche alcuni problemi derivanti dall' evoluzione cosmica e altre incongruenze riguardanti la stabilità delle stelle di neutroni. In seguito mostreremo come ricavare l' equazione di Einstein partendo dai principi variazionali di Hamilton, e estenderemo tale ragionamento con lo scopo di ottenere un' equazione corrispondente ad una gravità modificata. Infine, verranno introdotte le teorie della gravità f(R), per mezzo delle quali cercheremo di discutere alcune possibili spiegazioni alle problematiche mosse nella parte introduttiva.
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Le numerose osservazioni compiute a partire dagli anni `30 confermano che circa il 26% dell'Universo è costituito da materia oscura. Tale materia ha la particolarità di interagire solo gravitazionalmente e debolmente: essa si presenta massiva e neutra. Tra le numerose ipotesi avanzate riguardanti la natura della materia oscura una delle più accreditate è quella delle WIMP (Weakly Interacting Massive Particle). Il progetto all'avanguardia nella ricerca diretta delle WIMP è XENON presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS). Tale esperimento è basato sulla diffusione elastica delle particelle ricercate su nuclei di Xeno: il rivelatore utilizzato è una TPC a doppia fase (liquido-gas). La rivelazione diretta di materia oscura prevede l'impiego di un rivelatore molto grande a causa della piccola probabilità di interazione e di ambienti a bassa radioattività naturale, per ridurre al minimo il rumore di fondo. Nell'ottica di migliorare la sensibilità del rivelatore diminuendo l'energia di soglia sono in fase di ricerca e sviluppo soluzioni alternative a quelle adottate attualmente. Una di tali soluzioni prevede l'utilizzo di fotorivelatori di tipo SiPM da affiancare ai normali PMT in uso. I fotorivelatori al silicio devono lavorare ad una temperatura di (circa 170 K) e devono rivelare fotoni di lunghezza d'onda di circa 175 nm. Il presente lavoro di tesi si colloca nell'ambito di tale progetto di ricerca e sviluppo. Lo scopo di tale lavoro è stato la scrittura di un programma DAQ in ambiente LabVIEW per acquisire dati per caratterizzare in aria fotorivelatori di tipo SiPM. In seguito con tale programma sono state effettuate misure preliminari di pedestallo da cui è stato possibile determinare l'andamento di guadagno e di dark rate al variare della tensione di alimentazione del SiPM. L'analisi dati è stata effettuata impiegando un programma scritto in C++ in grado di analizzare le forme d'onda acquisite dal programma LabVIEW.
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Numerose osservazioni astrofisiche e cosmologiche compiute a partire dagli anni '30 confermano che circa il 26% dell'Universo è costituito da materia oscura. Tale materia ha la particolarità di interagire solo gravitazionalmente e, forse, debolmente: essa si presenta massiva e neutra. Tra le numerose ipotesi avanzate riguardanti la natura della materia oscura una delle più accreditate è quella delle WIMP (Weakly Interacting Massive Particle). Il progetto all'avanguardia nella ricerca diretta delle WIMP è XENON presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS). Tale esperimento è basato sulla diffusione elastica delle particelle ricercate su nuclei di Xeno: il rivelatore utilizzato è una TPC a doppia fase (liquido-gas). La rivelazione diretta di materia oscura prevede l'impiego di un rivelatore molto grande, a causa della piccola probabilità di interazione, e di ambienti a bassa radioattività naturale, per ridurre al minimo il rumore di fondo. Risulta necessario inoltre l'utilizzo di uno schermo attivo che individui particelle di alta energia, in particolare muoni cosmici, che possono produrre falsi segnali. È stato realizzato a tale scopo un sistema di Muon Veto composto da un grande cilindro d'acqua posto attorno alla TPC, equipaggiato con 84 fotorivelatori atti ad osservare i fotoni ottici emessi per effetto Čherenkov dai raggi cosmici. Il presente lavoro di tesi si colloca nell'ambito di un programma di simulazione Monte Carlo, creato per realizzare virtualmente l'esperimento XENON1T e per effettuare studi preliminari. Lo scopo di tale lavoro è stato quello di contribuire alla scrittura e alla verifica del codice di simulazione e allo studio di eventi di muoni cosmici da esso generati. L'analisi dati è stata effettuata scrivendo un programma in C++ in grado di analizzare i risultati forniti dal simulatore e di generare degli Event Display statici e dinamici per una visualizzazione efficace degli eventi.
