559 resultados para Gino Germani
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This research work analyzes the theme of the architecture of the city and aims at establishing, by studying the urban project of the new town hall in Ljubljana made by the Slovenian architect Jože Plečnik, the idea that the construction of the city must be carried out through a type of architecture directed at the planning of collective urban spaces. The plan for the new town hall building, drew in three versions – 1932, 1939, and 1940-41 –, is part of a large set of plans concerning the area that Plečnik defines to be the “osrčje” (heart) of Ljubljana, that is, the central area within the castle hill and the distinctive arc of the Ljubljanica River, on the eastern boundary of the old “mesto” (town). Among the Plečnik's projects on urban scale for Ljubljana, the above-mentioned plans, unbuilt and scarcely published, must be considered to be ones of the least known, despite their importance in the professional activity of the architect. The work consists of three parts: the first part describes the background of theories and projects which shaped Plečnik's urban culture, during the years of his education in Vienna and before the beginning of the planning activities this work focuses on; the second part studies the plans for the “heart” of the city; the third part investigates the plan for the new town hall building by means of the graphical reconstruction of the three plan versions made by Plečnik, and it provides insights into the relationships among form, significance and motivation of his work. Since the plans have never been built, the digital tridimensional reconstruction of the building models allowed to show unknown spaces and confirm that Architecture has a particular significance when its goal is the planning of collective urban spaces.
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La presente tesi si concentra sul romanzo popolare irlandese scritto da donne, nel periodo compreso tra il 1798 e il 1921. Quattro sono le autrici prese in considerazione: Charlotte Elizabeth Tonna, Sydney Owenson (meglio conosciuta come Lady Morgan), Edith Somerville e Katharine Tynan, le cui vite e opere coprono un periodo storico fondamentale per l’uscita dell’Irlanda dal dominio coloniale britannico e la formazione della nazione irlandese nel sud del paese. L’interesse principale è quello di analizzare il modo in cui nei loro testi prende forma la nazione, e in particolare attraverso quali immagini e riferimenti religiosi. Il senso è quello, dunque, di rileggere tali testi prestando maggiore attenzione alla religione, uno dei principali collanti tra autrici e pubblico: all’epoca in cui l’Irlanda stava acquisendo i confini che oggi ancora mantiene, esisteva un terreno d’incontro tra discorso politico e letterario, quello della nazione, e tale terreno veniva attraversato anche dal messaggio religioso. Il fine ultimo è quello di dimostrare che la letteratura popolare non è “seconda” ad altre quanto a valori che è in grado di trasmettere e a messaggi che è in grado di veicolare: trascurarla significa non capire i meccanismi attraverso i quali una società si sviluppa e si modifica.
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Il lavoro di ricerca vuole analizzare, attraverso lo studio specifico della rivista artistico letteraria «L’Eroica» fondata a La Spezia nel 1911 da Ettore Cozzani e Franco Oliva, gli artisti e le situazioni in cui si sviluppa e si diffonde in Italia un linguaggio grafico di tipo fauve-espressionista, in perfetta sintonia con le coeve esperienze straniere. Nello specifico, si è focalizzata l’attenzione sui così detti ‘anni eroici de L’Eroica’ (1911-1917), periodo in cui risulta più evidente il passaggio che si ebbe nel panorama dell’illustrazione italiana da uno stile ancora riconducibile a un linguaggio simbolista a uno, per l’appunto espressionista. Questa rivista, infatti, nella fase conosciuta come “gli anni eroici dell’Eroica” (1911-17), s’interessa in modo quasi esclusivo alla xilografia contemporanea avvalendosi in un primo momento della collaborazione di artisti noti nell’ambito del gusto liberty come, ad esempio, Adolfo De Carolis e dei suoi allievi (Gino Barbieri, Ettore di Giorgio, Antonio Moroni). Tale collaborazione però termina con la cosiddetta “Secessione degli Xilografi”, ossia l’abbandono nel 1914 da parte di De Carolis e dei suoi della testata spezzina, circostanza questa che determinerà un nuovo indirizzo stilistico per la rivista in cui prenderanno sempre più spazio artisti di una generazione più giovane, peraltro già attivi su «L’Eroica» stessa, quali ad esempio Lorenzo Viani, Arturo Martini, Emilio Mantelli, Felice Casorati, Giuseppe Biasi, Roberto Melli e Gino Carlo Sensani, questi ultimi tutti rappresentanti di un espressionismo italiano di primo ordine
