979 resultados para Sample preparation


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Although a vast amount of life sciences data is generated in the form of images, most scientists still store images on extremely diverse and often incompatible storage media, without any type of metadata structure, and thus with no standard facility with which to conduct searches or analyses. Here we present a solution to unlock the value of scientific images. The Global Image Database (GID) is a web-based (http://www.g wer.ch/qv/gid/gid.htm) structured central repository for scientific annotated images. The GID was designed to manage images from a wide spectrum of imaging domains ranging from microscopy to automated screening. The annotations in the GID define the source experiment of the images by describing who the authors of the experiment are, when the images were created, the biological origin of the experimental sample and how the sample was processed for visualization. A collection of experimental imaging protocols provides details of the sample preparation, and labeling, or visualization procedures. In addition, the entries in the GID reference these imaging protocols with the probe sequences or antibody names used in labeling experiments. The GID annotations are searchable by field or globally. The query results are first shown as image thumbnail previews, enabling quick browsing prior to original-sized annotated image retrieval. The development of the GID continues, aiming at facilitating the management and exchange of image data in the scientific community, and at creating new query tools for mining image data.

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Determining the mode-of-binding of a DNA ligand is not always straightforward. Here, we establish a scanning force microscopic assay for mode-of-binding that is (i) direct: lengths of individual DNA-ligand complexes are directly measured; (ii) rapid: there are no requirements for staining or elaborate sample preparation; and (iii) unambiguous: an observed increase in DNA length upon addition of a ligand is definitive evidence for an intercalative mode-of-binding. Mode-of-binding, binding affinity, and site-exclusion number are readily determined from scanning force microscopy measurements of the changes in length of individual drug-DNA complexes as a function of drug concentration. With this assay, we resolve the ambiguity surrounding the mode of binding of 2,5-bis(4-amidinophenyl) furan (APF) to DNA and show that it binds to DNA by nonintercalative modes. APF is a member of an important class of aromatic dicationic drugs that show significant activity in the treatment of Pneumocystis carinii pneumonia, an opportunistic infection that is the leading cause of death in AIDS patients.