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La Materia Oscura (Dark Matter, DM) deve il suo nome al fatto che non interagisce elettromagneticamente, ma solo gravitazionalmente e debolmente (proprietà che ne complica particolarmente la rivelazione). Molti sforzi, sia sperimentali che teorici, sono stati dedicati alla sua ricerca a tal punto da essere considerata uno dei più grandi misteri della fisica moderna. I candidati più promettenti a costituire la materia oscura sono da ricercarsi in teorie oltre il Modello Standard e fra essi figurano le WIMPs (Weakly Interacting Massive Particles). Poiché le particelle di DM sono caratterizzate da sezioni d’urto molto piccole, per poterle osservare si necessita di grandi rivelatori, ultrapuri e situati in ambienti a bassa radioattività. XENONnT è attualmente uno degli esperimenti più sensibili al mondo per la ricerca diretta di WIMPs, grazie all’utilizzo di una camera di proiezione temporale (TPC) a doppia fase (liquido-gas) che presenta una massa bersaglio di 5.9 t di xenon liquido (LXe). XENONnT mira a rilevare lo scattering di WIMPs contro i nuclei bersaglio, sfruttando i segnali osservabili di luce e carica prodotti dai rinculi nel LXe. Per raggiungere tale risultato sono fondamentali il sistema di veto di neutroni (Neutron Veto, NV) ed il sistema di veto di muoni (Muon Veto, MV): il NV ha lo scopo di rivelare i neutroni radiogenici provenienti dai materiali dell’esperimento mentre il MV (già impiegato in XENON1T) ha la finalità di eliminare il rumore di fondo dovuto ai raggi cosmici. L'obiettivo di questa tesi è lo studio degli eventi muone osservati dal MV ed il NV di XENONnT; misurarne il rate e verificare la congruenza dei risultati ottenuti con quanto atteso da simulazioni Monte Carlo. Questa prova ha costituito un'ulteriore verifica del corretto funzionamento dei sistemi di veto, ed ha permesso di approfondire la conoscenza sulla risposta del Neutron Veto al passaggio di un muone all’interno del suo volume attivo.
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In questa trattazione, sarà data una definizione di energia potenziale partendo dal modello della gravità Newtoniana, e verranno illustrati - molto brevemente, e senza entrare troppo nei dettagli - alcuni fenomeni astrofisici nei quali l’interazione gravitazionale tra corpi (e dunque il concetto di energia gravitazionale) gioca un ruolo fondamentale. In particolare, verrà introdotto il concetto di buco nero, per poi accennare alla fisica dell’accrescimento caratteristica dei nuclei galattici attivi. In seguito, verrà esposto il teorema del Viriale in forma scalare, se ne accennerà il ruolo nella catastrofe gravotermica riguardante gli ammassi globulari, e quello nella nascita di nuove stelle tramite l’instabilità di Jeans. Infine, verrà trattata la curva di rotazione delle galassie a spirale, e si parlerà del ragionamento che ha portato all’intuizione della materia oscura, di cui l’Universo è pervaso.
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Alcune osservazioni sperimentali portano ad affermare che la maggior parte della massa dell'universo è costituita da un tipo di materia definita oscura, cioè materia che interagisce solo gravitazionalmente e debolmente. I candidati più promettenti sono tipicamente identificati con le WIMP (Weakly Interacting Massive Particle). L'esperimento XENON1T per la rivelazione di materia oscura, in fase di costruzione nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, sfrutta uno spessore di 1.4 km di roccia schermante. Il rivelatore è una Time Projection Chamber contenente circa 2 tonnellate di xeno e avrà sensibilità per sezioni d’urto WIMP-nucleo spin-indipendent pari a circa 2x10-47 cm2 (per WIMP di massa 50 GeV/c2), due ordini di grandezza al di sotto degli attuali limiti. Per raggiungere tale sensibilità la TPC sarà inserita in una tank cilindrica riempita di acqua ultrapura, che fungerà sia da schermo passivo contro la radiazione esterna (gamma e neutroni di bassa energia), sia da veto per i muoni cosmici. I muoni possono infatti produrre neutroni di energia tale da raggiungere la TPC e simulare segnali tipici delle WIMP. Essi sono identificati per via della radiazione Cherenkov, emessa in seguito al loro passaggio in acqua, rivelata per mezzo di 84 fotomoltiplicatori (PMT) 8'' Hamamatsu R5912ASSY HQE. Lo studio delle prestazioni e delle caratteristiche dei PMT utilizzati nel sistema di veto di muoni sono lo scopo di questo lavoro di tesi. In particolare è stato preparato un opportuno setup per i test dei fotomoltiplicatori e sono state effettuate misure di guadagno, dark rate ed afterpulse. In una prima fase sono stati testati in aria 50 PMT presso la Sezione INFN di Bologna, nel periodo compreso tra Novembre 2012 e Marzo 2013 ed in una seconda fase sono stati testati in acqua 90 PMT presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, nel periodo compreso tra Aprile e Settembre 2013.
