835 resultados para Milan
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Conceitos de qualidade cada vez mais se tornam essenciais para a sobrevivência da empresa agrícola, pois a importância do aprimoramento das operações agrícolas se faz necessária para a obtenção de resultados viáveis economicamente, ambientamente e socialmente. Uma das dimensões da qualidade é conseguir de conformidade, ou seja, a garantia de execução exata do que foi planejado para atender aos requisitos dos clientes em relação a um determinado produto ou serviço. Os objetivos deste trabalho são avaliar a distribuição longitudinal entre sementes de uma semeadora de anel interno rotativo, e propor a utilização da metodologia estatística da Média Móvel Exponencialmente Ponderada (MMEP) como alternativa para o controle de qualidade da semeadura, quando não há normalidade da distribuição dos dados. Os resultados demonstraram que a MMEP é adequada para a avaliação da qualidade da distribuição longitudinal de sementes, pois concordou com os dados apresentados na estatística descritiva, o que lhe credencia para avaliação de distribuições não normais.
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INTRODUÇÃO: As cirurgias bariátricas são cada vez mais frequentes no tratamento dos pacientes portadores de obesidade mórbida. A grande perda ponderal decorrente desses procedimentos causa excesso de pele e de tecido subcutâneo em todo o corpo, especialmente na região abdominal. O objetivo deste trabalho é apresentar a técnica de abdominoplastia vertical como alternativa para a ressecção do excesso de pele nesses pacientes. MÉTODO: Foram avaliados, retrospectivamente, os prontuários de 40 pacientes submetidos ao procedimento entre 2004 e 2009. O grau de satisfação dos pacientes foi avaliado através de escala subjetiva, com notas variando de 0 a 10. RESULTADOS: Vinte e cinco por cento dos pacientes apresentaram pequenas complicações, sendo 3 seromas, 3 pequenas deiscências e 5 cicatrizes hipertróficas, todas tratadas ambulatorialmente. Dois terços dos pacientes relataram alto grau de satisfação, considerando seus resultados bons (notas 7 ou 8) ou ótimos (notas 9 ou 10). CONCLUSÕES: A técnica de abdominoplastia vertical aparece como uma nova opção para o tratamento do excesso de pele abdominal em pacientes ex-obesos.
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Abstract Background The criteria for organ sharing has developed a system that prioritizes liver transplantation (LT) for patients with hepatocellular carcinoma (HCC) who have the highest risk of wait-list mortality. In some countries this model allows patients only within the Milan Criteria (MC, defined by the presence of a single nodule up to 5 cm, up to three nodules none larger than 3 cm, with no evidence of extrahepatic spread or macrovascular invasion) to be evaluated for liver transplantation. This police implies that some patients with HCC slightly more advanced than those allowed by the current strict selection criteria will be excluded, even though LT for these patients might be associated with acceptable long-term outcomes. Methods We propose a mathematical approach to study the consequences of relaxing the MC for patients with HCC that do not comply with the current rules for inclusion in the transplantation candidate list. We consider overall 5-years survival rates compatible with the ones reported in the literature. We calculate the best strategy that would minimize the total mortality of the affected population, that is, the total number of people in both groups of HCC patients that die after 5 years of the implementation of the strategy, either by post-transplantation death or by death due to the basic HCC. We illustrate the above analysis with a simulation of a theoretical population of 1,500 HCC patients with tumor size exponentially. The parameter λ obtained from the literature was equal to 0.3. As the total number of patients in these real samples was 327 patients, this implied in an average size of 3.3 cm and a 95% confidence interval of [2.9; 3.7]. The total number of available livers to be grafted was assumed to be 500. Results With 1500 patients in the waiting list and 500 grafts available we simulated the total number of deaths in both transplanted and non-transplanted HCC patients after 5 years as a function of the tumor size of transplanted patients. The total number of deaths drops down monotonically with tumor size, reaching a minimum at size equals to 7 cm, increasing from thereafter. With tumor size equals to 10 cm the total mortality is equal to the 5 cm threshold of the Milan criteria. Conclusion We concluded that it is possible to include patients with tumor size up to 10 cm without increasing the total mortality of this population.
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My research focuses on the mentality of catholic entrepreneurs and managers in Italy between the 1930's and the 1950's. The main source of my study is the archive of an organization called Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti [Christian Entrepreneurs and Managers Association], which was founded in Milan in 1945 with the pedagogic intent to foster higher moral standards and social responsibility in the milieux of catholic entrepreneurs, in the spirit of the Social Doctrine of the Church. This experience was set in the social and political context of the Italian post-war years, but it was also rooted in the debate â started during the 1930s - on the rise of a new catholic leadership in society.
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Questa tesi di dottorato di ricerca ha come oggetto la nozione di fatto urbano elaborata e presentata da Aldo Rossi nel libro L’architettura della città edito nel 1966. Ne L’architettura della città sono molteplici le definizioni e le forme con cui è enunciata la nozione di fatto urbano. Nel corso della tesi si è indagato come la costruzione nel tempo di questo concetto è stata preceduta da diversi studi giovanili intrapresi dal 1953, poi riorganizzati e sintetizzati a partire dal 1963 in un quaderno manoscritto dal titolo “Manuale di urbanistica”, in diversi appunti e in due quaderni manoscritti. Il lavoro di ricerca ha ricostruito la formulazione della nozione di fatto urbano attraverso gli scritti di Rossi. In questa direzione la rilevazione della partecipazione di Rossi a dibattiti, seminari, riviste, corsi universitari o ricerche accademiche è apparsa di fondamentale importanza, per comprendere la complessità di un lavoro non riconducibile a dei concetti disciplinari, ma alla formazione di una teoria trasmissibile. Il tentativo di comprendere e spiegare la nozione di fatto urbano ha condotto ad esaminare l’accezione con cui Rossi compone L’architettura della città, che egli stesso assimila ad un trattato. L’analisi ha identificato come la composizione del libro non è direttamente riferibile ad un uso classico della stesura editoriale del trattato, la quale ha tra i riferimenti più noti nel passato la promozione di una pratica corretta come nel caso vitruviano o un’impalcatura instauratrice di una nuova categoria come nel caso dell’Alberti. La mancanza di un sistema globale e prescrittivo a differenza dei due libri fondativi e il rimando non immediato alla stesura di un trattato classico è evidente ne L’architettura della città. Tuttavia la possibilità di condurre la ricerca su una serie di documenti inediti ha permesso di rilevare come negli scritti a partire dal 1953, sia maturata una trattazione delle questioni centrali alla nozione di fatto urbano ricca di intuizioni, che aspirano ad un’autonomia, sintetizzate, seppure in modo non sistematico, nella stesura del celebre libro. Si è così cercato di mettere in luce la precisazione nel tempo della nozione di fatto urbano e della sua elaborazione nei molteplici scritti antecedenti la pubblicazione de L’architettura della città, precisando come Rossi, pur costruendo su basi teoriche la nozione di fatto urbano, ne indichi una visione progressiva, ossia un uso operativo sulla città. La ricerca si è proposta come obiettivo di comprendere le radici culturali della nozione di fatto urbano sia tramite un’esplorazione degli interessi di Rossi nel suo percorso formativo sia rispetto alla definizione della struttura materiale del fatto urbano che Rossi individua nelle permanenze e che alimenta nella sua definizione con differenti apporti derivanti da altre discipline. Compito di questa ricerca è stato rileggere criticamente il percorso formativo compiuto da Rossi, a partire dal 1953, sottolinearne gli ambiti innovativi e precisarne i limiti descrittivi che non vedranno mai la determinazione di una nozione esatta, ma piuttosto la strutturazione di una sintesi complessa e ricca di riferimenti ad altri studi. In sintesi la tesi si compone di tre parti: 1. la prima parte, dal titolo “La teoria dei fatti urbani ne L’architettura della città”, analizza il concetto di fatto urbano inserendolo all’interno del più generale contesto teorico contenuto nel libro L’architettura della città. Questo avviene tramite la scomposizione del libro, la concatenazione delle sue argomentazioni e la molteplicità delle fonti esplicitamente citate da Rossi. In questo ambito si precisa la struttura del libro attraverso la rilettura dei riferimenti serviti a Rossi per comporre il suo progetto teorico. Inoltre si ripercorre la sua vita attraverso le varie edizioni, le ristampe, le introduzioni e le illustrazioni. Infine si analizza il ruolo del concetto di fatto urbano nel libro rilevando come sia posto in un rapporto paritetico con il titolo del libro, conseguendone un’accezione di «fatto da osservare» assimilabile all’uso proposto dalla geografia urbana francese dei primi del Novecento. 