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Riassunto La spettrometria di massa (MS) nata negli anni ’70 trova oggi, grazie alla tecnologia Matrix-Assisted Laser Desorption Ionization-Time of Flight (MALDI-TOF), importanti applicazioni in diversi settori: biotecnologico (per la caratterizzazione ed il controllo di qualità di proteine ricombinanti ed altre macromolecole), medico–clinico (per la diagnosi di laboratorio di malattie e per lo sviluppo di nuovi trattamenti terapeutici mirati), alimentare ed ambientale. Negli ultimi anni, questa tecnologia è diventata un potente strumento anche per la diagnosi di laboratorio in microbiologia clinica, rivoluzionando il flusso di lavoro per una rapida identificazione di batteri e funghi, sostituendo l’identificazione fenotipica convenzionale basata su saggi biochimici. Attualmente mediante MALDI-TOF MS sono possibili due diversi approcci per la caratterizzazione dei microrganismi: (1) confronto degli spettri (“mass spectra”) con banche dati contenenti profili di riferimento (“database fingerprints”) e (2) “matching” di bio-marcatori con banche dati proteomiche (“proteome database”). Recentemente, la tecnologia MALDI-TOF, oltre alla sua applicazione classica nell’identificazione di microrganismi, è stata utilizzata per individuare, indirettamente, meccanismi di resistenza agli antibiotici. Primo scopo di questo studio è stato verificare e dimostrare l’efficacia identificativa della metodica MALDI-TOF MS mediante approccio di comparazione degli spettri di differenti microrganismi di interesse medico per i quali l’identificazione risultava impossibile a causa della completa assenza o presenza limitata, di spettri di riferimento all’interno della banca dati commerciale associata allo strumento. In particolare, tale scopo è stato raggiunto per i batteri appartenenti a spirochete del genere Borrelia e Leptospira, a miceti filamentosi (dermatofiti) e protozoi (Trichomonas vaginalis). Secondo scopo di questo studio è stato valutare il secondo approccio identificativo basato sulla ricerca di specifici marcatori per differenziare parassiti intestinali di interesse medico per i quali non è disponibile una banca dati commerciale di riferimento e la sua creazione risulterebbe particolarmente difficile e complessa, a causa della complessità del materiale biologico di partenza analizzato e del terreno di coltura nei quali questi protozoi sono isolati. Terzo ed ultimo scopo di questo studio è stata la valutazione dell’applicabilità della spettrometria di massa con tecnologia MALDI-TOF per lo studio delle resistenze batteriche ai carbapenemi. In particolare, è stato messo a punto un saggio di idrolisi dei carbapenemi rilevata mediante MALDI-TOF MS in grado di determinare indirettamente la produzione di carbapenemasi in Enterobacteriaceae. L’efficacia identificativa della metodica MALDI-TOF mediante l’approccio di comparazione degli spettri è stata dimostrata in primo luogo per batteri appartenenti al genere Borrelia. La banca dati commerciale dello strumento MALDI-TOF MS in uso presso il nostro laboratorio includeva solo 3 spettri di riferimento appartenenti alle specie B. burgdorferi ss, B. spielmani e B. garinii. L’implementazione del “database” con specie diverse da quelle già presenti ha permesso di colmare le lacune identificative dovute alla mancanza di spettri di riferimento di alcune tra le specie di Borrelia più diffuse in Europa (B. afzelii) e nel mondo (come ad esempio B. hermsii, e B. japonica). Inoltre l’implementazione con spettri derivanti da ceppi di riferimento di specie già presenti nel “database” ha ulteriormente migliorato l’efficacia identificativa del sistema. Come atteso, il ceppo di isolamento clinico di B. lusitaniae (specie non presente nel “database”) è stato identificato solo a livello di genere corroborando, grazie all’assenza di mis-identificazione, la robustezza della “nuova” banca dati. I risultati ottenuti analizzando i profili proteici di ceppi di Borrelia spp. di isolamento clinico, dopo integrazione del “database” commerciale, indicano che la tecnologia MALDI-TOF potrebbe essere utilizzata come rapida, economica ed affidabile alternativa ai metodi attualmente utilizzati per identificare ceppi appartenenti a questo genere. Analogamente, per il genere Leptospira dopo la creazione ex-novo della banca dati “home-made”, costruita con i 20 spettri derivati dai 20 ceppi di riferimento utilizzati, è stata ottenuta una corretta identificazione a livello di specie degli stessi ceppi ri-analizzati in un esperimento indipendente condotto in doppio cieco. Il dendrogramma costruito con i 20 MSP-Spectra implementati nella banca dati è formato da due rami principali: il primo formato dalla specie non patogena L. biflexa e dalla specie a patogenicità intermedia L. fainei ed il secondo che raggruppa insieme le specie patogene L. interrogans, L. kirschneri, L. noguchii e L. borgpetersenii. Il secondo gruppo è ulteriormente suddiviso in due rami, contenenti rispettivamente L. borgpetersenii in uno e L. interrogans, L. kirschneri e L. noguchii nell’altro. Quest’ultimo, a sua volta, è suddiviso in due rami ulteriori: il primo comprendente la sola specie L. noguchii, il secondo le specie L. interrogans e L. kirshneri non separabili tra loro. Inoltre, il dendrogramma costruito con gli MSP-Spectra dei ceppi appartenenti ai generi Borrelia e Leptospira acquisiti in questo studio, e appartenenti al genere Brachyspira (implementati in un lavoro precedentemente condotto) mostra tre gruppi principali separati tra loro, uno per ogni genere, escludendo possibili mis-identificazioni tra i 3 differenti generi di spirochete. Un’analisi più approfondita dei profili proteici ottenuti dall’analisi ha mostrato piccole differenze per ceppi della stessa specie probabilmente dovute ai diversi pattern proteici dei distinti sierotipi, come confermato dalla successiva analisi statistica, che ha evidenziato picchi sierotipo-specifici. È stato, infatti, possibile mediante la creazione di un modello statistico dedicato ottenere un “pattern” di picchi discriminanti in grado di differenziare a livello di sierotipo sia i ceppi di L. interrogans sia i ceppi di L. borgpetersenii saggiati, rispettivamente. Tuttavia, non possiamo concludere che i picchi discriminanti da noi riportati siano universalmente in grado di identificare il sierotipo dei ceppi di L. interrogans ed L. borgpetersenii; i picchi trovati, infatti, sono il risultato di un’analisi condotta su uno specifico pannello di sierotipi. È stato quindi dimostrato che attuando piccoli cambiamenti nei parametri standardizzati come l’utilizzo di un modello statistico e di un programma dedicato applicato nella routine diagnostica è possibile utilizzare la spettrometria di massa MALDI-TOF per una rapida ed economica identificazione anche a livello di sierotipo. Questo può significativamente migliorare gli approcci correntemente utilizzati per monitorare l’insorgenza di focolai epidemici e per la sorveglianza degli agenti patogeni. Analogamente a quanto dimostrato per Borrelia e Leptospira, l’implementazione della banca dati dello spettrometro di massa con spettri di riferimento di miceti filamentosi (dermatofiti) si è rilevata di particolare importanza non solo per l’identificazione di tutte le specie circolanti nella nostra area ma anche per l’identificazione di specie la cui frequenza nel nostro Paese è in aumento a causa dei flussi migratori dalla zone endemiche (M. audouinii, T. violaceum e T. sudanense). Inoltre, l’aggiornamento del “database” ha consentito di superare la mis-identificazione dei ceppi appartenenti al complesso T. mentagrophytes (T. interdigitale e T. mentagrophytes) con T. tonsurans, riscontrata prima dell’implementazione della banca dati commerciale. Il dendrogramma ottenuto dai 24 spettri implementati appartenenti a 13 specie di dermatofiti ha rivelato raggruppamenti che riflettono quelli costruiti su base filogenetica. Sulla base dei risultati ottenuti mediante sequenziamento della porzione della regione ITS del genoma fungino non è stato possibile distinguere T. interdigitale e T. mentagrophytes, conseguentemente anche gli spettri di queste due specie presentavano picchi dello stesso peso molecoalre. Da sottolineare che il dendrogramma costruito con i 12 profili proteici già inclusi nel database commerciale e con i 24 inseriti nel nuovo database non riproduce l’albero filogenetico per alcune specie del genere Tricophyton: gli spettri MSP già presenti nel database e quelli aggiunti delle specie T. interdigitale e T. mentagrophytes raggruppano separatamente. Questo potrebbe spiegare le mis-identificazioni di T. interdigitale e T. mentagrophytes con T. tonsurans ottenute prima dell’implementazione del database. L’efficacia del sistema identificativo MALDI-TOF è stata anche dimostrata per microrganismi diversi da batteri e funghi per i quali la metodica originale è stata sviluppata. Sebbene tale sistema identificativo sia stato applicato con successo a Trichomonas vaginalis è stato necessario apportare modifiche nei parametri standard previsti per l’identificazione di batteri e funghi. Le interferenze riscontrate tra i profili proteici ottenuti per i due terreni utilizzati per la coltura di questo protozoo e per i ceppi di T. vaginalis hanno, infatti, reso necessario l’utilizzo di nuovi parametri per la creazione degli spettri di riferimento (MSP-Spectra). L’importanza dello sviluppo del nuovo metodo risiede nel fatto che è possibile identificare sulla base del profilo proteico (e non sulla base di singoli marcatori) microorganismi cresciuti su terreni complessi che potrebbero presentare picchi nell'intervallo di peso molecolare utilizzato a scopo identificativo: metaboliti, pigmenti e nutrienti presenti nel terreno possono interferire con il processo di cristallizzazione e portare ad un basso punteggio identificativo. Per T. vaginalis, in particolare, la “sottrazione” di picchi dovuti a molecole riconducibili al terreno di crescita utilizzato, è stata ottenuta escludendo dall'identificazione l'intervallo di peso molecolare compreso tra 3-6 kDa, permettendo la corretta identificazione di ceppi di isolamento clinico sulla base del profilo proteico. Tuttavia, l’elevata concentrazione di parassita richiesta (105 trofozoiti/ml) per una corretta identificazione, difficilmente ottenibile in vivo, ha impedito l’identificazione di ceppi di T. vaginalis direttamente in campioni clinici. L’approccio identificativo mediante individuazione di specifici marcatori proteici (secondo approccio identificativo) è stato provato ed adottato in questo studio per l’identificazione e la differenziazione di ceppi di Entamoeba histolytica (ameba patogena) ed Entamoeba dispar (ameba non patogena), specie morfologiacamente identiche e distinguibili solo mediante saggi molecolari (PCR) aventi come bersaglio il DNA-18S, che codifica per l’RNA della subunità ribosomiale minore. Lo sviluppo di tale applicazione ha consentito di superare l’impossibilità della creazione di una banca dati dedicata, a causa della complessità del materiale fecale di partenza e del terreno di coltura impiagato per l’isolamento, e di identificare 5 picchi proteici in grado di differenziare E. histolytica da E. dispar. In particolare, l’analisi statistica ha mostrato 2 picchi specifici per E. histolytica e 3 picchi specifici per E. dispar. L’assenza dei 5 picchi discriminanti trovati per E. histolytica e E. dispar nei profili dei 3 differenti terreni di coltura utilizzati in questo studio (terreno axenico LYI-S-2 e terreno di Robinson con e senza E. coli) permettono di considerare questi picchi buoni marcatori in grado di differenziare le due specie. La corrispondenza dei picchi con il PM di due specifiche proteine di E. histolytica depositate in letteratura (Amoebapore A e un “unknown putative protein” di E. histolytica ceppo di riferimento HM-1:IMSS-A) conferma la specificità dei picchi di E. histolytica identificati mediante analisi MALDI-TOF MS. Lo stesso riscontro non è stato possibile per i picchi di E. dispar in quanto nessuna proteina del PM di interesse è presente in GenBank. Tuttavia, va ricordato che non tutte le proteine E. dispar sono state ad oggi caratterizzate e depositate in letteratura. I 5 marcatori hanno permesso di differenziare 12 dei 13 ceppi isolati da campioni di feci e cresciuti in terreno di Robinson confermando i risultati ottenuti mediante saggio di Real-Time PCR. Per un solo ceppo di isolamento clinico di E. histolytica l’identificazione, confermata mediante sequenziamento della porzione 18S-rDNA, non è stata ottenuta mediante sistema MALDI-TOF MS in quanto non sono stati trovati né i picchi corrispondenti a E. histolytica né i picchi corrispondenti a E. dispar. Per questo ceppo è possibile ipotizzare la presenza di mutazioni geno/fenotipiche a livello delle proteine individuate come marcatori specifici per E. histolytica. Per confermare questa ipotesi sarebbe necessario analizzare un numero maggiore di ceppi di isolamento clinico con analogo profilo proteico. L’analisi condotta a diversi tempi di incubazione del campione di feci positivo per E. histolytica ed E. dipar ha mostrato il ritrovamento dei 5 picchi discriminanti solo dopo 12 ore dall’inoculo del campione nel terreno iniziale di Robinson. Questo risultato suggerisce la possibile applicazione del sistema MALDI-TOF MS per identificare ceppi di isolamento clinico di E. histolytica ed E. dipar nonostante la presenza di materiale fecale che materialmente può disturbare e rendere difficile l’interpretazione dello spettro ottenuto mediante analisi MALDI-TOF MS. Infine in questo studio è stata valutata l’applicabilità della tecnologia MALDI-TOF MS come saggio fenotipico rapido per la determinazione di ceppi produttori di carbapenemasi, verificando l'avvenuta idrolisi del meropenem (carbapeneme di riferimento utilizzato in questo studio) a contatto con i ceppi di riferimento e ceppi di isolamento clinico potenzialmente produttori di carbapenemasi dopo la messa a punto di un protocollo analitico dedicato. Il saggio di idrolisi del meropenem mediante MALDI-TOF MS ha dimostrato la presenza o l’assenza indiretta di carbapenemasi nei 3 ceppi di riferimento e nei 1219 (1185 Enterobacteriaceae e 34 non-Enterobacteriaceae) ceppi di isolamento clinico inclusi nello studio. Nessuna interferenza è stata riscontrata per i ceppi di Enterobacteriaceae variamente resistenti ai tre carbapenemi ma risultati non produttori di carbapenemasi mediante i saggi fenotipici comunemente impiegati nella diagnostica routinaria di laboratorio: nessuna idrolisi del farmaco è stata infatti osservata al saggio di idrolisi mediante MALDI-TOF MS. In un solo caso (ceppo di K. pneumoniae N°1135) è stato ottenuto un profilo anomalo in quanto presenti sia i picchi del farmaco intatto che quelli del farmaco idrolizzato. Per questo ceppo resistente ai tre carbapenemi saggiati, negativo ai saggi fenotipici per la presenza di carbapenemasi, è stata dimostrata la presenza del gene blaKPC mediante Real-Time PCR. Per questo ceppo si può ipotizzare la presenza di mutazioni a carico del gene blaKPC che sebbene non interferiscano con il suo rilevamento mediante PCR (Real-Time PCR positiva), potrebbero condizionare l’attività della proteina prodotta (Saggio di Hodge modificato e Test di Sinergia negativi) riducendone la funzionalità come dimostrato, mediante analisi MALDI-TOF MS, dalla presenza dei picchi relativi sia all’idrolisi del farmaco sia dei picchi relativi al farmaco intatto. Questa ipotesi dovrebbe essere confermata mediante sequenziamento del gene blaKPC e successiva analisi strutturale della sequenza amminoacidica deducibile. L’utilizzo della tecnologia MALDI-TOF MS per la verifica dell’avvenuta idrolisi del maropenem è risultato un saggio fenotipico indiretto in grado di distinguere, al pari del test di Hodge modificato impiegato comunemente nella routine diagnostica in microbiologia, un ceppo produttore di carbapenemasi da un ceppo non produttore sia per scopi diagnostici che per la sorveglianza epidemiologica. L’impiego del MALDI-TOF MS ha mostrato, infatti, diversi vantaggi rispetto ai metodi convenzionali (Saggio di Hodge modificato e Test di Sinergia) impiegati nella routine diagnostica di laboratorio i quali richiedono personale esperto per l’interpretazione del risultato e lunghi tempi di esecuzione e di conseguenza di refertazione. La semplicità e la facilità richieste per la preparazione dei campioni e l’immediata acquisizione dei dati rendono questa tecnica un metodo accurato e rapido. Inoltre, il metodo risulta conveniente dal punto di vista economico, con un costo totale stimato di 1,00 euro per ceppo analizzato. Tutte queste considerazioni pongono questa metodologia in posizione centrale in ambito microbiologico anche nel caso del rilevamento di ceppi produttori di carbapenemasi. Indipendentemente dall’approccio identificativo utilizzato, comparato con i metodi convenzionali il MALDI-TOF MS conferisce in molti casi un guadagno in termini di tempo di lavoro tecnico (procedura pre-analititca per la preparazione dei campioni) e di tempo di ottenimento dei risultati (procedura analitica automatizzata). Questo risparmio di tempo si accentua quando sono analizzati in contemporanea un maggior numero di isolati. Inoltre, la semplicità e la facilità richieste per la preparazione dei campioni e l’immediata acquisizione dei dati rendono questo un metodo di identificazione accurato e rapido risultando più conveniente anche dal punto di vista economico, con un costo totale di 0,50 euro (materiale consumabile) per ceppo analizzato. I risultati ottenuti dimostrano che la spettrometria di massa MALDI-TOF sta diventando uno strumento importante in microbiologia clinica e sperimentale, data l’elevata efficacia identificativa, grazie alla disponibilità sia di nuove banche dati commerciali sia di aggiornamenti delle stesse da parte di diversi utenti, e la possibilità di rilevare con successo anche se in modo indiretto le antibiotico-resistenze.

