999 resultados para Diritto Civile - Brazile
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Il fenomeno del collegamento contrattuale prevede la presenza di due o più contratti, diversi e distinti, che, pur caratterizzati dagli elementi e dalla disciplina propri di ognuno, risultano coordinati teleologicamente da un nesso di reciproca dipendenza, in modo che le vicende dell’uno si trasmettono all’altro, influenzandone la validità e l’efficacia. Tale nozione è il frutto dell’elaborazione della dottrina e della giurisprudenza, poiché la disciplina positiva difetta di previsioni recanti la definizione di operazioni in cui si ricorra all’impiego di più contratti in vista di uno scopo economico unitario. Fra le molteplici classificazioni realizzate in relazione a tale strumento, la tipologia che è oggetto di analisi nel presente lavoro è espressione dell’autonomia contrattuale dei contraenti che istituiscono fra i negozi un nesso bilaterale, funzionale e volontario. I presupposti del fenomeno de quo sono, allora, rappresentati dalla necessaria intenzione delle parti di attuare il collegamento, del vincolo che viene creato in concreto e, soprattutto, dal fine pratico unitario ed ulteriore, che esse intendono perseguire coordinando i vari atti. Da qui, l’inquadramento di siffatta figura di collegamento nel fenomeno dell’atipicità contrattuale, frutto dell’attività creativa dei privati di autoregolamentazione dei propri interessi. Dottrina e giurisprudenza, in particolare, reputano il collegamento un meccanismo che agisce sul piano degli effetti dei contratti. Infatti, ogni negozio coinvolto, pur conservando una causa autonoma, è finalizzato ad un unico regolamento di interessi, di talché le vicende che investono uno dei negozi possono ripercuotersi sull’altro (che in sé considerato è immune da vizi) e, pertanto, tutti i contratti simul stabunt simul cadent. In definitiva, così opinando, le patologie che riguardano un atto finiscono per condizionare non solo l’esecuzione, ma anche la validità dell’altro. Successivamente, l’indagine si incentra sull’esegesi dei rari interventi normativi, quasi esclusivamente ascrivibili alla legislazione speciale, che trattano del meccanismo de quo e che si pongono nel solco di quanto affermato dagli interpreti. Muovendo, poi, dal presupposto che l’ordinamento riconosce ai contraenti il potere di dar vita ad autodeterminazioni strutturalmente semplici ovvero come in tal caso più articolate, si cerca di dimostrare che in tali fattispecie l’apprezzamento non va condotto sul singolo contratto, bensì sull’operazione economica unitariamente considerata, come risultante dal collegamento fra più contratti. Infatti, una volta accertata l’interdipendenza funzionale delle diverse prestazioni, l’analisi su di esse assume un rilievo diverso se è compiuta per valutare l’assetto complessivo dell’intera operazione giuridico-economica posta in essere dalle parti: solo a fronte di una valutazione globale dei diritti e degli obblighi, anche in termini economici, si può appurare la reale portata giuridico-economica dell’affare. In forza di tali premesse può, quindi, procedersi ad un compiuto approfondimento del possibile ruolo svolto dalle clausole generali di buona fede ed equilibrio, quali strumenti di garanzia della giustizia negli scambi. Ne consegue l’abbandono di una prospettiva atomistica e, tenendo conto dell’unicità degli interessi perseguiti che vanno oltre le cause proprie dei singoli contratti collegati, si tenta di superare l’assunto per il quale il difetto che inficia uno dei contratti comporti l’automatica caducazione dell’altro. In una visione complessiva dell’operazione, la verifica attinente all’equilibrio tra i singoli atti nei quali essa si svolge ed alla sua possibile alterazione a causa di circostanze sopravvenute o originarie potrebbe sovvertire le certezze interpretative sotto il profilo della disciplina del collegamento, degli effetti dello stesso e delle patologie.