2. la seconda parte, dal titolo “La formazione della nozione di fatto urbano 1953-66”, è dedicata alla presentazione dell’elaborazione teorica negli scritti di Rossi prima de L’architettura della città, ossia dal 1953 al 1966. Questa parte cerca di descrivere le radici culturali di Rossi, le sue collaborazioni e i suoi interessi ripercorrendo la progressiva definizione della concezione di città nel tempo. Si è analizzato il percorso maturato da Rossi e i documenti scritti fin dagli anni in cui era studente alla Facoltà di Architettura Politecnico di Milano. Emerge un quadro complesso in cui i primi saggi, gli articoli e gli appunti testimoniano una ricerca intellettuale tesa alla costruzione di un sapere sullo sfondo del realismo degli anni Cinquanta. Rossi matura infatti un impegno culturale che lo porta dopo la laurea ad affrontare discorsi più generali sulla città. In particolare la sua importante collaborazione con la rivista Casabella-continuità, con il suo direttore Ernesto Nathan Rogers e tutto il gruppo redazionale segnano il periodo successivo in cui compare l’interesse per la letteratura urbanistica, l’arte, la sociologia, la geografia, l’economia e la filosofia. Seguono poi dal 1963 gli anni di lavoro insieme al gruppo diretto da Carlo Aymonino all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, e in particolare le ricerche sulla tipologia edilizia e la morfologia urbana, che portano Rossi a compiere una sintesi analitica per la fondazione di una teoria della città. Dall’indagine si rileva infatti come gli scritti antecedenti L’architettura della città sviluppano lo studio dei fatti urbani fino ad andare a costituire il nucleo teorico di diversi capitoli del libro. Si racconta così la genesi del libro, la cui scrittura si è svolta nell’arco di due anni, e le aspirazioni che hanno portato quello che era stato concepito come un “manuale d’urbanistica” a divenire quello che Rossi definirà “l’abbozzo di un trattato” per la formulazione di una scienza urbana. 3. la terza parte, dal titolo “La struttura materiale dei fatti urbani: la teoria della permanenza”, indaga monograficamente lo studio della città come un fatto materiale, un manufatto, la cui costruzione è avvenuta nel tempo e del tempo mantiene le tracce. Sul tema della teoria della permanenza è stato importante impostare un confronto con il dibattito vivo negli anni della ricostruzione dopo la guerra intorno ai temi delle preesistenze ambientali nella ricostruzione negli ambienti storici. Sono emersi fin da subito importanti la relazione con Ernesto Nathan Rogers, le discussioni sulle pagine di Casabella-Continuità, la partecipazione ad alcuni dibatti e ricerche. Si è inoltre Rilevato l’uso di diversi termini mutuati dalle tesi filosofiche di alcune personalità come Antonio Banfi e Enzo Paci, poi elaborati dal nucleo redazionale di Casabella-Continuità, di cui faceva parte anche Rossi. Sono così emersi alcuni spostamenti di senso e la formulazione di un vocabolario di termini all’interno della complessa vicenda della cultura architettonica degli anni Cinquanta e Sessanta. 1. Si è poi affrontato questo tema analizzando le forme con cui Rossi presenta la definizione della teoria della permanenza e i contributi desunti da alcuni autori per la costruzione scientifica di una teoria dell’architettura, il cui fine è quello di essere trasmissibile e di offrire strumenti di indagine concreti. Questa ricerca ha permesso di ipotizzare come il lavoro dei geografi francesi della prima metà del XX secolo, e in particolare il contributo più rilevante di Marcel Poëte e di Pierre Lavedan, costituiscono le fonti principali e il campo d’indagine maggiormente esplorato da Rossi per definire la teoria della permanenza e i monumenti. Le permanenze non sono dunque presentate ne L’architettura della città come il “tutto”, ma emergono da un metodo che sceglie di isolare i fatti urbani permanenti, consentendo così di compiere un’ipotesi su “ciò che resta” dopo le trasformazioni continue che operano nella città. Le fonti su cui ho lavorato sono state quelle annunciate da Rossi ne L’architettura della città, e più precisamente i testi nelle edizioni da lui consultate. Anche questo lavoro ha permesso un confronto dei testi che ha fatto emergere ne L’architettura della città l’uso di termini mutuati da linguaggi appartenenti ad altre discipline e quale sia l’uso di concetti estrapolati nella loro interezza. Presupposti metodologici Della formulazione della nozione di fatto urbano si sono indagate l’originalità dell’espressione, le connessioni presunte o contenute negli studi di Rossi sulla città attraverso la raccolta di fonti dirette e indirette che sono andate a formare un notevole corpus di scritti. Le fonti dirette più rilevanti sono state trovare nelle collezioni speciali del Getty Research Institute di Los Angeles in cui sono conservati gli Aldo Rossi Papers, questo archivio comprende materiali inediti dal 1954 al 1988. La natura dei materiali si presenta sotto forma di manoscritti, dattiloscritti, quaderni, documenti ciclostilati, appunti sparsi e una notevole quantità di corrispondenza. Negli Aldo Rossi Papers si trovano anche 32 dei 47 Quaderni Azzurri, le bozze de L’architettura della città e dell’ Autobiografia Scientifica. Per quanto riguarda in particolare L’architettura della città negli Aldo Rossi Papers sono conservati: un quaderno con il titolo “Manuale d’urbanistica, giugno 1963”, chiara prima bozza del libro, degli “Appunti per libro urbanistica estate/inverno 1963”, un quaderno con la copertina rossa datato 20 settembre 1964-8 agosto 1965 e un quaderno con la copertina blu datato 30 agosto 1965-15 dicembre 1965. La possibilità di accedere a questo archivio ha permesso di incrementare la bibliografia relativa agli studi giovanili consentendo di rileggere il percorso culturale in cui Rossi si è formato. E’ così apparsa fondamentale la rivalutazione di alcune questioni relative al realismo socialista che hanno portato a formare un più preciso quadro dei primi scritti di Rossi sullo sfondo di un complesso scenario intellettuale. A questi testi si è affiancata la raccolta delle ricerche universitarie, degli articoli pubblicati su riviste specializzate e degli interventi a dibattiti e seminari. A proposito de L’architettura della città si è raccolta un’ampia letteratura critica riferita sia al testo in specifico che ad una sua collocazione nella storia dell’architettura, mettendo in discussione alcune osservazioni che pongono L’architettura della città come un libro risolutivo e definitivo. Per quanto riguarda il capitolo sulla teoria della permanenza l’analisi è stata svolta a partire dai testi che Rossi stesso indicava ne L’architettura della città rivelando i diversi apporti della letteratura urbanistica francese, e permettendo alla ricerca di precisare le relazioni con alcuni scritti centrali e al contempo colti da Rossi come opportunità per intraprendere l’elaborazione dell’idea di tipo. Per quest’ultima parte si può precisare come Rossi formuli la sua idea di tipo in un contesto culturale dove l’interesse per questo tema era fondamentale. Dunque le fonti che hanno assunto maggior rilievo in quest’ultima fase emergono da un ricco panorama in cui Rossi compie diverse ricerche sia con il gruppo redazionale di Casabella-continuità, sia all’interno della scuola veneziana negli anni Sessanta, ma anche negli studi per l’ILSES e per l’Istituto Nazionale d’Urbanistica. RESEARCH ON THE NOTION OF URBAN ARTIFACT IN THE ARCHITECTURE OF THE CITY BY ALDO ROSSI. Doctoral candidate: Letizia Biondi Tutor: Valter Balducci The present doctoral dissertation deals with the notion of urban artifact that was formulated and presented by Aldo Rossi in his book The Architecture of the City, published in 1966. In The Architecture of the City, the notion of urban artifact is enunciated through a wide range of definitions and forms. In this thesis, a research was done on how the construction of this concept over time was preceded by various studies started in 1953 during the author’s youth, then re-organized and synthesized since 1963 in a manuscript titled “Manual of urban planning” and in two more manuscripts later on. The work of research re-constructed the formulation of the notion of urban artifact through Rossi’s writings. In this sense, the examination of Rossi’s participation in debates, seminars, reviews, university courses or academic researches was of fundamental importance to understand the complexity of a work which is not to be attributed to disciplinary concepts, but to the formulation of a communicable theory. The effort to understand and to explain the notion of urban artifact led to an examination of the meaning used by Rossi to compose The Architecture of the City, which he defines as similar to a treatise. Through this analysis, it emerged that the composition of the book is not directly ascribable to the classical use of editorial writing of a treatise, whose most famous references in the past are the promotion of a correct practice as in the case of Vitruvio’s treatise, or the use of a structure that introduces a new category as in the Alberti case. Contrary to the two founding books, the lack of a global and prescriptive system and the not immediate reference to the writing of a classical treatise are evident in The Architecture of the City. However, the possibility of researching on some unpublished documents allowed to discover that in the writings starting from 1953 the analysis of the questions that are at the core of the notion of urban artifact is rich of intuitions, that aim to autonomy and that