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Surface ecophysiological behavior across vegetation and moisture gradients in tropical South America
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Surface ecophysiology at five sites in tropical South America across vegetation and moisture gradients is investigated. From the moist northwest (Manaus) to the relatively dry southeast (Pé de Gigante, state of São Paulo) simulated seasonal cycles of latent and sensible heat, and carbon flux produced with the Simple Biosphere Model (SiB3) are confronted with observational data. In the northwest, abundant moisture is available, suggesting that the ecosystem is light-limited. In these wettest regions, Bowen ratio is consistently low, with little or no annual cycle. Carbon flux shows little or no annual cycle as well; efflux and uptake are determined by high-frequency variability in light and moisture availability. Moving downgradient in annual precipitation amount, dry season length is more clearly defined. In these regions, a dry season sink of carbon is observed and simulated. This sink is the result of the combination of increased photosynthetic production due to higher light levels, and decreased respiratory efflux due to soil drying. The differential response time of photosynthetic and respiratory processes produce observed annual cycles of net carbon flux. In drier regions, moisture and carbon fluxes are in-phase; there is carbon uptake during seasonal rains and efflux during the dry season. At the driest site, there is also a large annual cycle in latent and sensible heat flux.
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In this paper, nighttime light data are suggested as a proxy for spatial distribution of vehicles running in urban and nearby areas. Nighttime lights focus on human activities, in contrast to traditional Earth observing systems that focus on natural systems. It is the human activity being visible in the form of brightness of nocturnal lights. Two available nighttime lights dataset were used in this work. The first one was provided by the U.S. Air Force Defense Meteorological Satellite Program (DMSP) Operational Linescan System (OLS), henceforth, DMSO-OLS. The second one is the NASA-NOAA Suomi National Polar-orbiting Polar-orbiting Partnership (NPP) satellite, henceforth, Suomi-NPP. To validate the new proposed methodology, hundreds of urban areas of South America were analyzed in a high degree of resolution. The results of this study showed that night-time lights are very well correlated with vehicle fleet, population, and impervious surfaces but with strong spatial variability. The results of this study suggest a better understanding of the human activities in the context of a vehicular-based city conception.
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Nella tesi si analizzano le principali fonti del rumore aeronautico, lo stato dell'arte dal punto di vista normativo, tecnologico e procedurale. Si analizza lo stato dell'arte anche riguardo alla classificazione degli aeromobili, proponendo un nuovo indice prestazionale in alternativa a quello indicato dalla metodologia di certificazione (AC36-ICAO) Allo scopo di diminuire l'impatto acustico degli aeromobili in fase di atterraggio, si analizzano col programma INM i benefici di procedure CDA a 3° rispetto alle procedure tradizionali e, di seguito di procedure CDA ad angoli maggiori in termini di riduzione di lunghezza e di area delle isofoniche SEL85, SEL80 e SEL75.
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CAPITOLO 1 INTRODUZIONE Il lavoro presentato è relativo all’utilizzo a fini metrici di immagini satellitari storiche a geometria panoramica; in particolare sono state elaborate immagini satellitari acquisite dalla piattaforma statunitense CORONA, progettata ed impiegata essenzialmente a scopi militari tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, e recentemente soggette ad una declassificazione che ne ha consentito l’accesso anche a scopi ed utenti non militari. Il tema del recupero di immagini aeree e satellitari del passato è di grande interesse per un ampio spettro di applicazioni sul territorio, dall’analisi dello sviluppo urbano o in ambito regionale fino ad indagini specifiche locali relative a siti di interesse archeologico, industriale, ambientale. Esiste infatti un grandissimo patrimonio informativo che potrebbe colmare le lacune della documentazione cartografica, di per sé, per ovvi motivi tecnici ed economici, limitata a rappresentare l’evoluzione territoriale in modo asincrono e sporadico, e con “forzature” e limitazioni nel contenuto informativo legate agli scopi ed alle modalità di rappresentazione delle carte nel corso del tempo e per diversi tipi di applicazioni. L’immagine di tipo fotografico offre una rappresentazione completa, ancorché non soggettiva, dell’esistente e può complementare molto efficacemente il dato cartografico o farne le veci laddove questo non esista. La maggior parte del patrimonio di immagini storiche è certamente legata a voli fotogrammetrici che, a partire dai primi decenni del ‘900, hanno interessato vaste aree dei paesi più avanzati, o regioni di interesse a fini bellici. Accanto a queste, ed ovviamente su periodi più vicini a noi, si collocano le immagini acquisite da piattaforma satellitare, tra le quali rivestono un grande interesse quelle realizzate a scopo di spionaggio militare, essendo ad alta risoluzione geometrica e di ottimo dettaglio. Purtroppo, questo ricco patrimonio è ancora