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A utilização de gradientes ambientais no estudo de comunidades vegetais possibilita a eleição de sítios onde há a predominância de um fator abiótico que determina o sucesso ou o fracasso de espécies ao longo de sua extensão. Entre as inúmeras ferramentas utilizadas no estudo de gradientes climáticos, se destaca a anatomia do lenho, pois, é um ramo da ciência que permite analisar, além dos aspectos espaciais, os aspectos temporais dos sítios por meio dos anéis de crescimento. Além disso, a ampla distribuição das plantas lenhosas ao longo do globo possibilita análises em praticamente todos os tipos de biomas e ecossistemas terrestres. Dentro desse contexto estão os bosques andino-patagônicos de Araucaria araucana (Pehuén) ao norte de sua distribuição na Argentina. Esses bosques ocupam territórios caracterizados por um acentuado gradiente de precipitação, que vai de cerca de 3000 a 100 milímetros anuais, entre a cordilheira do Andes e a estepe patagônica, que os define como bosques mésicos e xéricos, com diferenças ecológicas que condicionam a formação vegetal, dinâmica, estrutura, relações com o clima e vulnerabilidade em cenários de mudanças ambientais. O objetivo do projeto foi descrever e analisar comparativamente a estrutura anatômica do lenho de 33 espécies arbóreas e arbustivas ocorrentes ao longo de um gradiente de precipitação, entre a encosta da cordilheira dos Andes e a estepe Patagônica, para verificar possíveis alterações anatômicas que permitam a determinação de tendências e elucidem os limites de distribuição das espécies. Foram coletadas amostras não destrutivas de lenho durante três expedições para a Patagônia entre 2012 e 2014, seguidas de procedimentos laboratoriais de confeccção de lâminas histológicas, preparo de amostras para análises dendrocronológicas, captura de imagens com câmeras acopladas a microscópios óptico e eletrônico de varredura, mensurações, descrições e análises comparativas com o auxílio de softwares. Foram identificados caracteres anatômicos exclusivos de sítios secos e úmidos que permitiram a caracterização, posicionamento ao longo do gradiente de precipitação e grupamento de espécies xerófitas e mesófitas; A ultra-estrutura das pontoações de traqueídeos de Araucaria araucana apresentou diferenças marcantes na frequência e porosidade de suas membranas, sendo maior e menos porosas em sítios xéricos, e menor e mais porosas nos mésicos; a chave dicotômica microscópica permitiu a identificação das 32 espécies arbustivas, as espécies Chuquiraga oppositifolia e Nothofagus antarctica apresentaram potencial dendrocronológico, e foram identificadas tendências anatômicas latitudinais influenciadas pelo clima nos extremos da América do Sul. A anatomia do lenho se mostrou uma ferramenta confiável no estudo de um gradiente de precipitação na Patagônia argentina, e os resultados apontam para riscos de embolismos e morte induzida por falha no sistema hidráulico de Araucaria araucana ao longo de todo o gradiente, em função do atual cenário climático, e suas projeções em médio e longo prazos.