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La presenza di materia oscura nell'universo venne ipotizzata negli anni '30 a seguito di alcune anomalie nei risultati sperimentali ottenuti in astrofisica e cosmologia. La distribuzione di materia ottenuta non concordava infatti con i dati provenienti dalle osservazioni astronomiche e gli scienziati ipotizzarono l'esistenza di un tipo di materia, denominata appunto materia oscura, che interagisse debolmente con la radiazione elettromagnetica e fosse quindi interamente invisibile ai telescopi, sia che fossero a radiofrequenze che operanti nel campo del visibile o con raggi gamma e X, ma che producesse effetti gravitazionali. Nel corso degli anni si sono aggiunte ulteriori evidenze a sostegno dell'esistenza di materia oscura, provenienti anche dallo studio della cosmologia, e numerosi esperimenti (tra cui XENON, IGEX, DAMA/LIBRA) sono stati condotti per cercare di determinare tipo e massa delle particelle o la loro abbondanza (PLANCK). Il lavoro di questa tesi consiste in uno studio delle interazioni dei neutroni con lo xenon per l'esperimento XENON1T. I neutroni costituiscono un fondo particolarmente pericoloso per l'esperimento, in quanto producono uno scattering direttamente sul nucleo allo stesso modo delle particelle di materia oscura. Nel lavoro svolto sono state dapprima analizzate le caratteristiche delle singole interazioni con lo xenon contenuto nella camera, per poi passare ad uno studio più specifico sul comportamento dei neutroni prodotti dai fotomoltiplicatori del rivelatore. In seguito alle analisi svolte è stato possibile caratterizzare il fondo di neutroni in modo più preciso, permettendo di determinare alcuni criteri di selezione per il loro riconoscimento.
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Analisi della Massa come grandezza fisica. Accenni ai metodi utilizzati in Astrofisica per la sua misurazione; massa di Jeans; Materia Oscura; limite di Chandrasekhar; diagramma H-R; sistemi doppi; trasferimento di massa e Funzione di massa.
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L’Alpha Magnetic Spectrometer (AMS-02) é un rivelatore per raggi cosmici (CR) progettato e costruito da una collaborazione internazionale di 56 istituti e 16 paesi ed installato il 19 Maggio del 2011 sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Orbitando intorno alla Terra, AMS-02 sará in grado di studiare con un livello di accuratezza mai raggiunto prima la composizione dei raggi cosmici, esplorando nuove frontiere nella fisica delle particelle, ricercando antimateria primordiale ed evidenze indirette di materia oscura. Durante il mio lavoro di tesi, ho utilizzato il software GALPROP per studiare la propagazione dei CR nella nostra Galassia attraverso il mezzo interstellare (ISM), cercando di individuare un set di parametri in grado di fornire un buon accordo con i dati preliminari di AMS-02. In particolare, mi sono dedicata all’analisi del processo di propagazione di nuclei, studiando i loro flussi e i relativi rapporti. Il set di propagazione ottenuto dall’analisi é stato poi utilizzato per studiare ipotetici flussi da materia oscura e le possibili implicazioni per la ricerca indiretta attraverso AMS-02.
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La materia ordinaria copre soli pochi punti percentuali della massa-energia totale dell'Universo, che è invece largamente dominata da componenti “oscure”. Il modello standard usato per descriverle è il modello LambdaCDM. Nonostante esso sembri consistente con la maggior parte dei dati attualmente disponibili, presenta alcuni problemi fondamentali che ad oggi restano irrisolti, lasciando spazio per lo studio di modelli cosmologici alternativi. Questa Tesi mira a studiare un modello proposto recentemente, chiamato “Multi-coupled Dark Energy” (McDE), che presenta interazioni modificate rispetto al modello LambdaCDM. In particolare, la Materia Oscura è composta da due diversi tipi di particelle con accoppiamento opposto rispetto ad un campo scalare responsabile dell'Energia Oscura. L'evoluzione del background e delle perturbazioni lineari risultano essere indistinguibili da quelle del modello LambdaCDM. In questa Tesi viene presentata per la prima volta una serie di simulazioni numeriche “zoomed”. Esse presentano diverse regioni con risoluzione differente, centrate su un singolo ammasso di interesse, che permettono di studiare in dettaglio una singola struttura senza aumentare eccessivamente il tempo di calcolo necessario. Un codice chiamato ZInCo, da me appositamente sviluppato per questa Tesi, viene anch'esso presentato per la prima volta. Il codice produce condizioni iniziali adatte a simulazioni cosmologiche, con differenti regioni di risoluzione, indipendenti dal modello cosmologico scelto e che preservano tutte le caratteristiche dello spettro di potenza imposto su di esse. Il codice ZInCo è stato usato per produrre condizioni iniziali per una serie di simulazioni numeriche del modello McDE, le quali per la prima volta mostrano, grazie all'alta risoluzione raggiunta, che l'effetto di segregazione degli ammassi avviene significativamente prima di quanto stimato in precedenza. Inoltre, i profili radiale di densità ottenuti mostrano un appiattimento centrale nelle fasi iniziali della segregazione. Quest'ultimo effetto potrebbe aiutare a risolvere il problema “cusp-core” del modello LambdaCDM e porre limiti ai valori dell'accoppiamento possibili.