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La ricerca sul tema “Disponibilità degli effetti della risoluzione e reviviscenza del contratto” analizza se, e come, gli effetti della risoluzione possano essere oggetto di disposizione ad opera delle parti. In particolare, se, ed in che modo, il contraente non inadempiente che abbia agito in risoluzione, in via giudiziale o stragiudiziale, possa incidere unilateralmente sulla sorte finale del vincolo contrattuale paralizzando l’effetto risolutivo già in atto attraverso una tardiva richiesta di adempimento. La questione della reversibilità dell’effetto risolutivo, che si è posta in forma paradigmatica nell’ambito della diffida ad adempiere, ha diviso dottrina e giurisprudenza per oltre trent’anni: laddove la giurisprudenza ha costantemente ammesso il creditore a recuperare il contratto risolto e a pretenderne ancora l’esecuzione, ritenendo che la risoluzione concreti un vantaggio unilaterale del creditore, da lui sempre liberamente disponibile, la dottrina ha optato per la irreversibilità dell’effetto risolutivo, in ossequio al principio di tutela dell’affidamento dell’inadempiente ad aver certezza sulla sorte finale del vincolo e a non rimanere esposto a tempo indefinito agli arbitri di controparte. Sono di recente intervenute le Sezioni Unite (Cass., sez. un., 14 gennaio 2009, n. 553), che, in direzione diametralmente opposta rispetto al granitico orientamento giurisprudenziale, hanno integralmente accolto i rilievi critici della dottrina ed escluso la disponibilità dell’effetto risolutivo derivante dallo spirare inutile del termine fissato in diffida, con ciò precludendo al contraente non inadempiente di tornare a esigere l’adempimento a risoluzione avvenuta.
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Lo studio del lato soggettivo del rapporto è centrale nella teoria dell’obbligazione. Ci si chiede se la modificazione di una o anche di entrambe le parti del rapporto determini sempre la sua estinzione o se, invece, si conservi la sua unitarietà oggettiva. La risposta a questo interrogativo è stata diversa a seconda delle diverse epoche storiche. Nel diritto romano si riteneva che la variazione di qualunque soggetto determinasse l’estinzione del rapporto e la costituzione di una nuova obbligazione (novazione soggettiva). Tale soluzione è stata osteggiata dai codificatori moderni per i quali, in caso di modifica delle personae non si ha estinzione del rapporto, ma solo il mutamento di uno dei suoi elementi. Quanto ai diritti di garanzia, in particolare l’ipoteca, i principi generali essenzali sono la specialità e l’accessorietà. Quest’ultima caratteristica è dirimente in caso di modificazione soggettiva del rapporto e ciò emerge in sede di trattazione delle singole fattispecie del Codice Civile che la determinano, sia quanto al creditore sia quanto al debitore. Per velocizzare il subentro nel credito, nel 2007 è stato approvato il decreto Bersani (sulla portabilità del mutuo) che ha consentito di rimuovere vincoli a tale circolazione, nell’ambito dei rapporti bancari. Le caratteristiche della modificazione del rapporto obbligatorio, tuttavia, possono minare l’efficacia della riforma Bersani. Questo è il motivo per il quale taluni studiosi ritengono necessario procedere a un’ampia rivisitazione dell’intero diritto ipotecario, eliminando, sulla scia di quanto accaduto in altri ordinamenti europei, il requisito dell’accessorietà del vincolo. Nonostante ciò, a causa dei rischi connessi a questa riforma, si ritiene preferibile affinare il meccanismo di perfezionamento della portabilità, eliminandone le criticità, senza però pregiudicare le sicurezze dell’attuale sistema giuridico, di cui l’accessorietà dell’ipoteca rispetto al credito costituisce un importante caposaldo.
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Il lavoro di ricerca prende le mosse da una premessa di ordine economico. Il fenomeno delle reti di impresa, infatti, nasce dalla realtà economica dei mercati. In tale contesto non può prescindere dal delineare un quadro della situazione- anche di crisi- congiunturale che ha visto coinvolte specialmente le imprese italiane. In tale prospettiva, si è reso necessario indagare il fenomeno della globalizzazione, con riferimento alle sue origini,caratteristiche e conseguenze. Ci si sofferma poi sulla ricostruzione dogmatica del fenomeno. Si parte dalla ricostruzione dello stesso in termini di contratto plurilaterale- sia esso con comunione di scopo oppure plurilaterale di scambio- per criticare tale impostazione, non del tutto soddisfacente, in quanto ritenuto remissiva di fronte alla attuale vis espansiva del contratto plurilaterale. Più convincente appare lo schema del collegamento contrattuale, che ha il pregio di preservare l’autonomia e l’indipendenza degli imprenditori aderenti, pur inseriti nel contesto di un’operazione economica unitaria, volta a perseguire uno scopo comune, l’“interesse di rete”, considerato meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico ex art. 1322 2.co. c.c. In effetti il contratto ben si presta a disegnare modelli di rete sia con distribuzione simmetrica del potere decisionale, sia con distribuzione asimmetrica, vale a dire con un elevato livello di gerarchia interna. Non può d’altra parte non ravvisarsi un’affinità con le ipotesi di collegamento contrattuale in fase di produzione, consistente nel delegare ad un terzo parte della produzione, e nella fase distributiva, per cui la distribuzione avviene attraverso reti di contratti. Si affronta la materia della responsabilità della rete, impostando il problema sotto due profili: la responsabilità interna ed esterna. La prima viene risolta sulla base dell’affidamento reciproco maturato da ogni imprenditore. La seconda viene distinta in responsabilità extracontrattuale, ricondotta nella fattispecie all’art. 2050 c.c., e contrattuale.