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As principais propriedades farmacológicas da Casearia sylvestris, uma espécie de árvore cujas folhas são utilizadas na medicina popular, já foram descritas na literatura. Recentemente foi demonstrada a potente atividade citotóxica in vitro da casearina X (CAS X), o diterpeno clerodânico majoritário isolado das folhas de C. sylvestris, contra linhagens de células tumorais humanas. Apesar dos resultados promissores, sua potente atividade citotóxica in vitro não pode ser extrapolada para uma potente atividade in vivo, a menos que possua boa biodisponibilidade e duração desejável do seu efeito. Tendo em vista que o avanço nas pesquisas de produtos naturais requer a avaliação pré-clínica de propriedades farmacocinéticas, no presente trabalho foi realizada a caracterização in vitro do metabolismo e da absorção intestinal da CAS X, com o objetivo de prever sua biodisponibilidade in vivo. Para os estudos de metabolismo in vitro, foi utilizado o modelo microssomal hepático de ratos e de humanos. Foi desenvolvido um método analítico para a quantificação da CAS X em microssomas, empregando a precipitação de proteínas com acetonitrila no preparo das amostras e a cromatografia líquida de alta eficiência para as análises. O método foi validado de acordo com os guias oficiais da Agência Nacional de Vigilância Sanitária e da European Medicine Agency (EMA). A CAS X demonstrou ser substrato para as reações de hidrólise mediada pelas carboxilesterases (CES) e apresentou um perfil cinético de Michaelis-Menten. Foram estimados os parâmetros de Vmax e KM, demonstrando que o clearance intrínseco em microssomas hepático de humanos foi 1,7 vezes maior que o de ratos. O clearance hepático foi estimado por extrapolação in vitro-in vivo, resultando em mais de 90% do fluxo sanguíneo hepático em ambas as espécies. Um estudo qualitativo para a pesquisa de metabólitos foi feito utilizando espectrometria de massas, pelo qual foi possível sugerir a formação da casearina X dialdeído como produto de metabolismo. Nos estudos de absorção intestinal in vitro foi utilizado o modelo de monocamadas de células Caco-2. Um método analítico por cromatografia líquida acoplada a espectrometria de massas foi desenvolvido e validado de acordo com o EMA, para as etapas de quantificação da CAS X no sistema de células. Os parâmetros cinéticos de permeabilidade aparente absortiva e secretória da CAS X foram estimados em um sistema celular, no qual a atividade hidrolítica da CES foi inibida. Assim, a CAS X foi capaz de permear a monocamada de células Caco-2, provavelmente por transporte ativo, sem a ocorrência de efluxo, mas com significativa retenção do composto dentro das células. Em conjunto, os ensaios in vitro realizados demonstraram a susceptibilidade da CAS X ao metabolismo de primeira passagem, como substrato para as CES específicas expressas no fígado e intestino.