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Il tema principale affrontato dalla presente ricerca è quello dell’architettura della città; attraverso lo studio dei progetti urbani redatti dall’architetto Willem Marinus Dudok per la città di Hilversum, la tesi vuole confermare l’ipotesi che la costruzione dei “luoghi urbani” collettivi è il fulcro dell’idea di architettura che porta alla costruzione della città. La ricerca si propone di studiare il contributo dato da Dudok al progetto dello sviluppo urbano della città olandese, considerando un arco temporale che va dal 1915, anno in cui l’architetto viene designato a ricoprire la carica di direttore del locale ufficio Lavori Pubblici, al 1954, anno simbolico della sua nomina a cittadino onorario di Hilversum. Il lavoro di ricerca vuole individuare quelle caratteristiche formali e tipologiche, insite nei quartieri progettati dall’architetto olandese, in grado di definire una struttura urbana capace di sostenere un ragionamento architettonico indipendente dal luogo e dal tempo, un ragionamento impostato sulla definizione della forma urbis. Non desidera certo delineare un modello, vista la consapevolezza che ogni progetto ha un proprio luogo e un proprio tempo, cerca di tratteggiare, piuttosto, uno scenario possibile per il progetto urbano, capace di assurgere ad exemplum per la costruzione della città. I progetti analizzati riguardano edifici residenziali e spazi urbani per la collettività; questi rappresentano veri e propri nuclei aggregativi per la costruzione dei complessi di alloggi popolari, dei quali definiscono la scena fissa delle vicende umane. Lo studio di questi quartieri rappresenta, pertanto, il tentativo di decodificare un “modo” di comporre la città dal quale sia possibile estrapolare temi validi e di carattere generale che permettano di formalizzare una serie di utili insegnamenti, tramite i quali poter pensare alla realizzazione della stessa, nella convinzione che “la qualità del progetto consiste nella qualità dei caratteri del tema e nel loro riconoscimento nelle forme dell’architettura”.
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Oggetto del presente studio è il progetto di ricostruzione del centro urbano di Le Havre ad opera di Auguste Perret. Suo obiettivo è il riconoscimento di quell’idea di città posta a fondamento del progetto, per il quale ci si propone di indagare il senso e le grammatiche costitutive della sua forma. Quella di Le Havre costituisce una dimostrazione di come una forma urbana ancora compatta ed evocativa della città storica possa definirsi a partire dalle relazioni stabilite con gli elementi della geografia fisica. Nei suoi luoghi collettivi e monumentali, che rimandano chiaramente a una cultura dell’abitare che affonda le proprie radici nella più generale esperienza della costruzione della città francese, la città riconosce un valore formale e sceglie di rappresentare il proprio mondo civico dinanzi a quei grandi elementi della geografia fisica che costituiscono l’identità del luogo nel quale questa si colloca. Sembra infatti possibile affermare che gli spazi pubblici della città atlantica riconoscano e traducano nella forma della Place de l’Hôtel de Ville le ripide pendici della falesia del Bec-de-Caux, in quella della Porte Océane l’orizzonte lontano dell’Oceano, e nel Front-de-mer Sud l’altra riva dell’estuario della Senna. Questa relazione fondativa sembra essere conseguita anche attraverso la definizione di un’appropriata grammatica dello spazio urbano, la cui significatività è nel fondarsi sull’assunzione, allo stesso tempo, del valore dello spazio circoscritto e del valore dello spazio aperto. La riflessione sullo spazio urbano investe anche la costruzione dell’isolato, sottoposto a una necessaria rifondazione di forma e significato, allo scopo di rendere intellegibile le relazioni tra gli spazi finiti della città e quelli infiniti della natura. La definizione dell’identità dello spazio urbano, sembra fondarsi, in ultima analisi, sulle possibilità espressive delle forme della costruzione che, connotate come forme dell’architettura, definiscono il carattere dei tipi edilizi e dello spazio da questi costruito.