would be synthesized, even though not in a systematic way, in his famous book. The attempt was that of highlighting the specification over time of the notion of urban artifact and its elaboration in the various writings preceding the publication of The Architecture of the City. It was also specified that, despite building on theoretical grounds, Rossi indicates a progressive version of the notion of urban artifact, that is a performing use in the city. The present research aims to understand the cultural roots of the notion of urban artifact in two main directions: analyzing, firstly, Rossi’s interests along his formation path and, secondly, the definition of material structure of an urban artifact identified by Rossi in the permanences and enriched by various contributions from other disciplines. The purpose of the present research is to revise the formation path made by Rossi in a critical way, starting by 1953, underlining its innovative aspects and identifying its describing limits, which will never lead to the formulation of an exact notion, but rather to the elaboration of a complex synthesis, enriched by references to other studies. In brief, the thesis is composed of three parts: 1. The first part, titled “The Theory of urban artifacts in The Architecture of the City”, analyzes the concept of urban artifact in the more general theoretical context of the book The Architecture of the City. Such analysis is done by “disassembling” the book, and by linking together the argumentations and the multiplicity of the sources which are explicitly quoted by Rossi. In this context, the book’s structure is defined more precisely through the revision of the references used by Rossi to compose his theoretical project. Moreover, the author’s life is traced back through the various editions, re-printings, introductions and illustrations. Finally, it is specified which role the concept of urban artifact has in the book, pointing out that it is placed in an equal relation with the book’s title; by so doing, the concept of urban artifact gets the new meaning of “fact to be observed”, similar to the use that was suggested by the French urban geography at the beginning of the 20th century. 2. The second part, titled “The formation of the notion of urban artifact 1953-66”, introduces the theoretical elaboration in Rossi’s writings before The Architecture of the City, that is from 1953 to 1966. This part tries to describe Rossi’s cultural roots, his collaborations and his interests, tracing back the progressive definition of his conception of city over time. The analysis focuses on the path followed by Rossi and on the documents that he wrote since the years as a student at the Department of Architecture at the Politecnico in Milan. This leads to a complex scenario of first essays, articles and notes that bear witness to the intellectual research aiming to the construction of a knowledge on the background of the Realism of the 1950s. Rossi develops, in fact, a cultural engagement that leads him after his studies to deal with more general issues about the city. In particular, his important collaboration with the architecture magazine “Casabella-continuità”, with the director Ernesto Nathan Rogers and with the whole redaction staff mark the following period when he starts getting interested in city planning literature, art, sociology, geography, economics and philosophy. Since 1963, Rossi has worked with the group directed by Carlo Aymonino at the “Istituto Universitario di Architettura” (University Institute of Architecture) in Venice, especially researching on building typologies and urban morphology. During these years, Rossi elaborates an analytical synthesis for the formulation of a theory about the city. From the present research, it is evident that the writings preceding The Architecture of the City develop the studies on urban artifacts, which will become theoretical core of different chapters of the book. In conclusion, the genesis of the book is described; written in two years, what was conceived to be an “urban planning manual” became a “treatise draft” for the formulation of an urban science, as Rossi defines it. 3. The third part is titled “The material structure of urban artifacts: the theory of permanence”. This research is made on the study of the city as a material fact, a manufacture, whose construction was made over time, bearing the traces of time. As far as the topic of permanence is concerned, it was also important to draw a comparison with the debate about the issues of environmental pre-existence of re-construction in historical areas, which was very lively during the years of the Reconstruction. Right from the beginning, of fundamental importance were the relationship with Ernesto Nathan Rogers, the discussions on the pages of Casabella-Continuità and the participation to some debates and researches. It is to note that various terms were taken by the philosophical thesis by some personalities such as Antonio Banfi and Enzo Paci, and then re-elaborated by the redaction staff at Casabella-Continuità, which Rossi took part in as well. Through this analysis, it emerged that there were some shifts in meaning and the formulation of a vocabulary of terms within the complex area of the architectonic culture in the 1950s and 1960s. Then, I examined the shapes in which Rossi introduces the definition of the theory of permanence and the references by some authors for the scientific construction of an architecture theory whose aim is being communicable and offering concrete research tools. Such analysis allowed making a hypothesis about the significance for Rossi of the French geographers of the first half of the 20th century: in particular, the work by Marcel Poëte and by Pierre Lavedan is the main source and the research area which Rossi mostly explored to define the theory of permanence and monuments. Therefore, in The Architecture of the City, permanencies are not presented as the “whole”, but they emerge from a method which isolates permanent urban artifacts, in this way allowing making a hypothesis on “what remains” after the continuous transformations made in the city. The sources examined were quoted by Rossi in The Architecture of the City; in particular I analyzed them in the same edition which Rossi referred to. Through such an analysis, it was possible to make a comparison of the texts with one another, which let emerge the use of terms taken by languages belonging to other disciplines in The Architecture of the City and which the use of wholly extrapolated concepts is. Methodological premises As far as the formulation of the notion of urban artifact is concerned, the analysis focuses on the originality of the expression, the connections that are assumed or contained in Rossi’s writings about the city, by collecting direct and indirect sources which formed a significant corpus of writings. The most relevant direct sources were found in the special collections of the Getty Research Institute in Los Angeles, where the “Aldo Rossi Papers” are conserved. This archive contains unpublished material from 1954 to 1988, such as manuscripts, typescripts, notebooks, cyclostyled documents, scraps and notes, and several letters. In the Aldo Rossi Papers there are also 32 out of the 47 Light Blue Notebooks (Quaderni Azzurri), the rough drafts of The Architecture of the City and of the “A Scientific Autobiography”. As regards The Architecture of the City in particular, the Aldo Rossi Papers preserve: a notebook by the title of “Urban planning manual, June, 1963”, which is an explicit first draft of the book; “Notes for urban planning book summer/winter 1963”; a notebook with a red cover dated September 20th, 1964 – August 8th, 1965; and a notebook with a blue cover dated August 30th, 1965 – December 15th, 1965. The possibility of accessing this archive allowed to increase the bibliography related to the youth studies, enabling a revision of the cultural path followed by Rossi’s education. To that end, it was fundamental to re-evaluate some issues linked to the socialist realism which led to a more precise picture of the first writings by Rossi against the background of the intellectual scenario where he formed. In addition to these texts, the collection of university researches, the articles published on specialized reviews and the speeches at debates and seminars were also examined. About The Architecture of the City, a wide-ranging critical literature was collected, related both to the text specifics and to its collocation in the story of architecture, questioning some observations which define The Architecture of the City as a conclusive and definite book. As far as the chapter on the permanence theory is concerned, the analysis started by the texts that Rossi indicated in The Architecture of the City, revealing the different contributions from the French literature on urban planning. This allowed to the present research a more specific definition of the connections to some central writings which, at the same time, were seen by Rossi as an opportunity to start up the elaboration of the idea of type. For this last part, it can be specified that Rossi formulates his idea of type in a cultural context where the interest in this topic was fundamental. Therefore, the sources which played a central role in this final phase emerge from an extensive panorama in which Rossi researched not only with the redaction staff at Casablanca-continuità and within the School of Venice in the 1960s, but also in his studies for the ILSES (Institute of the Region Lombardia for Economics and Social Studies) and for the National Institute of Urban Planning.