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La ricerca ha ad oggetto l’analisi di clausole, contenute nei contratti del commercio internazionale, che sembrano finalizzate a fornire in anticipo una metodologia dell’interpretazione del contratto. L’elaborato pertanto analizza i profili di validità ed efficacia di singole e specifiche clausole, come le “clausole d’intero accordo”, le “clausole di non modificazione orale”, le clausole contenenti definizioni, e simili, alla luce delle regole giudiriche di derivazione eteronoma applicabili al contratto, siano esse rappresentate da una legge nazionale, da una convenzione internazionale di diritto materiale uniforme, o da fonti ulteriori c.d. di soft law, come i Principi Unidroit sui contratti del commercio internazionale. La ricerca ha pertanto rivelato che, diversamente da quanto possa apparire a prima vista, svariate tipologie di clausole analizzate non coinvolgono profili legati all'’nterpretazione del contratto, quanto piuttosto di documentazione e forma dello stesso. L’elaborato contiene infine alcune considerazioni di teoria generale del diritto.
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Desde los plantemientos que entienden la mediación como una mera relación de hecho, se avanzará hasta la consideración de la misma como contrato. Para ello, se separarán las categorías o institutos que no se consideren adecuados a la naturaleza de la mediación, profundizando en sus estructuras más básicas, hasta llegar a la consideración contractual de la misma. Desde el contrato, se tratarán los elementos de sinalagmaticidad, principalidad, onerosidad o consensualidad, entre otras circunstancias, esenciales o naturales, antes de abordar la que quizá sea la circunstancia que merezca un tratamiento más especial: el riesgo aleatorio de la mediación. Además, al tratarse de contratos infrarregulados, la dimensión económica y efectiva de los mismos no sólo permite la reflexión, sino que impulsa la crítica y, si bien no puede ofrecer por sí misma respuestas, sí puede ayudar a descartar opciones menos adecuadas en cada caso. De todo lo anterior se concluirá una única categoría contractual, clara y precisa, enfrentada también a un análisis económico de cada uno de sus elementos, así como una confrontación con las propuestas, sobre los mismos supuestos, del Derecho contractual europeo. Así, se tratará de evaluar, en cada paso, que las conclusiones parciales sobre las que se asienten ulteriores estadios de la investigación no sólo resulten sistemáticas, sino también idóneas para alcanzar la finalidad de contrato y, a su través, la de las partes. El contrato resultante se encontrará categorizado, pero no por ello regulado. De ahí la necesidad, última, de ubicarlo en una categoría contractual más amplia que pueda informar dichos caracteres con una regulación suficiente, desde la que establecer una normatividad real.