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La ricerca si propone di analizzare una di quelle stagioni architettoniche controverse e lontane dalle internazionali strade maestre del nascente Neues Bauen: il romanticismo-nazionale svedese riletto attraverso l’esperienza del suo massimo esponente, Ragnar Östberg (1866-1945). L’obiettivo della tesi non è solamente quello di una revisione della critica storiografica, facendo così luce su una di quelle personalità considerate marginali, quanto quello di ricavare dalla lettura comparata di due tra i suoi progetti, fino ad ora mai indagati, quegli elementi che fanno dell’architettura un “fatto urbano” in cui la collettività può riconoscersi e parallelamente un fatto di rappresentazione della stessa. L’arcipelago di Stoccolma e quel processo di “renovatio urbis” a cui fu sottoposta proprio agli albori del XX secolo furono gli scenari in cui presero vita i due progetti: il complesso formato dallo Stockholms Stadshuset e la vicina parte mai realizzata del Nämndhuset, e villa Geber. Condensano due dimensioni che la città immersa nel paesaggio contiene: la natura urbana dell’edificio municipale e quella domestica della villa urbana isolata. La ricerca intesse un itinerario di disvelamento attraverso una matrice duale di lettura: “genius loci” e memorie urbane. I capitoli cercano di dimostrare come i due casi-studio siano espressione di quella pendolarità di ricerca tra lo spirito del luogo e le rimembranze delle forme urbane della tradizione. Questa analisi ci conduce in un viaggio alla ricerca dell’atlante delle “memorie urbane”, raccolte nei viaggi e nella formazione, comprendendo così il mondo analogico di riferimenti culturali con altre architetture europee della tradizione. I due progetti sorgono in opposte aree di espansione di Stoccolma e, pur nella loro diversità di scala, sono chiara espressione di appropriatezza al luogo e di strutture formali analoghe. Stockholm Stadshuset-Nämndhuset e villa Geber esprimono il metodo di Östberg, dove i riferimenti raccolti dall’imagination passive sono tramutati ed assemblati grazie alla imagination active.
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Nel dibattito riguardante la valorizzazione delle aree archeologiche il ruolo della museografia quale disciplina capace di conciliare saperi come quello archeologico e quello architettonico,e ancora, tra la cultura conservativa e quella progettuale. All' interno del laboratorio di laurea è stato sviluppato un progetto per il sito archeologico della città romana di Suasa che oltre a tenere conto delle tematiche generali attinenti alle più recenti posizioni della disciplina architettonica e museografica in rapporto all’archeologia, dia delle risposte progettuali calate all’interno di un preciso contesto culturale e territoriale. I nuovi manufatti devono sapersi relazionare ai caratteri del luogo in cui si collocano, aree poste in contesti esterni in una dimensione paesaggistica e culturale complessa e stratificata. Luogo e paesaggio costituiscono quindi i termini generali di un’indagine che assume il valore di una ricerca progressiva finalizzata alla conoscenza decisiva per la progettazione, di realtà fortemente caratterizzate dalla dimensione archeologica paesaggistica.
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Type 1 diabetes is caused by autoimmune-mediated β cell destruction leading to insulin deficiency. The histone deacetylase SIRT1 plays an essential role in modulating several age-related diseases. Here we describe a family carrying a mutation in the SIRT1 gene, in which all five affected members developed an autoimmune disorder: four developed type 1 diabetes, and one developed ulcerative colitis. Initially, a 26-year-old man was diagnosed with the typical features of type 1 diabetes, including lean body mass, autoantibodies, T cell reactivity to β cell antigens, and a rapid dependence on insulin. Direct and exome sequencing identified the presence of a T-to-C exchange in exon 1 of SIRT1, corresponding to a leucine-to-proline mutation at residue 107. Expression of SIRT1-L107P in insulin-producing cells resulted in overproduction of nitric oxide, cytokines, and chemokines. These observations identify a role for SIRT1 in human autoimmunity and unveil a monogenic form of type 1 diabetes.