oggi in gran parte inaccessibile, anche se recentemente sono state avviate iniziative per permetterne l’accesso a fini civili, in considerazione anche dell’obsolescenza del dato e della disponibilità di altre e migliori fonti di informazione che il moderno telerilevamento ci propone. L’impiego di immagini storiche, siano esse aeree o satellitari, è nella gran parte dei casi di carattere qualitativo, inteso ad investigare sulla presenza o assenza di oggetti o fenomeni, e di rado assume un carattere metrico ed oggettivo, che richiederebbe tra l’altro la conoscenza di dati tecnici (per esempio il certificato di calibrazione nel caso delle camere aerofotogrammetriche) che sono andati perduti o sono inaccessibili. Va ricordato anche che i mezzi di presa dell’epoca erano spesso soggetti a fenomeni di distorsione ottica o altro tipo di degrado delle immagini che ne rendevano difficile un uso metrico. D’altra parte, un utilizzo metrico di queste immagini consentirebbe di conferire all’analisi del territorio e delle modifiche in esso intercorse anche un significato oggettivo che sarebbe essenziale per diversi scopi: per esempio, per potere effettuare misure su oggetti non più esistenti o per potere confrontare con precisione o co-registrare le immagini storiche con quelle attuali opportunamente georeferenziate. Il caso delle immagini Corona è molto interessante, per una serie di specificità che esse presentano: in primo luogo esse associano ad una alta risoluzione (dimensione del pixel a terra fino a 1.80 metri) una ampia copertura a terra (i fotogrammi di alcune missioni coprono strisce lunghe fino a 250 chilometri). Queste due caratteristiche “derivano” dal principio adottato in fase di acquisizione delle immagini stesse, vale a dire la geometria panoramica scelta appunto perché l’unica che consente di associare le due caratteristiche predette e quindi molto indicata ai fini spionaggio. Inoltre, data la numerosità e la frequenza delle missioni all’interno dell’omonimo programma, le serie storiche di questi fotogrammi permettono una ricostruzione “ricca” e “minuziosa” degli assetti territoriali pregressi, data appunto la maggior quantità di informazioni e l’imparzialità associabili ai prodotti fotografici. Va precisato sin dall’inizio come queste immagini, seppur rappresentino una risorsa “storica” notevole (sono datate fra il 1959 ed il 1972 e coprono regioni moto ampie e di grandissimo interesse per analisi territoriali), siano state molto raramente impiegate a scopi metrici. Ciò è probabilmente imputabile al fatto che il loro trattamento a fini metrici non è affatto semplice per tutta una serie di motivi che saranno evidenziati nei capitoli successivi. La sperimentazione condotta nell’ambito della tesi ha avuto due obiettivi primari, uno generale ed uno più particolare: da un lato il tentativo di valutare in senso lato le potenzialità dell’enorme patrimonio rappresentato da tali immagini (reperibili ad un costo basso in confronto a prodotti simili) e dall’altro l’opportunità di indagare la situazione territoriale locale per una zona della Turchia sud orientale (intorno al sito archeologico di Tilmen Höyük) sulla quale è attivo un progetto condotto dall’Università di Bologna (responsabile scientifico il Prof. Nicolò Marchetti del Dipartimento di Archeologia), a cui il DISTART collabora attivamente dal 2005. L’attività è condotta in collaborazione con l’Università di Istanbul ed il Museo Archeologico di Gaziantep. Questo lavoro si inserisce, inoltre, in un’ottica più ampia di quelle esposta, dello studio cioè a carattere regionale della zona in cui si trovano gli scavi archeologici di Tilmen Höyük; la disponibilità di immagini multitemporali su un ampio intervallo temporale, nonché di tipo multi sensore, con dati multispettrali, doterebbe questo studio di strumenti di conoscenza di altissimo interesse per la caratterizzazione dei cambiamenti intercorsi. Per quanto riguarda l’aspetto più generale, mettere a punto una procedura per il trattamento metrico delle immagini CORONA può rivelarsi utile all’intera comunità che ruota attorno al “mondo” dei GIS e del telerilevamento; come prima ricordato tali immagini (che coprono una superficie di quasi due milioni di chilometri quadrati) rappresentano un patrimonio storico fotografico immenso che potrebbe (e dovrebbe) essere utilizzato sia a scopi archeologici, sia come supporto per lo studio, in ambiente GIS, delle dinamiche territoriali di sviluppo di quelle zone in cui sono scarse o addirittura assenti immagini satellitari dati cartografici pregressi. Il lavoro è stato suddiviso in 6 capitoli, di cui il presente costituisce il primo. Il secondo capitolo è stato dedicato alla descrizione sommaria del progetto spaziale CORONA (progetto statunitense condotto a scopo di fotoricognizione del territorio dell’ex Unione Sovietica e delle aree Mediorientali politicamente correlate ad essa); in questa fase vengono riportate notizie in merito alla nascita e all’evoluzione di tale programma, vengono descritti piuttosto dettagliatamente gli aspetti concernenti le ottiche impiegate e le modalità di acquisizione delle immagini, vengono riportati tutti i riferimenti (storici e non) utili a chi volesse approfondire la conoscenza di questo straordinario programma spaziale. Nel terzo capitolo viene presentata una breve discussione in merito alle immagini panoramiche in generale, vale a dire le modalità di acquisizione, gli aspetti geometrici e prospettici alla base del principio panoramico, i pregi ed i difetti di questo tipo di