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A novel method is reported, whereby screen-printed electrodes (SPELs) are combined with dispersive liquid–liquid microextraction. In-situ ionic liquid (IL) formation was used as an extractant phase in the microextraction technique and proved to be a simple, fast and inexpensive analytical method. This approach uses miniaturized systems both in sample preparation and in the detection stage, helping to develop environmentally friendly analytical methods and portable devices to enable rapid and onsite measurement. The microextraction method is based on a simple metathesis reaction, in which a water-immiscible IL (1-hexyl-3-methylimidazolium bis[(trifluoromethyl)sulfonyl]imide, [Hmim][NTf2]) is formed from a water-miscible IL (1-hexyl-3-methylimidazolium chloride, [Hmim][Cl]) and an ion-exchange reagent (lithium bis[(trifluoromethyl)sulfonyl]imide, LiNTf2) in sample solutions. The explosive 2,4,6-trinitrotoluene (TNT) was used as a model analyte to develop the method. The electrochemical behavior of TNT in [Hmim][NTf2] has been studied in SPELs. The extraction method was first optimized by use of a two-step multivariate optimization strategy, using Plackett–Burman and central composite designs. The method was then evaluated under optimum conditions and a good level of linearity was obtained, with a correlation coefficient of 0.9990. Limits of detection and quantification were 7 μg L−1 and 9 μg L−1, respectively. The repeatability of the proposed method was evaluated at two different spiking levels (20 and 50 μg L−1), and coefficients of variation of 7 % and 5 % (n = 5) were obtained. Tap water and industrial wastewater were selected as real-world water samples to assess the applicability of the method.