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Oggi sappiamo che la materia ordinaria rappresenta solo una piccola parte dell'intero contenuto in massa dell'Universo. L'ipotesi dell'esistenza della Materia Oscura, un nuovo tipo di materia che interagisce solo gravitazionalmente e, forse, tramite la forza debole, è stata avvalorata da numerose evidenze su scala sia galattica che cosmologica. Gli sforzi rivolti alla ricerca delle cosiddette WIMPs (Weakly Interacting Massive Particles), il generico nome dato alle particelle di Materia Oscura, si sono moltiplicati nel corso degli ultimi anni. L'esperimento XENON1T, attualmente in costruzione presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) e che sarà in presa dati entro la fine del 2015, segnerà un significativo passo in avanti nella ricerca diretta di Materia Oscura, che si basa sulla rivelazione di collisioni elastiche su nuclei bersaglio. XENON1T rappresenta la fase attuale del progetto XENON, che ha già realizzato gli esperimenti XENON10 (2005) e XENON100 (2008 e tuttora in funzione) e che prevede anche un ulteriore sviluppo, chiamato XENONnT. Il rivelatore XENON1T sfrutta circa 3 tonnellate di xeno liquido (LXe) e si basa su una Time Projection Chamber (TPC) a doppia fase. Dettagliate simulazioni Monte Carlo della geometria del rivelatore, assieme a specifiche misure della radioattività dei materiali e stime della purezza dello xeno utilizzato, hanno permesso di predire con accuratezza il fondo atteso. In questo lavoro di tesi, presentiamo lo studio della sensibilità attesa per XENON1T effettuato tramite il metodo statistico chiamato Profile Likelihood (PL) Ratio, il quale nell'ambito di un approccio frequentista permette un'appropriata trattazione delle incertezze sistematiche. In un primo momento è stata stimata la sensibilità usando il metodo semplificato Likelihood Ratio che non tiene conto di alcuna sistematica. In questo modo si è potuto valutare l'impatto della principale incertezza sistematica per XENON1T, ovvero quella sulla emissione di luce di scintillazione dello xeno per rinculi nucleari di bassa energia. I risultati conclusivi ottenuti con il metodo PL indicano che XENON1T sarà in grado di migliorare significativamente gli attuali limiti di esclusione di WIMPs; la massima sensibilità raggiunge una sezione d'urto σ=1.2∙10-47 cm2 per una massa di WIMP di 50 GeV/c2 e per una esposizione nominale di 2 tonnellate∙anno. I risultati ottenuti sono in linea con l'ambizioso obiettivo di XENON1T di abbassare gli attuali limiti sulla sezione d'urto, σ, delle WIMPs di due ordini di grandezza. Con tali prestazioni, e considerando 1 tonnellata di LXe come massa fiduciale, XENON1T sarà in grado di superare gli attuali limiti (esperimento LUX, 2013) dopo soli 5 giorni di acquisizione dati.