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La libertad de establecimiento y la movilidad de las empresas juegan un papel fundamental en el proceso comunitario de integración. Las empresas buscan nuevas formas de cooperación e integración que les permitan ocupar cuotas de mercado cada vez más importantes. De entre las modalidades de integración y cooperación que tienen a su disposición, la fusión transfronteriza de sociedades es, sin duda, una de las más relevantes. Es evidente que las fusiones de sociedades pertenecientes a Estados miembros distintos podrían tener una enorme importancia en el proceso de integración del mercado único. Sin embargo, la posibilidad de llevar a cabo con éxito una fusión transfronteriza en el ámbito comunitario era improbable hasta época reciente. Dos tipos de impedimentos la dificultaban: por una parte, obstáculos a la libertad de establecimiento por parte de los ordenamientos jurídicos de los Estados miembros; por otro, obstáculos de Derecho internacional privado. En cambio, hoy la mayor parte de estos impedimentos han sido superados gracias, en primer lugar, al progresivo reconocimiento del derecho de establecimiento de las sociedades por el Tribunal de Justicia, y en segundo, a la importante Directiva 2005/56/CE relativa a las fusiones transfronterizas de sociedades de capital. Esta Directiva impone a los Estados miembros una serie de normas de mínimos de derecho material a fin de armonizar la tutela de los intereses de los sujetos implicados más débiles (sobre todo, los trabajadores y los socios). De igual manera, establece una serie de normas de conflicto para resolver la cuestión de la ley aplicable a las fusiones transfronterizas. Este trabajo tiene como objetivo principal valorar la relevancia de los pronunciamientos del Tribunal de Justicia y de las actuaciones del legislador europeo orientados a impedir las restricciones a las fusiones transfronterizas de sociedades en el territorio comunitario.
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La presente ricerca mira ad individuare e risolvere alcuni problemi di inquadramento e di disciplina applicabile in ordine all’istituto regolato dall’art. 8 della legge n. 40/2007, con successive modificazioni ed integrazioni, definito a livello normativo come «portabilità del mutuo». In particolare, ci si è chiesti come la nuova normativa in tema di trasferibilità del mutuo possa inserirsi all’interno della disciplina della surrogazione se quest’ultima non venga considerata come possibile strumento di circolazione del credito e se ci si possa spingere fino a considerare l’art. 8 come una riscrittura moderna dell’istituto codicistico. Sebbene l’art. 8 non sia stato limitato ai finanziamenti ipotecari, tali istituti costituiscono il principale ambito di applicazione della normativa. Per questa ragione si è sostenuto che la disposizione, più che la «portabilità del mutuo», avrebbe lo scopo di incentivare la «portabilità dell’ipoteca», intendendosi quest’ultima come la surrogazione del nuovo finanziatore nel credito ipotecario, ovvero più specificamente nell’ipoteca, ai sensi dell’art. 1202 c.c. Lo studio dei riflessi della surrogazione, così come prevista dalla legge del 2007, sulle garanzie in generale e sull’ipoteca in particolare, ha mostrato come il legislatore, tramite l’introduzione di una disciplina semplificata, abbia inteso adeguare gli istituti giuridici tradizionali alle esigenze pratiche di flessibilità del mercato del credito; ciò tuttavia con scarso successo e lasciando aperti taluni dubbi interpretativi. Al fine di approfondire la ricerca, si è affrontata la materia oggetto di studio in un’ottica comparata, rilevando quali siano a livello europeo le principali differenze in tema di circolazione del credito, portabilità del mutuo e trasferibilità delle garanzie.
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“Difetto di Informazione e danno da prodotto” è un tema di grande interesse ed attualità, in un momento storico in cui si è riacceso il dibattito sulla disciplina della responsabilità per danni da prodotto difettoso. Complice è “il difetto di informazione”, da sempre rimasto ai margini della casistica giurisprudenziale, ma che improvvisamente “ruba la scena” imponendosi all'attenzione della Cassazione (nn. 6007/2007 e 20985/2007) e rivelando nodi interpretativi di forte impatto pratico nelle cause di responsabilità del produttore. Di qui l’esigenza di approfondire la complessa tematica degli information defects, sotto il profilo della nozione di “difetto” e della sua prova, nonché dell’incidenza di eventuali carenze informative sulla responsabilità del produttore. Muovendo dall’analisi della Direttiva e della sua attuazione italiana, il lavoro individua i punti nodali di tale disciplina ed i vari limiti posti – sia a livello interpretativo che applicativo - alla tutela del danneggiato, suscettibili di renderla meno “appetibile” di quanto potrebbe sembrare. Affronta, quindi, criticamente le questioni trattate nelle due sentenze di legittimità del 2007 in ordine sia alla distribuzione tra le parti dell'onere probatorio, sia alla rilevanza delle informazioni fornite dal produttore. Peculiare interrogativo cui si cerca di dare risposta è se, ed in che misura, l’“informazione” consenta al produttore di andare esente da responsabilità. Il lavoro passa ad esplorare i nuovi scenari offerti dalla interazione tra la disciplina della responsabilità del produttore e quella sulla sicurezza generale dei prodotti, la cui coesistenza all’interno del medesimo corpo di norme pone nuovi interrogativi, quali la sussistenza della responsabilità del produttore di un bene “conforme” ed il ruolo dell’informazione nell’ipotesi di prodotti non difettosi e/o “conformi”. La ricerca affronta tali interrogativi con sguardo critico e provocatorio sollevando il dubbio se la “conformità alle norme armonizzate” non rischi di diventare una “nuova” clausola di esonero della responsabilità del produttore.