Resumo:
I Max Bill is an intense giornata of a big fresco. An analysis of the main social, artistic and cultural events throughout the twentieth century is needed in order to trace his career through his masterpieces and architectures. Some of the faces of this hypothetical mural painting are, among others, Le Corbusier, Walter Gropius, Ernesto Nathan Rogers, Kandinskij, Klee, Mondrian, Vatongerloo, Ignazio Silone, while the backcloth is given by artistic avant-gardes, Bauhaus, International Exhibitions, CIAM, war events, reconstruction, Milan Triennali, Venice Biennali, the School of Ulm. Architect, even though more known as painter, sculptor, designer and graphic artist, Max Bill attends the Bauhaus as a student in the years 1927-1929, and from this experience derives the main features of a rational, objective, constructive and non figurative art. His research is devoted to give his art a scientific methodology: each work proceeds from the analysis of a problem to the logical and always verifiable solution of the same problem. By means of composition elements (such as rhythm, seriality, theme and its variation, harmony and dissonance), he faces, with consistent results, themes apparently very distant from each other as the project for the H.f.G. or the design for a font. Mathematics are a constant reference frame as field of certainties, order, objectivity: ‘for Bill mathematics are never confined to a simple function: they represent a climate of spiritual certainties, and also the theme of non attempted in its purest state, objectivity of the sign and of the geometrical place, and at the same time restlessness of the infinity: Limited and Unlimited ’. In almost sixty years of activity, experiencing all artistic fields, Max Bill works, projects, designs, holds conferences and exhibitions in Europe, Asia and Americas, confronting himself with the most influencing personalities of the twentieth century. In such a vast scenery, the need to limit the investigation field combined with the necessity to address and analyse the unpublished and original aspect of Bill’s relations with Italy. The original contribution of the present research regards this particular ‘geographic delimitation’; in particular, beyond the deep cultural exchanges between Bill and a series of Milanese architects, most of all with Rogers, two main projects have been addressed: the realtà nuova at Milan Triennale in 1947, and the Contemporary Art Museum in Florence in 1980. It is important to note that these projects have not been previously investigated, and the former never appears in the sources either. These works, together with the most well-known ones, such as the projects for the VI and IX Triennale, and the Swiss pavilion for the Biennale, add important details to the reference frame of the relations which took place between Zurich and Milan. Most of the occasions for exchanges took part in between the Thirties and the Fifties, years during which Bill underwent a significant period of artistic growth. He meets the Swiss progressive architects and the Paris artists from the Abstraction-Création movement, enters the CIAM, collaborates with Le Corbusier to the third volume of his Complete Works, and in Milan he works and gets confronted with the events related to post-war reconstruction. In these years Bill defines his own working methodology, attaining an artistic maturity in his work. The present research investigates the mentioned time period, despite some necessary exceptions. II The official Max Bill bibliography is naturally wide, including spreading works along with ones more devoted to analytical investigation, mainly written in German and often translated into French and English (Max Bill himself published his works in three languages). Few works have been published in Italian and, excluding the catalogue of the Parma exhibition from 1977, they cannot be considered comprehensive. Many publications are exhibition catalogues, some of which include essays written by Max Bill himself, some others bring Bill’s comments in a educational-pedagogical approach, to accompany the observer towards a full understanding of the composition processes of his art works. Bill also left a great amount of theoretical speculations to encourage a critical reading of his works in the form of books edited or written by him, and essays published in ‘Werk’, magazine of the Swiss Werkbund, and other international reviews, among which Domus and Casabella. These three reviews have been important tools of analysis, since they include tracks of some of Max Bill’s architectural works. The architectural aspect is less investigated than the plastic and pictorial ones in all the main reference manuals on the subject: Benevolo, Tafuri and Dal Co, Frampton, Allenspach consider Max Bill as an artist proceeding in his work from Bauhaus in the Ulm experience . A first filing of his works was published in 2004 in the monographic issue of the Spanish magazine 2G, together with critical essays by Karin Gimmi, Stanislaus von Moos, Arthur Rüegg and Hans Frei, and in ‘Konkrete Architektur?’, again by Hans Frei. Moreover, the monographic essay on the Atelier Haus building by Arthur Rüegg from 1997, and the DPA 17 issue of the Catalonia Polytechnic with contributions of Carlos Martì, Bruno Reichlin and Ton Salvadò, the latter publication concentrating on a few Bill’s themes and architectures. An urge to studying and going in depth in Max Bill’s works was marked in 2008 by the centenary of his birth and by a recent rediscovery of Bill as initiator of the ‘minimalist’ tradition in Swiss architecture. Bill’s heirs are both very active in promoting exhibitions, researching and publishing. Jakob Bill, Max Bill’s son and painter himself, recently published a work on Bill’s experience in Bauhaus, and earlier on he had published an in-depth study on ‘Endless Ribbons’ sculptures. Angela Thomas Schmid, Bill’s wife and art historian, published in end 2008 the first volume of a biography on Max Bill and, together with the film maker Eric Schmid, produced a documentary film which was also presented at the last Locarno Film Festival. Both biography and documentary concentrate on Max Bill’s political involvement, from antifascism and 1968 protest movements to Bill experiences as Zurich Municipality councilman and member of the Swiss Confederation Parliament. In the present research, the bibliography includes also direct sources, such as interviews and original materials in the form of letters correspondence and graphic works together with related essays, kept in the max+binia+jakob bill stiftung archive in Zurich. III The results of the present research are organized into four main chapters, each of them subdivided into four parts. The first chapter concentrates on the research field, reasons, tools and methodologies employed, whereas the second one consists of a short biographical note organized by topics, introducing the subject of the research. The third chapter, which includes unpublished events, traces the historical and cultural frame with particular reference to the relations between Max Bill and the Italian scene, especially Milan and the architects Rogers and Baldessari around the Fifties, searching the themes and the keys for interpretation of Bill’s architectures and investigating the critical debate on the reviews and the plastic survey through sculpture. The fourth and last chapter examines four main architectures chosen on a geographical basis, all devoted to exhibition spaces, investigating Max Bill’s composition process related to the pictorial field. Paintings has surely been easier and faster to investigate and verify than the building field. A doctoral thesis discussed in Lausanne in 1977 investigating Max Bill’s plastic and pictorial works, provided a series of devices which were corrected and adapted for the definition of the interpretation grid for the composition structures of Bill’s main architectures. Four different tools are employed in the investigation of each work: a context analysis related to chapter three results; a specific theoretical essay by Max Bill briefly explaining his main theses, even though not directly linked to the very same work of art considered; the interpretation grid for the composition themes derived from a related pictorial work; the architecture drawing and digital three-dimensional model. The double analysis of the architectural and pictorial fields is functional to underlining the relation among the different elements of the composition process; the two fields, however, cannot be compared and they stay, in Max Bill’s works as in the present research, interdependent though self-sufficient. IV An important aspect of Max Bill production is self-referentiality: talking of Max Bill, also through Max Bill, as a need for coherence instead of a method limitation. Ernesto Nathan Rogers describes Bill as the last humanist, and his horizon is the known world but, as the ‘Concrete Art’ of which he is one of the main representatives, his production justifies itself: Max Bill not only found a method, but he autonomously re-wrote the ‘rules of the game’, derived timeless theoretical principles and verified them through a rich and interdisciplinary artistic production. The most recurrent words in the present research work are synthesis, unity, space and logic. These terms are part of Max Bill’s vocabulary and can be referred to his works. Similarly, graphic settings or analytical schemes in this research text referring to or commenting Bill’s architectural projects were drawn up keeping in mind the concise precision of his architectural design. As for Mies van der Rohe, it has been written that Max Bill took art to ‘zero degree’ reaching in this way a high complexity. His works are a synthesis of art: they conceptually encompass all previous and –considered their developments- most of contemporary pictures. Contents and message are generally explicitly declared in the title or in Bill’s essays on his artistic works and architectural projects: the beneficiary is invited to go through and re-build the process of synthesis generating the shape. In the course of the interview with the Milan artist Getulio Alviani, he tells how he would not write more than a page for an essay on Josef Albers: everything was already evident ‘on the surface’ and any additional sentence would be redundant. Two years after that interview, these pages attempt to decompose and single out the elements and processes connected with some of Max Bill’s works which, for their own origin, already contain all possible explanations and interpretations. The formal reduction in favour of contents maximization is, perhaps, Max Bill’s main lesson.