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Negli ultimi decenni la materia oscura è stata oggetto di crescente interesse scientifico: dati sperimentali indicano che essa costituisce il 26.8% della massa totale dell'Universo ma le sue origini e natura rimangono ancora ignote. Essa interagisce solo gravitazionalmente in quanto priva di carica, caratteristica che ne rende molto difficile la rivelazione. Numerosi esperimenti in tutto il mondo sono alla ricerca di maggiori informazioni riguardo la natura della materia oscura tramite metodi di rivelazione indiretta e diretta; questi ultimi sono accumunati da rivelatori molto massivi per sopperire alla piccola sezione d'urto di interazione e situati in ambienti molto isolati per diminuire il rumore di fondo dovuto alla radioattività terrestre. Tra le varie ipotesi avanzate riguardo la natura della materia oscura spiccano le WIMP, Weakly Interacting Massive Particle. L'esperimento XENON, situato ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso, si occupa della rivelazione diretta di WIMP studiandone l'urto elastico con i nuclei di Xeno, presente allo stato liquido e gassoso all'interno della TPC, il rivelatore fulcro dell'esperimento. I primi risultati dell'ultima fase del progetto sono attesi per l'inizio del 2016; grazie alla massa fiduciale di circa una tonnellata di Xeno, da cui il nome XENON1T, e a migliorie atte a diminuire il rumore di fondo, quali la scelta accurata di materiali a bassa radioattività e a un sistema di veto dei muoni, si ipotizza che il rivelatore raggiungerà una sensibilità due ordini di grandezza superiore a quelle finora raggiunte. Sono in fase di ricerca soluzioni per incrementare la raccolta di luce del rivelatore, nell'ottica di diminuire l'energia di soglia di rivelazione migliorandone la sensibilità. Una delle possibili soluzioni consiste nell'affiancare i PMT già in uso con fotomoltiplicatori al Silicio SiPM. Essi dovranno essere in grado di lavorare a una temperatura di sim ~170 K ed avere una buona efficienza di rivelazione per fotoni di lunghezza d'onda di ~178 nm. Questo lavoro di tesi si colloca nell'ambito di tale progetto di ricerca e sviluppo. Lo scopo del lavoro di tesi presentato è stato la misura della variazione di guadagno e conteggi di buio dei SiPM a disposizione in funzione della temperatura
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La astronomía de rayos γ estudia las partículas más energéticas que llegan a la Tierra desde el espacio. Estos rayos γ no se generan mediante procesos térmicos en simples estrellas, sino mediante mecanismos de aceleración de partículas en objetos celestes como núcleos de galaxias activos, púlsares, supernovas, o posibles procesos de aniquilación de materia oscura. Los rayos γ procedentes de estos objetos y sus características proporcionan una valiosa información con la que los científicos tratan de comprender los procesos físicos que ocurren en ellos y desarrollar modelos teóricos que describan su funcionamiento con fidelidad. El problema de observar rayos γ es que son absorbidos por las capas altas de la atmósfera y no llegan a la superficie (de lo contrario, la Tierra será inhabitable). De este modo, sólo hay dos formas de observar rayos γ embarcar detectores en satélites, u observar los efectos secundarios que los rayos γ producen en la atmósfera. Cuando un rayo γ llega a la atmósfera, interacciona con las partículas del aire y genera un par electrón - positrón, con mucha energía. Estas partículas secundarias generan a su vez más partículas secundarias cada vez menos energéticas. Estas partículas, mientras aún tienen energía suficiente para viajar más rápido que la velocidad de la luz en el aire, producen una radiación luminosa azulada conocida como radiación Cherenkov durante unos pocos nanosegundos. Desde la superficie de la Tierra, algunos telescopios especiales, conocidos como telescopios Cherenkov o IACTs (Imaging Atmospheric Cherenkov Telescopes), son capaces de detectar la radiación Cherenkov e incluso de tomar imágenes de la forma de la cascada Cherenkov. A partir de estas imágenes es posible conocer las principales características del rayo γ original, y con suficientes rayos se pueden deducir características importantes del objeto que los emitió, a cientos de años luz de distancia. Sin embargo, detectar cascadas Cherenkov procedentes de rayos γ no es nada fácil. Las cascadas generadas por fotones γ de bajas energías emiten pocos fotones, y durante pocos nanosegundos, y las correspondientes a rayos γ de alta energía, si bien producen más electrones y duran más, son más improbables conforme mayor es su energía. Esto produce dos líneas de desarrollo de telescopios Cherenkov: Para observar cascadas de bajas energías son necesarios grandes reflectores que recuperen muchos fotones de los pocos que tienen estas cascadas. Por el contrario, las cascadas de altas energías se pueden detectar con telescopios pequeños, pero conviene cubrir con ellos una superficie grande en el suelo para aumentar el número de eventos detectados. Con el objetivo de mejorar la sensibilidad de los telescopios Cherenkov actuales, en el rango de energía alto (> 10 TeV), medio (100 GeV - 10 TeV) y bajo (10 GeV - 100 GeV), nació el proyecto CTA (Cherenkov Telescope Array). Este proyecto en el que participan más de 27 países, pretende construir un observatorio en cada hemisferio, cada uno de los cuales contará con 4 telescopios grandes (LSTs), unos 30 medianos (MSTs) y hasta 70 pequeños (SSTs). Con un array así, se conseguirán dos objetivos. En primer lugar, al