immagini. Vengono inoltre presentati i diversi metodi rintracciabili in bibliografia per la correzione delle immagini panoramiche e quelli impiegati dai diversi autori (pochi per la verità) che hanno scelto di conferire un significato metrico (quindi quantitativo e non solo qualitativo come è accaduto per lungo tempo) alle immagini CORONA. Il quarto capitolo rappresenta una breve descrizione del sito archeologico di Tilmen Höyuk; collocazione geografica, cronologia delle varie campagne di studio che l’hanno riguardato, monumenti e suppellettili rinvenute nell’area e che hanno reso possibili una ricostruzione virtuale dell’aspetto originario della città ed una più profonda comprensione della situazione delle capitali del Mediterraneo durante il periodo del Bronzo Medio. Il quinto capitolo è dedicato allo “scopo” principe del lavoro affrontato, vale a dire la generazione dell’ortofotomosaico relativo alla zona di cui sopra. Dopo un’introduzione teorica in merito alla produzione di questo tipo di prodotto (procedure e trasformazioni utilizzabili, metodi di interpolazione dei pixel, qualità del DEM utilizzato), vengono presentati e commentati i risultati ottenuti, cercando di evidenziare le correlazioni fra gli stessi e le problematiche di diversa natura incontrate nella redazione di questo lavoro di tesi. Nel sesto ed ultimo capitolo sono contenute le conclusioni in merito al lavoro in questa sede presentato. Nell’appendice A vengono riportate le tabelle dei punti di controllo utilizzati in fase di orientamento esterno dei fotogrammi.
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This doctoral thesis focuses on ground-based measurements of stratospheric nitric acid (HNO3)concentrations obtained by means of the Ground-Based Millimeter-wave Spectrometer (GBMS). Pressure broadened HNO3 emission spectra are analyzed using a new inversion algorithm developed as part of this thesis work and the retrieved vertical profiles are extensively compared to satellite-based data. This comparison effort I carried out has a key role in establishing a long-term (1991-2010), global data record of stratospheric HNO3, with an expected impact on studies concerning ozone decline and recovery. The first part of this work is focused on the development of an ad hoc version of the Optimal Estimation Method (Rodgers, 2000) in order to retrieve HNO3 spectra observed by means of GBMS. I also performed a comparison between HNO3 vertical profiles retrieved with the OEM and those obtained with the old iterative Matrix Inversion method. Results show no significant differences in retrieved profiles and error estimates, with the OEM providing however additional information needed to better characterize the retrievals. A final section of this first part of the work is dedicated to a brief review on the application of the OEM to other trace gases observed by GBMS, namely O3 and N2O. The second part of this study deals with the validation of HNO3 profiles obtained with the new inversion method. The first step has been the validation of GBMS measurements of tropospheric opacity, which is a necessary tool in the calibration of any GBMS spectra. This was achieved by means of comparisons among correlative measurements of water vapor column content (or Precipitable Water Vapor, PWV) since, in the spectral region observed by GBMS, the tropospheric opacity is almost entirely due to water vapor absorption. In particular, I compared GBMS PWV measurements collected during the primary field campaign of the ECOWAR project (Bhawar et al., 2008) with simultaneous PWV observations obtained with Vaisala RS92k radiosondes, a Raman lidar, and an IR Fourier transform spectrometer. I found that GBMS PWV measurements are in good agreement with the other three data sets exhibiting a mean difference between observations of ~9%. After this initial validation, GBMS HNO3 retrievals have been compared to two sets of satellite data produced by the two NASA/JPL Microwave Limb Sounder (MLS) experiments (aboard the Upper Atmosphere Research Satellite (UARS) from 1991 to 1999, and on the Earth Observing System (EOS) Aura mission from 2004 to date). This part of my thesis is inserted in GOZCARDS (Global Ozone Chemistry and Related Trace gas Data Records for the Stratosphere), a multi-year project, aimed at developing a long-term data record of stratospheric constituents relevant to the issues of ozone decline and expected recovery. This data record will be based mainly on satellite-derived measurements but ground-based observations will be pivotal for assessing offsets between satellite data sets. Since the GBMS has been operated for more than 15 years, its nitric acid data record offers a unique opportunity for cross-calibrating HNO3 measurements from the two MLS experiments. I compare GBMS HNO3 measurements obtained from the Italian Alpine station of Testa Grigia (45.9° N, 7.7° E, elev. 3500 m), during the period February 2004 - March 2007, and from Thule Air Base, Greenland (76.5°N 68.8°W), during polar winter 2008/09, and Aura MLS observations. A similar intercomparison is made between UARS MLS HNO3 measurements with those carried out from the GBMS at South Pole, Antarctica (90°S), during the most part of 1993 and 1995. I assess systematic differences between GBMS and both UARS and Aura HNO3 data sets at seven potential temperature levels. Results show that, except for measurements carried out at Thule, ground based and satellite data sets are consistent within the errors, at all potential temperature levels.