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A novel approach is presented, whereby gold nanostructured screen-printed carbon electrodes (SPCnAuEs) are combined with in-situ ionic liquid formation dispersive liquid–liquid microextraction (in-situ IL-DLLME) and microvolume back-extraction for the determination of mercury in water samples. In-situ IL-DLLME is based on a simple metathesis reaction between a water-miscible IL and a salt to form a water-immiscible IL into sample solution. Mercury complex with ammonium pyrrolidinedithiocarbamate is extracted from sample solution into the water-immiscible IL formed in-situ. Then, an ultrasound-assisted procedure is employed to back-extract the mercury into 10 µL of a 4 M HCl aqueous solution, which is finally analyzed using SPCnAuEs. Sample preparation methodology was optimized using a multivariate optimization strategy. Under optimized conditions, a linear range between 0.5 and 10 µg L−1 was obtained with a correlation coefficient of 0.997 for six calibration points. The limit of detection obtained was 0.2 µg L−1, which is lower than the threshold value established by the Environmental Protection Agency and European Union (i.e., 2 µg L−1 and 1 µg L−1, respectively). The repeatability of the proposed method was evaluated at two different spiking levels (3 and 10 µg L−1) and a coefficient of variation of 13% was obtained in both cases. The performance of the proposed methodology was evaluated in real-world water samples including tap water, bottled water, river water and industrial wastewater. Relative recoveries between 95% and 108% were obtained.