aumentar drásticamente el área de colección respecto a los IACTs actuales, se detectarán más rayos γ en todos los rangos de energía. En segundo lugar, cuando una misma cascada Cherenkov es observada por varios telescopios a la vez, es posible analizarla con mucha más precisión gracias a las técnicas estereoscópicas. La presente tesis recoge varios desarrollos técnicos realizados como aportación a los telescopios medianos y grandes de CTA, concretamente al sistema de trigger. Al ser las cascadas Cherenkov tan breves, los sistemas que digitalizan y leen los datos de cada píxel tienen que funcionar a frecuencias muy altas (≈1 GHz), lo que hace inviable que funcionen de forma continua, ya que la cantidad de datos guardada será inmanejable. En su lugar, las señales analógicas se muestrean, guardando las muestras analógicas en un buffer circular de unos pocos µs. Mientras las señales se mantienen en el buffer, el sistema de trigger hace un análisis rápido de las señales recibidas, y decide si la imagen que hay en el buér corresponde a una cascada Cherenkov y merece ser guardada, o por el contrario puede ignorarse permitiendo que el buffer se sobreescriba. La decisión de si la imagen merece ser guardada o no, se basa en que las cascadas Cherenkov producen detecciones de fotones en píxeles cercanos y en tiempos muy próximos, a diferencia de los fotones de NSB (night sky background), que llegan aleatoriamente. Para detectar cascadas grandes es suficiente con comprobar que más de un cierto número de píxeles en una región hayan detectado más de un cierto número de fotones en una ventana de tiempo de algunos nanosegundos. Sin embargo, para detectar cascadas pequeñas es más conveniente tener en cuenta cuántos fotones han sido detectados en cada píxel (técnica conocida como sumtrigger). El sistema de trigger desarrollado en esta tesis pretende optimizar la sensibilidad a bajas energías, por lo que suma analógicamente las señales recibidas en cada píxel en una región de trigger y compara el resultado con un umbral directamente expresable en fotones detectados (fotoelectrones). El sistema diseñado permite utilizar regiones de trigger de tamaño seleccionable entre 14, 21 o 28 píxeles (2, 3, o 4 clusters de 7 píxeles cada uno), y con un alto grado de solapamiento entre ellas. De este modo, cualquier exceso de luz en una región compacta de 14, 21 o 28 píxeles es detectado y genera un pulso de trigger. En la versión más básica del sistema de trigger, este pulso se distribuye por toda la cámara de forma que todos los clusters sean leídos al mismo tiempo, independientemente de su posición en la cámara, a través de un delicado sistema de distribución. De este modo, el sistema de trigger guarda una imagen completa de la cámara cada vez que se supera el número de fotones establecido como umbral en una región de trigger. Sin embargo, esta forma de operar tiene dos inconvenientes principales. En primer lugar, la cascada casi siempre ocupa sólo una pequeña zona de la cámara, por lo que se guardan muchos píxeles sin información alguna. Cuando se tienen muchos telescopios como será el caso de CTA, la cantidad de información inútil almacenada por este motivo puede ser muy considerable. Por otro lado, cada trigger supone guardar unos pocos nanosegundos alrededor del instante de disparo. Sin embargo, en el caso de cascadas grandes la duración de las mismas puede ser bastante mayor, perdiéndose parte de la información debido al truncamiento temporal. Para resolver ambos problemas se ha propuesto un esquema de trigger y lectura basado en dos umbrales. El umbral alto decide si hay un evento en la cámara y, en caso positivo, sólo las regiones de trigger que superan el nivel bajo son leídas, durante un tiempo más largo. De este modo se evita guardar información de píxeles vacíos y las imágenes fijas de las cascadas se pueden convertir en pequeños \vídeos" que representen el desarrollo temporal de la cascada. Este nuevo esquema recibe el nombre de COLIBRI (Concept for an Optimized Local Image Building and Readout Infrastructure), y se ha descrito detalladamente en el capítulo 5. Un problema importante que afecta a los esquemas de sumtrigger como el que se presenta en esta tesis es que para sumar adecuadamente las señales provenientes de cada píxel, estas deben tardar lo mismo en llegar al sumador. Los fotomultiplicadores utilizados en cada píxel introducen diferentes retardos que deben compensarse para realizar las sumas adecuadamente. El efecto de estos retardos ha sido estudiado, y se ha desarrollado un sistema para compensarlos. Por último, el siguiente nivel de los sistemas de trigger para distinguir efectivamente las cascadas Cherenkov del NSB consiste en buscar triggers simultáneos (o en tiempos muy próximos) en telescopios vecinos. Con esta función, junto con otras de interfaz entre sistemas, se ha desarrollado un sistema denominado Trigger Interface Board (TIB). Este sistema consta de un módulo que irá montado en la cámara de cada LST o MST, y que estará conectado mediante fibras ópticas a los telescopios vecinos. Cuando un telescopio tiene un trigger local, este se envía a todos los vecinos conectados y viceversa, de modo que cada telescopio sabe si sus vecinos han dado trigger. Una vez compensadas las diferencias de retardo debidas a la propagación en las fibras ópticas y de los propios fotones Cherenkov en el aire dependiendo de la dirección de apuntamiento, se buscan coincidencias, y en el caso de que la condición de trigger se cumpla, se lee la cámara en cuestión, de forma sincronizada con el trigger