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Ground-based Earth troposphere calibration systems play an important role in planetary exploration, especially to carry out radio science experiments aimed at the estimation of planetary gravity fields. In these experiments, the main observable is the spacecraft (S/C) range rate, measured from the Doppler shift of an electromagnetic wave transmitted from ground, received by the spacecraft and coherently retransmitted back to ground. If the solar corona and interplanetary plasma noise is already removed from Doppler data, the Earth troposphere remains one of the main error sources in tracking observables. Current Earth media calibration systems at NASA’s Deep Space Network (DSN) stations are based upon a combination of weather data and multidirectional, dual frequency GPS measurements acquired at each station complex. In order to support Cassini’s cruise radio science experiments, a new generation of media calibration systems were developed, driven by the need to achieve the goal of an end-to-end Allan deviation of the radio link in the order of 3×〖10〗^(-15) at 1000 s integration time. The future ESA’s Bepi Colombo mission to Mercury carries scientific instrumentation for radio science experiments (a Ka-band transponder and a three-axis accelerometer) which, in combination with the S/C telecommunication system (a X/X/Ka transponder) will provide the most advanced tracking system ever flown on an interplanetary probe. Current error budget for MORE (Mercury Orbiter Radioscience Experiment) allows the residual uncalibrated troposphere to contribute with a value of 8×〖10〗^(-15) to the two-way Allan deviation at 1000 s integration time. The current standard ESA/ESTRACK calibration system is based on a combination of surface meteorological measurements and mathematical algorithms, capable to reconstruct the Earth troposphere path delay, leaving an uncalibrated component of about 1-2% of the total delay. In order to satisfy the stringent MORE requirements, the short time-scale variations of the Earth troposphere water vapor content must be calibrated at ESA deep space antennas (DSA) with more precise and stable instruments (microwave radiometers). In parallel to this high performance instruments, ESA ground stations should be upgraded to media calibration systems at least capable to calibrate both troposphere path delay components (dry and wet) at sub-centimetre level, in order to reduce S/C navigation uncertainties. The natural choice is to provide a continuous troposphere calibration by processing GNSS data acquired at each complex by dual frequency receivers already installed for station location purposes. The work presented here outlines the troposphere calibration technique to support both Deep Space probe navigation and radio science experiments. After an introduction to deep space tracking techniques, observables and error sources, in Chapter 2 the troposphere path delay is widely investigated, reporting the estimation techniques and the state of the art of the ESA and NASA troposphere calibrations. Chapter 3 deals with an analysis of the status and the performances of the NASA Advanced Media Calibration (AMC) system referred to the Cassini data analysis. Chapter 4 describes the current release of a developed GNSS software (S/W) to estimate the troposphere calibration to be used for ESA S/C navigation purposes. During the development phase of the S/W a test campaign has been undertaken in order to evaluate the S/W performances. A description of the campaign and the main results are reported in Chapter 5. Chapter 6 presents a preliminary analysis of microwave radiometers to be used to support radio science experiments. The analysis has been carried out considering radiometric measurements of the ESA/ESTEC instruments installed in Cabauw (NL) and compared with the requirements of MORE. Finally, Chapter 7 summarizes the results obtained and defines some key technical aspects to be evaluated and taken into account for the development phase of future instrumentation.