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In some cases external morphology is not sufficient to discern between populations of a species, as occurs in the dung beetle Canthon humectus hidalgoensis Bates; and much less to determine phenotypic distances between them. FTIR-ATR spectroscopy show several advantages over other identification techniques (e.g. morphological, genetic, and cuticular hydrocarbons analysis) due to the non-invasive manner of the sample preparation, the relative speed of sample analysis and the low-cost of this technology. The infrared spectrum obtained is recognized to give a unique ‘fingerprint’ because vibrational spectra are specific and unique to the molecular nature of the sample. In our study, results showed that proteins, amino acids and aromatic ethers of insect exocuticle have promising discriminative power to discern between different populations of C. h. hidalgoensis. Furthermore, the correlation between geographic distances between populations and the chemical distances obtained by proteins + amino acids + aromatic ethers was statistically significant, showing that the spectral and spatial information available of the taxa together with appropriated chemometric methods may help to a better understanding of the identity, structure, dynamics and diversity of insect populations.

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The improvement and performance of a micellar electrokinetic capillary chromatography assay for cefepime in human serum and plasma with a 50 μm id fused-silica capillary elongated from 40 to 60 cm is reported. Sample preparation with dodecylsulfate protein precipitation at pH 4.5, the pH 9.1 separation medium and the applied voltage were as reported previously[16]. The change resulted in a significant lower current, higher resolution and increased detection time intervals. The performance of the assay with multi-level internal calibration was assessed with calibration and control samples. Quality assurance data of a two year period assessed under the new conditions demonstrated the robustness of the assay. In serum samples of patients who received both cefepime and sulfamethoxazole, cefepime could not be detected due to the inseparability of the two compounds. The presence of an interference can be recognized by an increased peak width (width > 0.2 min), the appearance of a shoulder or an unresolved double peak. The patient data gathered during a three year period reveal that introduction of therapeutic drug monitoring led to a 50% reduction of the median drug level. The data suggest that therapeutic drug monitoring can help to minimize the risk of major adverse reactions and to increase drug safety on an individual basis. This article is protected by copyright. All rights reserved.

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We have analyzed inorganic and organic carbons and determined the isotopic composition of both sedimentary organic carbon and inorganic carbon in carbonates contained in sediments recovered from Holes 434, 434A, 434B, 435, and 435A in the landward slope of Japan and from Hole 436 in the oceanic slope of the Japan Trench. Both inorganic and organic carbons were assayed at the P. P. Shirshov Institute of Oceanology, in the same sample, using the Knopp technique and measuring evolved CO2 gravimetrically. Each sample was analyzed twice in parallel. Measurements were of a ±0.05 per cent accuracy and a probability level of 0.95. Carbon isotopic analysis was carried out on a MI-1305 mass spectrometer at the I. M. Gubkin Institute of Petrochemical and Gas Industry and the results presented as dC13 values related to the PDB standard. The procedure for preparing samples for organic carbon isotopic analysis involved (1) drying damp sediments at 60°C; (2) treating samples, while heating, with 10 N HCl to remove carbonate carbon; and (3) evaporating surplus HCl at 60°C. The organic substance was turned to CO2 by oxidizing it in an oxygen atmosphere. To prepare samples for inorganic carbon isotopic analysis we decomposed the carbonates with orthophosphoric acid and refined the gas evolved. The dC13 measurements, including a full cycle of sample preparation, were of a ±0.5 per cent accuracy and a probability level of 0.95.

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As part of a wider paleoclimate and paleoceanographic study of Holocene-upper Pleistocene laminated sediments from the eastern equatorial Pacific and Peru continental margin, we completed 32 accelerator mass spectrometry (AMS) 14C dates from cores recovered during Ocean Drilling Program (ODP) Leg 201. Sample preparation and measurement were carried out at the ANTARES AMS facility, Australian Nuclear Science and Technology Organisation (ANSTO), in Sydney, Australia (Lawson et al., 2000, doi:10.1016/S0168-583X(00)00276-7; Fink et al., 2004, doi:10.1016/j.nimb.2004.04.025). Although the sediments are predominantly diatomaceous oozes (D'Hondt, Jørgensen, Miller, et al., 2003, doi:10.2973/odp.proc.ir.201.2003), they contain sufficient inorganic (e.g., foraminifer tests and nannofossil plates) and organic (Meister et al., 2005, doi:10.2973/odp.proc.sr.201.105.2005) carbon to allow 14C dating. These dates permitted us to reconstruct a history of sediment accumulation over the past 20 k.y., particularly on the Peru continental margin. In this report we present 14C AMS dates and other pertinent data from cores from Sites 1227, 1228, and 1229 collected during Leg 201 at the Peru continental margin.