Resumo:
Descrizione, tema e obiettivi della ricerca La ricerca si propone lo studio delle possibili influenze che la teoria di Aldo Rossi ha avuto sulla pratica progettuale nella Penisola Iberica, intende quindi affrontare i caratteri fondamentali della teoria che sta alla base di un metodo progettuale ed in particolar modo porre l'attenzione alle nuove costruzioni quando queste si confrontano con le città storiche. Ha come oggetto principale lo studio dei documenti, saggi e scritti riguardanti il tema della costruzione all'interno delle città storiche. Dallo studio di testi selezionati di Aldo Rossi sulla città si vuole concentrare l'attenzione sull'influenza che tale teoria ha avuto nei progetti della Penisola Iberica, studiare come è stata recepita e trasmessa successivamente, attraverso gli scritti di autori spagnoli e come ha visto un suo concretizzarsi poi nei progetti di nuove costruzioni all'interno delle città storiche. Si intende restringere il campo su un periodo ed un luogo precisi, Spagna e Portogallo a partire dagli anni Settanta, tramite la lettura di un importante evento che ha ufficializzato il contatto dell'architetto italiano con la Penisola Iberica, quale il Seminario di Santiago de Compostela tenutosi nel 1976. Al Seminario parteciparono numerosi architetti che si confrontarono su di un progetto per la città di Santiago e furono invitati personaggi di fama internazionale a tenere lezioni introduttive sul tema di dibattito in merito al progetto e alla città storica. Il Seminario di Santiago si colloca in un periodo storico cruciale per la Penisola Iberica, nel 1974 cade il regime salazarista in Portogallo e nel 1975 cade il regime franchista in Spagna ed è quindi di rilevante importanza capire il legame tra l'architettura e la nuova situazione politica. Dallo studio degli interventi, dei progetti che furono prodotti durante il Seminario, della relazione tra questo evento ed il periodo storico in cui esso va contestualizzato, si intende giungere alla individuazione delle tracce della reale presenza di tale eredità. Presupposti metodologici. Percorso e strumenti di ricerca La ricerca può quindi essere articolata in distinte fasi corrispondenti per lo più ai capitoli in cui si articola la tesi: una prima fase con carattere prevalentemente storica, di ricerca del materiale per poter definire il contesto in cui si sviluppano poi le vicende oggetto della tesi; una seconda fase di impronta teorica, ossia di ricerca bibliografica del materiale e delle testimonianze che provvedono alla definizione della reale presenza di effetti scaturiti dai contatti tra Rossi e la Penisola Iberica, per andare a costruire una eredità ; una terza fase che entra nel merito della composizione attraverso lo studio e la verifica delle prime due parti, tramite l'analisi grafica applicata ad uno specifico esempio architettonico selezionato; una quarta fase dove il punto di vista viene ribaltato e si indaga l'influenza dei luoghi visitati e dei contatti intrattenuti con alcuni personaggi della Penisola Iberica sull'architettura di Rossi, ricercandone i riferimenti. La ricerca è stata condotta attraverso lo studio di alcuni eventi selezionati nel corso degli anni che si sono mostrati significativi per l'indagine, per la risonanza che hanno avuto sulla storia dell'architettura della Penisola. A questo scopo si sono utilizzati principalmente tre strumenti: lo studio dei documenti, le pubblicazioni e le riviste prodotte in Spagna, gli scritti di Aldo Rossi in merito, e la testimonianza diretta attraverso interviste di personaggi chiave. La ricerca ha prodotto un testo suddiviso per capitoli che rispetta l'organizzazione in fasi di lavoro. A seguito di determinate condizioni storiche e politiche, studiate nella ricerca a supporto della tesi espressa, nella Penisola Iberica si è verificato il diffondersi della necessità e del desiderio di guardare e prendere a riferimento l'architettura europea e in particolar modo quella italiana. Il periodo sul quale viene focalizzata l'attenzione ha inizio negli anni Sessanta, gli ultimi prima della caduta delle dittature, scenario dei primi viaggi di Aldo Rossi nella Penisola Iberica. Questi primi contatti pongono le basi per intense e significative relazioni future. Attraverso l'approfondimento e la studio dei materiali relativi all'oggetto della tesi, si è cercato di mettere in luce il contesto culturale, l'attenzione e l'interesse per l'apertura di un dibattito intorno all'architettura, non solo a livello nazionale, ma europeo. Ciò ha evidenziato il desiderio di innescare un meccanismo di discussione e scambio di idee, facendo leva sull'importanza dello sviluppo e ricerca di una base teorica comune che rende coerente i lavori prodotti nel panorama architettonico iberico, seppur ottenendo risultati che si differenziano gli uni dagli altri. E' emerso un forte interesse per il discorso teorico sull'architettura, trasmissibile e comunicabile, che diventa punto di partenza per un metodo progettuale. Ciò ha reso palese una condivisione di intenti e l'assunzione della teoria di Aldo Rossi, acquisita, diffusa e discussa, attraverso la pubblicazione dei suoi saggi, la conoscenza diretta con l'architetto e la sua architettura, conferenze, seminari, come base teorica su cui fondare il proprio sapere architettonico ed il processo metodologico progettuale da applicare di volta in volta negli interventi concreti. Si è giunti così alla definizione di determinati eventi che hanno permesso di entrare nel profondo della questione e di sondare la relazione tra Rossi e la Penisola Iberica, il materiale fornito dallo studio di tali episodi, quali il I SIAC, la diffusione della rivista "2C. Construccion de la Ciudad", la Coleccion Arquitectura y Critica di Gustavo Gili, hanno poi dato impulso per il reperimento di una rete di ulteriori riferimenti. E' stato possibile quindi individuare un gruppo di architetti spagnoli, che si identificano come allievi del maestro Rossi, impegnato per altro in quegli anni nella formazione di una Scuola e di un insegnamento, che non viene recepito tanto nelle forme, piuttosto nei contenuti. I punti su cui si fondano le connessioni tra l'analisi urbana e il progetto architettonico si centrano attorno due temi di base che riprendono la teoria esposta da Rossi nel saggio L'architettura della città : - relazione tra l'area-studio e la città nella sua globalità, - relazione tra la tipologia edificatoria e gli aspetti morfologici. La ricerca presentata ha visto nelle sue successive fasi di approfondimento, come si è detto, lo sviluppo parallelo di più tematiche. Nell'affrontare ciascuna fase è stato necessario, di volta in volta, operare una verifica delle tappe percorse precedentemente, per mantenere costante il filo del discorso col lavoro svolto e ritrovare, durante lo svolgimento stesso della ricerca, gli elementi di connessione tra i diversi episodi analizzati. Tale operazione ha messo in luce talvolta nodi della ricerca rimasti in sospeso che richiedevano un ulteriore approfondimento o talvolta solo una rivisitazione per renderne possibile un più proficuo collegamento con la rete di informazioni accumulate. La ricerca ha percorso strade diverse che corrono parallele, per quanto riguarda il periodo preso in analisi: - i testi sulla storia dell'architettura spagnola e la situazione contestuale agli anni Settanta - il materiale riguardante il I SIAC - le interviste ai partecipanti al I SIAC - le traduzioni di Gustavo Gili nella Coleccion Arquitectura y Critica - la rivista "2C. Construccion de la Ciudad" Esse hanno portato alla luce una notevole quantità di tematiche, attraverso le quali, queste strade vengono ad intrecciarsi e a coincidere, verificando l'una la veridicità dell'altra e rafforzandone il valore delle affermazioni. Esposizione sintetica dei principali contenuti esposti dalla ricerca Andiamo ora a vedere brevemente i contenuti dei singoli capitoli. Nel primo capitolo Anni Settanta. Periodo di transizione per la Penisola Iberica si è cercato di dare un contesto storico agli eventi studiati successivamente, andando ad evidenziare gli elementi chiave che permettono di rintracciare la presenza della predisposizione ad un cambiamento culturale. La fase di passaggio da una condizione di chiusura rispetto alle contaminazioni provenienti dall'esterno, che caratterizza Spagna e Portogallo negli anni Sessanta, lascia il posto ad un graduale abbandono della situazione di isolamento venutasi a creare intorno al Paese a causa del regime dittatoriale, fino a giungere all'apertura e all'interesse nei confronti degli apporti culturali esterni. E' in questo contesto che si gettano le basi per la realizzazione del I Seminario Internazionale di Architettura Contemporanea a Santiago de Compostela, del 1976, diretto da Aldo Rossi e organizzato da César Portela e Salvador Tarragó, di cui tratta il capitolo secondo. Questo è uno degli eventi rintracciati nella storia delle relazioni tra Rossi e la Penisola Iberica, attraverso il quale è stato possibile constatare la presenza di uno scambio culturale e l'importazione in Spagna delle teorie di Aldo Rossi. Organizzato all'indomani della caduta del franchismo, ne conserva una reminescenza formale. Il capitolo è organizzato in tre parti, la prima si occupa della ricostruzione dei momenti salienti del Seminario Proyecto y ciudad historica, dagli interventi di architetti di fama internazionale, quali lo stesso Aldo Rossi, Carlo Aymonino, James Stirling, Oswald Mathias Ungers e molti altri, che si confrontano sul tema delle città storiche, alle giornate seminariali dedicate all’elaborazione di un progetto per cinque aree individuate all’interno di Santiago de Compostela e quindi dell’applicazione alla pratica progettuale dell’inscindibile base teorica esposta. Segue la seconda parte dello stesso capitolo riguardante La selezione di interviste ai partecipanti al