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„Extraterrestrische und terrestrische Anwendungen eines miniaturisierten Mössbauer-Spektrometers“ Die vorliegende Arbeit befasst sich mit Anwendungen eines miniaturisierten Mössbauer- Spektrometers (MIMOS II), dessen Entwicklung in den frühen neunziger Jahren am Institut für Kernphysik der Technischen Universität Darmstadt unter Professor Egbert Kankeleit und seinen Mitarbeitern begann. Seit 1998 sind die Entwicklungsarbeiten im Arbeitskreis von Prof. Gütlich am Institut für Anorganische und Analytische Chemie der Johannes Gutenberg- Universität Mainz von Dr. Göstar Klingelhöfer und Mitarbeitern fortgesetzt worden. Vorrangiges Ziel war dabei der geplante Einsatz des Spektrometers zu mineralogischen Untersuchungen im Weltall. Entsprechend ist das Projekt mit erheblichen finanziellen Mitteln des Forschungsinstituts der Deutschen Luft- und Raumfahrt (DLR) in Bonn unterstützt worden. Bei den beiden Missionen, die im Jahre 2003 von der NASA zum Mars gesandt wurden und im Januar dieses Jahres die beiden „Mars Exploration Rover“ (MER) "Spirit" und "Opportunity" erfolgreich auf der Marsoberfläche abgesetzt haben, ist jeweils ein MIMOS II-Gerät zur Charakterisierung eisenhaltiger Minerale und Böden während der laufenden Mission im Einsatz. Einige Ergebnisse von MIMOS II an Gestein und Böden der Marsoberfläche werden in der vorliegenden Arbeit präsentiert und diskutiert. Diese Ergebnisse wurden vom MIMOS II-Consortium unter Führung von Dr. Göstar Klingelhöfer, mit Unterstützung des Ingenieurs- und Wissenschaftsteams von MER am Jet Propulsion Laboratory in Kalifornien, erlangt. Erste Spektren, die von Proben im Gusev-Krater (Landestelle von „Spirit“) aufgenommen wurden und in dieser Arbeit vorgestellt werden, weisen auf das Vorkommen von forsteritischem Olivin, Pyroxen, Magnetit hin; daneben zeigt sich ein von Eisen(III) herrührendes Quadrupoldublett, das (noch) nicht eindeutig zugeordnet werden konnte. Aus den gewonnenen Daten wurde geschlossen, dass physikalische Verwitterung der vorherrschende Veränderungsprozess in den Ebenen des Gusev-Kraters ist. Um die Fähigkeiten von MIMOS II in der Charakteriserung extraterrestrischen Materials vor dem Start zum Mars zu demonstrieren, wurde eine Auswahl von chondritischen, Eisenund Marsmeteoriten gemessen. Ein Datenanalysepaket, basierend auf künstlichen neuronalen Netzwerken, genetischen Algorithmen und "fuzzy" Logik, wurde erstellt, erfolgreich getestet und während der Echtzeit-Operation der MER benutzt. Eine Datenbasis von Mössbauer-Parametern und Referenzen von veröffentlichten Studien über den Temperaturbereich des Mars wurde zusammengestellt. Die Werkzeuge zur Datenanalyse eröffnen neue Einsatzmöglichkeiten des miniaturisierten Mössbauer-Spektrometers in vielen Bereichen ausserhalb des Physikllabors. Einige davon werden in dieser Arbeit vorgestellt, wie z.B.die Pigmentcharakterisierung, die Echtheit archäologischer Artefakte oder in-situ Luftverschmutzungsmessungen. Datum: 20.07.2004 1. Betreuer: Professor Dr. P. Gütlich Paulo A. de Souza Jr. GAFEP/GETEP Departamento de Pelotização - DIPE Companhia Vale do Rio Doce - CVRD Tel.: (27) 3333-4609 - Carrier (835)
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Il Cloud computing è probabilmente l'argomento attualmente più dibattuto nel mondo dell'Information and Communication Technology (ICT). La diffusione di questo nuovo modo di concepire l'erogazione di servizi IT, è l'evoluzione di una serie di tecnologie che stanno rivoluzionando le modalit à in cui le organizzazioni costruiscono le proprie infrastrutture informatiche. I vantaggi che derivano dall'utilizzo di infrastrutture di Cloud Computing sono ad esempio un maggiore controllo sui servizi, sulla struttura dei costi e sugli asset impiegati. I costi sono proporzionati all'eettivo uso dei servizi (pay-per-use), evitando dunque gli sprechi e rendendo più efficiente il sistema di sourcing. Diverse aziende hanno già cominciato a provare alcuni servizi cloud e molte altre stanno valutando l'inizio di un simile percorso. La prima organizzazione a fornire una piattaforma di cloud computing fu Amazon, grazie al suo Elastic Computer Cloud (EC2). Nel luglio del 2010 nasce OpenStack, un progetto open-source creato dalla fusione dei codici realizzati dall'agenzia governativa della Nasa[10] e dell'azienda statunitense di hosting Rackspace. Il software realizzato svolge le stesse funzioni di quello di Amazon, a differenza di questo, però, è stato rilasciato con licenza Apache, quindi nessuna restrizione di utilizzo e di implementazione. Oggi