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We measured the chemical composition of 100 samples from the 250-m sediment sequence retrieved from Ocean Drilling Program Site 1256 in the Guatemala Basin using a newly developed microwave-assisted acid digestion protocol followed by inductively coupled plasma-atomic emission spectroscopy (ICP-AES) analysis. We compared these data gathered onshore to the results from the flux fusion prepared samples analyzed by shipboard ICP-AES during the leg and published in the Leg 206 Initial Reports volume, as well as to 35 randomly selected samples that were prepared by flux fusion at Boston University and analyzed by ICP-AES. Comparison of the newly developed acid digestion protocol to shore-based flux fusion demonstrates that the microwave-assisted acid technique yields a complete digestion, and because this procedure includes boric acid, it is safe for use with HF acid as boric acid neutralizes excess HF. The precision for nearly all elements in shore-based acid digestions is better than 3% of the measured values, including for elements such as Ni, Cr, and V, which are typically difficult to measure in biogenic-rich sediments. The shore-based flux fusions, while better than shipboard reported precision values (as expected), has precision better than 3% of their respective measured values for all major elements (Si, Al, Ti, Fe, Mn, Ca, Mg, Na, and K) and several trace elements (Ba and Sr). Results for P, Cr, Ni, V, Sc, and Zr are better than 5% of their measured values. Not only does the newly developed acid digestion provide better analytical results than the typical flux fusion method, the shore-based acid procedure also exhibits downhole lithologic and chemical characteristics similar to the shipboard flux fusion prepared results. These results confirm that the current shipboard methods are adequate for first-order geochemical interpretations and that the microwave-assisted acid digestion holds great potential to be the primary technique of preparing sediments on future Integrated Ocean Drilling Program expeditions.

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Slag composition determines the physical and chemical properties as well as the application performance of molten oxide mixtures. Therefore, it is necessary to establish a routine instrumental technique to produce accurate and precise analytical results for better process and production control. In the present paper, a multi-component analysis technique of powdered metallurgical slag samples by X-ray Fluorescence Spectrometer (XRFS) has been demonstrated. This technique provides rapid and accurate results, with minimum sample preparation. It eliminates the requirement for a fused disc, using briquetted samples protected by a layer of Borax(R). While the use of theoretical alpha coefficients has allowed accurate calibrations to be made using fewer standard samples, the application of pseudo-Voight function to curve fitting makes it possible to resolve overlapped peaks in X-ray spectra that cannot be physically separated. The analytical results of both certified reference materials and industrial slag samples measured using the present technique are comparable to those of the same samples obtained by conventional fused disc measurements.

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Aluminium phosphide (AlP) particles arc often suggested to be the nucleation site for eutectic silicon in Al-Si alloys, since both the crystal structure and lattice parameter of AlP (crystal structure: cubic K(4) over bar m; lattice parameter: 5.421 Angstrom) are close to that of silicon (cubic Fd3m, 5.431 Angstrom), and the melting point is higher than the Al-Si eutectic temperature. However, the crystallographic relationships between AlP particles and the surrounding eutectic silicon are seldom reported due to the difficulty in analysing the AlP particles, which react with water during sample preparation for polishing. in this study, the orientation relationships between AlP and Si are analysed by transmission electron microscopy using focused ion-beam milling for sample preparation to investigate the nucleation mechanism of eutectic silicon on AlP. The results show a clear and direct lattice relationship between centrally located AlP particles and the surrounding silicon in the hypoeutectic Al-Si alloy.

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We lack a thorough conceptual and functional understanding of fine roots. Studies that have focused on estimating the quantity of fine roots provide evidence that they dominate overall plant root length. We need a standard procedure to quantify root length/biomass that takes proper account of fine roots. Here we investigated the extent to which root length/biomass may be underestimated using conventional methodology, and examined the technical reasons that could explain such underestimation. Our discussion is based on original X-ray-based measurements and on a literature review spanning more than six decades. We present evidence that root-length recovery depends strongly on the observation scale/spatial resolution at which measurements are carried out; and that observation scales/resolutions adequate for fine root detection have an adverse impact on the processing times required to obtain precise estimates. We conclude that fine roots are the major component of root systems of most (if not all) annual and perennial plants. Hence plant root systems could be much longer, and probably include more biomass, than is widely accepted.