Seminario. Esso contiene la raccolta dei colloqui avuti con alcuni dei personaggi che presero parte al Seminario e attraverso le loro parole si è cercato di approfondire la materia, in particolar modo andando ad evidenziare l’ambiente culturale in cui nacque l’idea del Seminario, il ruolo avuto nella diffusione della teoria di Aldo Rossi in Spagna e la ripercussione che ebbe nella pratica costruttiva. Le diverse interviste, seppur rivolte a persone che oggi vivono in contesti distanti e che in seguito a questa esperienza collettiva hanno intrapreso strade diverse, hanno fatto emergere aspetti comuni, tale unanimità ha dato ancor più importanza al valore di testimonianza offerta. L’elemento che risulta più evidente è il lascito teorico, di molto prevalente rispetto a quello progettuale che si è andato mescolando di volta in volta con la tradizione e l’esperienza dei cosiddetti allievi di Aldo Rossi. Negli stessi anni comincia a farsi strada l’importanza del confronto e del dibattito circa i temi architettonici e nel capitolo La fortuna critica della teoria di Aldo Rossi nella Penisola Iberica è stato affrontato proprio questo rinnovato interesse per la teoria che in quegli anni si stava diffondendo. Si è portato avanti lo studio delle pubblicazioni di Gustavo Gili nella Coleccion Arquitectura y Critica che, a partire dalla fine degli anni Sessanta, pubblica e traduce in lingua spagnola i più importanti saggi di architettura, tra i quali La arquitectura de la ciudad di Aldo Rossi, nel 1971, e Comlejidad y contradiccion en arquitectura di Robert Venturi nel 1972. Entrambi fondamentali per il modo di affrontare determinate tematiche di cui sempre più in quegli anni si stava interessando la cultura architettonica iberica, diventando così ¬ testi di riferimento anche nelle scuole. Le tracce dell’influenza di Rossi sulla Penisola Iberica si sono poi ricercate nella rivista “2C. Construccion de la Ciudad” individuata come strumento di espressione di una teoria condivisa. Con la nascita nel 1972 a Barcellona di questa rivista viene portato avanti l’impegno di promuovere la Tendenza, facendo riferimento all’opera e alle idee di Rossi ed altri architetti europei, mirando inoltre al recupero di un ruolo privilegiato dell’architettura catalana. A questo proposito sono emersi due fondamentali aspetti che hanno legittimato l’indagine e lo studio di questa fonte: - la diffusione della cultura architettonica, il controllo ideologico e di informazione operato dal lavoro compiuto dalla rivista; - la documentazione circa i criteri di scelta della redazione a proposito del materiale pubblicato. E’ infatti attraverso le pubblicazioni di “2C. Construccion de la Ciudad” che è stato possibile il ritrovamento delle notizie sulla mostra Arquitectura y razionalismo. Aldo Rossi + 21 arquitectos españoles, che accomuna in un’unica esposizione le opere del maestro e di ventuno giovani allievi che hanno recepito e condiviso la teoria espressa ne “L’architettura della città”. Tale mostra viene poi riproposta nella Sezione Internazionale di Architettura della XV Triennale di Milano, la quale dedica un Padiglione col titolo Barcelona, tres epocas tres propuestas. Dalla disamina dei progetti presentati è emerso un interessante caso di confronto tra le Viviendas para gitanos di César Portela e la Casa Bay di Borgo Ticino di Aldo Rossi, di cui si è occupato l’ultimo paragrafo di questo capitolo. Nel corso degli studi è poi emerso un interessante risvolto della ricerca che, capovolgendone l’oggetto stesso, ne ha approfondito gli aspetti cercando di scavare più in profondità nell’analisi della reciproca influenza tra la cultura iberica e Aldo Rossi, questa parte, sviscerata nell’ultimo capitolo, La Penisola Iberica nel “magazzino della memoria” di Aldo Rossi, ha preso il posto di quello che inizialmente doveva presentarsi come il risvolto progettuale della tesi. Era previsto infatti, al termine dello studio dell’influenza di Aldo Rossi sulla Penisola Iberica, un capitolo che concentrava l’attenzione sulla produzione progettuale. A seguito dell’emergere di un’influenza di carattere prettamente teorica, che ha sicuramente modificato la pratica dal punto di vista delle scelte architettoniche, senza però rendersi esplicita dal punto di vista formale, si è preferito, anche per la difficoltà di individuare un solo esempio rappresentativo di quanto espresso, sostituire quest’ultima parte con lo studio dell’altra faccia della medaglia, ossia l’importanza che a sua volta ha avuto la cultura iberica nella formazione della collezione dei riferimenti di Aldo Rossi. L’articolarsi della tesi in fasi distinte, strettamente connesse tra loro da un filo conduttore, ha reso necessari successivi aggiustamenti nel percorso intrapreso, dettati dall’emergere durante la ricerca di nuovi elementi di indagine. Si è pertanto resa esplicita la ricercata eredità di Aldo Rossi, configurandosi però prevalentemente come un’influenza teorica che ha preso le sfumature del contesto e dell’esperienza personale di chi se ne è fatto ricevente, diventandone così un continuatore attraverso il proprio percorso autonomo o collettivo intrapreso in seguito. Come suggerisce José Charters Monteiro, l’eredità di Rossi può essere letta attraverso tre aspetti su cui si basa la sua lezione: la biografia, la teoria dell’architettura, l’opera. In particolar modo per quanto riguarda la Penisola Iberica si può parlare dell’individuazione di un insegnamento riferito alla seconda categoria, i suoi libri di testo, le sue partecipazioni, le traduzioni. Questo è un lascito che rende possibile la continuazione di un dibattito in merito ai temi della teoria dell’architettura, della sue finalità e delle concrete applicazioni nelle opere, che ha permesso il verificarsi di una apertura mentale che mette in relazione l’architettura con altre discipline umanistiche e scientifiche, dalla politica, alla sociologia, comprendendo l’arte, le città la morfologia, la topografia, mediate e messe in relazione proprio attraverso l’architettura.
Resumo:
Questa tesi si pone come obiettivo la riqualificazione architettonica del plesso scolastico del Comune di Galeata, cittadina della media valle del Bidente conosciuta sia per gli estesi ritrovamenti archeologici dell’antica città romana di Mevaniola e del cosiddetto “Palazzo di Teodorico”, sia per essere la città con la percentuale più alta di immigrati regolari a livello nazionale. Sono proprio queste peculiarità a guidare il progetto verso un intervento mirato non solo alla rigenerazione urbana dell’area ma anche civica e sociale attraverso la dotazione di nuovi servizi e spazi pubblici. Il progetto nasce dall’idea di dare un carattere unitario e riconoscibile ad un’area attualmente caratterizzata da singoli edifici che semplicemente si susseguono l’uno dopo l’altro in modo paratattico. La volontà è invece quella di dar vita ad un vero e proprio “palazzo” dell’istruzione, caratterizzato da spazi privati e spazi pubblici, spazi aperti e spazi chiusi in grado di dare una molteplicità di risposte e soluzioni alla complessità della società odierna galeatese. Proprio lo spazio pubblico è infatti il vero motore dell’intervento; quello spazio pubblico attualmente negato a Galeata, che si è vista mutilata nella parte centrale del suo centro storico sventrato alla fine dell’Ottocento per la costruzione della strada statale bidentina, diventa ora generatore di nuove relazioni con gli edifici dell’area e di nuove dinamiche tra il plesso scolastico e la città grazie alla realizzazione di corti aperte e terrazzate, piazze e strade pedonali che fungono sia da giardini sia da spazi espositivi o comunque spazi polifunzionali che possono accogliere eventi nei vari mesi dell’anno, entrando così a far parte di quella serie di attrezzature a servizio delle manifestazioni culturali in cui è sempre attiva la valle del Bidente e la comunità di Galeata. La scuola d’infanzia e di istruzione primaria viene così a configurarsi non solo come il primo luogo della crescita culturale del bambino, ma anche come primo luogo di integrazione sociale, perché il nuovo progetto genera all’interno e all’esterno degli edifici occasioni di incontro e confronto tra gli scolari grazie all’attenzione riservata agli spazi per le attività di interciclo e per le attività libere. Inoltre l’area viene dotata di un centro maternità/consultorio dove sono collocati servizi di assistenza per le donne in gravidanza e dove le stesse possono confrontare e condividere la propria esperienza con le altre future mamme. L’intero intervento è guidato a livello progettuale anche da criteri di ecoefficienza come educazione alla responsabilità ambientale.
Resumo:
The present dissertation focuses on an unfinished project for the construction of an inland waterway between Padua and Venice, in northern Italy. The history of this channel is analysed in the context of the general debate for the development of a waterway network in the Padanian plain. The project of reconstructing and enlarging the existing ancient channels for the development of a modern river transport system was born at the beginning of the 20th century as an attempt to withstand the railway’s concurrency. The main project aimed at transforming the Po river and other small rivers and channels in a big waterway for the connection of the most important northern industrial cities with Venice’s harbour and the Adriatic sea. Even if the idea of restoring the historical channel between Padua and Venice arose at the end of the First World War, it was only during the years 50s that a new project was conceived and the waterway was included in a global project for the construction of a whole new channel from Venice to Milan. The new project, strongly supported by the local Christian Democratic Party, was managed for more than twenty years causing a huge expenditure of money. After a great investment by both the central State and the local bodies (more than 100 millions euro) the project was finally abandoned. This research reconstructs the historical process and the economical motivations that sustained that project until its failure. Moreover, with the aim of understanding the reasons and the differences of such a failure, the history of inland waterway transport in Italy is compared with contemporary developments in Germany.