il progetto Openstack vanta di numerose aziende partner come Dell, HP, IBM, Cisco, e Microsoft. L'obiettivo del presente elaborato è quello di comprendere ed analizzare il funzionamento del software OpenStack. Il fine principale è quello di familiarizzare con i diversi componenti di cui è costituito e di concepire come essi interagiscono fra loro, per poter costruire infrastrutture cloud del tipo Infrastructure as a service (IaaS). Il lettore si troverà di fronte all'esposizione degli argomenti organizzati nei seguenti capitoli. Nel primo capitolo si introduce la definizione di cloud computing, trattandone le principali caratteristiche, si descrivono poi, i diversi modelli di servizio e di distribuzione, delineando vantaggi e svantaggi che ne derivano. Nel secondo capitolo due si parla di una delle tecnologie impiegate per la realizzazione di infrastrutture di cloud computing, la virtualizzazione. Vengono trattate le varie forme e tipologie di virtualizzazione. Nel terzo capitolo si analizza e descrive in dettaglio il funzionamento del progetto OpenStack. Per ogni componente del software, viene illustrata l'architettura, corredata di schemi, ed il relativo meccanismo. Il quarto capitolo rappresenta la parte relativa all'installazione del software e alla configurazione dello stesso. Inoltre si espongono alcuni test effettuati sulla macchina in cui è stato installato il software. Infine nel quinto capitolo si trattano le conclusioni con le considerazioni sugli obiettivi raggiunti e sulle caratteristiche del software preso in esame.
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The weathering of Fe-bearing minerals under extraterrestrial conditions was investigated by Mössbauer (MB) spectroscopy to gain insights into the role of water on the planet Mars. The NASA Mars Exploration Rovers Spirit and Opportunity each carry a miniaturized Mössbauer spectrometer MIMOS II for the in situ investigation of Martian soils and rocks as part of their payload. The MER flight instruments had to be modified in order to work over the Martian diurnal temperature range (180 K – 290 K) and within the unique electronic environment of the rovers. The modification required special calibration procedures. The integration time necessary to obtain a good quality Mössbauer spectrum with the MIMOS II flight instruments was reduced by 30 % through the design of a new collimator. The in situ investigation of rocks along the rover Spirit's traverse in Gusev crater revealed weakly altered olivine basalt on the plains and pervasively altered basalt in the Columbia Hills. Correlation plots of primary Fe-bearing minerals identified by MB spectroscopy such as olivine versus secondary Fe-bearing phases such as nanophase Fe oxides showed that olivine is the mineral which is primarily involved in weathering reactions. This argues for a reduced availability of water. Identification of the Fe-oxyhydroxide goethite in the Columbia Hills is unequivocal evidence for aqueous weathering processes in the Columbia Hills. Experiments in which mineral powders were exposed to components of the Martian atmosphere showed that interaction with the atmosphere alone, in the absence of liquid water, is sufficient to oxidize Martian surface materials. The fine-grained dust suspended in the Martian atmosphere may have been altered solely by gas-solid reactions. Fresh and altered specimens of Martian meteorites were investigated with MIMOS II. The study of Martian meteorites in the lab helped to identify in Bounce Rock the first rock on Mars which is similar in composition to basaltic shergottites, a subgroup of the Martian meteorites. The field of astrobiology includes the study of the origin, evolution and distribution of life in the universe. Water is a prerequisite for life. The MER Mössbauer spectrometers identified aqueous minerals such as jarosite and goethite. The identification of jarosite was crucial to evaluate the habitability of Opportunity's landing site at Meridiani Planum during the formation of the sedimentary outcrop rocks, because jarosite puts strong constrains on pH levels. The identification of olivine in rocks and soils on the Gusev crater plains provide evidence for the sparsity of water under current conditions on Mars. Ratios of Fe2+/Fe3+ were obtained with Mössbauer spectroscopy from basaltic glass samples which were exposed at a deep sea hydrothermal vent. The ratios were used as a measure of potential energy for use by a microbial community. Samples from Mars analogue field sites on Earth exhibiting morphological biosignatures were also investigated.