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La ricerca conduce un’indagine sull’azione di classe, introdotta nell’ordinamento italiano in epoca recente e foriera di numerose incertezze ed ambiguità interpretative, con riferimento sia allo specifico contenuto delle singole disposizioni normative che si sono alternate nel corso del tempo (determinate, sovente, dalla necessità di elidere le- di volta in volta riscontrate- anomalie e contraddizioni del tessuto normativo), sia alle possibili incongruenze tra taluni profili della disciplina oggi prevista dall’art. 140-bis del Codice del consumo e taluni principi generali dell’ordinamento, anche in materia di risarcimento del danno. Viene esaminato, anzitutto, il tema della legittimazione ad agire e del rapporto tra consumatore e l’ente rappresentativo cui questi, eventualmente, si rivolga, tentando la riconduzione di tale relazione alle ordinarie categorie privatistiche. Parimenti, è in termini di qualificazione secondo le tradizionali categorie del diritto civile che si tenta di apprezzare la natura dell’atto di adesione del soggetto che si vanti detentore di un diritto omogeneo a quello della classe cui pretende di appartenere. Vengono, quindi, esaminate le condizioni di ammissibilità dell’azione di classe e le caratteristiche peculiari della fase preliminare del giudizio di ammissibilità dell’azione. La ricerca indaga, quindi, la natura ed i possibili contenuti della sentenza che definisce il processo di classe, e conduce, nell’ultimo capitolo, una disamina relativa alle situazioni giuridiche tutelate.
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L’ordinamento giuridico cinese contemporaneo si è, recentemente, impegnato in una riforma che ha interessato le norme vigenti in materia di registrazione immobiliare con l’intento di realizzare un sistema unitario dell’istituto. Dal momento che la modernizzazione del diritto civile cinese è iniziata - a partire dalla fine del XIX secolo – tramite il recepimento del diritto civile occidentale, la disamina delle esperienze europee in materia di pubblicità immobiliare assume una notevole importanza, al fine di esaminare le norme vigenti in Cina e i cambiamenti scaturenti dalla riforma. Pertanto, l’obiettivo della mia ricerca è stato quello di avanzare una tesi che possa rivelarsi quale strumento utile per la riforma in Cina, attraverso uno studio comparato dei modelli europei in materia di registrazione immobiliare. A tal fine, il lavoro è stato suddiviso in due parti: nella prima si è presentata un’analisi dettagliata del diritto di proprietà, del dualismo delle proprietà fondiarie e relative problematiche, del sistema dei diritti reali costituito dalla Legge sui diritti reali del 2007, da cui è partita la riforma dell’istituto della registrazione immobiliare. Un approfondimento particolare è dedicato al pluralismo dei regimi di registrazione immobiliare vigenti nel diritto cinese contemporaneo e all’introduzione dei cambiamenti apportati dal nuovo regolamento del 2015. Nella seconda parte dell’elaborato, attraverso lo studio comparato dei diversi modelli Europei (Francese, Tedesco e Inglese), si è tentato di illustrare le esperienze europee in materia di pubblicità immobiliare maturate nei tre temi maggiormente rappresentativi e concreti, quali la tutela degli interessi privatistici, l’autenticità dei titoli e il ruolo del notaio, la procedura della pubblicità immobiliare, al fine di individuare una via percorribile per il perfezionamento del sistema unitario della registrazione nell’ordinamento cinese. Nelle conclusioni, infine, sono state inserite anche alcune riflessioni circa l’importanza dello studio del diritto comparato per l’esperienza Cinese.
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Dissertação (mestrado)—Universidade de Brasília, Faculdade de Direito, Programa de Pós-Graduação em Direito, 2016.