Resumo:
The treatment of the Cerebral Palsy (CP) is considered as the “core problem” for the whole field of the pediatric rehabilitation. The reason why this pathology has such a primary role, can be ascribed to two main aspects. First of all CP is the form of disability most frequent in childhood (one new case per 500 birth alive, (1)), secondarily the functional recovery of the “spastic” child is, historically, the clinical field in which the majority of the therapeutic methods and techniques (physiotherapy, orthotic, pharmacologic, orthopedic-surgical, neurosurgical) were first applied and tested. The currently accepted definition of CP – Group of disorders of the development of movement and posture causing activity limitation (2) – is the result of a recent update by the World Health Organization to the language of the International Classification of Functioning Disability and Health, from the original proposal of Ingram – A persistent but not unchangeable disorder of posture and movement – dated 1955 (3). This definition considers CP as a permanent ailment, i.e. a “fixed” condition, that however can be modified both functionally and structurally by means of child spontaneous evolution and treatments carried out during childhood. The lesion that causes the palsy, happens in a structurally immature brain in the pre-, peri- or post-birth period (but only during the firsts months of life). The most frequent causes of CP are: prematurity, insufficient cerebral perfusion, arterial haemorrhage, venous infarction, hypoxia caused by various origin (for example from the ingestion of amniotic liquid), malnutrition, infection and maternal or fetal poisoning. In addition to these causes, traumas and malformations have to be included. The lesion, whether focused or spread over the nervous system, impairs the whole functioning of the Central Nervous System (CNS). As a consequence, they affect the construction of the adaptive functions (4), first of all posture control, locomotion and manipulation. The palsy itself does not vary over time, however it assumes an unavoidable “evolutionary” feature when during growth the child is requested to meet new and different needs through the construction of new and different functions. It is essential to consider that clinically CP is not only a direct expression of structural impairment, that is of etiology, pathogenesis and lesion timing, but it is mainly the manifestation of the path followed by the CNS to “re”-construct the adaptive functions “despite” the presence of the damage. “Palsy” is “the form of the function that is implemented by an individual whose CNS has been damaged in order to satisfy the demands coming from the environment” (4). Therefore it is only possible to establish general relations between lesion site, nature and size, and palsy and recovery processes. It is quite common to observe that children with very similar neuroimaging can have very different clinical manifestations of CP and, on the other hand, children with very similar motor behaviors can have completely different lesion histories. A very clear example of this is represented by hemiplegic forms, which show bilateral hemispheric lesions in a high percentage of cases. The first section of this thesis is aimed at guiding the interpretation of CP. First of all the issue of the detection of the palsy is treated from historical viewpoint. Consequently, an extended analysis of the current definition of CP, as internationally accepted, is provided. The definition is then outlined in terms of a space dimension and then of a time dimension, hence it is highlighted where this definition is unacceptably lacking. The last part of the first section further stresses the importance of shifting from the traditional concept of CP as a palsy of development (defect analysis) towards the notion of development of palsy, i.e., as the product of the relationship that the individual however tries to dynamically build with the surrounding environment (resource semeiotics) starting and growing from a different availability of resources, needs, dreams, rights and duties (4). In the scientific and clinic community no common classification system of CP has so far been universally accepted. Besides, no standard operative method or technique have been acknowledged to effectively assess the different disabilities and impairments exhibited by children with CP. CP is still “an artificial concept, comprising several causes and clinical syndromes that have been grouped together for a convenience of management” (5). The lack of standard and common protocols able to effectively diagnose the palsy, and as a consequence to establish specific treatments and prognosis, is mainly because of the difficulty to elevate this field to a level based on scientific evidence. A solution aimed at overcoming the current incomplete treatment of CP children is represented by the clinical systematic adoption of objective tools able to measure motor defects and movement impairments. A widespread application of reliable instruments and techniques able to objectively evaluate both the form of the palsy (diagnosis) and the efficacy of the treatments provided (prognosis), constitutes a valuable method able to validate care protocols, establish the efficacy of classification systems and assess the validity of definitions. Since the ‘80s, instruments specifically oriented to the analysis of the human movement have been advantageously designed and applied in the context of CP with the aim of measuring motor deficits and, especially, gait deviations. The gait analysis (GA) technique has been increasingly used over the years to assess, analyze, classify, and support the process of clinical decisions making, allowing for a complete investigation of gait with an increased temporal and spatial resolution. GA has provided a basis for improving the outcome of surgical and nonsurgical treatments and for introducing a new modus operandi in the identification of defects and functional adaptations to the musculoskeletal disorders. Historically, the first laboratories set up for gait analysis developed their own protocol (set of procedures for data collection and for data reduction) independently, according to performances of the technologies available at that time. In particular, the stereophotogrammetric systems mainly based on optoelectronic technology, soon became a gold-standard for motion analysis. They have been successfully applied especially for scientific purposes. Nowadays the optoelectronic systems have significantly improved their performances in term of spatial and temporal resolution, however many laboratories continue to use the protocols designed on the technology available in the ‘70s and now out-of-date. Furthermore, these protocols are not coherent both for the biomechanical models and for the adopted collection procedures. In spite of these differences, GA data are shared, exchanged and interpreted irrespectively to the adopted protocol without a full awareness to what extent these protocols are compatible and comparable with each other. Following the extraordinary advances in computer science and electronics, new systems for GA no longer based on optoelectronic technology, are now becoming available. They are the Inertial and Magnetic Measurement Systems (IMMSs), based on miniature MEMS (Microelectromechanical systems) inertial sensor technology. These systems are cost effective, wearable and fully portable motion analysis systems, these features gives IMMSs the potential to be used both outside specialized laboratories and to consecutive collect series of tens of gait cycles. The recognition and selection of the most representative gait cycle is then easier and more reliable especially in CP children, considering their relevant gait cycle variability. The second section of this thesis is focused on GA. In particular, it is firstly aimed at examining the differences among five most representative GA protocols in order to assess the state of the art with respect to the inter-protocol variability. The design of a new protocol is then proposed and presented with the aim of achieving gait analysis on CP children by means of IMMS. The protocol, named ‘Outwalk’, contains original and innovative solutions oriented at obtaining joint kinematic with calibration procedures extremely comfortable for the patients. The results of a first in-vivo validation of Outwalk on healthy subjects are then provided. In particular, this study was carried out by comparing Outwalk used in combination with an IMMS with respect to a reference protocol and an optoelectronic system. In order to set a more accurate and precise comparison of the systems and the protocols, ad hoc methods were designed and an original formulation of the statistical parameter coefficient of multiple correlation was developed and effectively applied. On the basis of the experimental design proposed for the validation on healthy subjects, a first assessment of Outwalk, together with an IMMS, was also carried out on CP children. The third section of this thesis is dedicated to the treatment of walking in CP children. Commonly prescribed treatments in addressing gait abnormalities in CP children include physical therapy, surgery (orthopedic and rhizotomy), and orthoses. The orthotic approach is conservative, being reversible, and widespread in many therapeutic regimes. Orthoses are used to improve the gait of children with CP, by preventing deformities, controlling joint position, and offering an effective lever for the ankle joint. Orthoses are prescribed for the additional aims of increasing walking speed, improving stability, preventing stumbling, and decreasing muscular fatigue. The ankle-foot orthosis (AFO), with a rigid ankle, are primarily designed to prevent equinus and other foot deformities with a positive effect also on more proximal joints. However, AFOs prevent the natural excursion of the tibio-tarsic joint during the second rocker, hence hampering the natural leaning progression of the whole body under the effect of the inertia (6). A new modular (submalleolar) astragalus-calcanear orthosis, named OMAC, has recently been proposed with the intention of substituting the prescription of AFOs in those CP children exhibiting a flat and valgus-pronated foot. The aim of this section is thus to present the mechanical and technical features of the OMAC by means of an accurate description of the device. In particular, the integral document of the deposited Italian patent, is provided. A preliminary validation of OMAC with respect to AFO is also reported as resulted from an experimental campaign on diplegic CP children, during a three month period, aimed at quantitatively assessing the benefit provided by the two orthoses on walking and at qualitatively evaluating the changes in the quality of life and motor abilities. As already stated, CP is universally considered as a persistent but not unchangeable disorder of posture and movement. Conversely to this definition, some clinicians (4) have recently pointed out that movement disorders may be primarily caused by the presence of perceptive disorders, where perception is not merely the acquisition of sensory information, but an active process aimed at guiding the execution of movements through the integration of sensory information properly representing the state of one’s body and of the environment. Children with perceptive impairments show an overall fear of moving and the onset of strongly unnatural walking schemes directly caused by the presence of perceptive system disorders. The fourth section of the thesis thus deals with accurately defining the perceptive impairment exhibited by diplegic CP children. A detailed description of the clinical signs revealing the presence of the perceptive impairment, and a classification scheme of the clinical aspects of perceptual disorders is provided. In the end, a functional reaching test is proposed as an instrumental test able to disclosure the perceptive impairment. References 1. Prevalence and characteristics of children with cerebral palsy in Europe. Dev Med Child Neurol. 2002 Set;44(9):633-640. 2. Bax M, Goldstein M, Rosenbaum P, Leviton A, Paneth N, Dan B, et al. Proposed definition and classification of cerebral palsy, April 2005. Dev Med Child Neurol. 2005 Ago;47(8):571-576. 3. Ingram TT. A study of cerebral palsy in the childhood population of Edinburgh. Arch. Dis. Child. 1955 Apr;30(150):85-98. 4. Ferrari A, Cioni G. The spastic forms of cerebral palsy : a guide to the assessment of adaptive functions. Milan: Springer; 2009. 5. Olney SJ, Wright MJ. Cerebral Palsy. Campbell S et al. Physical Therapy for Children. 2nd Ed. Philadelphia: Saunders. 2000;:533-570. 6. Desloovere K, Molenaers G, Van Gestel L, Huenaerts C, Van Campenhout A, Callewaert B, et al. How can push-off be preserved during use of an ankle foot orthosis in children with hemiplegia? A prospective controlled study. Gait Posture. 2006 Ott;24(2):142-151.
Resumo:
The vertical profile of aerosol in the planetary boundary layer of the Milan urban area is studied in terms of its development and chemical composition in a high-resolution modelling framework. The period of study spans a week in summer of 2007 (12-18 July), when continuous LIDAR measurements and a limited set of balloon profiles were collected in the frame of the ASI/QUITSAT project. LIDAR observations show a diurnal development of an aerosol plume that lifts early morning surface emissions to the top of the boundary layer, reaching maximum concentration around midday. Mountain breeze from Alps clean the bottom of the aerosol layer, typically leaving a residual layer at around 1500-2000 m which may survive for several days. During the last two days under analysis, a dust layer transported from Sahara reaches the upper layers of Milan area and affects the aerosol vertical distribution in the boundary layer. Simulation from the MM5/CHIMERE modelling system, carried out at 1 km horizontal resolution, qualitatively reproduced the general features of the Milan aerosol layer observed with LIDAR, including the rise and fall of the aersol plume, the residual layer in altitude and the Saharan dust event. The simulation highlighted the importance of nitrates and secondary organics in its composition. Several sensitivity tests showed that main driving factors leading to the dominance of nitrates in the plume are temperature and gas absorption process. A modelling study turn to the analysis of the vertical aerosol profiles distribution and knowledge of the characterization of the PM at a site near the city of Milan is performed using a model system composed by a meteorological model MM5 (V3-6), the mesoscale model from PSU/NCAR and a Chemical Transport Model (CTM) CHIMERE to simulate the vertical aerosol profile. LiDAR continuous observations and balloon profiles collected during two intensive campaigns in summer 2007 and in winter 2008 in the frame of the ASI/QUITSAT project have been used to perform comparisons in order to evaluate the ability of the aerosol chemistry transport model CHIMERE to simulate the aerosols dynamics and compositions in this area. The comparisons of model aerosols with measurements are carried out over a full time period between 12 July 2007 and 18 July 2007. The comparisons demonstrate the ability of the model to reproduce correctly the aerosol vertical distributions and their temporal variability. As detected by the LiDAR, the model during the period considered, predicts a diurnal development of a plume during the morning and a clearing during the afternoon, typically the plume reaches the top of the boundary layer around mid day, in this time CHIMERE produces highest concentrations in the upper levels as detected by LiDAR. The model, moreover can reproduce LiDAR observes enhancement aerosols concentrations above the boundary layer, attributing the phenomena to dust out intrusion. Another important information from the model analysis regard the composition , it predicts that a large part of the plume is composed by nitrate, in particular during 13 and 16 July 2007 , pointing to the model tendency to overestimates the nitrous component in the particular matter vertical structure . Sensitivity study carried out in this work show that there are a combination of different factor which determine the major nitrous composition of the “plume” observed and in particular humidity temperature and the absorption phenomena are the mainly candidate to explain the principal difference in composition simulated in the period object of this study , in particular , the CHIMERE model seems to be mostly sensitive to the absorption process.