local. Aunque todo el sistema de trigger es fruto de la colaboración entre varios grupos, fundamentalmente IFAE, CIEMAT, ICC-UB y UCM en España, con la ayuda de grupos franceses y japoneses, el núcleo de esta tesis son el Level 1 y la Trigger Interface Board, que son los dos sistemas en los que que el autor ha sido el ingeniero principal. Por este motivo, en la presente tesis se ha incluido abundante información técnica relativa a estos sistemas. Existen actualmente importantes líneas de desarrollo futuras relativas tanto al trigger de la cámara (implementación en ASICs), como al trigger entre telescopios (trigger topológico), que darán lugar a interesantes mejoras sobre los diseños actuales durante los próximos años, y que con suerte serán de provecho para toda la comunidad científica participante en CTA. ABSTRACT -ray astronomy studies the most energetic particles arriving to the Earth from outer space. This -rays are not generated by thermal processes in mere stars, but by means of particle acceleration mechanisms in astronomical objects such as active galactic nuclei, pulsars, supernovas or as a result of dark matter annihilation processes. The γ rays coming from these objects and their characteristics provide with valuable information to the scientist which try to understand the underlying physical fundamentals of these objects, as well as to develop theoretical models able to describe them accurately. The problem when observing rays is that they are absorbed in the highest layers of the atmosphere, so they don't reach the Earth surface (otherwise the planet would be uninhabitable). Therefore, there are only two possible ways to observe γ rays: by using detectors on-board of satellites, or by observing their secondary effects in the atmosphere. When a γ ray reaches the atmosphere, it interacts with the particles in the air generating a highly energetic electron-positron pair. These secondary particles generate in turn more particles, with less energy each time. While these particles are still energetic enough to travel faster than the speed of light in the air, they produce a bluish radiation known as Cherenkov light during a few nanoseconds. From the Earth surface, some special telescopes known as Cherenkov telescopes or IACTs (Imaging Atmospheric Cherenkov Telescopes), are able to detect the Cherenkov light and even to take images of the Cherenkov showers. From these images it is possible to know the main parameters of the original -ray, and with some -rays it is possible to deduce important characteristics of the emitting object, hundreds of light-years away. However, detecting Cherenkov showers generated by γ rays is not a simple task. The showers generated by low energy -rays contain few photons and last few nanoseconds, while the ones corresponding to high energy -rays, having more photons and lasting more time, are much more unlikely. This results in two clearly differentiated development lines for IACTs: In order to detect low energy showers, big reflectors are required to collect as much photons as possible from the few ones that these showers have. On the contrary, small telescopes are able to detect high energy showers, but a large area in the ground should be covered to increase the number of detected events. With the aim to improve the sensitivity of current Cherenkov showers in the high (> 10 TeV), medium (100 GeV - 10 TeV) and low (10 GeV - 100 GeV) energy ranges, the CTA (Cherenkov Telescope Array) project was created. This project, with more than 27 participating countries, intends to build an observatory in each hemisphere, each one equipped with 4 large size telescopes (LSTs), around 30 middle size telescopes (MSTs) and up to 70 small size telescopes (SSTs). With such an array, two targets would be achieved. First, the drastic increment in the collection area with respect to current IACTs will lead to detect more -rays in all the energy ranges. Secondly, when a Cherenkov shower is observed by several telescopes at the same time, it is possible to analyze it much more accurately thanks to the stereoscopic techniques. The present thesis gathers several technical developments for the trigger system of the medium and large size telescopes of CTA. As the Cherenkov showers are so short, the digitization and readout systems corresponding to each pixel must work at very high frequencies (_ 1 GHz). This makes unfeasible to read data continuously, because the amount of data would be unmanageable. Instead, the analog signals are sampled, storing the analog samples in a temporal ring buffer able to store up to a few _s. While the signals remain in the buffer, the trigger system performs a fast analysis of the signals and decides if the image in the buffer corresponds to a Cherenkov shower and deserves to be stored, or on the contrary it can be ignored allowing the buffer to be overwritten. The decision of saving the image or not, is based on the fact that Cherenkov showers produce photon detections in close pixels during near times, in contrast to the random arrival of the NSB phtotons. Checking if more than a certain number of pixels in a trigger region have detected more than a certain number of photons during a certain time window is enough to detect large showers. However, taking also into account how many photons have been detected in each pixel (sumtrigger technique) is more convenient to optimize the sensitivity to low energy showers. The developed trigger system presented in this thesis intends to optimize the sensitivity to low energy showers, so it performs the