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This study evaluates the level of behavior problems in a previously little studied group—children with founded cases of abuse and neglect receiving child welfare services in their own homes. A sample of 149 maltreated children, living at home, were evaluated on the CBCL as they entered a service program to which they were referred by a large public child protective service system. These children were found to have elevated levels of behavior problems, with 43.6% scoring in the problematic range, a rate similar to children entering foster care. Practice and policy implications of these findings are discussed and highlighted.
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Entire issue (large pdf file) Articles include: Behavior Problems of Maltreated Children Receiving In-Home Child Welfare Services. Ferol Mennen, William Meezan, Gino Aisenberg, and Jacquelyn McCroskey Measuring Consumer Satisfaction in Family Preservation Services: Identifying Instrument Domains. Stephen A. Kapp and Rebecca H Vela Intensive In-Home Family-Based Services: Reactions from Consumers and Providers Elaine Walton, and Alfred C. Dodini Coordination of Family Preservation Services in a Rural Community: A Case Study. Richard Freer and Kathleen Wells The Effectiveness of Court Mandated Intervention Versus Voluntary Services in Child Protective Services: Abbreviated Version. Loring Jones, Irene Becker, and Krista F alk
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We previously reported a record of regionally significant volcanic eruptions in the North Pacific using an ice core from Eclipse Icefield (St. Elias Mountains, Yukon, Canada). The acquisition of two new ice cores from Eclipse Icefield, along with the previously available Eclipse Icefield and Mount Logan Northwest Col ice cores, allows us to extend our record of North Pacific volcanism to 550 years before present using a suite of four ice cores spanning an elevation range of 3 - 5 km. Comparison of volcanic sulfate flux records demonstrates that the results are highly reproducible, especially for the largest eruptions such as Katmai ( A. D. 1912). Correlation of volcanic sulfate signals with historically documented eruptions indicates that at least one-third of the eruptions recorded in St. Elias ice cores are from Alaskan and Kamchatkan volcanoes. Although there are several moderately large ( volcanic explosivity index (VEI) >= 4) eruptions recorded in only one core from Eclipse Icefield, the use of multiple cores provides signals in at least one core from all known VEI >= 4 eruptions in Alaska and Kamchatka since A. D. 1829. Tephrochronological evidence from the Eclipse ice cores documents eruptions in Alaska (Westdahl, Redoubt, Trident, and Katmai), Kamchatka (Avachinsky, Kliuchevoskoi, and Ksudach), and Iceland (Hekla). Several unidentified tephra-bearing horizons, with available geochemical evidence suggesting Alaskan and Kamchatkan sources, were also found. We present a reconstruction of annual volcanic sulfate loading for the North Pacific troposphere based on our ice core data, and we provide a detailed assessment of the atmospheric and climatic effects of the Katmai eruption.
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A fresh-snow sampling campaign was conducted during the late austral summer of 2006 in the accumulation zone of Glaciar Marinelli, located in the Cordillera Darwin, Tierra del Fuego, Chile. Snow samples were analyzed for stable isotopes (delta(18)O, major soluble ions (Na', K', Ca, Mg, a NO(3)(-), SO(4)(2-), MS(-)) and major and trace elements (Na, Mg, Al, Fe, Ca, Sr, Cd, Cs, Ba, La, Ce, Pr, Dy, Ho, Er, Bi, U, As, Ti, V, Cr, Mn). The dominance of marine chemistry resembles that in studies from Patagonian glaciers. Snow chemistry was dominantly loaded by marine species (Cl(-), Na(+) and ssSO(4)(2-)), while contributions of crustal species (e.g. Al and Fe) were very low. Empirical orthogonal function analysis suggests two possible dust sources, one represented by Al and Fe and the other by La, Ce and Pr. Enrichment-factor calculations suggest the majority of elements are within average upper-crustal ratios, but major enrichments of Bi and Cd (hundreds of times) suggest possible anthropogenic sources. Linear correlation of delta(18)O and barometric pressure (r = 0.60, p < 0.007) suggests a potential 'amount effect' relationship between depleted delta(18)O ratios and stronger storm conditions (e.g. greater precipitation). The snow-chemistry records from Glaciar Marinelli are the first measured in Tierra del Fuego, the southernmost glaciated region outside Antarctica.