Resumo:
Le patologie di pertinenza odontostomatologica in pazienti adulti istituzionalizzati affetti da disabilità neuropsichiatrica presentano un’alta prevalenza; scopo del presente lavoro è stato la valutazione della prevalenza di carie (DMFT, SIC) e lo stato di igiene orale (OHI-S) in un gruppo di 103 (72 maschi, 31 femmine, età media 51) pazienti degli Istituti del P.O. Corberi e della RSD Beato Papa Giovanni XIII di Limbiate (MB). E’ stato valutata la collaborazione alla visita con la scala di Frankl, si è definito lo stato funzionale del paziente, in base alla Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) e si è valutata con un questionario la motivazione degli operatori sanitari a stili di salute orale. Lo studio ha evidenziato un DMFT medio pari a 16,14 e SIC pari a 23,8, valori non correlabili con l'età del soggetto. L’OHI-S medio è pari a 3,46, dato che si presenza correlato con il tempo intercorso dall’ultima visita odontoiatrica. Dal confronto con un gruppo di soggetti sani della stessa età risultano significativamente più elevati i valori della componente (M) e (F) del DMFT e di tutte le componenti dell’OHI-S. Il campione è stato diviso in due gruppi a seconda della loro pregressa collaborazione al trattamento odontoiatrico e sono stati confrontati i dati ricavati dalla checklist ICF. Il gruppo collaborante ha mostrato livelli di funzionalità superiori per quanto riguarda le capacità di osservare, parlare e l’assistenza personale. Dalle risposte del personale socio-sanitario ermerge scarsa informazione sulle tecniche di igiene orale domiciliare quotidiana del paziente assistito. I risultati di questo studio confermano l'alta prevalenza di carie e scarsa igiene orale in soggetti istituzionalizzati con disabilità neuropsichiatrica. L'ICF si è dimostrata una utile guida per la valutazione dell�approccio comportamentale più idoneo in fase di trattamento. Infine, si evidenzia l’importanza di una formazione continua degli operatori socio-sanitari.
Resumo:
Il tema della ricerca ha riguardato preliminarmente la definizione di farmaco descritta nel d.lgs. n. 219 del 2006 (Codice dei farmaci per uso umano). Oltre al danno prodotto da farmaci, la ricerca ha approfondito anche la tutela ex ante ed ex post riguardante la produzione di dispositivi medici (Direttiva della Comunità Economica Europea n. 42 del 1993 e Direttiva della Comunità Economica Europea n. 374 del 1985). E’ stato necessario soffermarsi sull’analisi del concetto di precauzione per il quale nell’ambito di attività produttive, come quelle che cagionano inquinamento ambientale, o “pericolose per la salute umana” come quelle riguardanti la produzione di alimenti e farmaci, è necessario eliminare i rischi non conosciuti nella produzione di questi ultimi al fine di garantire una tutela completa della salute. L’analisi della Direttiva della Comunità Economica Europea n. 374 del 1985 nei suoi aspetti innovativi ha riguardato l’esame dei casi di danno da farmaco (Trib. Roma, 20 Giugno 2002, Trib. Roma 27 Giugno 1987, Trib. Milano 19 Novembre 1987, Cassazione Civile n. 6241 del 1987): profilo critico è quello riguardante la prova liberatoria, mentre l'art. 2050 prevede che «si debbano adottare tutte le misure necessarie per evitare il danno», l'art. 118, lett. e), c. cons.) prevede una serie di casi di esonero di responsabilità del produttore (tra cui il rischio di sviluppo). Dall'analisi emerge poi la necessità da parte del produttore di continuo utilizzo del duty to warn (Art. 117 del Codice del Consumo lett. A e B ): esso consiste nel dovere continuo di informazione del produttore tramite i suoi rappresentanti e il bugiardino presente nelle confezioni dei farmaci. Tale dovere è ancor più importante nel caso della farmacogenetica, infatti, al fine di evitare reazioni avverse nel bugiardino di alcuni farmaci verrà prescritta la necessità di effettuare un test genetico prima dell’assunzione.
Resumo:
Il primo capitolo di questo lavoro è dedicato all’opera svolta dagli amministratori locali e da un ente governativo come la Camera di commercio per arrivare a decifrare le effettive caratteristiche del quadro locale dal punto di vista economico, sociale, della percezione e del significato che assumono i consumi e gli spazi urbani ad essi dedicati. La caratteristica più originale rilevata dagli amministratori (che contano tra le proprie fila studiosi come Ardigò, Zangheri e Bellettini) è quella di una notevole omogeneità politica e culturale del quadro sociale. E questo, nonostante le massicce immigrazioni che sono, in proporzione, seconde solo quelle di Milano, ma per la stragrande maggioranza provenienti dalla stessa provincia o, al massimo, dalla regione e da analoghi percorsi di socializzazione e di formazione. Fondando essenzialmente su questa omogeneità (capitolo secondo), gli enti bolognesi cercarono di governare la trasformazione della città e anche l’espansione dei consumi che appariva colpita da eccessi e distorsioni. Facendo leva sulle pesanti crisi del 1963-1965 e del 1973-1977, gli amministratori locali puntarono ad ottenere la propria legittimazione fondandola proprio sui consumi, sulla base di una precisa cognizione del nuovo che arrivava, ma schierandosi decisamente a contenerne gli effetti dirompenti sul tessuto locale e indirizzando gli sforzi acquisitivi dei bolognesi sulla base di una temperante razionalizzazione nutrita di pianificazione urbanistica. Ritardi, spinte dal basso, ostacoli burocratici e legislativi resero questi percorsi difficili, o comunque assai poco lineari; fino a che l’ingresso negli anni Ottanta non ne modificò sensibilmente il corso. Ma questo, allo stato attuale delle conoscenze, è già tema per nuova ricerca. Il terzo capitolo è dedicato alla visualizzazione cartografica (GIS) dell’espansione degli spazi commerciali urbani durante le fasi più significative del miracolo.
Resumo:
Questa tesi di dottorato tratta il tema delle Tecnologie Appropriate e delle Buone Pratiche per la gestione delle risorse idriche ed il risparmio energetico nell’ambito dell’abitato urbano e rurale. Viene fatta una breve panoramica sulle principali teorie e metodologie che fino ad oggi hanno fatto da linee guida per la progettazione sostenibile e il corretto utilizzo delle risorse. Questa visione d'insieme servirà per esprimere delle valutazioni e trovare dei comuni dominatori per proporre una nuova metodologia d'approccio alla gestione delle risorse con particolare attenzione rivolta alla condizione presente e alla zona d’intervento. Site specific sustainability Approach (S3A). I casi studio: • Un progetto di approvvigionamento idrico e di desalinizzazione delle acque per un’oasi del Sahara marocchino. • Un progetto di ricerca della Columbia University e della NASA legato alla sostenibilità urbana di New York che analizza i benefici apportati dall'installazione di coperture verdi nell'area di Manhattan da un punto di vista della gestione delle risorse idriche, energetiche e delle componenti ambientali. • Un progetto di verde verticale e giardino pensile a Milano. • Un progetto di approvvigionamento idrico sostenibile e gestione del verde per la città di Porto Plata in Repubblica Domenicana. Approfondimenti e sperimentazioni. • E’ stato approfondito il tema della distillazione solare per la dissalazione e potabilizzazione delle acque in zone rurali desertiche ed isolate. • E’ stato progettato e realizzato un prototipo innovativo di distillatore tubolare con collettore solare parabolico. Il prototipo è stato testato nei laboratori della Columbia University di New York. • Sono state approfondite le Khettaras o Qanat, tunnel sotterranei per l’approvvigionamento idrico nelle zone aride. • Infine sono stati approfonditi i benefici apportati dalle coperture a verde (tetti verdi) e dal verde verticale nelle zone urbane dal punto di vista della gestione delle risorse idriche ed il risparmio energetico.