analog addition of the signals received in each pixel in the trigger region and compares the sum with a threshold which can be directly expressed as a number of detected photons (photoelectrons). The trigger system allows to select trigger regions of 14, 21, or 28 pixels (2, 3 or 4 clusters with 7 pixels each), and with extensive overlapping. In this way, every light increment inside a compact region of 14, 21 or 28 pixels is detected, and a trigger pulse is generated. In the most basic version of the trigger system, this pulse is just distributed throughout the camera in such a way that all the clusters are read at the same time, independently from their position in the camera, by means of a complex distribution system. Thus, the readout saves a complete camera image whenever the number of photoelectrons set as threshold is exceeded in a trigger region. However, this way of operating has two important drawbacks. First, the shower usually covers only a little part of the camera, so many pixels without relevant information are stored. When there are many telescopes as will be the case of CTA, the amount of useless stored information can be very high. On the other hand, with every trigger only some nanoseconds of information around the trigger time are stored. In the case of large showers, the duration of the shower can be quite larger, loosing information due to the temporal cut. With the aim to solve both limitations, a trigger and readout scheme based on two thresholds has been proposed. The high threshold decides if there is a relevant event in the camera, and in the positive case, only the trigger regions exceeding the low threshold are read, during a longer time. In this way, the information from empty pixels is not stored and the fixed images of the showers become to little \`videos" containing the temporal development of the shower. This new scheme is named COLIBRI (Concept for an Optimized Local Image Building and Readout Infrastructure), and it has been described in depth in chapter 5. An important problem affecting sumtrigger schemes like the one presented in this thesis is that in order to add the signals from each pixel properly, they must arrive at the same time. The photomultipliers used in each pixel introduce different delays which must be compensated to perform the additions properly. The effect of these delays has been analyzed, and a delay compensation system has been developed. The next trigger level consists of looking for simultaneous (or very near in time) triggers in neighbour telescopes. These function, together with others relating to interfacing different systems, have been developed in a system named Trigger Interface Board (TIB). This system is comprised of one module which will be placed inside the LSTs and MSTs cameras, and which will be connected to the neighbour telescopes through optical fibers. When a telescope receives a local trigger, it is resent to all the connected neighbours and vice-versa, so every telescope knows if its neighbours have been triggered. Once compensated the delay differences due to propagation in the optical fibers and in the air depending on the pointing direction, the TIB looks for coincidences, and in the case that the trigger condition is accomplished, the camera is read a fixed time after the local trigger arrived. Despite all the trigger system is the result of the cooperation of several groups, specially IFAE, Ciemat, ICC-UB and UCM in Spain, with some help from french and japanese groups, the Level 1 and the Trigger Interface Board constitute the core of this thesis, as they have been the two systems designed by the author of the thesis. For this reason, a large amount of technical information about these systems has been included. There are important future development lines regarding both the camera trigger (implementation in ASICS) and the stereo trigger (topological trigger), which will produce interesting improvements for the current designs during the following years, being useful for all the scientific community participating in CTA.
Resumo:
In questa tesi viene affrontato il problema della stabilità delle strutture stellari da un punto di vista relativistico. La stella è approssimata ad un fluido perfetto a simmetria sferica, e le equazioni che ne governano la struttura vengono ricavate grazie alle risoluzione delle equazioni di campo della relatività generale in questo caso particolare. L'approssimazione di fluido perfetto permette anche di ricavare un'equazione di stato che lega densità di energia e pressione tramite un parametro, detto parametro di rigidità. Un'analisi del comportamento della materia al variare della densità consente di stabilire l'andamento di questo parametro, mentre uno studio delle piccole oscillazioni radiali della stella permette di stabilire quali sono i valori del parametro che consentono un equilibrio stabile. La stabilità risulta possibile in due differenti intervalli di densità, che corrispondono ai due tipici stadi finali dell'evoluzione stellare: nana bianca e stella di neutroni. Grazie alle equazioni che descrivono la struttura stellare è possibile stabilire, nei due intervalli di densità, quale sia il valore che la massa della stella non può superare: si ricavano il limite di Chandrasekhar e il limite di Oppenheimer-Volkoff. Infine viene mostrato come la relatività generale imponga un limite assoluto alla stabilità di una distribuzione di materia, sostenuta da una qualsiasi forza della natura: superato questo confine, la materia non può fare altro che collassare in un buco nero.