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The present work consists of the investigation of the navigation of Pioneer 10 and 11 probes becoming known as the “Pioneer Anomaly”: the trajectories followed by the spacecrafts did not match the ones retrieved with standard navigation software. Mismatching appeared as a linear drift in the Doppler data received by the spacecrafts, which has been ascribed to a constant sunward acceleration of about 8.5×10-10 m/s2. The study presented hereafter tries to find a convincing explanation to this discrepancy. The research is based on the analysis of Doppler tracking data through the ODP (Orbit Determination Program), developed by NASA/JPL. The method can be summarized as: seek for any kind of physics affecting the dynamics of the spacecraft or the propagation of radiometric data, which may have not been properly taken into account previously, and check whether or not these might rule out the anomaly. A major effort has been put to build a thermal model of the spacecrafts for predicting the force due to anisotropic thermal radiation, since this is a model not natively included in the ODP. Tracking data encompassing more than twenty years of Pioneer 10 interplanetary cruise, plus twelve years of Pioneer 11 have been analyzed in light of the results of the thermal model. Different strategies of orbit determination have been implemented, including single arc, multi arc and stochastic filters, and their performance compared. Orbital solutions have been obtained without the needing of any acceleration other than the thermal recoil one indicating it as the responsible for the observed linear drift in the Doppler residuals. As a further support to this we checked that inclusion of additional constant acceleration as does not improve the quality of orbital solutions. All the tests performed lead to the conclusion that no anomalous acceleration is acting on Pioneers spacecrafts.
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Questa tesi di dottorato tratta il tema delle Tecnologie Appropriate e delle Buone Pratiche per la gestione delle risorse idriche ed il risparmio energetico nell’ambito dell’abitato urbano e rurale. Viene fatta una breve panoramica sulle principali teorie e metodologie che fino ad oggi hanno fatto da linee guida per la progettazione sostenibile e il corretto utilizzo delle risorse. Questa visione d'insieme servirà per esprimere delle valutazioni e trovare dei comuni dominatori per proporre una nuova metodologia d'approccio alla gestione delle risorse con particolare attenzione rivolta alla condizione presente e alla zona d’intervento. Site specific sustainability Approach (S3A). I casi studio: • Un progetto di approvvigionamento idrico e di desalinizzazione delle acque per un’oasi del Sahara marocchino. • Un progetto di ricerca della Columbia University e della NASA legato alla sostenibilità urbana di New York che analizza i benefici apportati dall'installazione di coperture verdi nell'area di Manhattan da un punto di vista della gestione delle risorse idriche, energetiche e delle componenti ambientali. • Un progetto di verde verticale e giardino pensile a Milano. • Un progetto di approvvigionamento idrico sostenibile e gestione del verde per la città di Porto Plata in Repubblica Domenicana. Approfondimenti e sperimentazioni. • E’ stato approfondito il tema della distillazione solare per la dissalazione e potabilizzazione delle acque in zone rurali desertiche ed isolate. • E’ stato progettato e realizzato un prototipo innovativo di distillatore tubolare con collettore solare parabolico. Il prototipo è stato testato nei laboratori della Columbia University di New York. • Sono state approfondite le Khettaras o Qanat, tunnel sotterranei per l’approvvigionamento idrico nelle zone aride. • Infine sono stati approfonditi i benefici apportati dalle coperture a verde (tetti verdi) e dal verde verticale nelle zone urbane dal punto di vista della gestione delle risorse idriche ed il risparmio energetico.
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Successful conservation of tropical montane forest, one of the most threatened ecosystems on earth, requires detailed knowledge of its biogeochemistry. Of particular interest is the response of the biogeochemical element cycles to external influences such as element deposition or climate change. Therefore the overall objective of my study was to contribute to improved understanding of role and functioning of the Andean tropical montane forest. In detail, my objectives were to determine (1) the role of long-range transported aerosols and their transport mechanisms, and (2) the role of short-term extreme climatic events for the element budget of Andean tropical forest. In a whole-catchment approach including three 8-13 ha microcatchments under tropical montane forest on the east-exposed slope of the eastern cordillera in the south Ecuadorian Andes at 1850-2200 m above sea level I monitored at least in weekly resolution the concentrations and fluxes of Ca, Mg, Na, K, NO3-N, NH4-N, DON, P, S, TOC, Mn, and Al in bulk deposition, throughfall, litter leachate, soil solution at the 0.15 and 0.3 m depths, and runoff between May 1998 and April 2003. I also used meteorological data from my study area collected by cooperating researchers and the Brazilian meteorological service (INPE), as well as remote sensing products of the North American and European space agencies NASA and ESA. My results show that (1) there was a strong interannual variation in deposition of Ca [4.4-29 kg ha-1 a-1], Mg [1.6-12], and K [9.8-30]) between 1998 and 2003. High deposition changed the Ca and Mg budgets of the catchments from loss to retention, suggesting that the additionally available Ca and Mg was used by the ecosystem. Increased base metal deposition was related to dust outbursts of the Sahara and an Amazonian precipitation pattern with trans-regional dry spells allowing for dust transport to the Andes. The increased base metal deposition coincided with a strong La Niña event in 1999/2000. There were also significantly elevated H+, N, and Mn depositions during the annual biomass burning period in the Amazon basin. Elevated H+ deposition during the biomass burning period caused elevated base metal loss from the canopy and the organic horizon and deteriorated already low base metal supply of the vegetation. Nitrogen was only retained during biomass burning but not during non-fire conditions when deposition was much smaller. Therefore biomass burning-related aerosol emissions in Amazonia seem large enough to substantially increase element deposition at the western rim of Amazonia. Particularly the related increase of acid deposition impoverishes already base-metal scarce ecosystems. As biomass burning is most intense during El Niño situations, a shortened ENSO cycle because of global warming likely enhances the acid deposition at my study forest. (2) Storm events causing near-surface water flow through C- and nutrient-rich topsoil during rainstorms were the major export pathway for C, N, Al, and Mn (contributing >50% to the total export of these elements). Near-surface flow also accounted for one third of total base metal export. This demonstrates that storm-event related near-surface flow markedly affects the cycling of many nutrients in steep tropical montane forests. Changes in the rainfall regime possibly associated with global climate change will therefore also change element export from the study forest. Element budgets of Andean tropical montane rain forest proved to be markedly affected by long-range transport of Saharan dust, biomass burning-related aerosols, or strong rainfalls during storm events. Thus, increased acid and nutrient deposition and the global climate change probably drive the tropical montane forest to another state with unknown consequences for its functions and biological diversity.
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The main purpose of my thesis has been the analysis of the space debris environment and their characterization through optical measurements. In particular I had the opportunity to contribute to the Italian Space Agency activities in space debris optical observation campaign and I cooperated directly with NASA Orbital Debris Program Office by working at the Astronomy Department of the University of Michigan for six months.
Resumo:
Diese Dissertation untersucht den Einfluss von Eiskristallform und räumlicher Inhomogenität von Zirren auf das Retrieval von optischer Wolkendicke und effektivem Eispartikelradius. Zu diesem Zweck werden flugzeuggetragene spektrale Messungen solarer Strahlung sowie solare und langwellige Strahlungstransfersimulationen durchgeführt. Flugzeuggetragene spektrale aufwärtsgerichtete Radianzen (Strahldichten) sind mit dem SMART-Albedometer (Spectral Modular Airborne Radiation measurement sysTem) während des CIRCLE-2 (CIRrus CLoud Experiment-2) Feldexperiments im Mai 2007 gemessen worden. Basierend auf diesen Radianzdaten werden mittels eines Wolkenretrievalalgorithmus optische Wolkendicken und effektive Eispartikelradien anhand von eindimensionalen Strahlungstransferrechnungen bestimmt. Die Auswirkung der Annahme unterschiedlicher Eiskristallformen auf die retrievten Parameter wird durch Variation der Einfachstreueigenschaften der Eispartikel untersucht. Darüber hinaus wird mittels Strahlungstransferrechnungen auch der Einfluss der Eiskristallform auf den Strahlungsantrieb von Eiswolken ermittelt. Die Frage nach dem relativen Einfluss von räumlicher Wolkeninhomogenität und Eiskristallform wird anhand von dreidimensionalen und independent pixel approximation (IPA) Strahlungssimulationen untersucht. Die Analyse basiert auf einer Modelleiswolke, die aus Daten des NASA (National Aeronautics and Space Administration) TC4 (Tropical Composition, Cloud, and Climate Coupling) Feldexperiments im Sommer 2007 in Costa Rica erzeugt wurde. Lokal gesehen können beide Effekte - Eiskristallform und räumliche Eiswolkeninhomogenität - die gleiche Grössenordnung haben und zu einer Unter- bzw. Überschätzung der retrievten Parameter um 40 – 60% führen. Gemittelt über die ganze Wolke ist jedoch der Einfluss der Eiskristallform viel bedeutender als der von räumlichen Inhomogenitäten.